ANCORA SULL’ART. 11 DELLA COSTITUZIONE

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Noi e la guerra in Ucraina

Riporto nuovamente l’art. 11 della nostra Costituzione:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Al momento dell’invasione russa in Ucraina, il nostro paese ha dovuto decidere come comportarsi in questo frangente tenendo conto della nostra Costituzione e degli obblighi derivantici stante la nostra adesione alla NATO, La domanda cui moltissimi hanno cercato, argomentando, di rispondere è quella che si chiede se la nostra Costituzione ci vietasse di inviare armi all’Ucraina.

La prima risposta è stata quella che afferma che il ripudio di cui all’art. 11 – come ha osservato Amato  –  non è assoluto, tanto che la stessa Costituzione prevede, in altri articoli, che l’Italia possa trovarsi in stato di guerra. Si afferma che ciò valga soltanto a condizione che la guerra sia intrapresa e condotta a scopo puramente difensivo contro una ingiusta aggressione, pur se subita da un paese diverso dall’Italia non essendo essa diretta, in tal caso, né ad offendere la libertà di altri popoli, né a risolvere, con l’uso della forza, una controversia internazionale.

Ritengo che tali deduzioni siano errate nel caso dell’invasione dell’Ucraina ove si tratta a tutti gli effetti di una controversia internazionale riguardante un paese che non rientra nell’alleanza alla quale partecipiamo e che ci obbligherebbe ad un intervento solidale. Sostenere poi che l’aggressione debba essere ingiusta mi pone nella condizione di chiedermi quando mai si possa configurare una aggressione giusta. Mi sorge qualche dubbio, poi, se si possa configurare senza esitazioni la NATO come un “ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” così come richiede la nostra Costituzione.

Si rammenti inoltre che Zelenski (come ci ricorda nel suo articolo Pietro Dubolino) a Fox News il 2 aprile scorso afferma (mai smentito e imitato da molte personalità politiche occidentali) che la guerra con la Russia non potrebbe aver fine se non con il conseguimento di una non meglio precisata “vittoria” da parte dell’Ucraina. Il che ben potrebbe intendersi come rifiuto “a priori”, di ogni soluzione  negoziale del conflitto, anche nell’ipotesi che l’invasione da parte della Russia venisse definitivamente bloccata e si desse luogo, pur se in via di mero fatto, a una tregua fra i belligeranti  Se così fosse, la guerra, per quanto sopra detto, non potrebbe più essere considerata puramente difensiva ma assumerebbe piuttosto le connotazioni  di un mezzo di risoluzione (vietato, per l’Italia, dall’art. 11 Cost.), della già preesistente controversia internazionale tra Russia ed Ucraina, avente a oggetto, nell’essenziale, l’adesione o meno di quest’ultima alla NATO  (vista dalla Russia, non  del tutto ingiustificatamente,  come una minaccia alla propria sicurezza), e la destinazione finale della Crimea e della regione del Donbass (la prima delle quali, peraltro, già in possesso, di fatto incontrastato, della Russia fin dal 2014).

Ciò posto, mi interessa un diverso tipo di interpretazione dell’art. 11; e tale interpretazione parte dalla perentorietà del verbo “rifiuta”, termine che è prevalso nella costituente sugli altri due termini proposti, ovvero “rinuncia” e “condanna”. La scelta di quel termine indica che la nostra Costituzione non intende ammettere interpretazioni del tipo “ripudia ma,,,”  elencando eccezioni che, come nel caso in esame, vengono costruite con il solo scopo di contravvenire alla norma costituzionale. Il ripudio, invece di invitare a partorire aborti interpretativi come quello del sen, Amato, induce invece a percorrere la strada di una ricerca costante, insistente, indefessa, spregiudicata, permanente di una soluzione pacifica.

Ci sono solo tre casi, che io conosca, di autorità politiche che perseguono il dettato dell’art.11 della nostra Costituzione: papa Francesco, Erdogan e la Cina. Papa Francesco con la sua insistenza di mediazione effettuata dal cardinale Zuppi; Erdogan che ha portato a casa il primo accordo sul grano e che non perde occasione per ritentarci con insistenza; la Cina che con il suo documento in 12 punti ha posto le basi per una trattativa e che ha recentemente accolto il cardinale Zuppi per un possibile coordinamento degli sforzi.

Non esiste un solo politico italiano (salvo rarissime eccezioni) che rispetti l’art.11 della Costituzione, né nella maggioranza né all’opposizione, incapaci di ubbidire ad un comportamento costituzionale inequivoco.

Personalmente in ogni momento in cui fossi chiamato a pronunciarmi (e penso alle elezioni politiche del 2022 o alle prossime europee) non ho dato e non darò il mio voto a chi non si impegnasse a osservare nel suo mandato pacifista l’art. 11 della Costituzione.