di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Il bonus 110% è una attuazione concreta e particolare della creazione di quasi-moneta ipotizzata dai Certificati di Credito Fiscale (CCF) argomento che ho trattato in passato e che è stato oggetto di una riunione a Perugia con Stefano Sylos Labini, patrocinato da Aldo Potenza. In sostanza si tratta di creare moneta fiscale (i crediti di imposta) che possa circolare andando ad alimentare la domanda aggregata e di conseguenza il PIL, in misura incrementata in base al moltiplicatore.  

Nomisma ha recentemente elaborato una proiezione degli effetti del 110% calcolando che i 38 miliardi costati allo stato per il superbonus, generano un volàno capace di mettere in moto un effetto pari a 124,8 miliardi con un moltiplicatore pari a 3; inoltre vengono creati 634.000 posti di lavoro di cui 410.000 nell’edilizia. I 38,7 miliardi di euro fino a ora investiti dallo Stato generano una produzione nel settore stesso ed in tutti i settori che devono attivarsi per produrre semilavorati, prodotti intermedi e servizi necessari al processo produttivo, generando un valore diretto di 56,1 miliardi. A questi si aggiungono 25,3 miliardi di euro generati dalla catena di azioni e reazioni indotte dalla produzione del prodotto costruzioni. In ultimo, le produzioni dirette e indirette remunerano il fattore lavoro con redditi che alimentano una spesa in consumi finali che richiede maggiori produzioni, comportando così un valore indotto di 43,4 miliardi di euro.

L’investimento fatto con il 110% non è un investimento produttivo permanente, esso ha un effetto una tantum che non si ripete nel futuro, cosa che invece si sarebbe ottenuta investendo in attività produttive permanenti capaci cioè di generare ricchezza in continuazione fornendo così cespiti fiscali capaci di ritornare quel gettito che si perde quando i crediti fiscali vanno a maturazione. Infatti, se calcoliamo i 56,1 miliardi nell’industria edilizia e affini, più i 25.3 miliardi dell’indotto abbiamo una produzione di 81,4 miliardi di fatturato che al 20% generano un imponibile fiscale di 16 miliardi che tassati al 20% (media tra Ires e flat tax) danno un gettito di 3.2 miliardi, i quali aggiunti all’irpef pagata dai dipendenti (43 miliardi al 23%) ovvero 9.9 miliardi, risulta in un gettito una tantum di 13 miliardi ovvero il solo 38% dei 38 miliardi di costo del superbonus.

Se consideriamo il superbonus come un CCF che, investito in attività produttive permanenti, è capace di ripagarsi entro il periodo di validità dei crediti d’imposta, dobbiamo dedurne che per lo stato, e quindi per l’economia italiana questo strumento non è per nulla positivo e bene ha fatto Draghi ad opporsi ad un suo rifinanziamento.

Se pensiamo poi all’occupazione, è facile prevedere che tutti i nuovi posti di lavoro creati dal superbonus, posti di lavoro a bassa qualificazione (manovali edili) contrattati a tempo determinato, verranno cancellati a fine cantiere semplicemente non rinnovando il rapporto a tempo determinato.

Ma lo scopo del superbonus non era quello di far ripartire l’economia, anche se questo poteva essere pensato come effetto derivato, bensì di ridurre la dispersione termica dei fabbricati, responsabile per almeno un terzo dell’emissione di CO2.

Il bonus 110% è, infatti, finalizzato a ridurre la dispersione termica delle abitazioni contribuendo così a ridurre il consumo di combustibili fossili e di conseguenza a ridurre l’emissione di CO2. Il bonus è infatti concesso se i lavori agevolabili migliorano di almeno due gradi il livello energetico della abitazione; i cappotti termici sono gli elementi trainanti mentre pannelli fotovoltaici, infissi e tutti gli investimenti elencati per l’ecobonus sono elementi trainati. Ebbene, molto meritevolmente, Nomisma fa il conteggio che, a cantieri finiti, si produrranno 979.000 tonnellate annue di CO2 in meno con risparmio di 15,3 miliardi.

Tenendo presente che ogni cittadino italiano produce annualmente 7 tonnellate di CO2, con il superbonus avremmo azzerato la produzione di circa 140.000 cittadini ovvero lo 0,23% della popolazione o come precisato dallo studio di Nomisma lo 0,5 delle abitazioni. Se dovessimo applicare il superbonus a tutte le abitazioni, parametrando cioè i 38 miliardi al 100% delle abitazioni arriveremmo alla incredibile cifra di 7.600 miliardi. Notato inoltre che il bonus ha finanziato in particolare villette unifamiliari rispetto ai condomini, non pare che il superbonus, anche sul fronte del risparmio energetico, sia da considerarsi uno strumento soddisfacente.