di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |

Il fine del superbonus

Il rimborso del 110% dei soldi spesi per opere edili antisismiche o che fanno innalzare l’efficienza energetica delle case ha come scopo l’abbattimento della produzione di gas serra obiettivo primario della transazione ecologica.

Se quindi lo scopo è parte degli impegni che ci siamo presi in ambito comunitario con finalità condivisibili, lo strumento appare inadeguato ad un razionale ed efficiente raggiungimento dello stesso. Si possono elencare i seguenti effetti:

● C’è stato un notevole incremento del Pil e dell’occupazione i cui numeri sono riassunti dal documento Nomisma: Nomisma ha recentemente elaborato una proiezione degli effetti del 110% calcolando che i 38 miliardi costati allo stato per il superbonus, generano un volàno capace di mettere in moto un effetto pari a 124,8 miliardi con un moltiplicatore pari a 3; inoltre vengono creati 634.000 posti di lavoro di cui 410.000 nell’edilizia. Va rilevato comunque che questo sistema non incide sulla produttività del settore, anzi ha fatto nascere numerose imprese fasulle, né produce effetti durevoli, appena finisce il bonus crolla la domanda e l’effetto moltiplicatore.

● Se lo stato ti regala i soldi per comperare un qualsiasi prodotto è logico che le vendite di quel prodotto schizzeranno alle stelle. Ci sarà l’effetto moltiplicatore, ma cessato il bonus tutto si ferma. Ne consegue che l’aumento della domanda fa salire il prezzo del bene beneficiato, con chi ci marcia nel gonfiare i prezzi “tanto paga lo stato”, per cui si mette in moto un movimento inflattivo che è buona parte dell’inflazione al 10% di questi giorni. A fine cantieri ci sarà il crollo dei lavori edili, e buona parte dei nuovi occupati, assunti a tempo determinato, torneranno ad essere disoccupati.

● Il sistema di vendere alle banche il credito d’imposta, ovvero il modo con cui lo stato regala il bonus a chi fa i lavori beneficiati, ha creato un tal afflusso di crediti di imposta alle banche da far superare le imposte che sono prevedibilmente pagabili. Quindi i crediti di imposta eccedendo le imposte da pagare vengono persi. C’è stato un blocco poi sbloccato permettendo alle banche di rivendere a propri clienti finanziari i crediti di imposta eccedenti. Ma in tal modo la commissione per vendere i crediti di imposta (prevista in quel 10% in più del pagato) è salita al 25% rendendo onerosi i lavori fatti, ma in parte compensati gonfiando esageratamente il valore di lavori.

La fine del superbonus

Il governo ha fatto questa legge che ha avuto un successo superiore alle aspettative, infatti per tale legge erano stati stanziati in bilancio 33 miliardi. Ad oggi le richieste arrivate all’Enea, l’ente preposto  gestire i lavori del superbonus, sono arrivate a 53 miliardi e richieste possono arrivare fino a fine anno, almeno per i condomini.

Quindi si prospetta un buco di bilancio di 20 miliardi che il governo Draghi lascia in eredità a quello Meloni (se si farà).

Chi ha eseguito i lavori ha applicato (tralasciando le truffe già accertate per oltre 4 miliardi) una legge approvata dal Parlamento e promulgata dal Capo dello Stato. Difficile prevedere che lo stato non faccia onore agli impegni presi con una legge. E’ pur vero che molte leggi, per evitare problematiche simili, prevedono nell’articolato che i bonus si fermano all’esaurimento dello stanziamento, ma pare che tale articolo non sia presente nel nostro caso. La conseguenza più prevedibile è uno sfondamento di bilancio notevole cui non potranno conseguire nuove tasse. Si tenga presente che nei prossimi 5 anni le banche non pagheranno imposte perché, come abbiamo visto, le compenseranno con i crediti acquistati dai beneficiari del bonus. Il risultato sembra quindi essere una mega redistribuzione fiscale a carico dei produttori di reddito e a favore dei proprietari di fabbricati.