CONSIDERAZIONE SUL SALARIO MINIMO

di Mauro Scarpellini – Ufficio di Presidenza Socialismo XXI |

Non ho avuto il tempo per leggere tutte le opinioni, ma ritengo di dare intanto anche la mia. Quando i sindacati erano guidati da Di Vittorio, Novella, Pastore e Viglianesi nel ventennio post bellico (anno più o meno) non riuscivano a conseguire tutte le conquiste e tutti i diritti. Intervenne la legislazione – su iniziativa socialista – per avere una legge in materia di diritti del lavoro e la si ebbe come Statuto dei diritti.

Intervenne la legislazione per superare la mezzadria, poiché i rapporti sindacali di forza non consentivano un superamento negoziato.

Si ebbe una fase di legislazione di sostegno (così la chiamavamo) ai diritti e alle conquiste per affermarli e/o consolidarli.

Nella fase successiva di sviluppo nazionale i sindacati guidati da Lama, Pizzinato, Trentin, Storti, Macario, Carniti, Marini, D’Antoni, Vanni, Benvenuto non riuscivano a conseguire tutte le conquiste e tutti i diritti. Il negoziato coi governi per restituire ai lavoratori dipendenti il cosiddetto “fiscal drag” , cioè le imposte maggiori drenate solo per effetto della forte inflazione, prevedeva e conseguiva l’intervento di accordi e di inevitabile legge. La nuova qualificazione dei lavoratori dipendenti – dirigenti, quadri, impiegati, operai dell’art. 2095 del C.C. –  fu fatta col consenso sindacale per l’introduzione dei quadri e non per accordo negoziale con i datori di lavoro.

Ho portato questi esempi, fra i tantissimi, per considerare che la sinergia tra negoziazione sindacale e intervento legislativo è un fatto storicamente e politicamente acquisito, non sarebbe una novità. In questa fase nella quale il lavoro è sottoposto ad un nuovo tipo di sfruttamento per certe attività e nella quale la capacità sindacale è ridotta non trovo anomalo che si possa pensare ad un intervento legislativo. La questione che vedo molto in ombra è quella della poca incidenza propositiva sindacale; mi sembra che la loro posizione sia piuttosto di adesione o di proposta obbligata ma non sono loro a guidarla. La questione che vedo, al contrario, molto in luce e non in ombra è il protagonismo propositivo dei partiti di opposizione vissuto in una rumorosa azione che non è vista – come nei decenni che prima ho citato – come sinergia di supporto, ma come argomento strategico, punta di diamante di una strategia complessiva che non vedo quale sia.

La stessa Presidente del Consiglio potrebbe metterli nel sacco sul terreno della propaganda se riuscisse a trovare una proposta legislativa sul più ampio campo dei problemi del lavoro – come lei dice e non inventa il tema – dimostrando la pochezza delle opposizioni. Ho timore che il minimo salariale sia una battaglia nobile, ma angusta per i sindacati. Altrettanto per le opposizioni.

Concludo. Occorre avere una visione della società e dei rapporti sociali all’interno di essa e non limitarsi a spicchi di pensiero. Le opposizioni dimostrano di non averla. Le destre improvvisano e comunque si muovono su linee non di progresso complessivo, ma – come da dichiarazioni programmatiche del governo – per non porre difficoltà alcuna alle imprese; evidentemente anche a quelle che non rispettano le condizioni minime di decenza nel rapporto di lavoro.

Siamo costretti a proseguire la richiesta per avere una legge sul minimo salariale, sapendo che stiamo operando in questa fase bassa della storia politica. Dovremmo dirlo.