di Federico Bini – Il Giornale |
Intervista a Claudio Signorile
La liturgia della Prima Repubblica, l’elezione di Pertini, il ricordo di Lombardi e la presidenza che verrà
Claudio Signorile, vicesegretario e ministro del Psi, è stato una delle figure più influenti e importanti della Prima Repubblica. Assieme a Bettino Craxi è stato protagonista della creazione di una sinistra socialista di governo e soprattutto dell’elezione di Sandro Pertini al Quirinale che segnò l’ascesa del primo socialista al vertice della presidenza della Repubblica.
Come avveniva ai tempi della Prima Repubblica la scelta del candidato presidente?
“C’erano sostanzialmente due livelli. Quello partitico, il livello classico, cioè gli incontri avvenivano nelle segreterie mentre il secondo quello degli incontri trasversali avveniva in altri luoghi. Ad esempio per l’elezione di Pertini fu lo studio di Andreotti. Però il momento cruciale era Montecitorio ovvero il “Corridoio dei passi perduti” e il Transatlantico. Quelli erano luoghi dove le passeggiate diventavano poi incontri, scambio d’informazioni ecc…
E l’operazione Pertini dove nacque?
“Nel Transatlantico, perché era il mondo in cui tutti i grandi elettori erano compresenti nello stesso ambito fisico. E i miei interlocutori, ero vicesegretario del partito socialista – facevo l’attività di “funivia” come si diceva allora – in quel passaggio delicatissimo erano Antonio Bisaglia (leader della corrente di maggioranza della Dc) e Alessandro Natta (capogruppo alla Camera del Pci). Fu in quel momento in cui ci parlavamo che venne fuori la necessità di dare un nome comune”.
I socialisti non avevano una rosa di nomi?
“Il candidato dei socialisti era Antonio Giolitti, ma Pertini dopo aver ricevuto un buon numero di voti, scrisse una lettera, che tutti noi concordavamo nella quale si dichiarava disponibile solo per soluzioni di unità nazionale. Questa fu l’occasione per dire che “Pertini era il candidato di tutti”. E Pertini venne votato. Tanto che lui stava ritornando a Nizza. Io lo fermai a Montecitorio preannunciandogli un esito favorevole della sua candidatura”.
De Martino nelle elezioni del ’78 era un nome forte per la presidenza della Repubblica. Su di lui pesò molto il rapimento del figlio?
“Non c’è dubbio che lo indebolì molto. Lui poteva essere un candidato forte, aveva solo un elemento che poteva danneggiarlo, il fatto di essere un leader, ma non lo era più, nel ’78 ormai lui era una grande figura socialista, aveva perso anche la maggioranza del partito. Il rapimento del figlio lo danneggiò perché lo rese una figura con delle ombre”.
Come era il clima con cui andaste a votare?
“Difficile. Era la prima elezione dopo che Moro era stato assassinato due mesi prima, eravamo ancora con il governo di ‘unità nazionale’, il paese era in emergenza e la risposta doveva essere di convergenza, di solidarietà nazionale. E questo venne fatto”.
Pertini nel partito non apparteneva a correnti e non aveva poteri forti alle spalle. Questa fu la sua forza?
“Sicuramente anche questo fu un elemento importante. Nei momenti di grande convergenza non è il leader politico che diventa punto di unificazione è la figura la cui debolezza organizzativa si accompagna al prestigio personale e alla credibilità politica. Faccio un esempio: Moro che era il naturale candidato alla presidenza della Repubblica se non fosse stato ammazzato, era un uomo debolissimo dal punto di vista organizzativo nella Dc, la sua corrente era minoritaria, però rappresentava il punto di convergenza di tutta una serie di equilibri. Questa cosa vale anche per Pertini. Pertini si è sempre considerato l’erede di Moro, noi ne parlammo, lui conveniva che doveva adempiere la strategia politica di Moro e così venne eletto con la convergenza di tutti”.
Montanelli di Pertini scrisse: “Un brav’uomo, pittoresco e un po’ folcloristico”.
“Montanelli come al solito aveva il gusto toscano della battuta! Pertini era una persona dalla finezza politica non comune. Non è stata una figura folcloristica era una persona estroversa questo si può dire, questo è corretto, che si affidava alla comunicazione”.
Ebbe modo di rivederlo al Quirinale?
“Certamente. Io tra l’altro sono la prima persona che vide il giorno dopo l’elezione, come vicesegretario del partito e come portatore da parte sua di tutto quell’insieme di notizie, informazioni di cui aveva bisogno. Io con Pertini avevo un rapporto personale buono”.
È vero l’aneddoto che una volta Lei e Craxi vi siete presentati al Quirinale in jeans e Pertini vi ha “cacciato”?
“Ci fece notare che non era corretto il modo in cui eravamo vestiti. C’è molto di folclore in questo episodio, però una piccola parte di verità esiste”.
“Dall’83 all’87 è ministro dei Trasporti con Craxi. Quali erano i vostri rapporti?
“I miei rapporti personali con lui sono sempre stati molto buoni. Noi avevamo avuto occasione di scontri politici aspri ma abbiamo avuto sempre un rapporto molto intenso anche perché siamo cresciuti insieme nonostante lui avesse qualche anno in più di me. Tra l’altro noi eravamo due esponenti di minoranze. Craxi era autonomista e numero due di Nenni, mentre io ero lombardiano e numero due di Lombardi. Eravamo minoranza che poi divenne maggioranza al Midas nel ‘76”.
Che ricordo ha di Riccardo Lombardi?
“Persona affascinante. Una figura il cui senso della politica aveva caratteristiche di alta nobiltà. Lombardi veniva dal Partito d’Azione, non dimentichiamo mai che la sinistra socialista aveva il suo cuore azionista. Perché c’era un altro pezzo di sinistra che poi fece la scissione, che diede vita al PSIUP che era invece massimalista, incompatibile con ciò che il PSI era diventato ovvero una grande sinistra di governo”.
In che modo Pertini riuscì a farsi così amare dal popolo italiano?
“Essendo se stesso. Dando l’impressione vera di essere autentico in tutte le cose che faceva”.
Qual è il segreto della longevità al potere di Giuliano Amato?
“Giuliano non è mai stato uno della vecchia guardia socialista. È sempre stato una figura di grande spessore culturale, un grande tecnico, ma nel partito non è mai stato avvertito come un leader di riferimento. Lui è uno che sarebbe un naturale presidente della Repubblica in altre condizioni, non in questa”.
Previsioni per l’apertura delle votazioni da lunedì?
“La vicenda di Pertini è quella più simile. Anche questa volta l’elezione del presidente della Repubblica deve essere il risultato di un progetto politico importante. Una volta che questo sia chiaro il passo successivo deve essere l’indicazione del nome”.
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