Nacque a Prata di Pordenone il 5 maggio 1890 da Giuseppe e Maria Polesel, in una famiglia di operai edili (aveva sei fratelli e due sorelle). Dopo aver frequentato i primi due anni delle scuole elementari, fu avviato al lavoro a soli nove anni di età, presso la fornace di Rivarotta di Pasiano. A quindici anni emigrò a San Gallo in Svizzera dove, subito dopo l’apprendistato, riuscì a farsi assumere nel 1906, come precoce operaio professionale. La sua adesione al socialismo avvenne negli anni successivi, quando poté pagare la quota al sindacato di mestiere dei gessatori e pittori. Prima della guerra si trasferì a Pordenone, sposando Teresa Gaudenzio. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Angelo (a Pordenone nel 1915), Nella (nel 1918, durante la profuganza dopo Caporetto), Gisella (a Pordenone nel 1921, poco dopo la fuga del padre) ed Otello (a Parigi nel 1924).
Nel dopoguerra M. diventò il segretario della Lega degli edili di Pordenone, aderente alla Federazione impiegati operai edili (FIOE): era la più forte organizzazione della Camera del lavoro del Friuli. Fu protagonista di numerose agitazioni degli edili disoccupati, della creazione di cooperative di lavoro e della realizzazione di lavori arbitrari, gli “scioperi a rovescio”. Professavano idee socialiste anche i fratelli Giovanni (nato nel 1887), Antonio (1888), Olivo (1896) e Vittorio (1902). Tutti furono operai migranti: Giovanni a Torino come operaio Fiat e facchino d’albergo (portando con sé la madre), Olivo pure a Torino in una fonderia Fiat, mentre Vittorio emigrò in Belgio nel 1923 ed Antonio in Argentina nel 1922; la sorella Angela (1894) era invece suora presso un convento di Gorizia.
Nell’ottobre 1920 M. fu eletto al consiglio comunale nelle file della maggioranza socialista. Aderente alla scissione comunista, M. partecipò alle “barricate di Torre” del maggio 1921. L’8 giugno successivo, nel corso di una imboscata tesagli dai fascisti a Prata, M. uccise il capo degli squadristi, Arturo Salvato, e fu quindi costretto a darsi alla clandestinità. M. fu dapprima incaricato dalla FIOE di dirigere il sindacato in Sudtirolo e Trentino; una volta scoperto, espatriò insieme con Pietro Sartor.
Dopo un periodo passato in Svizzera ed in Belgio, nel 1922 si trasferì in Francia con la famiglia, alternando l’attività di impresario edile, svolta sotto falso nome, a quella di organizzatore della categoria per il Parti communiste français (PCF). Scoperto e costretto nuovamente all’espatrio dieci anni dopo, si trasferì nuovamente con la famiglia in Unione Sovietica, dove fu impegnato come lavoratore specializzato in importanti lavori edili, ricevendo anche pubblici riconoscimenti come “stakhanovista”.
Qui il cognome dei Masutti divenne “Garatti”. Nel 1933 la figlia Nella conobbe e sposò un giovane comunista torinese, Emilio Guarnaschelli, ucciso in seguito alle repressioni staliniane (grazie all’impegno di Nella Masutti, il carteggio di Guarnaschelli diventò più tardi la prima testimonianza di ampio respiro sulle vittime italiane delle repressioni staliniane). M. iniziò a quel punto un difficile percorso per non cadere anch’egli vittima delle “grandi purghe”, riuscendo infine a ritornare in Francia nel 1937. Qui diventò un riferimento per la dissidenza trozkista, ritornando a tessere i contatti con gli antichi compagni socialisti in esilio. Nell’immediato secondo dopoguerra, M. ritornò a Pordenone, guidando la riorganizzazione del Partito socialista italiano fino al 1949. Nel 1948 fu anche candidato al Senato per il Fronte popolare nel collegio di Pordenone. Nel 1949 ritornò a Parigi, dove divenne segretario della sezione e successivamente della federazione del PSI, dedicandosi al lavoro di assistenza agli emigranti italiani.
Morì a Parigi il 12 ottobre 1960.
Fonte: www.dizionariobiograficodeifriulani.it
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