IL DOCUMENTO CONOSCITIVO SULLA RIFORMA FISCALE

 

 

di  Renato Costanzo GattiSocialismo XXI Lazio |

 

Premessa

Il 30 giugno le commissioni unite di Camera e Senato hanno prodotto il documento conoscitivo relativo alla riforma fiscale. Il documento denuncia la debolezza dell’attuale maggioranza che, stante la presenza di contrapposti interessi economici, non può che essere inefficace perché non può accontentare tutti e non vuole scontentare una parte (che sta in maggioranza) qualunque essa sia.

Il sistema duale

La vecchia idea di una imposta commisurata alla somma di tutti gli imponibili, qualunque sia l’origine degli stessi, evocata dalla Costituzione col concetto di “capacità contributiva” connessa alla “progressività” dell’imposta riconducibile al principio Cit (Comprehensive income taxation), è nei fatti, in anni di legislazione fiscale corporativa, sostituita da un sistema duale: da una parte i redditi di lavoro e pensioni, dall’altra gli altri redditi finanziari.

Questa differenziazione ha portato ad infrangere il principio dell’”equità orizzontale” che dovrebbe essere costituzionalmente riconosciuto; redditi di pari importo sono tassati in misura anche significativamente diversa a seconda della natura del reddito imponibile; e la penalizzazione riguarda soprattutto i redditi da lavoro e dei pensionati.

Il Documento della Commissione pur ammettendo che sarebbe auspicabile tornare ad un completo sistema Cit, riconosce tuttavia che tale ritorno “presenta numerose conseguenze di tipo economico e politico, in quanto implicherebbe l’incremento anche sostanziale della tassazione in diverse categorie reddituali”. La Commissione cioè riconosce che sarebbe auspicabilmente equo tornare al principio Cit, ma ciò, correggendo la legislazione che nel tempo ha favorito alcune categorie reddituali, farebbe pagare imposte più alte a chi è stato finora privilegiato, e quindi non si può procedere.

E altre stranezze

Poi i puristi del sistema duale sostengono, non si sa in base a quale ragionamento, che l’aliquota da applicarsi ai redditi diversi da quelli del lavoro sia fissa e sia pari all’aliquota più bassa applicabile ai redditi da lavoro. Quindi proporranno una flat tax sui redditi finanziari pari al 23 e non 26% come è ora.

Ammettono che gli attuali scaglioni IRPEF presentano uno “scalone” nello scaglione tra i 28 e i 55.000 €; ci sarà quindi uno scaglione in più che riduce in scalini lo scalone e diranno che questo provvedimento è a difesa dei redditi medio-bassi. L’affermazione è falsa: infatti il nuovo scaglione riduce le imposte a tutti i redditi superiori a 28.000€ mentre a non avere nessuna riduzione sono i redditi al di sotto di quella cifra. Di innalzare le aliquote degli scaglioni più alti affinché essi paghino le stesse imposte che pagano adesso, neppure se ne parla.

Si parla invece, e sembra certo, che la richiesta di semplificazione porterà all’eliminazione dell’Irap il cui gettito attuale è di 25 miliardi, purtroppo senza indicare come questo gettito (finalizzato alla nostra sanità) potrà essere recuperato. Non mi stupirei che a essere sacrificati fossero i redditi da lavoro dipendente e pensioni, viste le difficoltà di recuperare l’Irap persa tramite aumento dell’aliquota Ires, e la propensione ad aumentare i termini per applicare la flat tax ai redditi delle partite iva.

Non si accenna a richiedere la fatturazione elettronica ai “forfettari” né di tassare i dettaglianti sulla base di un ricarico rispetto agli acquisti; il tutto per evidenziare la scarsa attenzione posta alla battaglia contro l’evasione fiscale, e contro un sistema di riscossione che si aggiunge agli effetti negativi dell’evasione.

Mi pare invece positiva la proposta di unificare le leggi europee per la tassazione delle imprese, al fine di evitare l’arbitraggio fiscale all’interno della comunità.