SANDRO PERTINI: QUANDO UN PRESIDENTE SI METTE AL SERVIZIO DEL POPOLO ITALIANO

di Christian Vannozzi |

Colui che diventerà il Presidente Pertini nasce a Stella, in provincia di Savona il 25 settembre 1896 e conobbe fin da piccolo le difficoltà che possono incontrare le famiglie numerose a cui viene a mancare prematuramente il padre. Alberto Pertini morì infatti giovane e la madre Maria Muzio dovette occuparsi di ben 5 figli, Sandro, Gigi, Giuseppe, Eugenio e Marion.

La sorte volle che almeno, anche se il vuoto a livello umano rimarrà incolmabile, papà Pertini lasciò alla famiglia terreni agricoli e cascine ereditate, in modo che a livello economico la famiglia continuò a navigare in acque tranquille. Assieme al fratello Eugenio Sandro poté quindi frequentare il il ginnasio nel collegio dei salesiani di Varazze, dove imparò ad amare i poveri.


Fu in ambiente cattolico che decise di lottare per difendere le classi più deboli, come gli operai e i contadini dei quali prese le parti fin da giovanissimo. Quando scoppiò la Grande Guerra fece la sua parte nel Reggio Esercito combattendo con coraggio, e al suo ritorno, con l’avvento della dittatura fascista, nel periodo più buio passato dall’Italia, combatté per la libertà della sua nazione subendone la condanna, il carcere e l’esilio.

La sua adesione al partito risale al 1918, secondo le fonti del Centro Sandro Pertini (http://www.centropertini.org/biografia.htm), proprio nel periodo che vide l’inizio dello squadrismo fascista che porterà all’occupazione di Roma (con il beneplacito del Re) e all’inizio della dittatura. Il giovane Pertini subì più volte violenze da parte degli squadristi che non riuscirono mai a piegare il suo amore verso la democrazia, la libertà e la difesa dei più deboli.

Con la caduta del regime divenne un ponto di riferimento per il Partito Socialista e per i partigiani che combattevano contro i nazisti che nel frattempo avevano occupato l’Italia. Il suo carisma era talmente grande che più volte risultò essere un esponente scomodo nella Sinistra Italiana, sia all’interno del PSI che verso gli alleati di quest’ultimo, ovvero i comunisti, verso i quali c’era senza dubbio stima reciproca per ciò che si era fatto per liberare l’Italia, ma anche ostilità verso le vie da seguire per raggiungere la democrazia, quelle vie libertarie a cui il futuro Presidente non rinunciò mai.

I primi passi nel PSI portarono il giovane Sandro nella corrente riformista di Filippo Turati e Giacomo Matteotti. Nel 1921 è eletto consigliere comunale nel Comune di Stella, mentre nel 1921 è eletto delegato al Congresso socialista di Livorno, quello che porterà alla nascita del Partito Comunista d’Italia che dividerà per sempre le forze socialiste del nostro Paese in due.

La svolta tragica per la situazione tragica del nostro Paese arriva nel 1922, anno tristemente ricordato per la “Marcia su Roma”. Per il Re la protesta mussoliniana divenne l’occasione per ridurre al silenzio i partiti di massa e i movimenti sindacali che stavano creando problemi alla monarchia, agli industriali e ai liberali. Benito Mussolini non era però uno stiletto da usare per il loro tornaconto e in poco tempo, dopo essere stato nominato Primo ministro direttamente dal Re, impose la sua spietata dittatura che devastò per 21 anni l’Italia, trascinandola in una spaventosa guerra.

All’inizio furono molti gli italiani che appoggiarono Mussolini e che ben vedevano la sua marcia con le camicie nere che invadevano Roma sotto gli occhi del Sovrano e delle Forze dell’Ordine che simpatizzavano per il leader squadrista. Per gli italiani rappresentava il ritorno all’ordine e alla pace sociale dopo anni furiosi seguiti dopo la Prima Guerra Mondiale.

Sandro Pertini, dopo la Grande Guerra, conseguì la laurea in Giurisprudenza a Genova nel 1923 e l’anno successivo, a Firenze, prese la laurea in Scienze Politiche. Estimatore dei socialisti riformisti Turati e Matteoti, seguì il discorso di quest’ultimo alla Camera dove attaccò apertamente Mussolini e le sue squadre di picchiatori. Purtroppo il leader socialista Matteotti pagò con la vita quell’attacco diretto ai fascisti, e Pertini iniziò a mobilitare le forze democratiche per porre fine al periodo fascista vedendo numerosi italiani che dopo l’omicidio gettarono via i distintivi fascisti. Come spesso però accade nel nostro Paese le forze non fasciste si mostrarono immobili, divise e incapaci a fronteggiare il pericolo. Il 3 giugno 1925, incurante del pericolo, il giovane Pertini pubblica l’opuscolo “Sotto il barbaro dominio fascista” per il quale viene condannato a 8 mesi di carcere.

Nel 1926 subisce una nuova condanna per attività antifascista che gli costa 5 anni di confino. Per sottrarsi alla polizia si rifugiò a Milano presso Carlo Rosselli, dopo essere stato ferito dagli squadristi.

Con il ritiro dei deputati contrari al regime all’Aventino, Mussolini iniziò la fascistizzazione dello Stato dichiarando decaduti i deputati e istituendo la polizia politica Ovra, che mise subito nel suo mirino l’attivismo di Sandro Pertini, che nonostante il pericolo continuò la sua azione democratica contro il Regime.

Nonostante il fiato sul collo della polizia fascista Sandro Pertini, assieme a Turati, Parri e Carlo Rosselli riuscirono da Savona a fuggire in Corsica, dove poterono contare sul sostegno dei socialisti francesi che li aiutarono a raggiungere Parigi passando per Nizza. Nella capitale francese si poterono riunire con i vari Nenni, Modigliani, Treves e tanti altri finiti nel mirino dell’Ovra.

Per mantenersi in Francia il giovane Pertini lavorò come “laveur des taxi” ed in seguito come muratore. Nel 1929 torna clandestinamente in Italia dove viene arrestato e condannato a 11 anni di reclusione. Storica la frase urlata dal futuro presidente italiano al momento dell’arresto, “VIVA IL SOCIALISMO ABBASSO IL FASCISMO”. Nel carcere di Ventotene, per l’umidità e lo scarso vitto inizia ad ammalarsi, tanto da riuscire a ottenere un trasferimento al carcere di Turi, dove conobbe Gramsci. Con il leader comunista all’inizio non fu facile, i rapporti erano infatti tesi dopo essere stati accusati di essere dei fiancheggiatori fascisti, ma ben presto le due grandi personalità, una socialista e l’altra comunista iniziarono a nutrire un profondo rispetto l’un l’altro, anche per il comune nemico rappresentato dal fascismo.

Sandro Pertini fu trasferito nel carcere di Pianosa nel 1932, proprio per allontanarlo da Gramsci con il quale aveva stretto una profonda amicizia. A Painosa subì il periodo più brutto della prigionia, dove si ammalò gravemente prima di essere trasferito a Ponza, dove rimase per ben 6 anni, fino allo scoppia della Seconda Guerra Mondiale, quando finì di scontare la condanna che fu però ulteriormente prolungata da Mussolini per la sua attività contro lo Stato Fascista. Fu comunque trasferito a Savona, dove poté rivedere sua madre.