MALEDETTA PRIMAVERA, MA L’AUTUNNO SARA’ PEGGIO

 

di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Il Covid.19

La pandemia che ha colpito il mondo intero, ed ancora lo sta devastando senza pietà, ha messo allo scoperto tutta la fragilità del mondo in cui viviamo: da una parte sta esasperando il conflitto USA-Cina che Trump utilizza sfacciatamente per la sua campagna elettorale, nel contempo cerca di monopolizzare la disponibilità di vaccini da utilizzare esclusivamente per il suo popolo;  dall’altra rende evidenti le debolezze di un sistema economico che già la crisi del 2007 aveva condannato; nel nostro paese poi si evidenzia che l’agricoltura non può funzionare senza lavoratori clandestini sfruttati come bestie, le imprese dimostrano nel loro nanismo di non saper reggere a tre mesi di calo di fatturato, i contratti di lavoro hanno un senso solo se a tempo determinato, il governo fa provvedimenti succubi alla logica del capitale esentando dal pagare le imposte anche chi con questa pandemia ci ha guadagnato e regalando crediti d’imposta a piene mani e prevedendo per detti crediti la non imponibilità fiscale.

I messaggi sono contradditori, da un lato si paventano problemi di cassa per lo stato (scatenando il panico tra milioni di pensionati), dall’altro si prospetta la sospensione per tutto il 2020 delle cartelle fiscali. Gli imprenditori implorano fondi perduti anche a causa del mal funzionamento del decreto liquidità, ed in autunno pare che molti di essi saranno costretti al fallimento, il tema autunnale potrebbe diventare coniugato a profondo scontento e protesta dei ceti meno protetti scatenando l’azione politica di chi sulla paura, sulla rabbia fonda i suoi successi elettorali. Il clima sociale si aggraverà mettendo in pericolo la pace sociale.

L’Europa

Chi tra mille difficoltà, diffidenze, scontri ha dato un segno positivo di vita è stata l’Europa. Non voglio entrare nei dettagli sul Next generation UE né tantomeno sull’incredibile dibattito sul MES, vorrei solo sottolineare che, con tutti i suoi limiti, l’Europa è riuscita a dare una risposta, sui cui effetti vedremo poi, ad una unione che pare voler accennare ad una nuova logica, per usare un parolone, federale (anche se in verità espressione della Germania di tenere in piedi ad ogni costo quel giocattolo tanto gradito che si chiama UE). I limiti delle decisioni prese sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, ma nessuno, che non sia in malafede, può sostenere che ciò che si è deciso a Bruxelles sia “una fregatura grossa come una casa”. Deprimente la discussione sui fondi cosiddetti a fondo perduto, che tali non sono, ma che comunque ci offrono fondi a condizioni economiche e quantità inimmaginabili. Certo i tagli ad altri obiettivi del budget europeo e l’uso dei rebates lasciano la bocca amara, ma giudicando serenamente non possiamo che dare un giudizio positivo avendo come alternativa il nulla se non, meglio, il default. Questi prestiti che ci hanno concesso vanno usati con la continua consapevolezza che la next generation dovrà rimborsarli, consci quindi che dobbiamo mettere i nostri figli e nipoti nella condizione di poter ripagare quei prestiti, e per ottenere quel risultato dobbiamo non spendere, ma investire quei soldi, in modo che mettendo in moto il moltiplicatore keynesiano, essi generino tempestivamente quel PIL e quella liquidità necessaria all’estinzione dei prestiti.

Attenzione aumentare i consumi, ridurre le imposte, non sono impieghi previsti dal Recovery Plan, ma soprattutto hanno un moltiplicatore insufficiente alla bisogna. Gli investimenti necessari devono avere un moltiplicatore > 1 e ciò è possibile in investimenti pubblici in particolare nel mezzogiorno. E gli investimenti non devono mirare a rimettere in piedi il sistema economico così come era pre-covid, ovvero boccheggiante senza capacità di migliorare la produttività, rinchiuso in una logica di bassi salari e familismo miope e nanismo cronico, sistema che solo in una bassa percentuale ha usufruito delle agevolazioni 4.0 fatte da Calenda. Gli investimenti debbono puntare a superare il nanismo delle nostre imprese per creare un sistema paese che, sia nel pubblico che nel privato, abbia un progetto per la sua collocazione nella divisione internazionale del lavoro. Pensare di assistere imprese decotte, di ripristinare un sistema economico in coma da 30 anni, sarebbe un suicidio politico.

Quale alternativa?

Negli ambienti di destra, dopo aver sperato di poter trarre vantaggio dal fallimento della manovra europea, sta dilagando la tesi che noi ce la faremmo benissimo da soli senza cadere nel trabocchetto che la Germania e i paesi nordici ci hanno teso; si sottolinea il basso debito privato, l’alta giacenza della liquidità privata italiana, il successo della emissione di titoli di stato italiani, e si guarda al Giappone come modello di paese che vive con un debito anche maggiore del nostro. Tralasciando la questione geopolitica di dove mai si dovrebbe collocare l’Italia fuori dall’euro e dall’Europa, in un momento storico di crescente tensione di una nuova guerra fredda, ma limitandomi solo alla asserita autosufficienza del nostro paese e quindi alle proposte patriottiche formulate, mi pongo alcune domande. Ci rendiamo conto che riusciamo ad emettere titoli pubblici a tassi non esagerati pur essendo gli stessi classificati con il rating di “quasi spazzatura”, solo perché la BCE li acquista in misura tale da spingere la Corte Federale Tedesca ad accusarla di fare azioni “ultra vires”? Senza BCE nessun operatore estero si compra i nostri titoli e dovremmo rivolgerci ai risparmiatori italiani. La chiamata dell’”oro alla Patria” rimbomba sullo sfondo dello scenario, sia esso come spontanea pulsione dei risparmiatori, sia come prestito forzoso sia infine con la temutissima patrimoniale. Non vedo altra via, ma vedo al contrario quello che succede nella realtà:

● Il prestito retail si è chiuso con una deludente raccolta fondi di circa 6 miliardi mentre se ne aspettavano il doppio;

● Nel mese di marzo il saldo negativo del target 2 è salito di ben 107 miliardi; non sto a spiegare il difficile organismo Target 2, cosa che ho fatto con altri articoli, voglio solo rilevare che il patriottismo del capitalista italiano potrebbe (come le cifre sembrano dimostrare) trasformarsi in cinica “fuga dei capitali”. Il nostro saldo negativo del target 2 è salito in un mese da 400 a 500 miliardi con speculare aumento del saldo positivo della Germania.