LE VARIAZIONI ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE APPROVATE DALLA 1° COMMISSIONE PERMANENTE

di Renato Costanzo Gatti

Socialismo XXI Lazio |

Premessa

Faccio seguito al mio articolo apparso su questo sito il 15 gennaio sulla PROPOSTA DI RIFORMA COSTITUZIONALE per aggiornarvi sulla relazione della 1°commissione permanente affari costituzionali che ha approvato la nuova versione della riforma proposta dal governo Meloni.

Questa riforma andrà certamente a referendum perché non raggiungerà i 2/3 dei voti di entrambe le camere nel secondo turno di votazioni. E’ quindi indispensabile che tutti noi si sia informati a fondo sull’argomento su cui dovremo pronunciarci. Ma è anche nostro compito diffondere le nostre osservazioni critiche alla proposta revisione stante lo stravolgimento istituzionale che quella proposta comporta. Come osservato nel precedente articolo questa proposta fa venir meno quell’equilibrio tra i poteri che la Costituzione aveva costruito, infatti, il ruolo del presidente del consiglio eletto diventa di gran lunga prevalente a scapito dei poteri del Capo dello Stato e del Parlamento.

Non mi soffermerò sulle minori variazioni apportate dalla Commissione affari costituzionali, focalizzando le mie osservazioni sui punti interessanti risultanti dal nuovo testo.

 Modifica all’articolo 83 della Costituzione

L’articolo in questione prevede che il Presidente della Repubblica venga nominato dal Parlamento con un quorum di due terzi per i primi tre scrutini e con la maggioranza assoluta negli scrutini successivi. La proposta variazione sposta a dopo il sesto scrutinio l’abbassamento del quorum. La variazione raddoppio il numero degli scrutini nei quali ricercare un consenso più largo per l’elezione del Presidente della Repubblica.

Modifica all’articolo 89 della Costituzione

L’articolo in questione prevede che tutti gli atti del Presidente della Repubblica siano controfirmati dai ministri proponenti, che se ne assumono la responsabilità. La variazione della commissione è di natura tecnica nel senso che esclude la controfirma in quegli atti che sono di esclusiva potestà del Presidente della Repubblica quali: la nomina del presidente del consiglio dei ministri, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle Camere e il rinvio delle leggi.

Modifica dell’articolo 92 della Costituzione

E’ l’articolo che prevede l’elezione diretta e contestuale a suffragio universale del presidente del consiglio dei ministri e delle Camere.

Una prima variazione consiste nello stabilire che l’elezione del presidente del consiglio, proposta per la durata di cinque anni, venga stabilita a “non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”. Questa variazione mira ad evitare che un singolo presidente del consiglio resti in carico per un numero eccessivo di legislature; mi pare una proposta sensata anche se è difficile capire le motivazioni relative alla possibilità di un terzo mandato.

La commissione non ha avuto nulla a che dire sulla contestualità dell’elezione delle Camere e del presidente del consiglio. Faccio notare che laddove esiste il presidenzialismo (cui si può assimilare la proposta di premierato) cioè laddove il potere di un singolo tenda ad esorbitare rispetto al potere degli altri organi costituzionali, penso ad esempio alle regole degli USA, i due organismi ovvero capo dell’esecutivo e del suo organo di controllo sono eletti in date diverse per evitare che la maggioranza prevalente nel momento determini contestualmente i due organi, creando quindi un elemento di diversificazione e quindi di rafforzamento nell’equilibrio dei poteri. Questa precauzione è impossibile nella proposta presentata dal governo, e accettata dalla commissione, stante il meccanismo di rapporto tra le due elezioni costituito dal premio di maggioranza, oggetto della seconda variazione.

La seconda variazione prevede che il premio di maggioranza spettante in ciascuna camera alle liste e ai candidati collegati al presidente del consiglio eletto venga modificato dal 55% ad “una maggioranza”. Come noto la Corte Costituzionale aveva bocciato il premio di maggioranza qualora non fissasse un minimo risultato effettivo e ciò per non stravolgere la volontà dei cittadini votanti. Da sottolineare che la Corte Costituzionale nella sua sentenza non faceva riferimento a nessuna norma della Costituzione, ma affermava un principio insito nella natura di uno stato democratico ovvero quello di non stravolgere la volontà popolare. Da notare inoltre che la logica del premio di maggioranza alle Camere era collegato all’espressione della volontà popolare nelle votazioni delle Camere, mentre nel caso della riforma meloniana, è la votazione relativa all’elezione del presidente del consiglio che determina il premio di maggioranza a modifica della composizione delle Camere.

Ora lo stravolgimento è evidente se pensiamo a quanto avvenuto alle recenti elezioni regionali sarde, laddove, se applicassimo lo stesso principio proposto dal governo, succederebbe che, avendo il centro destra vinto le elezioni ed avendo il centro sinistra prevalso nel voto disgiunto per il presidente, la volontà popolare prevalsa nell’elezione del presidente andava a rovesciare la volontà popolare espressa per i membri del consiglio regionale.

Ma facciamo un esperimento mentale: si presentano alle elezioni 3 liste: centrosinistra, destra e centro; e tre candidati presidenti del consiglio: Schlein, Meloni e Draghi. Allo spoglio delle schede centrosinistra e destra prendono il 45% ciascuna e il centro prende il 10%. Ma per l’elezione del presidente del consiglio stravince Draghi per cui i seggi alle Camere “garantiscono una maggioranza” al centro. Ora la maggioranza può essere relativa, assoluta o qualificata, e ciò lo prevederà la legge elettorale, e quindi nei tre casi avremo i seguenti seggi alle Camere:

CasoCentrosinistraDestraCentro
Volonta del Popolo454510
Maggioranza Relativa333334
Maggioranza Assoluta24,524,551
Maggioranza Qualificata22,522,555

E’ evidente l’assurdità di questa proposta con cui garantendo una maggioranza, e non specificando quale, si delega il tutto ad una legge elettorale che, rispettando la Costituzione, potrebbe arbitrariamente assegnare un premio che abbiamo ipotizzato al 55% ma potrebbe essere qualsiasi percentuale.

La terza variazione consiste nel fatto che il Presidente della Repubblica, su proposta del presidente del consiglio eletto, oltre a nominare, come nella originaria proposta, può ora anche revocare i ministri. Mi sembra che in effetti ci si era dimenticati di questo ulteriore potere da conferire al presidente del consiglio che il Presidente della Repubblica, da buon burattino, deve eseguire.

Modifica all’articolo 57 della Costituzione

Si tratta della famosa norma antiribaltone per la quale se il presidente del consiglio eletto dovesse cessare, il Presidente della Repubblica è costretto alle seguenti alternative:

a – “in caso di revoca della fiducia al presidente del consiglio eletto, mediante mozione motivata, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere”;

b – “in caso di dimissioni del presidente del consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone”;

c – “qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al presidente del consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il presidente del consiglio”.

La situazione è mostruosa ma è anche esilarante perché quel povero Presidente della Repubblica non ha alcuna indicazione, e quindi non sa più cosa fare, nel caso in cui la fiducia fosse revocata senza mozione motivata, nel caso in cui, per esempio, fosse posta la fiducia per l’approvazione di una proposta di legge ordinaria.