di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
Mentre i nostri politici stanno lottando per il salario minimo (veramente io credevo si dovesse lottare per quello massimo) o per ridurre lo scudo fiscale, mi pare che nessuno si occupi della rivoluzione industriale che è in corso, rivoluzione caratterizzata da una gigantesca azione schumpeteriana che da qualche tempo sta disegnando il futuro delle economie mondiali.
Mi riferisco naturalmente alle innovazioni tecnologiche rappresentate da: robotizzazione, intelligenza artificiale e computer quantistici.
Robotizzazione
La robotizzazione è in atto da qualche lustro ed è destinata ineluttabilmente se non ad eliminare il lavoro umano (ipotesi da non scartare) a rivoluzionare completamente la formazione e l’occupazione della forza lavoro. La robotizzazione sta ampliando i propri confini, l’obiettivo sembra essere la creazione di robot capaci di diagnosticare le pecche del sistema produttivo, progettare e realizzare robot di seconda generazione ancor più capaci di operare nella produzione industriale.
Alcune stime sugli effetti della robotizzazione sull’occupazione anticipano i seguenti dati
Per opinabili che siano queste stime, non c’è dubbio che comunque le ricadute della robotizzazione sull’occupazione sono estremamente importanti e sempre più lo saranno.
Intelligenza artificiale
Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale (d’ora in poi I.A.) è esplosa all’attenzione in questi giorni con il caso chat-GB sospeso dal garante della privacy e subito rimpiazzato dall’I.A. cinese. Non si tratta di temere che i nostri figli o nipoti si avvalgano di queste tecnologie per fare i compiti, (cosa che in effetti stanno già facendo si spera utilizzando criticamente l’intelligenza umana). Ho chiesto a parecchi giovani incontrati durante le feste pasquali quanti di loro usassero o avessero usato almeno una volta la chat.
La risposta è stata: ”Tutti”. Mio nipote doveva scrivere un sonetto (due quartine e due terzine in endecasillabi e con la rima abba abba cdc dcd), poiché la chat italiana era irraggiungibile, ha telefonato ad un amico che vive a Londra e si è fatto scrivere il sonetto, in italiano, dalla chat inglese. Ebbene in pochi minuti il sonetto era pronto; l’abbiamo verificato e corretto per la versione definitiva.
Ma l’I.A. ha ben altri riflessi; faccio due esempi recentemente venuti alla mia attenzione: il primo caso è quello di un ricercatore italiano che lavora in Inghilterra che ha sviluppato un programma di I.A. per disegnare la figura e svolgere le funzioni di dirigente amministrativo e finanziario di una impresa; immaginiamoci gli sviluppi da attendersi in questo campo. Il secondo caso è quello dell’annuncio che entro cinque anni una equipe medica con l’utilizzo dell’I.A. starebbe producendo un vaccino anti cancro.
Anche qui i riflessi sull’occupazione non solo più del lavoro fisico ma anche di quello intellettuale sono inimmaginabili, basti pensare ai programmi di I.A. che operano nelle redazioni dei giornali sostituendo quelli che una volta, in campo giornalistico, si chiamavano “i culi di pietra”. Sembra di rilegger le pagine de IL CAPITALE di Marx al libro primo, sezione quarta, o meglio nei Grundrisse quando Marx anticipa che lo sfruttamento del “general intellect” avrebbe fatto impallidire lo sfruttamento del lavoro fisico.
Computer quantistici
Con l’avvento dei computer abbiamo già assistito aduna rivoluzione dell’organizzazione del lavoro, ma l’arrivo di quelli quantistici avrà effetti ancor più profondi, sia nel processo produttivo che nei riflessi sull’occupazione.
I computer quantistici sostituiscono ai bit tradizionali i qubit (appunto i bit quantistici) che esaltano la capacità elaborativa dei computer. In parole semplicissime posso dire che i bit lavorano con due opzioni sì/no, on/off, acceso/spento, 0/1 mentre i qubit possono operare contemporaneamente con le infinite sovrapposizioni di onde esistenti tra 0 e 1. Risultato: Google afferma ufficialmente che un computer quantistico ha completato un calcolo da 10.000 anni in soli 200 secondi.
Attenzione; qualche anno fa un economista, di cui mi sfugge il nome, stimò che per programmare l’economia di un paese come l’Ucraina sarebbero servite milioni di equazioni, migliaia di proiezioni alternative in funzione delle contingenze e si sarebbe potuto sostituire nella gestione economica l’elemento ottimizzante rappresentato dal “profitto” nel capitalismo con la razionalità scientifica tipica del socialismo.
Il difetto di questa prospettiva stava nel fatto che per risolvere tutte le equazioni sarebbero serviti dodici anni vanificando ogni sforzo in tale prospettiva. Ebbene i computer quantistici con la loro enorme capacità simulativa potrebbero oggi realizzare quel progetto di razionalità socialista, il “socialismo quantistico”.
Esperimento mentale
Einstein amava gli esperimenti mentali, le sfide intellettuali alfine di dedurre da tali processi mentali conclusioni che aiutassero nell’affrontare e risolvere i problemi. Il più famoso, Il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen (paradosso EPR) è un esperimento mentale con cui Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen dimostrarono che dall’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica deriva teoricamente il fenomeno dell’entanglement.
Vorrei proporre allora questo esperimento mentale: immaginiamo un mondo in cui tutta la produzione attuale è fatta dalle macchine (computer, I.A., robot) in maniera automatica senza alcun bisogno di lavoro umano. Come dice Marx il fatto che sia eliminato il lavoro umano non è colpa delle macchine (tesi luddistica), ma dipende da come questo superamento del lavoro umano viene gestito. (Scrive Marx che inutilmente un assassino voleva dare la colpa dell’omicidio alla lama del coltello. La lama è innocente, dipende da come la usi).
Se la gestione viene fatta dal capitale proprietario dei mezzi di produzione, si dedicherà solo una piccola parte dei sistemi robotici a produrre quei beni necessari e sufficienti a “tener buoni” i subordinati, ad evitare che essi possano “ribellarsi” mentre dedicheranno tutto il restante potenziale del sistema a perseguire gli obiettivi del capitale privilegiando obiettivi di classe e non il benessere generale. Oggi la distribuzione salariale serve non solo alla sussistenza dei subordinati, ma anche alla loro riproduzione perché il ricambio dei lavoratori è indispensabile. Incredibilmente oggi il mondo del lavoro, pur subordinato, ha un suo potere contrattuale. Domani tale necessità viene a mancare, la riproduzione non è più elemento critico.
Se la gestione viene fatta in una economia socializzata, con l’approccio del socialismo quantistico quel lavoro che oggi ogni lavoratore deve cedere al capitale per sopravvivere si libera, si realizza la liberazione dal lavoro e la liberazione del lavoro che potrà esplicarsi secondo le tendenze, le predisposizioni, gli interessi di ciascuno in un nuovo equilibrio sociale.
Tutto dipende, ancora una volta dalla proprietà dei mezzi di produzione.
Conclusione
Il “che fare” cui conduce il racconto fin qui svolto, a mio modo di pensare, si concretizza in una proposta percorribile e pragmatica. Se il nostro futuro dipende dalla proprietà dei mezzi di produzione, senza pensare a “rivoluzioni” ottocentesche, si rende ovvio che occorre modificare il modo in cui oggi vengono dati gli incentivi alle imprese: ovvero dobbiamo “rivoluzionare” il sistema dei sussidi, bonus, incentivi, aiuti di stato etc. trasformando tali erogazioni da regali al capitale a investimenti sociali (dello stato o di un fondo sociale).
Per le imprese ricevere fondi da investire in tecnologia o altri fini produttivi è indifferente che tali fondi arrivino sotto forma di “regalo” o sottoforma di nuovo capitale sociale (dello stato o del fondo sociale), anzi questi incentivi si traducono ovviamente in maggiori utili (peraltro esentasse) e tali utili possono essere distribuiti al capitale di modo che l’incentivo diventa un regalo del mondo del lavoro al capitale che peraltro lo adopera per robotizzare il lavoro a scapito del lavoratore.
Se invece l’importo dei sussidi viene erogato in cambio di azioni o partecipazioni societarie, tali fondi vanno a far parte del capitale sociale e quindi non distribuibili, e danno all’investitore il diritto di partecipare all’assemblea, partecipare alle decisioni sulle politiche imprenditoriali (penso ad esempio alle decisioni che comportano la delocalizzazione dell’impresa), avendone i numeri essere eletti nel consiglio di amministrazione, tutti quei diritti che spettano ad ogni investitore ma negati dalla legislazione in essere se l’investitore è la comunità.
La proposta è semplice: non più un euro erogato come sussidio a fondo perduto (se ne erogano miliardi ogni anno) ma erogato come partecipazione societaria o azionaria.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.