di Franco Astengo |
Merita uno spunto di approfondimento la ricerca sull’estrema destra italiana (FdI e Lega) condotta dalla Fondazione Ebert-Sitfung e riportata dal mensile “Domani Politica” nel suo numero di febbraio 2023.
E’ il caso di riportare 3 punti compresi nel testo in questione riguardanti il “fenomeno” Fratelli d’Italia: formazione che promette di mantenere per un certo periodo l’egemonia dello schieramento di destra (non più definibile di centro – destra) che sta governando il nostro Paese:
1) l’autodefinizione di “conservatore di destra” come identità di gran parte dell’elettorato di questo partito (83,5%) mentre soltanto il 10,4% lo considera fascista o post – fascista (nella considerazione dell’insieme dell’elettorato questo dato si sposta al 55, 1% per “conservatore di destra” e al 27,8% per “fascista o post fascista”);
2) La natura del personale politico di Fratelli d’Italia (dimostratosi capace di sfruttare al meglio il fenomeno emergente, almeno nel sistema politico italiano, della “volatilità” elettorale) mostra che lungi dall’essere irrilevanti come predicevano alcuni nei decenni trascorsi i partiti continuano ad essere l’attore centrale della politica;
3) l’orientamento complessivo dell’agenda programmatica del nuovo partito di maggioranza relativa sulla scena italiana può essere riassunta con la formula dello “statalismo – nativismo” che riguarda le finalità degli interventi di spesa pubblica che non deve avere come priorità la riduzione delle diseguaglianze socioeconomiche (tema che è ritenuto prioritario soltanto dal 15,3% dell’elettorato di FdI, mentre lo ritiene tale il 32% dell’elettorato del PD e il 50% di quello di Sinistra Italiana). Questo significa che l’intervento pubblico nell’economia è considerato utile se serve a proteggere o garantire determinate categorie sociali in un’ottica più distributiva che redistributiva.
Così lo “statalismo – nativismo” salda il nesso tra lo Stato racchiuso nell’idea del governo direttamente misurato con il popolo verso cui “elargire” (presidenzialismo) e la cosiddetta “autonomia differenziata” destinata appunto a “proteggere” economicamente e culturalmente le identità locali.
Come fanno notare gli analisti italiani che hanno presentato la ricerca della Fondazione Ebert gli analoghi dati fin qui riferiti all’elettorato di FdI e riguardanti, invece, l’elettorato leghista segnalano una distanza minima tra questo e la base di FdI fotografando così una destra radicale ideologica con orientamenti “interventisti” nel settore economico e attitudini “nativiste” o nazionaliste per quanto riguarda il campo dei diritti civili e sociali.
Tutto questo si traduce in espressioni di logiche protezioniste, pseudo populiste e para – razziste.
In politica estera emerge un’ostilità alla prospettiva di autonomia europea e in una sorta di riedizione della retorica del “mondo libero” che affida alla NATO a guida USA il ruolo di “gendarme della democrazia” (il MSI ebbe, dopo un diverso periodo iniziale, un atteggiamento analogo e l’idea del “mondo libero” anticomunista sembra rimanere come elemento di continuità con la formazione neo-fascista operante nel nostro Paese dagli anni’40 a quelli ’90).
Analizzata la destra quali indicazioni per la sinistra ?
1) Appare evidente l’emergere di una “radicalità delle contraddizioni” che toglie spazio a posizioni di equilibrio centrista di risistemazione di tipo “pivotale” nel sistema politico (come ambirebbero fare Italia Viva, Azione, pezzi di Forza Italia e del PD): in questo senso la capacità di interpretazione della fase da parte della destra è apparsa, nel corso di questi anni, paradossalmente molto più “moderna” di quella dei progressisti e dei presunti liberali legati ai vecchi schemi da una parte del “reaganismo” e dall’altro della “terza via” blairiana;
2) Per la sinistra assumono una valenza quasi identitaria alcuni temi che nei tempi più recenti si sono affrontati sempre con una certa difficoltà: quello europeo assunto acriticamente senza riaprire il punto della democrazia europea e quello del welfare universalistico considerato in una visione che scolasticamente potremmo definire “socialdemocratica” (elemento praticamente abbandonato al termine dei “trenta gloriosi”);
3) Cresce ancora d’importanza il tema della strutturazione politica intesa come esigenza di definizione di una forma-partito fondata, dentro a una precisa collocazione sociale, sulla capacità di comprendere i termini culturali, sociali, di impatto sulla comunicazione e sulla vita quotidiana dell’innovazione tecnologica adattandone i termini in una funzione pedagogica di massa. Si tratta di parlare a tutti disponendo però di una definizione della propria visione della società e della pluralità delle appartenenze, facendo valere la “diversità” come fattore di non semplice aggregazione del consenso elettorale.
La prospettiva che emerge da questo tipo di analisi è quella di una definizione dell’alternativa come vero e proprio progetto di sistema, non confinata all’interno di ristrette logiche di immediata convenienza.
Però sotto questo profilo la sinistra italiana denuncia una grave carenza di soggettività adeguata nella sua capacità di profilare un compiuto disegno politico.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.