UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
SCUOLA DI DOTTORATO Humane Litterae
DIPARTIMENTO Scienza della Storia e della Documentazione Storica
CORSO DI DOTTORATO STUDI STORICI E DOCUMENTARI
(ETÀ MEDIEVALE, MODERNA, CONTEMPORANEA) CICLO XXVI
La questione della politica estera nel dibattito interno al Partito socialista unificato. Dal progetto di unificazione alla nuova scissione: 1964 – 1969
M-STO/04
Tesi di dottorato di: Eleonora Pasini Matr. n. R09045
ANNO ACCADEMICO 2012-2013
CAPITOLO QUARTO
4.1 Il primo ed unico congresso del Partito socialista unificato
Il 23 ottobre del 1968 si aprì a Roma, il primo ed unico congresso del Partito socialista unificato. Il XXXVIII congresso del Psi rappresentò un momento delicato per la vita del partito. Durante l’assise congressuale vennero riproposte le mozione preparate dalle correnti durante l’estate e su tali documenti si svolse il dibattito.
Gli scontri tra i membri delle diverse correnti proseguirono fino al giorno del congresso ed ebbero strascichi polemici che furono riportati anche all’interno dell’assise socialista. I contrasti si erano, infatti, accentuati in seguito ai deludenti e fallimentari risultati elettorali che avevano posto il partito di fronte ad importanti problemi che non era stato ancora in grado di risolvere. Al congresso i dirigenti socialisti avrebbero dovuto, quindi, cercare di costituire una salda maggioranza che avrebbe dovuto mettere il partito nelle condizioni di risolverli. L’obiettivo di Nenni era, infatti, quello di ricomporre i tre gruppi che, a suo tempo, avevano approvato l’unificazione. I tempi erano, però, cambiati e le divergenze sorte anche intorno ad importanti questioni politiche rendevano, ora, impossibile la realizzazione di tale progetto. Il congresso del Psu si aprì, quindi, all’insegna della incertezza.
Le relazioni dei capicorrente ribadirono i concetti espressi nelle singole mozioni; a queste si accompagnarono, però, ulteriori dichiarazioni pronunciate al fine di trovare accordi per la formazione di una più forte e stabile alleanza.
Il Presidente del partito, Pietro Nenni, intervenne per primo nel dibattito congressuale. Nel suo discorso il leader socialista non solo riaffermò i principi contenuti nella Carta dell’unificazione ma li propose come base per la formazione di una più solida e numerosa maggioranza. Nenni dichiarava, infatti, di voler costituire “una maggioranza attorno ai principi ed alla linea politica generale che ha trovato la sua espressione e la sua sintesi nella Carta dell’Unificazione e che è compito nostro adeguare giorno per giorno ad una situazione interna ed internazionale in continuo movimento”294.
Affrontando, in seguito, la questione della politica internazionale affermò di non voler “rimettere in discussione la politica della coesistenza e della distensione” nonostante la tragedia di Praga. Nell’affrontare tale tema Nenni ribadì la critica all’intervento sovietico, definendo l’azione militare non “un errore imputabile a questo o quel dirigente, ma che in esso c’è la logica inesorabile del totalitarismo e monolitismo comunista, in un sistema che come non può tollerare l’eresia della libertà, così non tollera l’autonomia nazionale, anzi erige a dottrina il principio del diritto di intervento di Mosca, anche con le armi, quando a giudizio suo, in questo o in quel paese del sistema comunista siano in gioco gli interessi di un’alleanza che funziona come un cappio al collo”295. Proseguendo su tale argomento aggiunse:
“Non per questo si deve rimettere in discussione la politica della coesistenza e della distensione. […] La coesistenza è una necessità obiettiva di lunga durata, tanto per l’Unione Sovietica, quanto per gli Stati Uniti. Noi l’abbiamo sempre considerata tale e come tale l’abbiamo difesa dagli attacchi dei comunisti cinesi. Così come è, essa è valida, tanto più che non è sostituibile. Basata sul monopolio sovietico-americano delle armi nucleari di maggiore potenza, essa nasce, sì, da un compromesso, nasce dalla divisione del mondo in zone di influenza o meglio in zone di terrore, ma è tuttavia alla sua ombra che il mondo ha evitato se non le guerre locali almeno la guerra totale”296.
Il leader socialista parlando, poi, della distensione affermò : “E’ un fatto che nasce invece dalla coscienza dei popoli, più che dall’equilibrio delle forze. Essa è cosa nostra, quotidiana nostra creazione (intendo dire creazione della volontà dei popoli e di quelli europei in particolare). Essa non è finita sotto i cingoli dei carri armati di Praga. Anzi è vero il contrario. […] La politica della distensione mantiene intatto il suo valore e deve essere più che mai la base della politica estera italiana; la distensione come la libertà sono un tutto indivisibile”. Nenni, concludendo il suo discorso, ribadì:
“Coesistenza pacifica, distensione, superamento dei blocchi debbono essere le linee direttrici di una coerente politica estera. E ciò non è in contraddizione con l’accettazione sancita dalla Carta dell’unificazione degli obblighi della adesione del Patto Atlantico nella loro interpretazione difensiva e geograficamente delimitata. Lo è tanto meno nel momento in cui l’Unione Sovietica procede al rafforzamento del Patto di Varsavia; considera sacrilega la sola parola di neutralità sussurrata a Praga e a Bucarest; teorizza il suo diritto di intervento militare nei paesi della sua sfera di influenza”297.
Nelle riflessioni relative alla politica internazionale Nenni riaffermò, quindi, i concetti fondamentali presenti nella Carta dell’unificazione, ribadendo la fedeltà al Patto Atlantico ritenuta ancor più valida dopo l’invasione di Praga da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Nel discorso del Presidente del partito emergeva chiaramente la differente interpretazione relativa ai due blocchi di potenza. L’Alleanza atlantica garante di libertà e stabilità, ed il Patto di Varsavia, che “considera sacrilega la sola parola di neutralità”, aggressivo e violento.
Tali dichiarazioni erano in completo accordo con i principi seguiti dall’ala socialdemocratica presente nel partito. Nei loro discorsi gli esponenti socialdemocratici, presenti nella corrente di “Rinnovamento”, riproposero, infatti, i concetti espressi da Nenni.
Il giorno successivo parlarono i capicorrente.
Il discorso di Mario Tanassi, richiamandosi alla Carta dell’unificazione, riprese, dunque, le linee esposte da Nenni. “Richiamiamo per intero nelle nostre tesi politiche la Carta dell’Unificazione Socialista, le ragioni che l’hanno ispirata e l’indirizzo politico che tutti insieme abbiamo fissato e che la Costituente socialista ha solennemente approvato”298. Il segretario del partito si rifece al discorso di Nenni, anche sul tema della politica estera, affermando: “Dobbiamo constatare con rammarico che l’involuzione in atto nel Pcus e di conseguenza la politica dell’Urss, che è una delle super-potenze che dominano l’equilibrio del mondo, ha aggravato i già difficili e complessi rapporti internazionali”. Tanassi affermava, inoltre, che “la difesa della pace, che resta l’obiettivo primario di ogni partito socialista, va perseguita senza rinunzie e senza rassegnazione, con tutta la tenacia necessaria” ed aggiunse:
“La pace, fondata, come è stato detto, ‘sull’equilibrio del terrore’ è pur sempre la pace. Certamente come socialisti e come democratici, non possiamo installarci in modo permanente su questa politica e dobbiamo lavorare con tutte le nostre forze per passare dall’attuale situazione di precarietà ad una pace vera, che sia fondata sulla comprensione, sulla libertà, sulla eguaglianza e sulla indipendenza di tutti i popoli. Ma commetteremo un errore imperdonabile se dovessimo pensare che sia possibile sottrarci ai nostri impegni internazionali, che costituiscono uno degli elementi dell’attuale equilibrio delle forze. L’abbandono unilaterale da parte dell’Italia dell’Alleanza Atlantica turberebbe tale equilibrio e potrebbe portare ad errori di calcolo da parte dell’URSS, creando una situazione pericolosissima per la pace del mondo e rendendo ancora più difficile la ripresa di quella politica di distensione che resta il nostro obiettivo”299.
Il leader socialdemocratico ribadì, quindi, le dichiarazioni di Nenni confermando la necessità di rimanere ben ancorati alla politica atlantica. Secondo Tanassi, infatti, il rimettere in discussione il Patto atlantico sarebbe stato “un errore imperdonabile” avrebbe potuto creare “una situazione pericolosissima per la pace nel mondo”.
Anche l’intervento di Mauro Ferri ricalcò il pensiero di Nenni rifacendosi ai principi contenuti nella Carta dell’unificazione. Il futuro segretario del partito non si soffermò a lungo sulla questione della politica internazionale dichiarando che “i tragici avvenimenti di Cecoslovacchia hanno attenuato o addirittura fatto sparire le differenze che esistevano all’interno del Partito perché, fermo restando il nostro obiettivo del superamento dei blocchi e del disarmo, nessuno può oggi disconoscere che non si pone nell’immediato alcun problema di denunzia del Patto atlantico, di uscita dal Patto Atlantico, dopo quanto è avvenuto all’interno del Patto di Varsavia”300.
Ferri riconfermava, quindi, la validità e l’importanza del Patto atlantico considerato una sicurezza rispetto all’aggressivo Patto di Varsavia.
Le tesi presentate dai rappresentanti delle correnti di “Autonomia” e di “Rinnovamento socialista”, riprendendo i principi contenuti nella Carta ideologica dell’unificazione, si trovarono, dunque, su una piattaforma ideologica comune.
Su posizioni differenti si ponevano, invece, le altre correnti presenti nel Psu.
Francesco De Martino, che rappresentava la corrente di “Unità e Riscossa socialista”, intervenne nel dibattito ribadendo le linee espresse, in luglio, nella propria mozione. Le questioni affrontate riguardavano molti temi importanti: dal rapporto con i comunisti ed il problema della delimitazione della maggioranza, alla politica di centro-sinistra, al problema sindacale. Temi sui quali era grande la distanza con le altre correnti con le quali si era giunti all’unificazione.
Anche la parte relativa alla politica internazionale presentava valutazioni divergenti rispetto a quelle espresse dagli altri capicorrente. Il discorso di De Martino partendo dal concetto che “l’Unione Sovietica ha invaso la Cecoslovacchia nemmeno per impedire un inesistente tentativo di uscire dal Patto di Varsavia, ma per affermare il suo assoluto dominio sul blocco”, faceva seguire la considerazione che “questo fatto provoca un inevitabile mutamento nei rapporti fra gli Stati Europei. Dobbiamo vedere se si tratta di un episodio isolato o se l’Unione Sovietica ha un disegno ben più vasto e più pericoloso. Se la decisione sovietica riguarda solo la Cecoslovacchia o anche altri paesi, come Jugoslavia e Romania”301.
De Martino dall’analisi di questo quadro internazionale traeva la medesima conseguenza alla quale erano giunti Nenni e Tanassi. Il leader di “Riscossa” dichiarava, infatti, che “in tale situazione è fuori dalla realtà pensare ad uscire dal Patto Atlantico ed anche ad una revisione dell’alleanza, senza sapere che cosa accadrà in campo internazionale. Ciò non vuol dire approvare la formula dei blocchi o la corsa al riarmo, che la decisione sovietica può favorire, ma che noi dobbiamo avversare. Il nostro Partito deve operare attivamente perché l’Italia possa avere una influenza nella soluzione di questo problema e per superare la crisi presente”302.
Le dichiarazioni di De Martino che, per alcuni aspetti, si avvicinavano, dunque, a quelle presenti nelle mozioni di “Autonomia” e di “Rinnovamento” mostravano, però, ulteriori e differenti valutazioni che riguardavano soprattutto l’Alleanza atlantica. Il rappresentante di “Riscossa”, a differenza dei primi due, non limitò le proprie critiche al solo Patto di Varsavia ma espresse giudizi critici anche nei riguardi del Patto atlantico. De Martino, infatti, pur non chiedendo l’uscita dell’Italia dall’Alleanza dichiarava che “gli impegni atlantici non possono significare solidarietà e comprensione per gli Stati Uniti d’America nella loro politica di potenza in altri continenti. Sappiamo che l’America è intervenuta anch’essa brutalmente in altri Paesi e tutti conosciamo la tragedia del Vietnam. Siamo solidali con i popoli ex coloniali e siamo solidali con i popoli europei che sono caduti sotto la tirannide. Ma non dobbiamo limitare la nostra azione solo a parole di solidarietà”303. Il leader di “Riscossa” concludeva il suo intervento affermando che “il fine della nostra politica rimane quello del superamento dei blocchi e la conclusione di un Patto di sicurezza europea garantito dalle grandi potenze”304.
L’intervento di Lombardi differì in modo netto dalle posizioni espresse dalle altre mozioni. Le dichiarazioni espresse dalla corrente di “Sinistra socialista” racchiudevano la riflessione elaborata da Lombardi e dagli altri membri della minoranza durante gli anni di governo di centro-sinistra. Le critiche del leader della sinistra, pronunciate, in precedenza, contro il governo e contro il progetto di unificazione, furono ribadite anche in questa sede.
Criticando le posizioni espresse dalle altre correnti affermava: “Si fa presto a parlare di fine dei blocchi, si fa presto ad augurarsi la fine della politica di potenza. Il problema che ci sta dinanzi è diverso. I problemi della collocazione del partito socialista in campo internazionale sono problemi che dobbiamo cominciare a risolvere oggi”305. Da tale considerazione partiva il ragionamento relativo alla politica internazionale, nel quale erano riprese le riflessioni operate in precedenza da Lombardi su questo tema. La prima questione affrontata dal leader della sinistra riguardava il rapporto tra Europa e Stati Uniti. “Io parto da un principio: nessuno mi ha ancora dimostrato (e io sfido a farlo) che un’Europa unificata (alla quale credo) sia compatibile con un’Europa atlantica. Un’Europa unificata, politicamente unificata, non è complementare con un’Europa atlantica”306. La valutazione di Lombardi su tale importante questione poteva essere riassunta nella significativa espressione: “Europeismo e atlantismo non sono termini complementari, ma sono termini antagonistici”. Da qui, infatti, si sviluppava il discorso del leader della sinistra inerente al Patto atlantico.
“E allora se partiamo da questa premessa, è chiaro che la nostra posizione di rimessa in discussione totale del Patto atlantico acquista una dimensione politica. Noi non siamo tanto infantili da domandare che si dissolvano i blocchi dall’oggi al domani. […] E allora che cosa bisogna fare? Vi sono degli equilibri e dei blocchi che occorre spezzare e che non si spezzano da soli: mai a memoria d’uomo ciò è avvenuto senza che qualcuno abbia preso l’iniziativa di spezzarli. Pensare alla fraterna concorrenza degli Stati Uniti d’America e della Unione Sovietica per dissolvere i propri blocchi è assolutamente illusorio. Bisogna che ci sia un’iniziativa, un’iniziativa italiana e internazionale. […] Vi è tanto da fare. Non si tratta di infrangere i trattati dall’oggi al domani, di passare subito da un equilibrio certo a un altro incerto; ma si può preparare questo nuovo equilibrio e vi sono mille modi per farlo, promuovendo in Europa, da parte di tutte le forze socialista congiunte, una proposta che riguardi le tappe necessarie per la dissoluzione dei blocchi e per la fine del Patto atlantico e del Patto di Varsavia”307.
Lombardi concludeva il suo discorso dichiarando che “i ‘giganti’, compagni, sono vulnerabili: lo abbiamo visto. Ciò che avvenuto in Cecoslovacchia credo non abbia rafforzato […] l’Unione Sovietica. E la campagna del Vietnam non ha rafforzato militarmente gli Stati Uniti perché ha creato al loro interno un dissenso così ampio da rendere difficile qualunque continuazione di una politica aggressiva”308.
Lombardi ribadì, dunque, le posizioni espresse, in precedenza, nelle riunioni di partito che lo vedevano, sulla questione del Patto atlantico, in netta contrapposizione con tutte le altre correnti compresa quella di “Impegno Socialista” di Antonio Giolitti.
Nella parte relativa alla politica estera il leader di “Impegno” affrontò importanti temi a cominciare da quello della pace, strettamente connesso, secondo Giolitti, alla drammatica situazione dei Paesi del Terzo Mondo. “L’universalizzazione dell’ONU, con l’ammissione della Cina comunista, è il primo passo necessario e urgente sia per organizzare la pace superando il precario equilibrio del terrore tra i blocchi contrapposti, sia per risolvere il fondamentale problema di libertà e giustizia della nostra epoca che è quello posto dai paesi del terzo mondo”309. Affrontando, in seguito, il tema dell’Europa affermava che “l’unità dell’Europa su basi democratiche e svincolata dai blocchi è un altro passo necessario in tale direzione; ma non possiamo limitarci a invocarla, dobbiamo concretamente promuovere la partecipazione attiva dell’Europa al dialogo tra est ed ovest, tra le due potenze egemoni e il resto del mondo […] per giungere alla costituzione di una comunità politica sovranazionale, la quale comprenda anche la
difesa comune con armi convenzionali”310. Collegata a tale questione vi era quella della revisione del Patto atlantico riguardo la quale Giolitti dichiarava: “E’ questo il modo di affrontare il problema della revisione del Patto atlantico in termini realistici con l’esclusione degli stati fascisti e di procedere concretamente sulla via del superamento dei blocchi, che non garantiscono la pace ma alimentano ovunque focolai di guerra, con l’aggressione americana al Vietnam, con l’invasione e l’occupazione sovietica in Cecoslovacchia, con la permanente minaccia all’esistenza stessa del popolo israeliano”311.
Nel Partito socialista unificato continuavano a persistere, dunque, divergenti posizioni su importanti questioni, alcune delle quali relative alla politica internazionale. Il punto più controverso era rappresentato, senza dubbio, dalla valutazione dell’Alleanza atlantica e dalla conseguente interpretazione della politica della distensione. Le contraddizioni relative alla politica estera presenti nella Carta ideologica dell’unificazione che erano state denunciate, a suo tempo da Riccardo Lombardi, venivano, ora, (riproposte,riconfermate). La ricerca di una nuova politica della distensione non poteva essere raggiunta, secondo il leader della sinistra, se non con un nuovo equilibrio politico che sarebbe potuto nascere solo in seguito alla disgregazione dei blocchi.
Tale valutazione si scontrava in modo netto con le posizioni espresse dagli altri capicorrente che, pur sostenendo la volontà di raggiungere una politica della distensione, continuavano ad individuare nella logica dei blocchi l’unico elemento di equilibrio e di stabilità per la politica mondiale.
La politica estera rappresentava, dunque, un tema difficile intorno al quale continuavano a persistere interpretazioni divergenti che creavano ulteriori difficoltà ad un partito già profondamente diviso.
Per comprendere l’importanza che ricopriva la politica estera all’interno del Psu è interessante e significativo riportare un episodio ricordato in sede storiografica da Antonio Landolfi. Il dirigente socialista racconta che durante una riunione della Direzione, riunitasi per attribuire gli incarichi dei vari Dipartimenti, venne posto un veto da parte dei membri socialdemocratici della corrente dei Tanassi sulla nomina di Bettino Craxi a responsabile dell’Ufficio Internazionale del Psu. La motivazione riportata dall’autore fu che tale importante incarico si sarebbe dovuto assegnare, invece, ad un dirigente dell’ex Psdi per garantire, così, un’autentica fedeltà atlantica in politica estera312.
Venne scelto, infine, Venerio Cattani, già responsabile dell’Ufficio Internazionale del Psi, membro della corrente di “Unità e Riscossa socialista” ma fedele sostenitore della politica di Pietro Nenni dai tempi dell’unificazione che, in più occasioni, aveva dimostrato una indiscussa fedeltà atlantica.
La nuova maggioranza, che ottenne solo il 52% di voti, risultò composta dalla confluenza delle correnti di “Autonomia socialista” di Giacomo Mancini, Mauro Ferri, Matteo Matteotti, sostenuta da Pietro Nenni, e di “Rinnovamento” che faceva capo a Mario Tanassi ed Antonio Cariglia. Mauro Ferri venne eletto segretario e Nenni venne riconfermato alla presidenza del partito che riprese la denominazione di Psi. Il dato più significativo ed, in parte, drammatico uscito dal congresso fu la formazione di una esigua e debole maggioranza divisa tra il 37% di “Autonomia” e il 15% di “Rinnovamento”.
La corrente di De Martino, “Unità e Riscossa socialista” ottenne il 34%, un risultato importante e significativo, “Sinistra socialista” di Lombardi, Santi, Codignola il 9% e la corrente rappresentata da Giolitti, “Impegno socialista”, ottenne il 5%.
L’intesa debole che aveva prevalso per soli due punti sulla minoranza, fu il simbolo del disagio e della mancanza, oramai da molto tempo evidente, di una unità politica all’interno del Psu. Le due correnti formarono un’alleanza puramente strumentale che, infatti, alla prima occasione con un abile manovra politica si sarebbe sfaldata. La convergenza, quindi, non era fondata su forti basi ideologiche e politiche ma su precisi calcoli politici.
L’esito del congresso fu, dunque, deludente. La formazione di una maggioranza così debole e ristretta apparve, infatti, una soluzione di compromesso e chiaramente provvisoria. La precaria stabilità del Psi era, inoltre, minata dall’ampia e determinata minoranza alla quale non si contrapponeva, di certo, una forte e salda maggioranza. Questa, infatti, non solo risultava debole quantitativamente, ma era soprattutto profondamente divisa dal punto di vista politico. Gli incontri, le trattative, le discussioni e le polemiche che avevano caratterizzato il periodo precongressuale, insieme alle divergenze sorte durante il dibattito al congresso avevano, dunque, condotto il partito verso una pericolosa condizione di precarietà. Avevano innescato, inoltre, un meccanismo che sarebbe esploso, con tutta la sua forza, nei mesi successivi provocando gravi conseguenze.
Il cambiamento più significativo, seguito al congresso, fu rappresentato da un miglioramento dei rapporti tra Giacomo Mancini e Francesco De Martino che, durante l’assise congressuale, gettarono le basi per la formazione di una nuova maggioranza che, di lì a poco, si sarebbe costituita.
Note:
294. “Avanti!”, 24 ottobre 1968.
295. Ibidem.
296. Ibidem.
297. Ibidem.
298. “Avanti!”, 25 ottobre 1968.
299. Ibidem
300. “Avanti!”, 25 ottobre 1968.
301. “Avanti!”, 25 ottobre 1968.
302 Ibidem.
303. Ibidem.
304. Ibidem.
305. “Avanti!”, 25 ottobre 1968.
306. Ibidem.
307 Ibidem.
308. Ibidem.
309. “Avanti!”, 25 ottobre 1968.
310. Ibidem.
311. Ibidem.
312 A. Landolfi, Giacomo Mancini. Biografia politica, Rubbettino, 2008, p. 147.
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