di Renato Costanzo Gatti Socialismo XXI Lazio |

 

Scrive Massimo Pittarello su public policy del 5 novembre:

Se la frattura tra “garantiti” e “non garantiti” in era ante-Covid era profonda, adesso è una voragine. Chi era garantito prima ora lo è anche di più. Chi lo era poco, adesso non lo è per niente. Le reazioni sideralmente opposte alle nuove restrizioni lo spiegano bene: pensionati, subordinati del pubblico, parte dei lavoratori delle aziende private (specie se grandi e forti o con partecipazioni pubbliche), sentendosi tutelati concordano sulla nuova stretta e, anzi, preoccupati per la diffusione del virus, sarebbero favorevoli ad un nuovo lockdown. Dall’altra il mondo dei non garantiti e dei settori più colpiti, come turismo, commercio, palestre, ristorazione, eventi, è in ebollizione. Tra piccoli imprenditori, partite Iva, autonomi, lavoratori precari, a chiamata, in nero, in molti sono al limite dello sconforto e della disperazione. Qualcuno si prepara a chiudere bottega. Altri arrivano a dire che “è meglio rischiare di ammalarsi di Covid che morire sicuramente di fame”.

Il problema indubbiamente c’è e costituisce la base della terza faccia della pandemia: dopo quella sanitaria e quella economica, quella sociale. Per affrontarla politicamente occorre tuttavia chiarire bene le posizioni, e la natura delle due grosse categorie che rappresentano i garantiti e i non.

Le imprese

Sono tipicamente soggetti “non garantiti” nel senso che è nella loro natura quella di essere soggetti che operano nel “rischio di impresa” che permette loro, nei momenti di florida economia, di realizzare grandi profitti e nei momenti di crisi, di soffrire senza protezioni. E’ evidente che in questo altalenarsi della congiuntura le imprese dovrebbero provvedere a costituire loro sistemi di protezione, accantonando nei momenti buoni ciò che può servire nei momenti meno buoni, e ciò anche con forme assicurative di “business interruption”. Ha fatto notizia che l’organizzatore del torneo tennistico di Wimbledon (All England Lawn Tennis Club) riceverà un indennizzo assicurativo di oltre 100 milioni di euro in ragione della cancellazione del torneo dovuta all’emergenza Covid-19 grazie a una polizza stipulata a copertura del rischio di interruzione dell’attività in conseguenza di pandemie virali.

Ritengo che siano pochissime le imprese che abbiano acceso tali tipi di polizze per cui un problema sociale esiste realmente.

I pensionati

Insieme ai dipendenti pubblici sono indicati come i maggior garantiti tra le vittime del Covid. Occorre tuttavia chiarire che le pensioni (in particolare dopo che esse sono calcolate con il sistema contributivo) sono nella stragrande maggioranza fondi che il pensionato ha accantonato proprio per garantirsi ciò con cui sopravvivere dopo l’attività lavorativa. E’ vero ci sono pensioni stratosferiche non coperte da contributi versati,  queste eccezioni sono da sanare ma non possono essere prese a giustificazione per negare alle pensioni una natura che nulla ha a che vedere con un garantismo assistenzialistico.

Al contrario c’è da osservare che poiché inopinatamente i governanti hanno preferito, in fatto di copertura pensionistica, il sistema “a ripartizione” rispetto a quello “ad accumulazione”, c’è l’enorme rischio che l’INPS vada incontro a seri problemi di reperire la liquidità necessaria a retituire ai pensionati ciò ch essi hanno saggiamente e prudentemente (e obbligatoriamente) accantonato.

Gli altri garantiti e non

Non ho naturalmente tempo e conoscenze per definire tutte le altre posizioni rappresentate in primis dai lavoratori autonomi che possono: a) essere equiparati a imprese (i grossi studi professionali ad es.); b) tutte le partite iva (artigiani, piccole imprese, piccoli professionisti). Ci sono poi tutti i lavoratori precari, irregolari, in nero etc.

I provvedimenti del governo

Il governo è intervenuto, indebitando le prossime generazioni, per oltre 100 miliardi di €, con interventi di due tipi: a) cassa integrazione in deroga per tutti quei lavoratori in regola non assistiti dalla cassa integrazione ordinaria, reddito di emergenza per altre figure precarie; b) bonus di vari generi a favore delle imprese; dilazione (ma anche cancellazione) di imposte e garanzie statali sui finanziamenti richiesti al sistema bancario. Tutte queste misure hanno funzionato più o meno bene ma sicuramente non sono sufficienti a decongestionare un malessere sociale che sta montando nella società e che purtroppo viene strumentalizzato per fini politici. Ad esempio la proposta di fare del 2020 un anno fiscalmente bianco, è una strumentalizzazione volgare di chi non considera che le imposte da pagare a saldo sono relative ad utili effettivamente già conseguiti e quelle in acconto possono essere legalmente non versate grazie al sistema presuntivo degli acconti, ignurando inoltre che ci sono imprese che col Covid stanno guadagnando sensibilmente.

Che fare?

Non sono naturalmente in grado di proporre soluzioni, mi limiterò a formulare alcuni punti su cui riflettere:

● I fondi del next generation EU vanno utilizzati per investire in un nuovo modo di produrre (green, digitalizzazione, economia della conoscenza), e non sono utilizzabili (e se lo fossero ci verrebbero negati dalla EU) per provvedimenti assistenzialistici.

● Occorre rafforzare, in prospettiva, il Reddito di cittadinanza, estendendolo a livello universale utilizzabile per ogni evenienza e quindi programmaticamente accumulandone i fondi.

● Eliminando i contributi a fondo perduto sostituendoli con l’ingresso nel capitale sociale delle imprese che hanno prospettive. Programmando un piano di riconversione di tutte quelle attività senza più prospettive e uno di formazione per tutti quelle figure lavorative create dalla situazione economica post-covid.