Il LAVORO CHE CAMBIA: DIRITTI, SALARIO,DIGNITA’ DEL LAVORO E RAPPRESENTANZA

di Filippo Vasco – Segreteria Socialismo XXI della Toscana |

La riunione, ha l’obbiettivo di definire le condizioni del pensiero del socialismo, sul problema del lavoro che cambia e la definizione da presentare nelle iniziative da fare nella nostra Regione, ai sindacati, alle associazioni degli imprenditori e alle forze dell’area progressista della Toscana.

Su queste iniziative del lavoro che cambia, quanta innovazione è intervenuta, che interverrà nel mondo del lavoro e nei processi produttivi, è stato lo stimolo, per l’Associazione Socialismo XXI° della Toscana, di organizzare questi eventi, al fine di stimolare un dibattito con le organizzazioni sindacali, le categorie degli imprenditori, le forze politiche progressiste e i cittadini.

Il movente è quello di conoscere lo stato delle cose di oggi, consapevoli che moltissimo è cambiato nella struttura produttiva e nella organizzazione del lavoro, ma che moltissimo è destinato a cambiare.

Insieme a questo motivo, l’Associazione Socialismo XXI°, non dimentica la propria storia, che nasce con i lavoratori e per il riscatto sociale delle fasce più deboli, nel mondo del lavoro e tra i cittadini.

Purtroppo, oggi stiamo attraversando una fase molto difficile, dove, le difficoltà di capire il prossimo futuro, sono alquanto incerte, sia a livello globale, in Europa e nel nostro Paese.

Inoltre, insieme ai cambiamenti strutturali dell’economia, abbiamo una crisi economica e sociale che si trascina dal 2008, continua con la fase della pandemia del Covid e prosegue a causa della guerra tra Russia e Crimea,  uno scontro questo, che coinvolge tutto l’occidente, dove l’Italia e l’Europa stanno pagando il tributo maggiore, in termini economici e sociali, in particolare le fasce più deboli dei cittadini.

Condizioni che aggravano ulteriormente l’asse ambientale mondiale, rallentando le difficili politiche di transazione ecologica, la quale non trovano il giusto adeguamento allo sviluppo e ammodernamento del sistema energetico globale, in particolare per il continente europeo che non ha le necessarie convergenze in termini ecologici e ambientali.

Le incertezze che sono insite in una globalizzazione non regolata, con una Europa governata con molte discontinuità e diversità, tra Paesi legati solo da trattati, con un Parlamento eletto dai cittadini, ma una Commissione europea indicata dai governi e un consiglio di primi ministri, dove si può decidere solo alla unanimità e per questo ogni Paese  fa il proprio interesse, mentre in Italia, le forze politiche anziché governare, sono molto interessate ad arrogarsi, anche attraverso promesse spesso non rispettate, il voto degli italiani.

Ho voluto fare questo breve passaggio, per dire che nei cambiamenti e nei mutamenti economici e sociali, è necessario avere dei governi attivi, attenti a governare i processi, ed essere uniti sugli interessi generali del Paese, questo vale per l’Italia, ma anche in Europa.

Ritornando al tema del lavoro, è importante ricordare la forte limitazione  dei diritti, per i cambiamenti avvenuti nella struttura produttiva, dove si sono ridotte le grandi imprese e il 90% sono piccole e medie aziende, aspetto preoccupante rispetto al mantenimento di una struttura industriale, perché il piccolo e bello, può essere tale, se ci sono grandi aziende portanti per sostenere l’economia del Paese.

Nella riduzione dei diritti, dobbiamo anche ricordare le politiche fatte dai governi che si sono succeduti, a partire dal 1997 Ministro Treu, dove si sono allargate le maglie del mercato del lavoro, al governo Berlusconi e Renzi, fino ai governi di oggi, che ci hanno portato al lavoro precario, meno diritti e a salari di fame.

Teniamo conto, che le riforme sul mercato del lavoro, fatte fino ad oggi, hanno fatto proliferare molti tipi di contratti per l’assunzione dei lavoratori, aspetto significativo delle volontà politiche alla deregulation, invece che definire regole precise ed efficaci, ed evitare il labirinto delle assunzioni.

L’idea di una riforma del mercato del lavoro per essere tale, deve contenere misure chiare è comprensibili ai lavoratori, non ci devono essere come oggi molte decine di sistemi di assunzione, ma avere assunzioni mirate alla formazione continua, prevalentemente contratti a tempo indeterminato e contratti a tempo determinato per alcuni settori specifici, senza tutti gli espedienti negativi che ci sono oggi.

Il P:D: di Renzi con la sua riforma a abolito l’art. 18 della legge 300, che era soltanto un deterrente contro i licenziamenti selvaggi e non si è pensato, visti i cambiamenti strutturali dell’economia, di costruire un nuovo Statuto dei lavori, per dare garanzie ai lavoratori nei nuovi settori, dove non ci sono coperture contrattuali e dove non è chiaro se sono lavoratori autonomi o lavoratori dipendenti.

Un appello al sindacato, per ricordare la genesi, dove le lotte dei lavoratori di fine ottocento, le battaglie con i partiti democratici nel ventennio fascista e dopo la seconda guerra mondiale, con tutti i travagli degli anni 50 e 60, hanno costruito elementi di unità nei decenni futuri, oggi le provenienze politiche dopo tangentopoli non ci sono più, sarebbe utile fare un passo in avanti, rivendicando autonomia, programmazione e unità dei lavoratori, al fine di una lotta sui salari e la dignità dei lavoratori e del lavoro nel nostro Paese.

La crisi economica non è finita, si parla di crisi, ed in questo scenario ci sono  anche le nuove tecnologie, la robotica, dove certamente scompariranno alcuni lavori, ma molti sono nati e altri ne nasceranno, ma che certamente i nuovi lavori, forse non saranno sufficienti a dare occupazione, a quanti lo anno perso o lo possono perdere in futuro.

La situazione attuale, vede oggi molti disoccupati, ma è anche vero, che molte aziende non trovano personale adeguato alle professioni richieste, questo indica che c’è una fortissima carenza, tra il mondo del lavoro e la scuola, aspetto importante che va recuperato, rispetto alle necessità delle imprese e alla formazione professionale continua da sviluppare nelle scuole.

In questo contesto, la battaglia può e deve essere, anche sul riordino degli orari di lavoro, una riduzione dell’orario a parità del salario e una riorganizzazione produttiva delle aziende, in rapporto alla vita civile e sociale dei lavoratori e dei cittadini.

La questione centrale che si pone, per gestire questi delicati passaggi, dovrebbe essere che il Governo, attraverso la scuola e le agenzie di formazione riformate, al fine di gestire domanda e offerta del lavoro,  insieme ad una seria concertazione, con le imprese e il sindacato dei lavoratori, avesse la responsabilità per aggredire queste problematiche.

Non credo purtroppo, che possa essere un governo di destra – centro a volere affrontare e risolvere questa situazione, basta vedere la nuova legge del bilancio dello Stato per il 2023, dove con l’intervento sul cuneo fiscale, si abbassano le tasse alle imprese, ma si mortificano i lavoratori dipendenti, lasciando che l’inflazione riduca ancora di più i salari.

Quindi sarà necessaria una seria lotta politica, da parte dei lavoratori e dei sindacati, delle associazioni degli imprenditori che vogliono un Paese civile, delle forze politiche riformiste e progressiste, che su questi argomenti puntano al cambiamento e allo sviluppo socioeconomico del Paese.

La deindustrializzazione italiana, che si è prodotta in questi moltissimi anni, richiede la realizzazione di una nuova programmazione, nella società e nell’economia, realizzare un nuovo modo di fare impresa, aiutandole a crescere, affinché le intervenute novità tecnologiche e i nuovi Paesi che si sono affacciati nell’economia mondiale, aiutino anche l’Italia nel mutamento industriale necessario a competere con gli altri Paesi nel mondo.

Per le grandi trasformazioni presenti nel nostro pianeta, si dovrebbero mettere in campo nuove iniziative congiunte, fra pubblico e privato, subordinando la finanza alla economia produttiva e creando nuovi rapporti nel capitale delle imprese, anche attraverso la partecipazione del mondo del lavoro; forse in questa fase politica ed economica, potrebbe aiutare la capacità del Paese a rilanciare l’economia.

L’introduzione dei mezzi di produzione automatizzati è iniziato da tempo,  mutando profondamente il modo di produrre e il ruolo dei lavoratori, che spesso rimane quello di supervisore delle macchine, di fatto riducendo i tempi di lavoro e producendo di più e meglio.

Ma se pensiamo ad un domani, è immaginiamo una economia robotizzata, in cui il prodotto è maggiore e migliore di oggi, senza l’intervento del lavoro umano e nemmeno di quello digitalizzato, perché le macchine sono in grado di riprodursi, possiamo dire ancora che siamo in presenza di un sistema industriale?

Una ulteriore domanda, quale modello re-distributivo può essere coerente con questo nuovo modo di produrre e fare programmazione industriale?

Faccio presente queste ipotesi di produzione e del lavoro, perché non si sta parlando di pura fantasia organizzativa e produttiva, ma è quello che insieme ai problemi di oggi, dovremmo riflettere per avere una risposta per il domani.

Come abbiamo capito, siamo di fronte ad un futuro molto incerto, tutti siamo chiamati a dare il proprio contributo, al fine di evitare il pericolo del nuovo schiavismo, ed essere espropriati del sapere sociale da parte del nuovo modello capitalistico e finanziario, quindi bisogna reagire oggi, per non trovarsi di fronte al fatto compiuto domani.

Forse l’ipotesi è troppo pessimista, ma se oggi il sindacato trova difficoltà, ad avere rapporti e iscrizioni, da parte di lavoratori inseriti in alcuni settori, nell’avanzare delle nuove tecnologie e nella robotica, quali potranno essere i rapporti e la rappresentanza dei lavoratori, in un contesto futuro.

Probabilmente dobbiamo pensare ad un nuovo modello alternativo al liberismo e andare oltre il kenesismo di oggi, perché i finanziamenti che lo Stato eroga alle imprese, sono a fondo perduto, sono soldi di tutti i cittadini che pagano le tasse, quindi porre al centro dello sviluppo e dell’economia, non solo la redistribuzione dei redditi, ma anche la redistribuzione dei mezzi di produzione, ciò può servire a migliorare la gestione congiunta dell’economia e dell’azienda, determinando così un futuro di responsabilità comune, tra imprenditori e lavoratori, consapevoli che i lavoratori responsabilizzati, possono costituire una forte agevolazione per la crescita dell’azienda.

Ad oggi, la necessità più urgente, è quella di affrontare una seria riforma del  mercato del lavoro e degli orari, sollecitare la politica e il governo, per aggredire le tematiche del lavoro e della programmazione industriale del Paese, consapevoli che altrimenti l’Italia rischia il dissesto.

In questa fase si tratta di affrontare tutte le questioni organizzative e connesse alle nuove tecnologie, affinché si riesca a dare una risposta alla deregulation presente, ma nel contempo si lavori concretamente sui fattori economici e sociali, che scaturiranno dalla nuova stagione tecnologica e robotizzata, al fine di migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori, delle famiglie, dei giovani, delle donne, dei cittadini tutti.

In conclusione, alcune considerazioni sul reddito di cittadinanza, per la quale per i media sembra essere l’argomento principale, di questo Paese e di tutti i cittadini, in particolare al sud dell’Italia.

Ritengo importante che siano difesi, quanti sono impossibilitati da condizioni fisiche e psicologiche, per la quale va creato uno strumento di difesa e non di carità, consapevole che il reddito di cittadinanza non ha funzionato per la parte relativa all’impiego del lavoro.

Quindi separare l’assistenza dall’impiego è necessario, consapevoli che le politiche attive del lavoro, devono essere gestite dalle agenzie del lavoro, capaci di gestire l’incontro tra domanda e offerta, con l’impegno delle parti sociali e imprenditoriali e la scuola, al fine di creare una formazione professionale, capace di rispondere alle offerte di lavoro che sono necessarie alle aziende nei diversi settori.

Questa descrizione della situazione, è realistica, se si considera la velocità con cui oggi si muovono i diversi fattori  nel mondo, sarebbe piuttosto auspicabile, che anche i nostri governanti avessero a cuore il Paese e si facessero quelle riforme necessarie, per ridare al Paese credibilità, crescita e sviluppo economico sociale.