GOFFREDO BETTINI: “LA POLITICA SOTTOMESSA ALLA MAGISTRATURA. LA LINEA BONAFEDE? NON MI PIACE”

di Giovanni Minoli Il Riformista |

In questi giorni, oltre che di Europa, si parla molto delle questioni che riguardano Renzi e i suoi amici coinvolti nella fondazione Open. Si vedrà alla fine come sono andate le cose, per ora però la cosa più interessante mi sembrano essere le scuse dei giornalisti. Scuse relative alle cose dette o scritte sul tema Open. Scuse che sono un fatto insolito e significativo. Sono state fatte in varie forme, a diverso titolo, da giornalisti qualificati come Marco Imarisio del Corriere della Sera, Simone Spetia di Radio24, Gigi Riva de L’espresso. Il renziano Michele Ansaldi ha detto: “Onore per le scuse, infatti può capitare a tutti di sbagliare, ma riconoscerlo e chiedere scusa è giusto e fa onore a chi sa farlo”. Il tema principale, però, è sapere da dove vengono le notizie dell’inchiesta in corso prima che la stessa sia conclusa. Questo è il problema più grave. Il procuratore Gratteri ha ricordato con forza e con chiarezza che la segretezza e quindi la responsabilità anche penale degli atti di indagine è esclusivamente del pm che indaga e questo è il punto principale. Quelle che saranno le eventuali responsabilità di Renzi lo accerterà l’indagine alla sua fine, non con la fuga di notizie durante il suo svolgimento. Per ora, come dice con chiarezza il codice: sotto inchiesta dovrebbe essere la fuga di notizie e quindi i pm che ne hanno la responsabilità.
Il grande Indro Montanelli aveva chiarissimo dove stavano le responsabilità maggiori in questi casi: “I giornalisti hanno la loro parte di colpa, perché senza dubbio tramutano tutto in spettacolo, tramutiamo, perché anch’io appartengo alla categoria. Noi facciamo sempre della dietrologia, noi facciamo sempre del sensazionalismo, noi abbiamo bisogno dello spettacolo. Questi sono dei grossi vizi del giornalismo italiano. Questo aver trasformato il giudice in una star è un incontro fra due disfunzioni e fra due colpe: quelle dei giornalisti e quelle della magistratura. Ma le colpe dei giornalisti sono meno gravi di quelle della magistratura”.

Bettini, ha ragione Montanelli?
Ha ragione, lui dice che i giornalisti hanno una responsabilità, i magistrati un’altra e, dico, la politica un’altra. La politica ha arretrato e ha quindi dismesso le sue funzioni ed è stata surrogata dall’azione dei magistrati e questo è improprio.

Ma perché non si condanna mai chi dà la notizia dell’inchiesta in corso come direbbe espressamente il codice?
Perché prevale il protagonismo della magistratura che ha acquisito un ruolo politico nel momento in cui lo Stato repubblicano ha avuto grandi difficoltà. È quindi rimasta questa questione per cui quello che viene dai magistrati è sempre giusto.

C’è un silenzio complice della politica che è totalmente sottomessa al potere dei giudici?
No, la politica è in gran parte sottomessa ai magistrati. Ci sono state però reazioni. Qualche anno fa era peggio.

Ma è in qualche modo il segno della resa della politica rispetto al proprio ruolo?
Non c’è dubbio. La politica si è impaurita. Noi abbiamo avuto i grandi partiti di massa, che erano strutture portanti della democrazia italiana. Ma finiti quei partiti cosa è entrato in campo di autorevole e rappresentativo?

Il ministro della giustizia Bonafede, adesso, dice che la riforma della giustizia è quasi pronta. Segnerà addirittura definitivamente questo stato delle cose, del primato della magistratura sulla politica?
No, intanto ancora la discussione è aperta. Per esempio, Orlando ha fatto una serie di obiezioni, secondo me giuste. Soprattutto sulla questione della prescrizione. Non esiste far cadere la prescrizione e non agire sulla brevità…

Su cos’è l’accordo possibile? Sulla durata della prescrizione?
Sì, questo potrebbe essere già un fatto molto positivo. La questione che a me preoccupa di più è la condizione in cui noi mettiamo l’imputato. L’imputato è sempre una figura fragile e quando soprattutto sta in galera alla fine è veramente solo.

Quindi è lei contro l’ipotesi Bonafede?
Sì, decisamente.

Con la legislazione attuale l’obbligatorietà dell’azione legale è spesso lo strumento dello strapotere dei pubblici ministeri, va regolata, no?
Nello stato attuale della giustizia ci vuole anche una sorta di selezione di priorità. Altrimenti si va a cercare un po’ così a caso, o secondo la volontà individuale, e questo determina una grande confusione, tanti processi, tante iniziative che poi finiscono con un buco nell’acqua.

Può cadere il governo sulla riforma della giustizia?
Non credo. Si troverà un punto d’accordo, però deve essere un punto d’accordo sulla garanzia delle persone.

A proposito del fondo Salva-Stati firmato da Conte e contrastato da Di Maio, dopo la riunione e il discorso di Conte, crede che le cose stiano meglio o peggio?
Stanno meglio.

Ma è una firma rinegoziabile?
Ma no, non è rinegoziabile. Il testo va bene, è stato un processo molto lungo al quale ha partecipato anche l’altro governo. Non è una questione tecnica del Mes, se si aggiunge un “pacchetto” sarà un passo in avanti di interazione europea, di unione bancaria.

Non può saltare Conte su questo problema?
No. Gualtieri farà una battaglia in sede europea proprio sul pacchetto, sulla questione dell’unione bancaria e spero che ottenga i risultati sperati.

Quindi niente Gualtieri al posto di Conte?
No. Perché se ne parla?

Fantapolitica?
Mah, Gualtieri è un fantastico ministro del Tesoro, lasciamolo là.

Lei ha convinto un super-riluttante Zingaretti ad affrontare l’avventura di questo governo. Lei è sempre convinto di aver fatto bene?
Sì. Noi siamo usciti da un isolamento, abbiamo iniziato a fare politica e poi è crollata la pregiudiziale ideologica sul mondo dei 5 stelle. Il processo poi vedremo come va, ma abbiamo fatto bene.

Lei cosa ha visto nel rapporto con i 5 Stelle?
Ho visto la possibilità di allargare un campo democratico contro una destra abbastanza atipica.

Però adesso dopo la scelta dei 5 Stelle di andare da soli in Emilia, loro parlano di nuovo di un contratto di governo da rivedere. Nelle vostre intenzioni mi sembrava un’alleanza strategica…
Quando uno dice: voglio governare tutta la legislatura, basta. Ma sono anni di legislatura, devono comportarsi bene [ride].

Ma quando Grillo e il Pd si sono incontrati per la trattativa, avete deciso di fare il governo su una linea strategica.
Su un accordo che sarebbe dovuto durare per tutta la legislatura.

Lei parla spesso con Grillo?
No. Ma mi pare in questo momento una persona con le idee più chiare.

L’interlocutore vero dei 5 Stelle è lui?
No, in questo momento i 5 stelle stanno facendo una sorta di congresso. Trovare un interlocutore è difficile. Li vedo di fronte a un dilemma, che è poi il dilemma anche di Renzi. In uno schema bipolare si sta o di qua o di là, le zone grigie non esistono.

Il Pd senza Renzi, dopo tre giorni di conclave, riunito per pensare a come ritrovare un feeling con la gente ha proposto lo Ius soli e lo Ius culturae, le sembra sufficiente?
Non ha proposto solo questo in tre giorni di dibattito.

Zingaretti dice che il Pd ha bisogno di un sogno. Forse dovrebbe darglielo lui il sogno…
Eh sì… lui ha bisogno di rifondare un sistema di valori e offrire un modello di società.

Ma è vero che in ogni momento vuole dimettersi?
Ma no, lui è uno non legato al potere, non è soddisfatto dall’esercitare il potere…

Quindi non è vero che tutte le mattine bisogna dargli la carica?
No, è ben solido, l’ha dimostrato e ha sempre vinto.

Renzi ha voluto fortemente questo governo, adesso però prende le distanze molto spesso. Ha un consiglio da dargli?
Sì, di darsi tempo. Renzi corre troppo, poi va a sbattere.

E’ meglio per il Pd aver perso Renzi?
Sì, perché c’è stato un elemento di chiarezza. Erano due partiti in uno.

Può allargare di più verso il centrodestra per avere più consenso?
Non lo so. Se è bravo, sì.

Per non consegnare l’Italia a Salvini bisogna per forza procedere con questo governo…Ma c’è un prezzo troppo alto da pagare?
Finché questo governo è utile. Quando non diventa più utile…

Ma qual è il prezzo che non si può pagare?
Adesso non saprei. Se continua questo ping-pong sulle cose, non regge.

Però onorevole, anche lei, in un’intervista al Corriere della sera ha detto: “O si cambia musica o si chiude”. La vede lì la fine?
Eh sì, si cambi questa musica.

Però fino ad ora non è cambiata…
Per questo io propongo che Conte riunisca a gennaio sulla base di un’agenda politica tutti, e dica o sì o no.

Ma i movimenti spontanei come quelli di Greta, le Sardine, i giovani di Hong Kong, diffusi in tutto il mondo, cosa ci segnalano?
Ci segnalano un malessere in modi diversi: Greta in maniera giusta, ma un po’ apocalittica; questa delle Sardine in maniera più razionale, più posata. Sono simbolo di un malessere di giovani che cercano punti di riferimento. La Sinistra ha smesso di darli da tanto tempo…

Sarebbe ora di ricominciare, no?
Sì, ma ci vuole cultura, una capacità di analisi che non c’è, ci vuole coraggio.

Messa così non è allegra…
Penso che noi possiamo ad aprile fare un congresso, e penso che in quella sede Zingaretti possa ulteriormente imprimere il movimento che sta cercando di portare avanti.

Come si finanzia la politica, avendo cancellato il finanziamento pubblico?
Io sono per il finanziamento pubblico. E’ stato un ideologismo, figlio di quell’idea per la quale la politica è sporca e non può svolgere le sue funzioni.

Craxi però questo nel suo discorso al Parlamento l’aveva denunciato con chiarezza…
Noi avemmo allora una risposta povera. Quando lui fece una chiamata, noi dovevamo dire sulle singole questioni, ci pensino i magistrati, ma sul punto che lui richiamava e cioè che era tutto un sistema che funzionava male, non lo abbiamo detto…

Non avete avuto il coraggio di dirlo…
Non abbiamo avuto il coraggio di dirlo e questo ha pesato tantissimo dopo. Dire noi siamo i buoni e gli altri i cattivi è stato uno sbaglio enorme, perché non ci ha fatto vedere che tutto il sistema politico stava franando.

C’è stata una vigliaccheria di fondo…
Chiamiamolo opportunismo, perché anche noi stavamo nelle Usl, perché anche noi avevamo il 30% degli appalti con le cooperative nelle trattative, perché anche noi decidevamo chi potesse entrare in un’azienda e chi no. Stavamo dentro un sistema, nonostante Berlinguer avesse detto nell’81 che le cose andavano così. Lui parlava agli altri, ma parlava anche al nostro partito.

Sono passati 20 anni dalla morte di Craxi. Lei ci andrà sulla sua tomba?
Per ragioni fisiche, no. Non riesco più viaggiare. Seguo con amicizia…