di Daniele De Piero
Coordinatore Socialismo XXI Friuli Venezia Giulia
in collaborazione con Flavia Valerio delegata Fiom Electrolux di Porcia |
La situazione aziendale in Electrolux di Porcia è pesante, ma è soprattutto preoccupante il momento che stanno attraversando le lavoratrici e i lavoratori a cui offriamo la nostra solidarietà. E non da oggi.
Conosciamo la storia recente di Electrolux. Una volta superata la crisi del 2008 si sono susseguiti periodi di instabilità e incertezza. L’inizio della crisi attuale risale al periodo prepandemico, ma i primi segnali li abbiamo avuti già nel 2019, quando, per mere scelte economiche, si è deciso di abbandonare fette di mercato importanti di un “buon medio di gamma” che si attestava come prezzi sui seicento Euro (parliamo di lavatrici). Questa fu una scelta “strategica” avventata che di fatto ha comportato la cessione di una gran parte di acquirenti alla concorrenza turca (Beko) e cinese (Haier), pensando che oramai l’economia Europea ancora in ascesa permettesse una scalata verso un mercato di alto e altissimo di gamma con margini di profitto più ampi anche se con vendite contenute. Una scelta dettata dalla sola esigenza di massimizzare il profitto senza tenere conto delle possibili evoluzione del mercato.
Oltre a ciò la pandemia ha “drogato” i numeri, perché, pur di mantenere un certo livello di produzione, Electrolux ha riportato nelle fabbriche in Italia anche il medio basso di gamma dal momento che molti competitors si sono ritrovati con le fabbriche chiuse. La crisi energetica, che ha lievitato i costi di produzione, ha fatto il resto. La grande crisi economica che stiamo attraversando e che sta portando un’ondata di recessione mondiale, impoverendo anche quelle fasce sociali di riferimento, ha di fatto dimostrato come le previsioni aziendali siano state fallimentari. Il risultato è stato il crollo di un terzo delle vendite, rendendo i costi di produzione insostenibili, con la conseguenza che l’esposizione debitoria della società, la perdita di valore del titolo in borsa, e i mancati dividendi del 2022/3 per gli azionisti (che potrebbero ripetersi anche quest’anno), stanno facendo chiudere fabbriche del gruppo in tutto il mondo. E chi ci rimette sono sempre e soltanto le lavoratrici e i lavoratori.
Inoltre le “grandi menti” hanno pensato bene di vendere quei marchi che generano ancora margini di guadagno, vedi Zanussi o Olimpia, nomi che per buona parte di clienti dislocati nella penisola iberica piuttosto che in Inghilterra equivalgono ad una garanzia di prodotto, nell’illusione di poter così “far cassa” ed arginare le perdite, ma le cose non stanno in questi termini. Sta invece succedendo che questo è un giochino che oramai non può più reggere a lungo dal momento che l’azionista, che è uno specultatore e non un filantropo, ha la vocazione di investire tre per portare a casa quattro e non di certo di adottare una famiglia di lavoratori dividendo con questi ultimi il proprio guadagno.
Queste scelte strategiche, derivanti da analisi di mercato fatte con cupidigia nel solo interesse di massimizzare il profitto a breve, unite alla miopia strategica e all’assenza di una seria pianificazione industriale, stanno producendo una grave crisi strutturale che in un prossimo futuro potrebbe portare alla chiusura degli stabilimenti in Italia.
All’incapacità di programmazione padronale si aggiunge l’assenza di una politica industriale aggravata dalle scelte di un governo che, “patriota” a parole ma in realtà prono agli interessi statunitensi, ha ostacolato e impedito l’eventuale vendita ai cinesi e ha di fatto chiuso importanti scambi commerciali con la Russia ed i suoi paesi satelliti, con il risultato che questa “follia economica” ha ulteriormente favorito i turchi (Beko) che producono elettrodomestici in Italia poi li spediscono attraverso i loro canali di vendita in questi nuovi, ma solo per loro, mercati. Per concludere possiamo dire che nel nostro paese manca un’idea di Stato, manca un governo serio e responsabile, manca una politica estera lungimirante in grado di interpretare un mondo che si sta evolvendo, manca una seria politica industriale, manca un’unità di Classe in grado di fare invertire la rotta.
E’ il caso di ricordarlo a chi non vuol capire: Socialismo o barbarie.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.