LICIO NENCETTI: CAPO PARTIGIANO MARTIRE SOCIALISTA

Il padre Silvio fu vicesindaco Socialista dal 1919 al 1921 del paese natale di Licio, Lucignano nell’articolo. A seguito delle percosse di un feroce pestaggio fascista Silvio mori’ e l’impegno nella guerra partigiana a 17 anni di eta’ del figlio Licio si deve al desiderio di mantenere e riproporre le idee socialiste del padre, come egli scrive in una lettera alla madre che ci e’ pervenuta e con cui giustifica la decisione di prendere le armi contro i repubblichini.

Lo ricorda cosi Raspanti, animatore della locale etiope Anpi a suo nome intitolata.

E’ un intervento commosso, quello di Raspanti. Che infervora e appassiona la piazza di Talla, rievocando il passato con uno sguardo rivolto al presente. “I giovani di oggi devono conoscere appieno le gesta di Licio e dei partigiani della “Teppa”, comprendere i valori e gli ideali dei resistenti che non erano solo comunisti ma anche socialisti, azionisti, repubblicani, democristiani, liberali, persino monarchici. Tra questi ricordo con affetto un sacerdote, Don Piero Magi, che avevo conosciuto a Foiano della Chiana e che divenne un nostro collaboratore. Ricordo che ci dividevano molte cose, lui cattolico, noi partigiani comunisti, lui leggeva l’Avvenire, noi l’Unità. Don Piero era ‘l’acqua santa’ e noi ‘il demonio’, ma sapevamo comprenderci, collaborare rispettandoci reciprocamente.

Licio Nencetti è stato un grande partigiano nonostante la sua giovane età. Ha compiuto azioni memorabili che Radio Londra esaltò. Operò attaccando i fascisti e i tedeschi, uccidendo anche alcuni alti ufficiali germanici come a Ponte a Caiano e a Foiano senza che vi siano state rappresaglie verso la popolazione. Oggi, io ho 85 anni, e non avrei mai pensato che l’Italia sarebbe caduta sotto un nuovo tipo di fascismo, più subdolo ma non meno pericoloso. A pochi giorni dal 2 giugno, Festa della Repubblica, assisto con dispiacere e sofferenza all’avanzare del revisionismo e alla cancellazione dei partiti che dettero vita alla Resistenza con l’oblio delle idealità”.

Licio Nencetti

Viene ucciso a Talla (AR) 26 maggio 1944

Medaglia d’Oro al Valor Militare

Due giorni innanzi, il 24 maggio 1944, il diciottenne Licio Nencetti, proveniente dal Pratomagno dove si era incontrato con Aligi Barducci “Potente” (Comandante la Divisione “Arno”), a seguito di delazione, è catturato da un nutrito reparto della guardia nazionale repubblichina.

Tradotto al comando del “distretto militare di Poppi” viene sottoposto a stringenti interrogatori, intervallati da inenarrabili torture, ma egli si rifiuta di fornire ai fascisti di Salò le notizie che essi pretendono.

Due giorni durano le torture da parte dei fascisti per avere informazioni. Nencetti, ridotto a rottame umano dalle criminali sevizie, condannato a morte senza processo, il 26 maggio 1944 viene trasportato a Talla e posto di fronte al plotone d’esecuzione. Al momento dell’ordine dell’ufficiale di aprire il fuoco, il picchetto non esegue l’ordine, mentre Nencetti, che non ha voluto essere bendato, grida “Viva l’Italia libera!”.

L’ufficiale innervosito per il rifiuto dei militari di sparare scarica la sua pistola sul volto del condannato.

Nell’episodio muore anche un ragazzo di nome Marcello Baldi che da dietro la porta della chiesa di Talla seguiva la scena.

Viene ucciso da una raffica di mitra sparata dai militi fascisti.

Licio Nencetti era nato a Lucignano il 31 marzo del 1926.

La figura e le idee del padre contribuiscono alla sua formazione politica, mentre dalla madre, Rita, apprese l’amore e l’altruismo.

Quando il padre, Silvio, muore a causa delle percosse dei fascisti, Licio aveva 12 anni. Nonostante ciò continua gli studi a Foiano, dove ha i suoi primi contatti con gli antifascisti del luogo, contribuendo nel contempo al mantenimento della famiglia.

E’ ancora studente quando, nel 1940, scoppiò la seconda guerra mondiale. Il trascorso del padre e gli ideali antifascisti lo portano dopo l’8 settembre 1943 ad andare tra i primi nelle montagne del Casentino.

In quell’occasione scrive alla madre “io non potevo più stare quassù in mezzo ad una masnada di vigliacchi. Io vado con i ribelli per difendere l’idea di mio padre, che è sempre viva in me e per ridare ancora una volta l’onore alla mia bella Patria”. Presto emergono le sue qualità di combattente e diventa comandante della squadra volante “La Teppa”; compiendo numerose azioni di guerra.

A Licio Nencetti partigiano gli è stata dedicata una canzone:

“Compagni se vi assiste la memoria

ricorderete i tempi d’oppressione

quella punta funesta della storia

che mise tutto il mondo in perdizione.

I popoli fra lor fecero guerra

ognuno perse il senno e la ragione

la morte dilagò sopra la terra

ovunque fu rovina e distruzione.

Nel cielo tonò il rombo del cannone

l’Italia si dovette inginocchiare

i tedeschi vi fecero invasione

si videro i fratelli deportare.

Per noi non ci fu pace e compassione

abbandonati fummo a trista sorte

il re tradì per primo la nazione

ed al nemico spalancò le porte.

Molti fatti di sangue e disumani

si videro dovunque consumare

famiglie trucidate come cani

in ogni strada e in ogni casolare.

A quei tempi a Arezzo fu Licio Nencetti

che alla ventura gli toccò scappare

la sua memoria meriti rispetti

e la sua storia ognun deve ascoltare. (…) Etc….

(da STORIE DIMENTICATE-Ti racconto per non dimenticare Comandante Lupo-immagini -Lucignano primi anni 40 Licio Lencetti con la madre Rita Aguzzi-Talla (AR dove perse la vita-targa in memoria in piazza Tribunale 22 (Municipio) – Lucignano, AR.