86 ANNI FA L’ASSASSINIO DEI FRATELLI ROSSELLI

di Francesco Somaini – Presidente Circolo Carlo Rosselli Milano |

CIRCOLO CARLO ROSSELLI MILANO

86 anni fa, il 9 giugno del 1937, i sicari del gruppo fascista francese della Cagoule, assoldati dal regime mussoliniano, assassinavano in una strada di campagna che conduceva al piccolo borgo normanno di Bagnoles-de-l’Orne i fratelli Carlo e Nello Rosselli.

I due stavano rientrando in automobile da una gita nella vicina cittadina di Alençon. Una vettura, apparentemente  guasta, li attendeva in mezzo alla strada, in un tratto di bosco poco trafficato. I due fratelli si fermarono per capire di che si trattasse. Ma era un agguato. Un’altra auto sopraggiunse alle loro spalle. E i due Rosselli vennero trucidati.  

Cresciuti in una famiglia dai radicati valori patriottici, civili e risorgimentali (Giuseppe Mazzini era morto in casa Rosselli nel 1872), Carlo e Nello, nati rispettivamente nel 1899 e nel 1900, si erano formati – grazie anche alla madre Amelia, figura di raffinata intellettuale, per certi versi anticipatrice delle tematiche femministe – con profonde convinzioni democratiche, supportate anche da una fortissimo senso etico.

All’avvento del Fascismo, nel 1922, pur essendo in effetti ancora molto giovani, i due avevano da subito concepito una convinta e spontanea opposizione alla dittatura e alle sue violenze ed ai suoi soprusi squadristici: un sentimento che soprattutto dopo il delitto Matteotti, del 1924, si era poi tradotto in un assoluto e radicale imperativo di dissenso e di resistenza, e che con gli anni non si era certo placato.

Dei due fratelli, Sabatino, detto Nello, era il minore.  Nel 1937, quando venne assassinato, era già diventato un brillante studioso. Le sue ferme convinzioni democratiche e antifasciste erano sempre ben vive, ma nel corso degli anni si erano concretizzate più che altro negli studi storici (cui egli era stato avviato dal suo maestro Gaetano Salvemini): in particolare sulle tradizioni politiche democratiche e libertarie (Mazzini e Bakunin) e sulle origini risorgimentali del Socialismo italiano (Pisacane). Egli fu ucciso nell’agguato di Bagnoles-de-l’Orne perché (con un permesso rilasciatogli con sospetta disinvoltura e celerità dalla questura di Firenze) si era recato in Francia a far visita al fratello Carlo, da tempo esule, in quel lontano villaggio termale in cui egli si trovava per delle cure.

Carlo Rosselli, che a suo tempo era stato volontario nella Grande Guerra (al pari di un terzo fratello più grande, Aldo, morto in Carnia nel 1916) in quel 1937, era noto come l’infaticabile animatore, nonché come il riconosciuto punto di riferimento, del movimento antifascista di Giustizia e Libertà, da lui fondato a Parigi, assieme ad altri fuoriusciti, nell’agosto del 1929. In precedenza egli si era peraltro messo in luce come colui che nel 1926 aveva organizzato (assieme a Ferruccio Parri e a Sandro Pertini) l’avventurosa fuga dall’Italia dell’anziano leader socialista Filippo Turati, per la qual cosa era poi stato condannato al confino nell’isola di Lipari, da cui però fuggito nel luglio del 1929 con una rocambolesca fuga in motoscafo, che lo aveva portato per l’appunto in Francia. Al momento dell’agguato che gli tolse la vita, egli si trovava appunto a Bagnoles-de-l’Orne, dove era stato raggiunto anche dal fratello, perché aveva dovuto sottoporsi alle cure per una fastidiosa flebite: una trombosi alla gamba che gli impediva quasi di camminare e che lo aveva costretto a lasciare temporaneamente la Spagna, ove era accorso mesi prima alla testa di una colonna di volontari antifascisti italiani, da lui messi in piedi per portare soccorso e sostegno alla causa della Repubblica Spagnola, contro i militari golpisti che stavano tentando di rovesciarla.

Prima di recarsi in Spagna, Carlo Rosselli, nella sua veste di capo di Giustizia e Libertà, si era in effetti già da tempo distinto come un indefesso organizzatore politico e come un irriducibile nemico del fascismo (memorabili, tra l’altro, erano state alcune delle imprese da lui promosse, come ad esempio, nel 1930, l’audace volantinaggio aereo su Milano compiuto con un volo partito dal Canton Ticino). Era anche ben noto come una penna dalla fresca e formidabile potenza espressiva. Sin dagli anni giovanili i suoi scritti su testate come la “Rivoluzione Liberale” di Piero Gobetti o come la rivista socialista “Critica Sociale” si erano contraddistinti come dei pezzi ad un tempo forti, lucidi e coraggiosi. E lo stesso poteva dirsi dei giornali da lui stesso co-fondati, come il fiorentino “Non Mollare!” (cui avevano collaborato anche Nello, Ernesto Rossi e lo stesso Salvemini) o come il milanese “Quarto Stato” (con-diretto con il socialista Pietro Nenni), poi entrambi chiusi dal regime mussoliniano rispettivamente nel 1925 e nel 1926. Una volta in Francia aveva poi assunto la direzione della rivista “Giustizia e Libertà”, organo dell’omonimo movimento da lui fondato, dalle cui colonne aveva cercava di dare slancio al fuoriuscitismo antifascista e di tenere in vita, seppure dall’esilio, una ferma voce di opposizione a quel regime che in Italia aveva brutalmente soppresso e soffocato libertà, diritti e democrazia.

E non è tutto, perché prima di arrivare ai 30 anni Carlo Rosselli si era rivelato anche un intellettuale di grande e potente lucidità: al tempo del confino liparota (tra il 1927 ed il 1929) aveva scritto infatti il formidabile trattato “Socialismo Liberale” (poi pubblicato in Francia dopo l’evasione), in cui muovendo da una nitida riflessione sui limiti del movimento socialista (spesso prigioniero di un determinismo dogmatico, che lo costringeva ad un’attesa messianica, e non di rado passiva, dell’avvenire), aveva messo in evidenza, con grande capacità analitica come gli ideali di Giustizia e di Eguaglianza propri del Socialismo non potessero in realtà prescindere in alcun modo dalla piena assunzione del principio della Libertà. Le quale Libertà, a sua volta, per essere pienamente tale non poteva evidentemente essere declinata (come troppo spesso avveniva per i Liberali) come una sorta di privilegio riservato a pochi, ma doveva necessariamente estendersi a tutti quanti, per inverarsi quindi proprio nell’egualitarismo dei Socialismo. Il Socialismo Liberale di Rosselli non era quindi da intendersi – come talora lo si mistifica da parte di alcuni sciatti commentatori dei nostri giorni – come una versione blanda e annacquata del Socialismo stesso, ma come una concezione del Socialismo imprescindibilmente legata al tema liberale delle Libertà individuali, da rendere però universali, e quindi collettive e sociali.

Ed era proprio in nome di un’idea così alta e forte della libertà che si spiegava in realtà anche l’indeflettibile impegno di Carlo Rosselli nella lotta al fascismo: una lotta che si connotava anche per una potente tensione etica, e che Rosselli pensava peraltro non potesse limitarsi all’ambito dei confini dei singoli Stati, ma dovesse in realtà farsi necessariamente internazionale, avendo ben chiara la percezione di come i diversi fascismi, che, variamente declinati, si stavano affermando un po’ in tutt’Europa, costituissero una minaccia mortale, in ogni parte del mondo, per i valori di tolleranza, di democrazia e di libertà. Non per nulla, l’impegno generoso e diretto in difesa della Repubblica Spagnola era apparso lucidamente a Rosselli come un atto dovuto di questa lotta autenticamente internazionalista. Il colpo di Stato dei generali iberici (alla cui testa si era presto imposto Francisco Franco), con il massiccio sostegno accordato loro da Mussolini e da Hitler, aveva infatti mostrato con tutta chiarezza quale fosse la portata della sfida lanciata dal Nazifascismo al principio di libertà, e quanto fosse di conseguenza fondamentale opporvi una resistenza tenace e determinata, che dalla Spagna si sarebbe presto dovuto estendere anche ad altri contesti. Era proprio questo del resto il senso del forte messaggio che Carlo Rosselli pronunciò nel novembre del 1936 da Radio Barcellona: “Oggi in Spagna, domani in Italia!”.

Il regime mussoliniano aveva in realtà da tempo ben colto l’insidiosa pericolosità dell’indefesso attivismo rosselliano. Ma questa ostilità  verso un oppositore così tenace si era poi trasformata poi in un preciso disegno omicida, quando dopo l’umiliante sconfitta di Guadalajara, subita nel marzo del 1937 dalle truppe inviate da Mussolini in Spagna a sostegno di Franco, Rosselli seppe dimostrare all’opinione pubblica mondiale quanto fossero false ed inconsistenti le presunte attitudini militaresche e guerriere di cui la propaganda fascista si vantava con tronfia ostentazione. Con dei puntuali reportages pubblicati su “Giustizia e Libertà”, e che ebbero una vasta risonanza internazionale, Rosselli poté infatti dimostrare, incontrando i prigionieri italiani catturata in quella battaglia, che i volontari fascisti inviati in Spagna da Mussolini e sbaragliati malamente a Guadalajara, ben lungi dall’essere dei granitici combattenti, carichi di entusiasmo marziale, altro non erano in realtà che povera gente, costretta ad andare in guerra sostanzialmente per fame e senza nemmeno conoscerne motivi e ragioni. Per il regime quella fu in effetti una ben meschina figura, e fu allora che venne presa la decisione che Rosselli dovesse essere eliminato. E da lì appunto si arrivò, poco più tardi, al truce di Bagnoles-de-l’Orne del 9 giugno di 86 anni fa.

Oggi, dopo 86 anni, è assolutamente doveroso ricordare ancora una volta le luminose figure dei fratelli Rosselli e onorare il loro sacrificio. E’ opportuno ribadire il grande valore teorico ed ideale del “Socialismo Liberale” rosselliano (rettamente inteso). Ma soprattutto, a me pare che in un momento in cui una grande potenza mondiale (la Russia di Putin) ripropone oggettivamente un lessico, dei toni, delle posture e dei comportamenti in tutto e per tutto analoghi a quelli dei fascismi di allora – in quanto fondati su ambizioni imperialistiche, su disprezzo e dileggio per le democrazie (considerate decadenti e degenerate), sul culto forzato delle identità etniche e sulla pretesa superiorità razziale di alcune etnie su altre, e ancora sulla convinzione che i più forti abbiamo il diritto di prevalere sui più deboli, e che possano impunemente procedere ad aggressioni illegittime e totalmente ingiustificate, non senza risparmiare le più barbare e spietate pratiche genocidarie –  anche il richiamo al solidarismo internazionalista di Carlo Rosselli si confermi con forza in tutta la sua vigorosa pregnanza evocativa.