di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |
In questo pezzo mi propongo di esaminare gli effetti del superbonus 110% sulla base di tre criteri: quello della riqualificazione energetica degli edifici; quello dei riflessi sul PIL ed infine quello delle conseguenze sui conti dello Stato.
L’approccio più corretto è quello relativo alla riqualificazione energetica degli edifici, gli altri due approcci servono per esaminare se provvedimenti simili a quello in esame costituiscono o meno un modello di modus operandi che lo Stato può mettere in atto per ottenere benefici effetti sull’economia e sui conti pubblici.
La riqualificazione energetica degli edifici
Come noto, gli edifici in cui viviamo o operiamo sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% dell’emissione di gas serra, correttamente quindi il governo, nell’emanare questo decreto (il 34/2020), si è posto come obiettivo la riduzione di quei parametri ed ha previsto di dare un contributo pari al 110% del costo degli interventi messi in atto per raggiungere l’obiettivo che si è posto.
Gli interventi, come noto, sono divisi in “trainanti” quali il cappotto termico e gli interventi antisismici, e interventi “trainati” tra i quali spiccano i pannelli fotovoltaici. Gli interventi devono essere tali da far migliorare di almeno due punti la classificazione energetica degli edifici.
Sullo stesso obiettivo sta lavorando l’Europa; in particolare la direttiva su cui sta lavorando prevede che gli edifici e le unità immobiliari residenziali dovranno conseguire almeno la classe E (ovvero con un consumo energetico compreso tra 91 e 120 kWh/mq all’anno) entro il 2030 e almeno la classe D (caratterizzata da un consumo compreso tra 71 a 91 kWh/mq) all’anno entro il 2033. Sarà quindi molto importante mettere in connessione i due provvedimenti alfine di verificarne la compatibilità, e sarebbe anche importante conoscere che tipo di agevolazioni (almeno sui tassi di interesse) sono previsti dall’emananda norma europea.
Ciò premesso, vale la pena esaminare i conti elaborati da ENEA, e metterli in connessione con il totale del lavoro che si dovrà effettuare a livello nazionale. Enea dice che al 28 febbraio 2023 erano effettuati o in corso 384.958 interventi edilizi incentivati pari a circa 68.5 miliardi di investimenti ammessi a beneficio che costeranno circa (68.5*110%) 75,3 miliardi di €. I lavori sono così ripartiti:
1 – 54.860 lavori condominiali pari al 47,9% del totale degli investimenti
2 – 221.138 lavori in edifici unifamiliari pari al 36,8% del totale degli investimenti
3 – 108.954 lavori in unità immobiliari funzionalmente indipendenti pari al 15,4% del totale degli investimenti.
L’ISTAT calcola che gli edifici residenziali in Italia è di 12.187.698 di cui 1,2 milioni sono condomini. Il superbonus ha quindi interessato circa il 4,5% del totale dei condomini e poco più del 3% del totale degli altri edifici residenziali censiti. Il costo totale dell’operazione va quindi, grosso modo, conteggiato come segue:
Tipologia Totale edifici Già sanati Da sanare Costo unitario Costo totale
Mln € Miliardi €
Condomini 12.187.698 54.860 12.132.838 0.597 7.243
Altri edifici 11.003.000 330.092 10.672.908 0.100 1.067
L’effetto sul PIL
Per calcolare l’effetto sul PIL ci gioviamo delle stime fatte dal Censis e da Nomisma che differiscono, fondamentalmente, sugli effetti del moltiplicatore keynesiano. Si definisce come moltiplicatore keynesiano l’effetto di trascinamento sul resto dell’economia generato da un atto economico, si considera cioè che un intervento diretto nell’economia produce, oltre agli effetti immediati, effetti derivati e indotti conseguenti all’azione primaria.
Secondo il Rapporto Censis il superbonus ha contribuito alla crescita del PIL per circa 73 miliardi di €, mentre secondo Nomisma l’effetto sarebbe di 195,2 miliardi di € considerando un maggior effetto dovuto al moltiplicatore keynesiano.
Va tuttavia considerato il fatto che molti interventi di efficientamento energetico sarebbero stati comunque effettuati anche senza superbonus. La Banca d’Italia stima, ma il lavoro non è facile, che quasi la metà degli interventi chehanno utilizzato il superbonus sarebbero comunque stati eseguiti anche senza di quello. Questo effetto riduce di molto gli effetti attribuiti al decreto.
Quello che tuttavia va sottolineato è che l’investimento fatto è effettuato su un bene finale, come quello edilizio, che non è un bene produttivo nel senso che tale investimento, nel futuro, non produrrà ulteriori redditi come invece farebbe l’investimento produttivo. Purtroppo, terminato l’intervento finanziato dal superbonus, non si produrranno ulteriori redditi così come caleranno quelle assunzioni, quasi totalmente precarie, effettuate per lo svolgimento dell’opera.
Posto che l’obiettivo del decreto non era quello di far ripartire l’economia, ma di agire sull’efficienza energetica, ne discende tuttavia che investimenti fatti su beni finali possono sì aumentare il PIL ma ciò a spese del bilancio pubblico e non possono quindi essere presi in considerazione per una sana politica economica.
I CONTI DELLO STATO
Affrontiamo ora gli effetti economici che il decreto superbonus potrà produrre sui conti pubblici.
Abbiamo già visto che in base ai conti dell’ENEA gli investimenti già contabilizzati ammontano a 68.5 miliardi di € che al 110% salgono a 75.3 miliardi. Secondo le previsioni tendenziali di finanza pubblica incluse nel NADEF la stima per superbonus e gli altri bonus edilizi si aggira sui 110 miliardi di euro.
Tali importi si tradurranno in misura marginale in minor gettito IRPEF per quei contribuenti cha hanno spazio fiscale con cui compensare i crediti di imposta, ma si tradurranno nella stragrande quantità in minor gettito IRES per tutti quei crediti fiscali che sono stati ceduti alle banche o alle imprese. Ci si può attendere che nei prossimi anni il gettito IRES che si aggira sui trenta miliardi annui, sarà decurtato per la quota dei 110 miliardi che vanno a scadenza. In una parola, le banche per cinque anni non pagheranno un euro di imposta IRES.
Ma i lavori prodotti con il superbonus avranno generato un gettito iva per il 10% e un gettito IRES per i profitti realizzati dalle imprese attuatrici e un gettito IRPEF e contributi per i maggiori salari pagati. Il tutto sempre avendo presente che secondo Banca d’Italia circa la metà dei lavori effettuati lo sarebbero stati comunque anche in assenza di superbonus. Ma vediamo le stime più realiste.
Se assumiamo l’incremento del PIL secondo Censis in 73 miliardi, calcolando il 10% di iva ovvero 7,3 miliardi e l’effetto IRES E IRPEF per i lavori eseguiti al netto dell’iva ovvero 65.7 miliardi calcolato nel 43.3% (parametro adottato dal modello dei commercialisti usando le tavole di interdipendenza) otteniamo un gettito di 28 miliardi. Quindi i conti risulterebbero sul seguente ordine di grandezza;
Il risultato netto negativo si raddoppierebbe qualora considerassimo che, come stima la Banca d’Italia, quasi la metà degli interventi sarebbero comunque stati fatti anche senza l’intervento del superbonus.
Abbiamo visto che il superbonus costa allo Stato 73 miliardi come competenza ma considerando che tali esborsi si tradurranno in minor gettito fiscale negli anni futuri l’effetto di flussi di cassa viene ripartito su più anni. Tuttavia per il conteggio del deficit (secondo le regole europee) vale la competenza e non la cassa, per cui quei costi vanno conteggiati nella determinazione del deficit di ogni anno per l’importo dei superbonus effettuati in quell’anno. Il deficit del 2020 è passato dal 9.5 al 9.7, quello del 2021 dal 7.2 al 9.0, quello del 2022 dal 5.6 all’8.0)
Per quel che riguarda il debito, invece, vale il principio di cassa e verranno quindi conteggiati nel momento in cui calerà il gettito fiscale per il passaggio all’incasso dei crediti fiscali maturati.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.