IL DIBATTITO SUL PROGETTO DI UNIFICAZIONE SOCIALISTA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
SCUOLA DI DOTTORATO Humane Litterae
DIPARTIMENTO Scienza della Storia e della Documentazione Storica

CORSO DI DOTTORATO STUDI STORICI E DOCUMENTARI

(ETÀ MEDIEVALE, MODERNA, CONTEMPORANEA) CICLO XXVI

La questione della politica estera nel dibattito interno al Partito socialista unificato. Dal progetto di unificazione alla nuova scissione: 1964 – 1969

M-STO/04
Tesi di dottorato di: Eleonora Pasini Matr. n. R09045

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

 

CAPITOLO PRIMO

1.2 Il dibattito sul progetto di unificazione socialista

Con l’elezione di Saragat alla Presidenza della Repubblica ritornò, dunque, al centro del dibattito politico interno ai partiti socialisti il tema dell’unificazione. Questo importante avvenimento e la prospettiva dell’unificazione accrescevano la speranza dei socialisti di creare un grande e nuovo partito democratico e di sinistra, un terzo polo che modificasse i rapporti di forze con la Dc ed il Pci, partito interessato ed incuriosito da questa iniziativa. All’interno del partito comunista, infatti, il progetto politico dell’unificazione socialista aveva innescato un acceso dibattito al cui interno si contrapponevano voci discordanti. L’occasione che aveva dato inizio alla discussione scaturì dalla pubblicazione di tre articoli scritti21 nell’autunno del 1964 da Giorgio Amendola. Il dirigente comunista aveva espresso alcune considerazioni sull’unificazione proponendo, però, la creazione di un grande partito che coinvolgesse tutte le forze di sinistra compreso il Pci e che non si riconoscesse né nell’esperienza sovietica né in quella socialdemocratica22.

Nell’articolo si leggeva:

“Nessuna delle due soluzioni prospettate dalla classe operaia dei paesi capitalistici dell’Europa occidentale degli ultimi cinquant’anni, la soluzione socialdemocratica, e la soluzione comunista, si è rivelata fino ad ora valida al fine di realizzare una trasformazione socialista della società, un mutamento del sistema”23.

La proposta suscitò molto scalpore non solo all’interno del partito comunista, fortemente contrario ed ostile a tale prospettiva. Diverse furono, infatti, le reazioni scoppiate anche all’interno del partito socialista. Nel Psi ci fu chi apprezzò e condivise determinati aspetti rilevati da Amendola, come il segretario del partito, Francesco De Martino che considerò corretta l’analisi critica sulla situazione del movimento operaio italiano. In un articolo pubblicato sulla  rivista  socialista  “Mondo Operaio” il segretario socialista, oltre a confermare la necessità della costituzione di un partito nuovo, colse l’occasione per ribadire il proposito di voler coinvolgere tutte le forze di sinistra non limitando l’unificazione al solo partito socialdemocratico.

“Se l’unificazione socialista venisse intesa in questo senso, essa avrebbe prospettive favorevoli, altrimenti si risolverebbe in una nuova delusione e non sarebbe in grado di ridestare nelle masse e nelle stesse forze dei partiti quella tensione necessaria per far compiere al movimento operaio italiano una svolta storica. Bisogna a tal fine evitare che il tema dell’unificazione si imposti come limitato al Psi ed al Psdi, con l’esclusione del Psiup e di qualsiasi gruppo minore, che possa esistere, e si concepisca come la sostanziale accettazione da parte del Psi delle posizioni socialdemocratiche. Se si scegliesse tale strada il risultato sarebbe alla fine rovinoso per tutti o nella ipotesi migliore e più fortunata assolutamente inutile per creare una più robusta forza socialista capace di costituire un’alternativa politica seria. Chi sostiene tale orientamento non solo prescinde dai valori storici ed ideali, che il partito socialista rappresenta in Italia, ma anche dalla realtà del paese. […] Di tale esigenza occorre che il partito acquisti sempre più chiara la coscienza, elaborando collettivamente una linea di azione politica atta a favorire questo processo di unificazione e rifuggendo dall’alimentare pericolose illusioni di risultati facili ed immediati”.

Fu proprio nella parte finale che De Martino affrontò in modo chiaro il tema dell’unificazione con i socialdemocratici ribadendo:

“Anche il discorso con la socialdemocrazia deve cominciare ad uscir fuori dai luoghi comuni e dalle generiche espressioni unitarie, per porre in chiaro che il processo non può svolgersi nel senso di trasferire il partito socialista sulle posizioni assunte dai socialdemocratici nel 1947. Questo vorrebbe dire distruggere un patrimonio di valori ideali, disperderlo senza utilità, lasciare che di esso si impadroniscano altri”24.

Altri esponenti socialisti, al contrario, non mancarono di sottolineare i limiti e gli aspetti negativi della posizione espressa dal dirigente comunista pur apprezzando il tentativo di aprire un serio dibattito sul tema25.

I primi mesi del 1965 rappresentarono, dunque, una fase importante per il processo di unificazione. Ripresero, infatti, le iniziative volte in questa direzione anche grazie al fervido intervento di giornali e riviste che con interessanti articoli diedero il loro importante contributo su tale tema. Vennero organizzati, inoltre, dibattiti sull’argomento in sezioni e circoli culturali di molte città tra cui Milano, Genova,  Torino, Bologna. A Roma si tennero riunioni comuni di sezioni del Psi e del Psdi. I militanti si trovarono, però, spesso disorientati e confusi di fronte ai continui rallentamenti e alle differenti dichiarazioni pronunciate dai vertici del partito. Fattori che contribuivano solo a frenare il processo di unificazione  fortemente desiderato dalla base. L’interesse in favore dell’unificazione si dimostrò presente e forte e fu chiara la volontà di affrontare in modo più coerente i limiti e le difficoltà che ancora circondavano  il progetto di unificazione individuandone limiti  e problemi. Numerosi intellettuali socialisti o di area socialista  attraverso  interessanti iniziative e stimolanti discussioni analizzarono in modo più concreto e pratico le questioni più difficili tentando di sciogliere i nodi più intricati legati al delicato tema. La rivista “Tempi moderni” di Fabrizio Onofri organizzò una tavola rotonda sul tema L’azione socialista in Italia alla quale parteciparono attivamente molti intellettuali. Lo stesso Onofri insieme a Roberto Guiducci curò una raccolta di saggi dal titolo Costituente aperta, nuove frontiere del socialismo in Italia ed inoltre fu autore del volume New Deal socialista26. Un interessante dibattito si aprì, inoltre, sulla rivista “Critica Sociale” di Giuseppe Favarelli che raccolse molti contributi costruttivi sull’unificazione socialista come un interessante articolo scritto da Ugo Alfassio Grimaldi dal titolo significativo L’unificazione e il mostro nel quale si evidenziano le perplessità ed anche i timori presenti in alcuni intellettuali:

“C’è, inespresso, un timore più profondo che è radice di ogni altro timore: quello che i noti mali del Psi e i noti mali del Psdi, diversi gli uni dagli altri ma non diseguali per gravità, si assommino, che la tecnica degli apparati e quella della clientela si saldino, che i visi pallidi e le bande del buco si alleino. Non saremo noi di Critica Sociale, conoscitori della deteriorata situazione interna del Psi e antichi denunciatori dei “caciccati” e delle “piaghe” del Psdi, a negare la fondatezza di questa prospettiva funesta. […] George Bernard Shaw, alla ballerina Isidora Duncan che gli diceva: “quanto sarebbe bello se da noi due nascesse un figlio che avesse la tua intelligenza e la mia avvenenza”, rispondeva: “e non pensi al rischio che invece il bimbo sia brutto come me e corto di mente come te?”. L’unificazione dei due partiti potrebbe generare un mostro”27.

Numerosi esponenti socialisti, inoltre, ripresero ad esprimere giudizi e considerazioni sul tema dell’unificazione non solo nelle sedi  ufficiali  ma  anche dalle colonne dei giornali con interviste ed interventi. Questo progetto politico provocava, infatti, grandi resistenze poiché rilevanti e delicate questioni erano strettamente legate alla sua realizzazione. Non tutti i dirigenti del partito erano d’accordo, infatti, nel sostenere e promuovere tale proposta ed alcuni di essi si pronunciarono con toni polemici e contrari nei riguardi dell’unificazione, acuendo i contrasti già presenti nel Psi.

All’interno del partito regnava una profonda confusione legata a tale questione che rispecchiava i discordanti giudizi riguardo le modalità, i tempi ma anche  gli stessi soggetti che avrebbero dovuto far parte del progetto di unificazione. Ciò  emerse chiaramente dagli interventi pronunciati nelle riunioni del Comitato centrale  e della Direzione convocate nei primi mesi del 1965. Il segretario  del  partito affrontò più volte il tema dell’unificazione inserendolo in un contesto più ampio. De Martino ribadì le tesi, più volte espresse, riguardanti la volontà di creare un’unificazione che comprendesse tutto il movimento operaio, collocando questo processo in un progetto più ampio, di vasta unità della sinistra italiana:

“E’ quindi necessario che il nostro partito consideri sempre di più come tema permanente della sua azione politica quello della ricerca di tutti i modi che siano atti a favorire il processo di unificazione, senza preconcetti dogmatici, promuovendo un grande dibattito popolare, che si sviluppi nel Paese ed esca dal chiuso dei rapporti di vertice, evitando quella sorta di diplomazia segreta, che riduce a più o meno incomprensibili accordi di pochi iniziati, vicende che acquistano valore soltanto se hanno come protagonisti milioni di lavoratori. In questo dibattito popolare, può darsi che l’unità socialista si riveli come una conquista più agevole, da perseguire per prima. Ma questo avrà un senso positivo soltanto se verrà considerata come una tappa di un più lungo cammino il cui fine, non è di rendere permanente la contrapposizione tra socialisti e comunisti, ma di superare tale contrapposizione, che è nata in circostanze storiche diverse da quelle attuali e che ancor più difficilmente potrà corrispondere alle condizioni dell’Italia e dell’Europa, come possiamo intravedere che saranno tra uno o due decenni”28.

Concetti ribaditi, inoltre, alla riunione del Comitato centrale dei primi di aprile del 1965, quando il segretario confermò la necessità di un coinvolgimento di tutte le forze socialiste, sostenendo che:

“Probabilmente per affrontare in modo realistico ed utile questo problema dell’unità socialista converrà procedere per gradi, mirando a stabilire fra tutte le forze socialiste degli accordi di consultazione e poi spingersi oltre via via che la situazione lo consenta. Il massimo, io credo obiettivo da conseguire che sarebbe una grande e decisiva tappa nel processo unitario, potrebbe essere un accordo di tutte le correnti socialiste per una presentazione comune del 1968, in modo da tendere e creare fra i due grandi partiti italiani un terzo forte raggruppamento, con il quale tutti dovrebbero fare i conti, sia che si debba proseguire in una collaborazione di governo, sia che si debba scegliere la via dell’opposizione per una alternativa socialista. E’ ovvio, che il tema dell’unità socialista ha un senso se essa è veduta come un definitivo punto di arrivo, che consideri ormai storicamente definitiva la scissione del movimento operaio e la divisione fra socialisti e comunisti, ovvero se essa è soltanto una tappa di un più vasto processo unitario […] 29”.

Questa dichiarazione provocò molte reazioni all’interno del partito rilevando, così, la confusione legata a tale iniziativa come sottolineava anche Nenni nei suoi Diari:

“Si è conclusa questa mattina la riunione del comitato centrale del partito. Riunione scialba, cominciata male con una relazione di De Martino a carattere problematico non concordata con nessuno, né con la segreteria, né con la direzione. Una specie di scorribanda a ruota libera dove si poteva ritrovare di ogni cosa il suo contrario. C’era perfino una proposta buttata là senza alcuna preparazione, di un cartello elettorale per il 1968 con i socialdemocratici e persino con il Psiup. […]”30.

Il dibattito sull’unificazione socialista proseguì per tutta la primavera del 1965 essendo molte e differenti le posizioni assunte dai socialisti davanti al progetto di unificazione.

Nenni e l’ala autonomista continuavano a battersi tenacemente per realizzare l’operazione di unificazione in tempi brevi. Molti, infatti, furono gli interventi in favore di tale iniziativa pronunciati da esponenti autonomisti molto legati al leader socialista tra i quali Cattani, Ferri e soprattutto Mancini  che,  sostenendo  apertamente il progetto, si espresse con decisione nell’affrontare le resistenze e gli ostacoli che si presentavano sulla difficile strada verso il nuovo progetto politico.  Con vivaci e polemici articoli ribadì,  infatti, la volontà e la necessità politica di  dover realizzare al più presto l’unificazione, specificandone, inoltre, i criteri che avrebbe dovuto seguire.

“Sicuramente il problema dell’unità socialista tra il Psi ed il Psdi si pone oggi come un problema maturo per essere affrontato e risolto con tempestività, tenendo conto degli ostacoli e delle difficoltà che ancora esistono e tenendo conto soprattutto che l’unità socialista deve iscriversi nella linea di una sempre più efficace iniziativa dei socialisti per allargare la base di consenso popolare alla loro politica. Una unificazione tra Psi e Psdi non può pertanto tradursi in una somma degli effettivi e degli elettori dei due partiti ma deve avvenire conquistando al movimento socialista uno spazio più ampio e una capacità d’iniziativa politica più incisiva. In questo modo l’unità socialista risulterà un’operazione politica che apre prospettive nuove per lo sviluppo della democrazia italiana e che preluda alla soluzione del problema storico dell’unità politica di tutta la classe lavoratrice”31.

Inoltre in un’altra intervista si  espresse  con toni ancora  più critici verso coloro i quali, all’interno del Partito, si impegnavano ad ostacolare e rallentare  l’unificazione soffermandosi, poi, sui limiti e sui possibili pericoli che il partito avrebbe corso se avesse rinunciato al progetto di unificazione.

“Stiamo attenti, vogliamo fare il numero e chiamare il Partito socialista? Bene non risponde nessuno. Sono due anni che il mio Partito mi ha mandato a fare il ministro, ed in tutto questo tempo, quando ho avuto bisogno di lui non l’ho quasi mai trovato. Noi siamo immobili da due anni, da due anni noi non abbiamo una linea politica organica e coerente. Non abbiamo più a guidare il Partito un gruppo dirigente deciso, i legami tra il vertice e la base rischiano di spezzarsi pericolosamente. Prima c’è stata la scissione del Psiup, poi l’uscita di Giolitti dal governo, di lui e di Lombardi dalla maggioranza, poi l’inerzia della dirigenza che gestisce immobilisticamente il Psi. Da due anni il Psi si trova in mezzo ad un tunnel, non si decide ad andare avanti né a tornare indietro al punto di partenza. Non capisco questo restare fermi, aspettando magari che le cose si aggiustino da sole.

Questa non è politica, non è niente. […] Se andiamo avanti di questo passo, tra tre anni dovremo elemosinare qualche posto nelle liste elettorali del Psdi. E spiego subito perché: una seria politica di centro- sinistra, come la vuole Lombardi, è possibile solo se i socialisti sono forti. Ora è inutile farsi illusioni: non lo sono. Per rafforzarci l’unica via concreta è quella dell’unificazione promossa, organizzata, controllata da noi. Perciò dico che l’iniziativa dobbiamo prenderla noi, e dobbiamo prenderla subito. Se perdiamo tempo a guardarci in faccia, tra tre anni non saremo né forti né autonomi: il Psdi ci avrà svuotato, le forze moderate avranno vinto, e avremo fallito contemporaneamente la politica dell’unificazione e quella del centro-sinistra”32.

Contrario ed ostile a tale iniziativa era, invece, Riccardo Lombardi che anche attraverso interventi nelle sedi ufficiali del partito non smise di criticare il progetto, facendo emergere quelli che erano i gravi limiti e le profonde divergenze che circondavano la questione. Il dirigente socialista seguito dall’ala sinistra del partito avversava e si opponeva all’unificazione. Il suo atteggiamento, così fermo e duro, aggravava le difficoltà interne al partito incrinandone i già precari equilibri, come rilevato da una lettera inviata al segretario del partito dopo una riunione della Direzione. Nel testo si leggeva, infatti:

“Caro De Martino, abbiamo esplorato oggi insieme tutte le possibilità di trovare, a conclusione della sessione della Direzione, una conclusione che consenta a te e ai compagni a te più vicini di affermare le vostre posizioni sui problemi sui quali concordate con noi senza che ciò vi obblighi a condividere altre posizioni su cui siamo ancora divisi”.

Lombardi e gli esponenti socialisti a lui più vicini proposero, quindi, un ordine del giorno alternativo  che potesse essere condiviso anche dal segretario del partito,  al cui interno erano presenti pesanti critiche e forti resistenze riguardo il progetto di unificazione.

“La Direzione del Psi ritiene che sia interesse fondamentale della democrazia italiana l’esistenza e il rafforzamento del Psi nella pienezza della sua autonoma e originale funzione di portatore di valori necessari ed in surrogabili per la prospettiva della via democratica al socialismo. La proposta di unificazione col Psdi recentemente ripresentata pubblicamente dal segretario di quel partito inibirebbe al Psi, ove accettata, l’esercizio efficace di tale autonoma funzione su tutto il movimento operaio e sull’opinione democratica. Pertanto la Direzione del Psi dichiara che detta proposta non può essere presa in considerazione”33.

De Martino era ben consapevole delle preoccupazioni e delle diffidenze che  una vasta parte del partito ancora manteneva riguardo il progetto di unificazione con il partito socialdemocratico. Il segretario del Psi cercava, quindi, di assumere un atteggiamento cauto pur non nascondendo alcune perplessità e riserve che nutriva anch’egli sulla questione. In un articolo pubblicato sull’“Avanti!”, infatti, facendo alcune considerazioni sulla socialdemocrazia, si espresse con accenti critici:

“Questo Partito costituitosi in Italia in seguito alla scissione del 1947 ha una scarsissima influenza sulla classe operaia e sulle masse popolari, ed è ben diverso dai grandi partiti di altri Paesi europei che organizzano politicamente tutta, o quasi, la classe operaia. Per la sua stessa base sociale e il suo seguito, oltreché per i principi professati, la socialdemocrazia in Italia non è stata in grado di svolgere una propria autonomia politica, e tanto meno di concepire la sua azione generale in termini di lotta per il socialismo […] La socialdemocrazia restava ferma alle posizioni originarie con il solo mutamento positivo, che fu da noi apprezzato,della rottura del centrismo e quindi con l’instaurazione di rapporti nuovi e più cordiali con il nostro Partito.

Ma questi rapporti sono ancora da consolidare sul terreno dell’esperienza del centro- sinistra, nel corso della quale spesso la socialdemocrazia ha adempiuto alla funzione di porsi come mediatrice fra noi e la Dc, anziché di risoluta sostenitrice delle istanze riformatrici proprie del nostro partito […] Le stesse proposte della socialdemocrazia per l’unificazione, a parte le condizioni pregiudiziali che si continuano a porre, acquistano il valore di una richiesta al Psi di trasferirsi sul suo terreno, il che finirebbe con il far perdere al nostro Partito, e quindi a maggior ragione al Partito Unificato, quelle forti caratteristiche popolari e quella forza ideale che esso continua a esprimere di partito delle riforme democratiche come presupposto del passaggio al socialismo […] Per quanto riguarda l’unità socialista non ci rimane che proseguire per la via che abbiamo tracciata fin da dieci anni fa. Il che, del resto, risale al tempo delle accese polemiche che si accompagnarono alla scissione.

Occorre, cioè, salvaguardare quell’immenso patrimonio di valori che il Partito socialista ha ereditato dalle sue lotte antiche e recenti, le quali, anche se tra errori e temporanei annebbiamenti della sua funzione autonoma, hanno avuto pur sempre il grande merito di mantenere la prospettiva di una lotta democratica per il socialismo. Nello stesso tempo, occorre convincersi che la politica di unità socialista è tema permanente di azione, che essa mira alla costituzione di un grande partito di massa, rigorosamente democratico nei metodi e socialista nei fini e nelle lotte quotidiane, le sole dalle quali può nascere quella comunione ideale che unisce in un solo partito. Se le cose stanno così, se l’unità socialista è una conquista da realizzare con l’azione politica, meglio è da parte di tutti, anziché insistere su condizioni pregiudiziali, fondarsi sui fatti politici per seguire l’unità nell’esigere l’attuazione di ardite riforme, nella ricerca di iniziative per la distensione internazionale, nel rifiuto della logica spietata dei blocchi come scelte di civiltà nel pieno appoggio alla lotta dei lavoratori, nella resistenza contro le deformazioni moderate della politica di governo. E se sarà necessario, l’impegno per una vigorosa battaglia di opposizione. E se non è questo, allora ciascuno faccia la propria parte, cercando di non guastare con la propaganda quello che di positivo si è fatto”34.

In questo lungo articolo De Martino esprimeva, quindi, delle riserve ed alcune valutazioni critiche legate a questo tema riconfermando le profonde cautele manifestate nei suoi precedenti interventi sulla stessa questione. Il segretario del partito non voleva criticare apertamente od ostacolare il progetto per non innescare nuovi scontri o provocare ulteriori motivi di rottura all’interno di un partito già  diviso ed in crisi. De Martino propose, quindi, di far precedere a questa operazione  un periodo di azione comune per eliminare i contrasti ed attenuare le divisioni che, secondo il segretario, erano ancora presenti nei due partiti socialisti. Questo atteggiamento prudente era dettato, inoltre, dal suo proposito di giungere  a  realizzare il processo di unificazione con l’adesione  di tutto il partito,  compresa  l’ala lombardiana, intenzione aspramente criticata da Nenni35.

Il segretario del partito si trovò, dunque, alla guida di un partito diviso, frammentato al cui interno erano ancora presenti profonde contraddizioni legate a temi delicati primo fra tutti quello dell’unificazione.

Numerosi dubbi e difficili ostacoli si frapponevano, infatti, sulla strada dell’unificazione. Ancora molte erano le difficoltà e i problemi che il partito socialista avrebbe dovuto affrontare per giungere alla realizzazione di tale progetto che sarebbe stato al centro del dibattito del futuro congresso socialista.

Nenni, infatti, considerava preminente la rapidità di realizzazione dell’operazione e, quindi, De Martino per riuscire nel proprio intento minacciò per ben due volte di dimettersi dalla carica di segretario del partito, gesto che “Nenni giudicò molto pericoloso, sia perché avrebbe creato una frattura nella maggioranza di grave portata, sia per i forti vincoli anche personali che lo legavano al segretario, che egli del resto aveva designato e del quale si fidava”.

Si veda, inoltre, in Appendice, p. 440 e ss., le lettere nr. 35 e nr. 47.

 

Note:

21. P. Ignazi, Il potere dei partiti. La politica in Italia dagli anni Sessanta a oggi, Laterza, Roma- Bari, 2007, p. 17.

22. “Rinascita”, 17 ottobre, 28 novembre, 12 dicembre 1964. L’occasione fu offerta ad Amendola da un dibattito sorto sulla rivista “Rinascita” intorno al termine socialdemocrazia.

23. “Rinascita”, 28 novembre 1964.

24. Sull’unità del movimento operaio e socialista, nov.-dic. 1964, in Mondo Operaio, 1956-1965, Antologia a cura di Gaetano Arfè, 1974, vol. II, pp. 1072-1074.

25. C. Rossi, F. Achilli, L’unificazione socialista, Palazzi, Milano 1969, p. 344 e ss.

26. V. Strinati, Politica e cultura nel Partito socialista italiano: 1945-1978, Liguori, Napoli 1980. p. 269 e ss.

27. “Critica Sociale”, 5 febbraio 1965.

28. Avanti!, 19 gennaio 1965.

29. C. Rossi, F. Achilli, L’unificazione socialista, cit., p. 360. La citazione è tratta dall’intervento del segretario del Psi, Francesco De Martino al Comitato centrale del partito e si trova completa in De Martino al C.C. del 7 aprile 1965, SETI, Roma 1965.

30. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra, Diari 1957-66, Sugarco, Milano 1982, p. 468, 9 aprile 1965.

Per un quadro generale degli interventi al Comitato centrale si veda “Avanti!” 9-10 aprile 1965.

31. “Tempo”, 7 luglio 1965.

32. “L’Espresso”, 11 luglio 1965.

33. F. De Martino, Un’epoca del socialismo, La Nuova Italia, Firenze 1983, pp. 441-442, n. 31, la lettera fa parte dell’appendice documentaria presente nel volume, è datata Roma 24 giugno 1965 e firmata da R. Lombardi, S. Verzelli, T. Codignola, T. Carettoni, Santi, Balzamo e G. Veronesi.

34. F. De Martino, Scritti politici 2 voll., a cura di F. D’Ippolito e E. Romano, p. 46, articolo tratto dall’ “Avanti!”, 27 giugno 1965.

35. F. De Martino, Un’epoca del socialismo, cit., pp. 309-310.