PER UNA RIFONDAZIONE SOCIALISTA

di *Giovanni Princigalli |

Sono rimasto molto dispiaciuto per il risultato del PSI alle recenti elezioni europee.

Però mi chiedo: perché allearsi con Renzi e i radicali? Cosa c’entra Renzi con la tradizione del socialismo italiano e quello internazionale? Renzi aveva portato il PD su posizioni centriste e liberiste. Guadagna milioni per fare il consulente per dittatori e multinazionali e afferma che in Arabia Saudita c’è un nuovo Rinascimento. Ci si allea con lui per non allearsi con il PD?

Il PD non è il mio partito, ma Elly Schlein è forse la sola leader socialdemocratica che c’è in Italia. Ha spostato il PD più a sinistra (anche se non quanto vorrei). L’altra possibilità era un’alleanza con SI e VERDI. Non so però se questi fossero stati d’accordo. È certo che Fratoianni con SI ha una forte visibilità personale.  In un grande partito di sinistra sarebbe il numero due se non il numero tre. Ma con questo non voglio dire che egli non desideri sciogliere il suo partito in uno più grande per motivi d’interesse personale. Perché è anche vero, che non c’è in vista un forte, allettante e affasciante progetto di partito unitario, per cui vale la pena sacrificare e mescolare la propria particolarità e spazio.

Ma vedo che il piccolissimo PSI di oggi pur di rivendicare la specificità del suo nome glorioso, si chiude in una riserva indiana rifiutando l’annosa questione della fusione o convergenza con gli ex PCI. Posso anche capirlo, perché il PCI ha sempre avuto ambizioni egemoniche e attitudini paternaliste, arroganti e di superiorità verso il PSI. Ma il PCI e Craxi non ci sono più. Poi, quando leggo che il PSI di oggi con orgoglio si richiama a Filippo Turati e Carlo Rosselli, mi viene un po’ da ridere (scusate), perché Turati era si riformista ma marxista (amico di Engels) e Rosselli era si un riformista non marxista, ma il suo pensiero, oggi, sarebbe più a sinistra di S.I.

Anche i socialisti che andarono con Forza Italia dicevano d’ispirarsi a Turati e Rosselli.  Francamente… un po’ di onestà intellettuale e amore per la storia per favore. Chiaramente le colpe per l’assenza di un grande partito socialista (che oggi dovrebbe chiamarsi anche ecologista) sono da attribuire anche ai PDS-DS che si sciolsero nel PD.  Così facendo avvilirono gli sforzi e disillusero le speranze di De Martino, Ruffolo, Spini e Rodotà. Quindi certo è colpa (grossa) anche degli ex comunisti che non hanno avuto l’intelligenza, la sensibilità e il coraggio di usare il termine “socialista”, dimostrando un certo pregiudizio verso questa storia. Ma anche i socialisti di oggi non riescono a togliersi dalla testa il loro anti-comunismo sviscerato (o meglio, peggio ancora, l’anti PCI di Berlinguer).

Il PD ha fatto male a non richiamarsi alla tradizione socialista. Il PSI però commette un errore più grande, perché si ritiene l’unico depositario della tradizione socialista; il socialismo italiano puro ed esclusivo, ma nei fatti è più a destra non solo di Lula, ma anche dell’americana Alexandria Ocasio Cortez.

Se gli ex comunisti, trasformandosi genericamente in democratici, hanno dimostrato quasi di vergognarsi delle loro origini e della tradizione marxista, i socialisti hanno una difficoltà simile, quella di non assumere in modo cosciente e profondo il significato della parola socialismo.  Ci consola, parzialmente, sapere che è questo il problema anche del glorioso SPD tedesco. Esso non solo (il che è comprensibile e normale) è lontano dalla socialdemocrazia marxista se per riformista di Bernstein o Lassalle, ma lo è anche con il partito non marxista che fu di Willy Brandt.

Il PSI che si allea con Renzi, non ha alcuna piattaforma anti-capitalista, no certo nel senso dogmatico o bolscevico. Penso piuttosto alla critica al capitalismo, se per pur con obbiettivi, contesti e valutazioni diverse di Salvador Allende, Olof Palme, Bernie Sanders. Mi spiace dirlo, ma ancora una volta il PSI di oggi, ma non da oggi, ma da decenni, ha rotto i ponti con le idee dei padri fondatori, anche se afferma che non sia così, ma in verità è così. Se ci si allea con Renzi, e prima ancora si governa con Berlusconi, i fascisti e i leghisti (guardate Cicchitto, che non so perché è il direttore di Civiltà socialista), se si stila un manifesto di valori come quello che è leggibile sul sito del PSI, non puoi avere in testa e nel cuore Turati, Rosselli, De Martino, Lombardi.  A me sembra che sia piuttosto un partito di tipo blairiano.

Il PSI di oggi è nostalgico (lo sono pure io), ma verso cosa? Verso il PSI di Craxi, ovvero quello che Formica (che pur è da sempre moderato ed anti-comunista) aveva definito una corte di nani e ballerine? Pensiamo anche all’amarezza di Lombardi che disse: «Non c’è più ragione per militare in questo partito». Pensiamo a De Martino, che parlò di mutazione genetica. Allora che nostalgia è? Quella per il 15% di consensi raggiunto da Craxi? Sono convinto che costui vada riscoperto e riletto, ma fu anche quel leader “socialista” che si precipita in Parlamento per portarlo a rivotare un provvedimento a difesa dei privilegi e degli interessi (particolari e capitalistici) di uno uomo solo, ossia di Berlusconi. Sono d’accordo sul fatto che Mani Pulite nascondeva tanta arroganza, ostilità, pregiudizio e anti-politica. Ci furono eccessi, errori ed abusi, oltre che egocentrismo, divismo, protagonismo di alcuni magistrati, il delirio di essere il giustiziere del popolo, come fu in gran parte l’attitudine di Antonio Di Pietro. Eppure, non eravamo nella URSS di Stalin o nell’Italia di Mussolini, in cui il dittatore dettava, ordinava, al magistrato quale dissidente pericoloso di turno punire e quali le pene da sentenziare.  La corruzione c’era, lo disse 10 anni prima Lombardi:  «Ci sono più socialisti in prigione oggi che ai tempi del fascismo».  Ho consultato dei documenti del PSI barese degli anni 50 e 60. Sono riportate le entrate che erano fatte di sottoscrizioni, lotterie, tornei di calcio balilla, feste dell’Avanti, porzioni generose tratte dagli stipendi di deputati e senatori. I funzionari erano pagati quanto un operaio. Certo, il PSI ricevette prima i fondi occulti dall’URSS e dalla Lega delle Cooperative, e poi dagli USA e dai sindacati inglesi.

A partire dagli anni del centro-sinitra, il PSI doveva competere al governo con la DC, ma anche a sinistra contro il PCI. Insomma, contro due giganti. Siamo d’accordo. Ma ciò giustifica una corruzione così estesa? Sia quella per finanziare il partito che quella per arricchimenti personali? Se i socialisti non ammettono questo, allora non capiranno perché oggi tutti quegli elettori che portarono Craxi e il PSI all’apogeo, oggi votano in gran parte per tutti i partiti, eccetto quello socialista. Tali elettori erano sia beneficiari delle clientele (quindi non votavano il PSI per motivi ideali) ma anche le tante persone oneste che erano fiere di avere al tempo stesso e per la prima volta, un Presidente del Consiglio ed un Presidente della Repubblica entrambi del PSI.   Molti di loro oggi sono morti ed i giovani non votano certo per i socialisti. È un partito vecchio, nel senso che nonostante la giovane età del suo segretario, non ha giovani, che sembrano (almeno quelli di sinistra) preferire il PD o SI+Verdi. 

Oggi il PSI si regge non tanto su valori e una piattaforma di tipo socialista, ma sulla nostalgia di un partito che era alla guida dello Stato e che aveva molti consensi, oltre che sulla solita, patologica ossessione anti-comunista, e sul rancore e rabbia tanto verso il PCI quanto la magistratura. Ma un partito socialista che hai i piedi e la testa nel presente, non può basarsi su queste emozioni, ma piuttosto su una lettura attenta della società attuale, delle nuove miserie e diseguaglianze, e fare delle proposte al tempo stesso radicali e riformiste.

Gli attuali dirigenti socialisti (ma anche del PD e di SI) dovrebbero porsi il problema di come recuperare il progetto che fu di Lombardi e Amendola, ovvero un unico partito socialista e democratico, che ricomponga e curi le antiche scissioni e i presenti rancori.   Se una volta, la gente di sinistra doveva capire se dare il suo voto al PSI, al PCI o al PSIUP, oggi si deve scegliere tra: Stati Uniti d’Europa, PD o SI+Verdi. È già difficile fare una scelta per chi ha alle spalle una militanza politica, immaginiamoci per una persona, per così dire comune, che non conosce la storia e le teorie della sinistra. Perché deve essere sottoposto a tale supplizio?  Egli percepisce davvero le differenze fondamentali tra PSI, Sinistra Italiana, Verdi e PD? Pensiamo anche a quell’elettore che deve scegliere tra Italia Viva ed Azione.  In verità si tratta di decidere se sia più simpatico (o meno antipatico) Calenda o Renzi, piuttosto che esprimere un voto sui valori, che mi sembrano essere molti simili tra le due formazioni.

Un futuro partito unitario del socialismo italiano non deve essere “mono nota”. Tutte le culture socialiste italiane e internazionali che pur partendo da punti opposti, convergono verso una visione democratica, libertaria ed egualitaria della società, hanno diritto di cittadinanza. Che sia il marxismo riformista di Turati, quello libertario e di sinistra di Lelio Basso e Rosa Luxemburg, o ancora il socialismo liberare di Rosselli e del Partito d’Azione, la social-democrazia di Palme e Brandt, la terza via di Berlinger, Allende e Dubcek ed ancora il socialismo di De Martino, Lombardi e Pertini. E perché no anche la sinistra americana di Bob et Ted Kennedy, M.L. King e George McGovern, senza dimenticare gli africani Mandela e Sankara.

Immaginatevi che grande occasione abbiamo perso in passato, come ebbe a dire De Martino, litigando su riformismo, radicalismo, magari volendo la stessa cosa ma usando nomi diversi, e rimanendo in scacco, per dirla con Massimo Salvadori, senza riforme e senza rivoluzioni.  Immaginiamoci il grande partito unitario dei lavoratori, proposto da Amendola e Lombardi, che avrebbe potuto candidare come copolisti Berlinguer, Amendola, De Martino, Foa, Basso, Di Vittorio, Lombardi, Nilde Iotti e Joyce Lussu. I tempi non erano maturi certo, anche perché la “reazione” non avrebbe permesso ad una sinistra unita di andare al governo del paese.  Non si fecero scrupoli ad assassinare i due Kennedy, figuriamoci un leader socialista italiano, oltretutto, tra il 1967 e il 1986, per ben 20 anni, misero k.o., uno dopo l’altro, i socialisti greci, cileni ed infine Palme in Svezia.

Ma oggi, un partito unitario della sinistra, socialista ed ecologista, è ciò che ci vuole per far fronte alla guerra, alle diseguaglianze crescenti, ai cambiamenti climatici, allo strapotere del capitalismo globale. 

Essere riformista o viceversa radicale in modo pregiudiziale, a priori, è una politica immatura e non socialista. Certo ci vogliono dei paletti, che io metterei a destra per escludere il blayrismo e a sinistra Maduro e Ortega. Tra i due estremi c’è un enorme campo di ideali, idee, esperienze e possibilità concrete. Stabilire di essere solamente riformista o solo radicale è enunciare in verità un dogma, che addirittura può trasformarsi nel suo opposto, ovvero in una scatola vuota perché svuotata di significato.  Un medico è moderato di fronte ad un raffreddore, ma è radicale (se non spietato e non incline ad alcun un compromesso) rispetto ad un cancro. La medicina è una scienza, oltre che un’etica. Ma anche il socialismo lo è. La sua piattaforma, la sua strategia, vanno valutate di volta in volta. Ma l’obbiettivo è sempre lo stesso: il progresso della razza umana, il pacifismo e conquistare sempre più porzioni di libertà, liberazione ed eguaglianza, avanzando fin dopo si può o resistendo per non indietreggiare agli attacchi. Ma Craxi, Blair e i DS indietreggiarono di loro iniziativa, indebolendo le conquiste già ottenute e rinunciando agli obbiettivi futuri, come quelli prefissati dalla socialdemocrazia precedente di Palme. Un partito di sinistra, socialista ed ecologista, deve provare a fissare l’asticella del progresso il più lontano possibile. A volte avanzare di solo un metro, altre volte di un chilometro. Ma riformismo e radicalismo, non sono ideologie, ma strategie e politiche che un partito deve valutare di volta in volta. È chiaro che su miseria, guerra e distratti ecologici, non vedo come si possa tergiversare se non addirittura esserne complici. Certo, resta il problema della strategia messa in opera dalla Reazione, che si è dimostrata feroce, cinica, intransigente, intollerante, spietata e immorale in passato.

I dirigenti socialisti italiani, ma anche Fratoianni e la Schlein, dovrebbero rileggere i classici come Olof Palme, De Martino, Lombardi, Massimo Salvadori, Gaetaneo Arfé, Ruffolo, e un po’ anche Marx, non solo per la sua capacità di analisi economica e storica, ma anche, se non soprattutto, per il messaggio e i valori fortemente umanisti e libertari, che furono suoi, ma anche di tutti i teorici del socialismo ottocentesco, da Pisacane a Bakunin. Il socialismo come liberazione morale e sociale dell’uomo, come società dove il tempo del lavoro non è più importante di quello del tempo libero, e dove gli uomini e le donne non devono essere determinati dal tipo di lavoro che svolgono per tutta la vita, per vivere se non sopravvive, ma piuttosto per quello che sentono e sono: persone che devono essere libere e eguali, cooperando, instaurando legami sociali e intimi, dedicandosi alla creatività come agli affetti, ma anche solo a loro stessi (ed in questo ultimo aspetto, ecco che il marxismo, e più in generale il socialismo, incontrano davvero la cultura liberale e l’individualismo). Le nazioni dovrebbero cooperare contro le pandemie, le guerre, le multinazionali, i cambiamenti climatici e scambiarsi i beni di cui ognuno ha bisogno e che l’altro possiede, e viceversa.

Forse sono andato troppo oltre nelle aspettative e gli orizzonti, ma basterebbe un partito che dicesse:

Pur sapendo che il sistema capitalista non può esser abrogato, quest’ultimo deve diventare subalterno al potere sociale e al potere politico e non viceversa. Diamine, lo dicevano pure i Kennedy che non erano Socialisti.  Si potrebbe anche specificare che non si tratta di sminuire il mercato delle piccole imprese, delle imprese individuali e familiari, degli artigiani, dei creativi, dei professionisti, delle cooperative e del terzo settore (che comunque non sempre rispettano i diritti dei lavoratori e dei consumatori). Parliamo piuttosto del capitale bancario, finanziario e delle multinazionali che eludono ed evadono miliardi, che si sottraggono al controllo del potere politico, anche dietro la minaccia di buttare in strada i lavoratori o di delocalizzare industrie e investimenti. 

Perché non si parla di diminuzione dell’orario di lavoro, di come finanziare una nuova edilizia pubblica, ad esempio con una super tassa per i super ricchi? Perché non ci si indigna pubblicamente contro gli stipendi dei dirigenti della grande industria (amici di Renzi)? Perché non si criticano la NATO e Biden? Certo meglio loro di Putin, ma anche loro, con un approccio tutto sommato conservatore e poco creativo, fanno danni. Perché non si dice nulla dell’esperimento politico ed istituzionale dei Curdi siriani? Perché non si denuncia l’embargo contro Cuba? Il che non vuol dire essere castristi, ma piuttosto chiedersi perché Biden abbia chiuso il dossier aperto coraggiosamente da Obama sulla questione cubana. Gli stessi Kennedy erano favorevoli ad istaurare ottime relazioni con Castro. Perché Cuba deve essere stritolata ed invece l’Arabia Saudita e  la Turchia fanno tutto quello che vogliono, ben peggio del partito comunista cubano,  e non sono colpiti da sanzioni e ricevono pure armi? È uno scandalo, che non può non indignare chi si reputa Socialista.

Poi ci chiediamo ancora perché il PSI quasi non esiste più. Datemi una ragione, a me socialista, od a un giovane studente, operaio o disoccupato, per votare per il PSI (in più alleato con Renzi) che non sia solo per nostalgia e per l’amore di un nome.

Infine consiglio loro di leggere le recenti pubblicazioni su una possibile rifondazione del socialismo oggi:

Sfidare il capitalismo di Bernie Sanders (2024)

Manifesto socialista per il XXI secolo di Bhaskar Sunkara  (2010)

Utopie reali  di Erik Olin Wright (2020)

Consigli di film documentari:

Salvador Allende di Patricio Guzmán (2004)

Inside Job di Charles Ferguson  (2010)

Bob Kennedy for President (serie su Netflix)

E i film di finzione:

Marginal Call di Jeffrey McDonald Chandor (2011)

I compagni di Mario Monicelli (1963)

Miss Marx di Susanna Nicchiarelli (2020)

Sulla politica di John Kennedy verso Cuba e Castro, e sulla sua indignazione e quindi intenzione di non volere che il potere economico di pochi fosse più importante di quello dei cittadini, consiglio il libro: Il complotto, la contro inchiesta segreta dei Kennedy sull’omicidio di JFK di James Hepburn e Stefania Limiti (2022), ma anche Strategia di pace, discorso di J. Kennedy (1960).

Io, da canto mio, alfine d’imparare e capire, mi appresto a leggere: Cosa vuol dire socialismo nel XXI secolo? di Nancy Fraser (2020); Il socialismo universale di Francesca Fabeni (2008); Utopia per realisti. Come costruire davvero il mondo ideale di Rutger Bregman (2017);  Storia del PSI. 1892-1994 di Paolo Mattera (2010)

Giovanni Princigalli

*Giovanni Princigalli – Regista e membro del centro di ricerca di storia orale della Concordia University.