di Mauro Scarpellini – Ufficio di Presidenza Socialismo XXI |

La rilettura e la più corretta interpretazione del pensiero filosofico di Giacomo Leopardi evidenzia un suo modo preoccupato, molto preoccupato, di vedere lo stato della società e l’atteggiamento dei singoli. Leopardi ha la speranza in un miglioramento, in un cambiamento, in una visione non egoistica ma umana, rispettosa di valori che poi il socialismo sistematizzerà.

Il servizio su Leopardi induce ad una riflessione sull’origine del suo pessimismo. La causa del suo pessimismo veniva attribuita dai commentatori agli effetti della sua condizione fisica sul carattere. Probabilmente si aggiungeva un fattore paraomosessuale di cui non si è mai parlato perché argomento tabu nelle scuole e non solo nelle scuole. Le sue passioni platoniche, irrealizzate, per donne e uomini dotti lo pone in una posizione di dubbio che autori recenti hanno commentato pur negandola (non avendo, però, elementi per farlo e, tuttavia, neanche per affermarlo). Il servizio (video) della chiara professoressa Mariangela Priarolo inserisce un nuovo elemento sulla visione pessimistica che potrebbe essere la constatazione dell’egoismo diffuso e, quindi, della poca speranza in un mondo solidale e diverso. La sua constatazione è all’interno di una convinzione filosofica, non è un commento incidentale. Credo che il suo pensiero e quello di Schopenhauer non siano assimilabili, così come ci dicevano a scuola, nel filone pessimista. Entrambi pessimisti si, ma, mi viene da pensare, non omogenei nell’origine delle convinzioni e quindi nelle cause del rispettivo pessimismo e del suo contenuto. Leopardi morì prima che fosse pubblicato il Manifesto nel 1840, quindi non direi che il socialismo di Leopardi sia collegabile al socialismo di Marx, ma piuttosto sia una visione solidaristica, non egoista e, in questo senso, socialistica. Mi rimetto a chi ne sa di filosofia per un commento migliore.

Mauro Scarpellini


Non posso che condividere il sevizio su Leopardi e il commento di Mauro Scarpellini.
Purtroppo, per decenni, nelle scuole la narrazione principale che si è fatta del pensiero di Leopardi è quella di un irrimediabile pessimista: a causa della sua cagionevole salute e della sua vita solitaria, il poeta e filosofo di Recanati avrebbe costruito una filosofia del pessimismo, che addirittura scolasticamente veniva chiamato “pessimismo cosmico”.
In verità non c’è nulla di più lontano dal pensiero del poeta, e fortunatamente negli ultimi anni si sta sostituendo questa interpretazione di Leopardi ad una più vera, più genuina, e soprattutto meno categorizzante: il pensiero del filosofo può sembrare disperato, ma solo perché alla costante ricerca della solidarietà, della comunione, dell’armonia. Il pessimismo non è altro che speranza, a volte disperata, ma mai vana. Leopardi era in realtà così ottimista da ricercare costantemente, attraverso la filosofia e l’arte poetica, la bellezza, la felicità, la comunione umana.
Non stupisce che una delle ultime opere del pensatore fosse “La ginestra”, che ha per oggetto questo splendido fiore che fiorisce, potente nella sua fragilità, sulla pietra lavica del Vesuvio. La ginestra è simbolo di speranza: la speranza di una comunione degli uomini e di una lotta collettiva contro le cattiverie del mondo e della natura, la speranza che gli uomini, pur nella loro fragilità simile a quella della ginestra, riescano a combattere contro il destino, in una “socialista” fratellanza.
Come ci ha ricordato Scarpellini, il socialismo di Leopardi non può di certo collegarsi al socialismo di Marx, pena una visione anacronistica del suo pensiero, ma è corretto parlarne se si ha a mente la ricerca leopardiana di una fratellanza sociale, di un villaggio felice nel giorno di festa.

Professoressa Federica Burgo – docente di Storia e Filosofia e Vice Presidente dell’Associazione Terni Valley.