di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

In un mio recente intervento, LA TERZA GUERRA MONDIALE, sostenevo che la fase di politica internazionale che stiamo attraversando vede in atto la terza WW e che questa, fortunatamente per ora, vedeva un uso limitato, pur sempre inaccettabile, delle armi, ma che è combattuta anche a livello di tecnologia e soprattutto a livello monetario.

Il paese che è riuscito ad imporre o a far accettare la sua moneta come moneta di scambio universale e come moneta di riserva nei depositi delle banche centrali gode di quello che Giscard d’Estaing ha definito un “esorbitante privilegio”. Tale privilegio, tecnicamente definito come “signoraggio”, comporta vantaggi enormi per il paese che emette questa moneta: 

a) poter denominare le proprie passività sull’estero nella propria moneta scaricando quindi sui paesi terzi l’onere di aggiustamento degli squilibri rispetto alla moneta dominante;

b) spuntare, nei prestiti internazionali, tassi di interesse più bassi proprio per il minor rischio che il prestatore corre; c) essere in grado di esportare le crisi finanziarie interne come è successo al dollaro dopo la crisi del 2007.

Se un paese terzo esporta beni in un altro paese terzo, se ad esempio l’Italia esporta beni in un paese africano non gradisce essere pagato con la moneta locale del paese importatore perché ciò comporta un rischio di svalutazione e comunque quella moneta potrà essere utilizzata solo per eventuali importazioni fatte da quello stesso paese. Stabilire il pagamento in dollari (andrebbero bene anche gli euro) ha il doppio pregio che l’Italia potrà usare quella valuta per pagamenti internazionali verso qualsiasi paese e che il paese importatore avrà necessariamente dollari nelle sue banche perché anche lui conosce le regole della finanza internazionale.

Se poi devo mettere nella banca centrale delle riserve di valuta, certamente preferirò accumulare dollari che danno più garanzie di mantenimento del valore di ogni altra moneta (anche del franco svizzero).

In questa fase della terza WW, uno degli strumenti usati dal blocco Russo Cinese è quello di erodere spazi di azione al dollaro, proporre per esempio il renminbi come moneta con le stesse caratteristiche del dollaro. Il fenomeno viene definito come DE-DOLLARIZZAZIONE parola che sentiremo usare molto spesso nel futuro.

Per approfondire il tema sto leggendo un saggio di Gian Cesare Romagnoli, docente all’Università Roma Tre, da cui vorrei condividere con voi quanto scritto alle pagine 14 e 15 con relativa nota.

Secondo il generale cinese (Quiao – One belt one road) ciò (ovvero tentativi di de-dollarizzazione) si è manifestato con le guerre irachene contro Saddam Hussein (1990 e 2003) che aveva deciso di denominare in euro le sue vendite di petrolio (anche se le motivazioni formali delle due invasioni sono state date rispettivamente dall’invasione irachena del Kuwait e dalla produzione di armi di distruzione di massa), con le sanzioni contro l’Iran che aveva proposto di istituire una Borsa del greggio in euro nel 2005 (anche se la motivazione formale dell’erogazione delle sanzioni è stata la dissuasione dalla produzione di armi nucleari) e infine con il rovesciamento del leader libico Muammar Gheddafi nel 2011, che aveva deciso di passare all’euro nel pagamento del petrolio, prima di introdurre il dinaro d’oro per sostituire la moneta europea (anche se in questo caso la motivazione ufficiale dell’intervento NATO era stato quello della guerra civile).

In nota 25 sempre a pagina 15 continua:

Il governo russo ha tenuto una riunione sulla de-dollarizzazione nella primavera 2014, in cui il Ministro delle Finanze annunciò un piano per aumentare le quote di accordi in rubli e il conseguente abbandono del dollaro. Inoltre nell’agosto 2014 una società controllata da Gazprom ha annunciato la disponibilità ad accettare il pagamento in rubli di 80.000 tonnellate di petrolio, estratto da giacimenti artici, da inviare in Europa, mentre il pagamento del petrolio fornito dall’oleogasdotto “Siberia orientale – Pacifico” potrà essere in renminbi. Nel maggio 2015, in occasione del vertice di Shangai, la delegazione firmò il cosiddetto “affare del secolo” per l’acquisto, nei prossimi 30 anni, di 400 miliardi di dollari di gas russo dalla Cina, pagati in renminbi. Altrettanto vale per i futuri progetti infrastrutturali russo-cinesi come la ferrovia Mosca-Pechino e la linea ad alta velocità Mosca-Kazan. Lo scorso agosto, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato che “il sistema dei petrodollari dovrebbe diventare storia” e che “la Russia discute l’uso di monete nazionali nelle transazioni con un certo numero di Paesi”. La de-dollarizzazione è argomento di discussione e accordo anche nei rapporti bilaterali fra Russia ed altri Paesi. Il governo russo sta sostituendo il dollaro con monete nazionali nei suoi rapporti con l’Iran, Cipro, Egitto e sperava di farlo anche con la Turchia prima degli incidenti nella guerra di Siria.

Queste misure adottate di recente dalla Russia, si accompagnano alla acquisizione della Crimea e alla destabilizzazione dell’Ucraina orientale che hanno motivato l’adozione di sanzioni economiche da parte dell’Occidente. Negli ultimi mesi, anche la Cina si è attivata in questa campagna “anti-dollaro”, firmando accordi con Canada e Qatar per denominare i loro scambi nelle valute nazionali. Per questa ragione, il Canada è diventato il primo hub oltreoceano del renminbi in Nord America. Questo fatto, da solo, potrebbe raddoppiare o addirittura triplicare il volume degli scambi commerciali tra i due paesi, dato che il volume dell’accordo di cambio stipulato tra Cina e Canada è pari a 200 miliardi di renminbi.  L’accordo della Cina con il Qatar sul currency swap diretto tra i due paesi equivale a 5,7 miliardi di dollari ed è diventato la base per l’utilizzo del renminbi nei mercati del Medio Oriente. Inoltre, la Cina sta stringendo degli accordi con Iran e India per pagare le materie prime  in valuta cinese. Quindi nella lotta tra il dollaro, che rimane ancora la valuta dominante, e il renminbi quest’ultimo potrebbe avere la meglio nel medio periodo, anche se con alta volatilità. I paesi produttori di petrolio del Medio Oriente hanno scarsa fiducia nel dollaro, a causa della esportazione di inflazione, quindi altri paesi dell’Opec  potrebbero firmare accordi con la Cina.

Nella regione del Sud-Est asiatico la creazione di un centro di compensazione a Kuala Lumpur che promuoverà un maggior uso del renminbi è un altro importante passo della Cina nella regione. Ciò si è verificato meno di un mese dopo che il centro finanziario leader in Asia, Singapore, ha stabilito un rapporto diretto tra dollaro di Singapore  e renminbi, divenendo il centro di scambio del renminbi nel Sud-Est asiatico. L’Iran ha recentemente reiterato la sua riluttanza ad usare dollari nel commercio estero. Infine il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, ha recentemente incaricato la Banca nazionale di de-dollarizzare l’economia nazionale. 

Aggiungo che recentemente la Cina ha concluso con l’Arabia Saudita un accordo di importazione di petrolio pagabile in renminbi e che nell’incontro Xi – Putin tenutosi in questi giorni a Mosca, si sono firmati accordi economici di notevole importanza, da regolarsi in renminbi.

La Russia ha assicurato esportazione ininterrotta di petrolio alla Cina, con un interscambio che supererà i 200 miliardi di dollari nel solo 2023; tali rapporti saranno regolati in renminbi e Mosca si impegna a regolare in renminbi i suoi pagamenti in Asia, Africa e Sudamerica. Il gasdotto Siberian Force 2 al momento della messa in servizio fornirà 50 miliardi di metri cubi di gas allo Xinjiang cinese. Si è così rimpiazzata la distruzione dei Nord Streams.

Spero aver chiarito sufficientemente il concetto di de-dollarizzazione che sto usando da qualche tempo in qua.