UNA SETTIMANA PUO’ ESSERE CORTA O LUNGA

Prof. Giuseppe Scanni – Già Vicepresidente di Socialismo XXI |

La settimana che si apre oggi può essere determinante per il successo o il fallimento della mediazione statunitense nel conflitto in corso.
La missione del segretario di Stato Blinken è ostacolata dall’Iran, dalla Turchia, dalla Russia, dalla destra israeliana, sostanzialmente dallo stesso Netanyahu; la destra israeliana coi propositi espressi dal ministro Amichai Eliyahu della possibilità di lanciare una bomba atomica su Gaza ha costretto anche l’Arabia saudita a condannare la dichiarazione che “dimostra la penetrazione di “estremismo e brutalità” tra i membri del governo israeliano”.

Sabato scorso il presidente Biden si era rallegrato per i progressi che si stavano concretizzando per l’instaurarsi di una pausa umanitaria.
Nella notte tra sabato e domenica 5 novembre 2023 Erdogan, dopo il tentativo fallito di essere riconosciuto mediatore, si è eretto a salvatore dei palestinesi di Gaza, rifiutando di incontrare il segretario di Stato Blinken perché “continuerà un tour programmato nel Paese”.  Il segretario di stato americano dovrebbe atterrare ad Ankara domenica sera per colloqui con il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan. I diplomatici statunitensi che accompagnano Blinken si sono dichiarati (secondo l’agenzia di stampa spagnola Efe) invece ottimisti su un possibile incontro con Erdogan.

D’altronde la storia del sultano di Ankara è talmente ricca di estremismo, triplogiochismo, doppiopesismo etico, compravendita a fini utilitaristici, nel consenso maggioritario degli elettori turchi, da cercare di trarre sempre profitto da posizioni che sono dichiarate “ultimative” posizioni. Fra queste cito anche il “caldo benvenuto” organizzato nella capitale turca per il segretario di Stato Usa: marce di protestadirette, secondo il quotidiano turco “Haberturk”., alla base di Incirlik Ankara, opportunamente sedate dalla polizia in tuta mimetica. Le marce servono – assieme al richiamo dell’ambasciatore in Israele, Sakir Ozkan Torunla- a mantenere attiva la fornitura dei nuovissimi F16 promessi da Washington per pagare il ricatto sulla ammissione della Svezia nella NATO.

È opportuno ricordare che la base aerea Usa di Incirlik può ospitare fino a 100 testate nucleari e l’inaffidabile Recep Tayyip Erdogan non mancherà direttamente o tramite il ministro degli Esteri di ricordare che soltanto lo scorso martedì 31 ottobre il presidente della “Fondazione turca per i diritti dell’uomo, delle libertà e l’aiuto umanitario” Bulent Yildirim aveva minacciato gli Stati Uniti. Yildirim ha chiesto a Biden di fare “pressione sul premier israeliano Benjamin Netanyahu. Se non lo farete, perderete Incirlik, perderete anche (la stazione radar) Kurecik e le vostre basi in tutto il mondo”. Quasi a dire: senza di me la Turchia vi danneggerà.

Anche se Erdogan sa ne che la CIA conosce la “Fondazione turca per i diritti dell’uomo, delle libertà e l’aiuto umanitario”; una ONG di ispirazione islamista vicina al Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) al potere, conosciuta come uno dei bracci operativi del governo (altro che organizzazione non governativa), nota per i suoi legami con la Jihad islamica palestinese ed il suo presidente, Bulent Yildirim, che è stato indagato per il finanziamento dell’organizzazione terroristica Al Qaeda. Recep Tayyip Erdogan, che ha dichiarato alla stampa:” “Netanyahu non è piu’ una persona con la quale possiamo parlare” pensa di avere più di una carta da giocare sul tavolo del potere : se Blinken riuscirà ad ottenere il difficile risultato immediato che si propone (uno spazio quotidiano di sei -dieci ore dei bombardamenti per consentire aiuti umanitari, assistenza medica e uscita dal valico con l’Egitto di un numero maggiore e continuo di stranieri e di fragili da Gaza) si intesterà, almeno sulla popolazione interna, il vanto di aver convinto gli Stati Uniti ad intervenire; il jackpot è rappresentato dall’accettazione del suo triplogiochismo come essenziale alla partecipazione al pari di altri ( tra i quali Giordania, Arabia saudita, Egitto, ANP, Qatar) al processo di mediazione.

Al momento Blinken ha convinto Abu Mazen dell’impegno Usa per creare uno Stato palestinese.

L’ANSA, da Washington, quindi sulla base di una nota del dipartimento di Stato, ha reso pubblico che nel loro incontro di circa un’ora, il segretario di stato Usa Antony Blinken e il presidente dell’autorità palestinese Abu Mazen (Mahmoud Abbas) “hanno discusso gli sforzi per ripristinare la calma e la stabilità in Cisgiordania, compresa la necessità di fermare la violenza estremista contro i palestinesi e di chiederne conto ai responsabili “. Lo rende noto il dipartimento di Stato americano, ricordando che il capo della diplomazia americana “ha espresso l’impegno degli Stati Uniti a lavorare per la realizzazione delle legittime aspirazioni dei palestinesi per la creazione di uno Stato palestinese”. Blinken inoltre “ha riaffermato l’impegno degli Stati Uniti per la fornitura di assistenza umanitaria salvavita e la ripresa dei servizi essenziali a Gaza e ha chiarito che i palestinesi non devono essere sfollati con la forza”.

È un punto per Blinken la dichiarazione di Abu Mazen secondo la quale in presenza di un “quadro di soluzione politica globale” L’Autorità nazionale palestinese (Anp) “si assumerà tutte le sue responsabilità” per la Cisgiordania, Gerusalemme est e Gaza nel quadro “di una soluzione politica globale” (sempre ANSA).

Il valore aggiunto dell’urgente ed imprevisto incontro tra Blinken ed Abu Mazen si è reso necessario per l’acuirsi della crisi interna israeliana che si ripercuote sulle modalità di combattimento a Gaza.

Migliaia di persone, secondo l’Associates Press, si sono unite a una manifestazione a Tel Aviv organizzata dalle famiglie dei circa 240 ostaggi tenuti nella Striscia di Gaza. “Ora!” la folla ha cantato ripetutamente, chiedendo la liberazione immediata degli ostaggi dopo quasi un mese di prigionia. Molti avevano le foto degli ostaggi, tra cui bambini e anziani. 

Hadas Kalderon del Kibbutz Nir Oz, i cui due figli, di 16 e 12 anni, sono stati rapiti, ha chiesto un cessate il fuoco in cambio della restituzione degli ostaggi. 

La difficile situazione dei prigionieri e delle loro famiglie ha catturato l’attenzione della nazione. 

Se c’è chi chiede il cessate il fuoco c’è anche chi, come Ella Ben-Ami, una israeliana di 23 anni i cui genitori sono stati rapiti, ha affermato di ritenere responsabile il primo ministro Benjamin Netanyahu ed ha chiesto la sospensione di tutti gli aiuti umanitari a Gaza finché gli ostaggi non saranno liberati. 

Le manifestazioni in Israele che chiedono, tutte seppur per motivi diversi, le dimissioni di Netanyahu e del suo governo di crisi, raccontano la storia delle difficoltà della diplomazia ma anche quella di un popolo democratico, quello israeliano. Nonostante l’evidenza dell’antisemitismo brutale e sanguinario di Hamas e di Hezbollah, e dei loro finanziatori ed addestratori, e quello altrettanto volgare , ipocrita di chi non ha speso una parola ( se non a volte di contorno) per condannare gli eccidi, l’insicurezza della popolazione civile ebrea ( come gli eccidi in Ucraina, della popolazione curda, degli armeni) che colpisce in Israele ed anche , in modo dimostrativo, in Francia, in Germania, in Italia, si sono levate voci ebree autorevoli che indicano la necessità di legare la sicurezza alla convivenza pacifica.

Più il governo emergenziale israeliano è debole più purtroppo diminuisce lo spazio delle trattative che si fa sempre più stretto per la Giordania, l’Arabia Saudita e di ora in ora l’Egitto, senza parlare del debole e terrorizzato Libano.

Il Consiglio europeo, cioè l’organo che in nome degli Stati membri, dovrebbe garantire la governabilità dell’Unione Europea, non ha retto alla difficile prova del conflitto medio orientale. Il pasticciaccio del presidente di turno e dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri, che sono riusciti a spaccare platealmente l’Unione nel voto di Risoluzione dell’ONU (15 astenuti, tre a favore, quattro contrari) favorendo indirettamente la Russia che ha invaso l’Ucraina, ma smarcando anche il famoso accordo franco-tedesco, ha confinato l’Unione fuori dall’arco dei mediatori.

La Francia prova in queste ore a entrare nel gruppo di mediazione, ribadendo, dopo il voto a favore della Risoluzione ONU, la sua richiesta di cessate il fuoco a Gaza e di aiuti urgenti per i civili coinvolti nella guerra tra Israele e Hamas. Il ministro degli Esteri francese Catherine Colonna ha espresso “la necessità di una tregua immediata” ieri, domenica 5 novembre 2023, in un tweet dopo l’incontro con l’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani. Ha detto che condividono l’opinione che siano necessari aiuti umanitari duraturi per i civili di Gaza e un cessate il fuoco e ha aggiunto: “Ci stiamo lavorando insieme”. La Francia chiede aiuto al Qatar per ottenere il rilascio dei cittadini franco-israeliani tenuti in ostaggio da Hamas dopo l’attacco a sorpresa del 7 ottobre contro Israele che ha scatenato la guerra. La Francia ha confermato la morte di 39 suoi cittadini nell’attacco e elenca altri nove cittadini francesi come dispersi, inclusi alcuni ostaggi confermati. 

Oro per le orecchie del Qatar che a differenza della Turchia ha fatto accettare le sue capacità di finanziare Hamas e di sedere al tavolo delle trattative con la stessa influenza del suo non amico stato saudita. Una presenza di potere nel mondo arabo che è stata favorita (e fortemente rimproverata dagli israeliani) da Netanyahu, che, pur di impedire la realizzazione della politica due popoli due nazioni, dette la sua autorizzazione al finanziamento di Hamas contro le formazioni politiche non estremiste palestinesi. Questa è una delle ragioni che spingono i manifestanti ebrei a chiedere le sue dimissioni immediate.

In quale paese in guerra l’Esercito ha una sua radio che diffonde notizie non sempre in linea con quelle del governo? Sicuramente in Israele. La Radio dell’Esercito ha citato Netanyahu affermando che alcune osservazioni erano “separate dalla realtà “riferendosi alle dichiarazioni del vicepremier su un possibile uso della bomba atomica (successivamente spiegate come “metafora”) e alla decisione di Netanyahu – in realtà senza alcun effetto pratico- di escludere momentaneamente il vice premiere Eliyahu dalle riunioni del gabinetto. La Radio ha rivendicato che: “Israele e l’IDF operano secondo i più alti standard del diritto internazionale per evitare di ferire i non combattenti – e continueranno a farlo finché non otterremo la vittoria”.

Anche il ministro della Difesa Yoav Gallant ha criticato Eliyahu, dicendo: “È positivo che persone come queste non siano responsabili della sicurezza di Israele”. Nel frattempo, Giora Eiland, consigliere di Gallant, ha detto che Israele è lungi dallo sconfiggere Hamas: “Non vediamo centinaia di persone che iniziano ad arrendersi”, ha detto alla radio dell’esercito Eiland, generale delle riserve ed ex capo del Consiglio di sicurezza nazionale. “Si vedono attacchi molto, molto sofisticati che implicano l’uso coordinato di parapendii, fuoco di missili anticarro e fuoco di mortaio. Ciò richiede un alto grado di coordinamento tra le forze e lo fanno bene.” 

Se la guerra è dura il numero delle vittime è destinato ad aumentare. Blinken ha chiarito a Ramallah nella sua inaspettata visita al presidente palestinese Mahmoud Abbas, dopo l’incontro col Re di Giordania, l’opinione della diplomazia americana: è essenziale per ottenere un cessate il fuoco temporaneo, che consenta di alimentare la speranza della tregua e della trattiva, iniziare con il rilascio di tutti gli ostaggi in mano ad Hamas.

È possibile che in questa settimana nonostante le minacce iraniane, le scomuniche (tanto preoccupanti per il presidente egiziano al-Sisi) provenienti dalla autorevolissima Università al-Azhar, eletta da Papa Francesco fondamentale riferimento per il dialogo tra le religioni abramitiche, sia possibile mettere un altro passo in avanti per fermare il nemico assoluto, la morte violenta. È difficile ma possibile, che i bambini, gli anziani, le donne, gli uomini tornino dall’inferno in cui sono stati trascinati dalla violenza omicida (se mai presa in considerazione, presto dimenticata da tanti occidentali che hanno perso il senso profondo dell’approccio alla cultura della vita e della legge che è il loro segno distintivo).

Una settimana è corta e lunga assieme.

Viviamola con trepidazione e con speranza.

Pubblicato su www.ilmondonuovo.club