CONVEGNO SULLA SANITA’

di Alberto Leoni – Socialismo XXI Vicenza |

PROMUOVERE LA SALUTE  DOPO IL CORONAVIRUS

Prima Parte

E’ il nostro modo di “vedere” il sistema sanitario, ma soprattutto la tutela della salute che dovremo cambiare, dopo questa tragedia . Salute e sistema sanitario non sono la stessa cosa .

Da anni sappiamo (ironia della sorte dirlo oggi,ma gli indicatori oggettivi dicono questo) che l’Italia,almeno sino a marzo 2020, è stato uno dei Paesi più sani al mondo,il secondo nel 2019 dopo la Spagna. Lo diceva  il BLOOMBERG INDEX (sulla base di indicatori precisi,dalla mortalità infantile a quella adulta, alla aspettativa di vita pari a 83,2 anni, all’abuso o meno di sostanze,alle malattie croniche,all’accesso ai sevizi ecc.).Forse oggi la classifica non è più questa perché il Covid in Italia ha lasciato il segno più che altrove (e qui servirà un serio audit clinico per capirne le ragioni).

Qualcuno amava dire  “Dimmi dove abiti e ti dirò quanto vivi”: A Torino,scendendo dalle colline dove vive la borghesia torinese fino alle Vallette,periferia Nord ,si perdono 4 anni di aspettativa di vita,ma questo vale per ogni città se si mettono a confronto zone dove reddito,istruzione,alloggi,professioni sono più elevate.

SIAMO NEL MONDO DEI  DETERMINANTI DELLA SALUTE CHE DOVRANNO ESSERE LA VERA STELLA POLARE DI UNA COMUNITA’ PER PROMUOVERE LA SALUTE DEI SUOI CITTADINI.  E quindi attenzione allo stile di vita dei suoi cittadini, dall’alimentazione al movimento,ai comportamenti messi in atto (influiscono sulla salute per il 38%),legati spesso alla cultura più che all’istruzione formale, al benessere socio economico,alla genetica, alle condizioni ambientali .

Ovviamente anche per il suo sistema sanitario.

 Questo ultimo (per l’Oms )incide tra il 15 -20% sullo stato di salute . Ma è un sistema che “ha avuto poche attenzioni” negli ultimi undici anni ed ha vissuto “di rendita”:si è depauperato un capitale professionale e strutturale di primo piano.

E’ un sistema  in cui convivono aree eccellenti ed aree che non applicano molti livelli essenziali di assistenza.

 Il sistema è stato  alle prese con un grande tema di sanità pubblica:   questa è stata la terza grave epidemia  in 20 anni…. È probabile, senza interventi correttivi nel rapporto uomo ambiente,che altre ne seguiranno e saranno pandemiche,come il Covid 19, in un mondo globalizzato.

Debellata una se ne presenta un’altra. L’umanità non viveva un’esistenza felice priva di insidie virali, di decessi, di sofferenze, prima che scoppiasse la nuova malattia:basta scorrere la storia per capirlo.

La nostra salute la difenderemo,nei prossimi anni, con ogni azione utile per diminuire la crescente “antropizzazione”,le urbanizzazioni non governate,  la deforestazione,l’inquinamento dell’aria  , che non è stato, presumibilmente ,fattore secondario, in pianura padana ,della velocità di trasmissione del virus.

Prima di essere un problema sanitario la pandemia del Covid 19 è un problema di sviluppo economico  sostenibile. Ce ne saranno altre ancora,purtroppo,perché alcune modifiche nel modello di sviluppo inizieranno, ma i tempi di un cambiamento strutturale non saranno  brevi.

E la si affronterà,in fase “riparatoria”, con una solida cabina di regia mondiale,europea e ovviamente nazionale. Una cabina che organizzi e integri,in una banca dati condivisa, tutti i dati scientifici per capirne l’evoluzione e i trattamenti efficaci. Una cabina che coordini la ricerca ed i contributi degli scienziati. Nel frattempo l’Italia torni ad investire,dopo anni di poca attenzione, sui Dipartimenti di Prevenzione e sulla Medicina di Comunità. Su chi controlla acqua,aria,alimenti,animali,le postazioni di lavoro e la sua sicurezza (oggi,in media,   solo il 4% del Fondo Sanitario va a questo) . Su chi si prende in carico la persona che non è sommatoria di organi. Ma una persona.

Seconda Parte

Urge oggi in Italia  una correzione profonda sul nostro sistema sanitario ,che era un buon sistema sanitario nelle sue fondamenta valoriali e tecniche  :non a caso l’Italia era fino al 2019 il quarto paese al mondo per spettanza di vita della popolazione e registrava  uno dei tassi di mortalità adulta ed infantile più bassi al mondo .

Sulla base del Bloomberg Index relativo alla salute “gli italiani sono il secondo popolo più sano al mondo, preceduti solo dalla Spagna”.Ma questo era il 2019. Quattro secoli fa.

Dove si deve intervenire?

1) In primo luogo sul capitale professionale. Noi non abbiamo meno medici della media europea (vicini al 4 x mille),pur con l’esodo biblico di questi ultimi 10 anni (pensionamenti e fughe nel privato),ma abbiamo molte specialità scoperte ,soprattutto quelle meno remunerative….. (pronto soccorsisti, anestesisti,radiologi,chirurghi adesso) .Tra il 2009 ed il 2017 la sanità pubblica ha perso 8 mila medici e più di 13 mila infermieri. Su un complesso di 600 mila operatori del SSN abbiamo 101 mila medici e 245 mila infermieri. Abbiamo ,oltre ad essi, poco più di 40 mila  mila medici di base (a fine 2021) contro i 46 mila del 2012 ai quali si aggiungono i medici di continuità assistenziale oggi, poco più di 10 mila.

Dalle scuole di specializzazione uscivano,fino al 2017, ogni anno 6500 medici  (contro gli 8500 necessari). Nel triennnio 2015/2017 su un fabbisogno di specialisti previsto in 24 mila specialisti,ne sono sono state finanziate poco più i 18 mila. Si è ingrossato l’esercito dei camici grigi (giovani medici fuori dalle Scuole di Specialità….Fino al 2020 insomma c’è stato un gap preoccupante tra fabbisogno di specialisti e posti finanziati nelle Scuole. Dal 2020 le borse di studio finanziate sono cresciute molto: 14.378 mila nel 2021/2022.

Quando riduci così nettamente i numeri della formazione il recupero richiede tempi medio lunghi, almeno 5 anni, partendo fin d’ora dal riassorbimento dei quasi 20 mila giovani medici che fanno guardia medica, sostituzioni o altri ruoli un po’ residuali nel sistema sanitario. Senza dimenticare che 1500 medici giovani ogni anno prendono la via dell’estero…

Ed il dato più significativo è l’età media avanzata del personale medico (attorno ai 50 anni),il che rende urgente una accelerazione dell’inserimento di giovani medici nel sistema.

Dobbiamo investire sui medici , valorizzarli nelle funzioni cliniche,permettere la ricerca,togliere compiti burocratici, difenderli dal contenzioso pericoloso scatenatosi negli ultimi 20 anni, garantire una qualità di vita normale perché non si possono continuare a fare turni massacranti….dar loro il governo clinico degli ospedali, introdurre i neo laureati in corsia da dove iniziano la specializzazione sul campo,alternata alle lezioni della scuola Universitaria :era così fino ai primi anni 90 ed era buona prassi perché favoriva quotidianamente la trasmissione del sapere pratico dal medico esperto al giovane.

Ed allo stesso modo un percorso analogo va fatto per i giovani medici che vogliono fare i medici di base: questa è una grande opportunità per  avere medici che prendono  in carico il loro assistito,accompagnati da medici di base più esperti ,nella prima fase ,a volte con la supervisione dello specialista (la specialistica attuale è troppo frammentata e mai ricondotta ad una visione globale della persona che non è sommatoria di organi…).  A Bergamo,in piena emergenza ,giovani neolaureati sono andati in prima linea. Hanno fatto e fanno una esperienza dolorosissima ma fondamentale per il loro futuro: scommetto che diverranno ottimi medici.

Agli infermieri dobbiamo riconoscere,vista la elevata professionalità di cui godono, non solo una valorizzazione economica adeguata al ruolo ed alla professionalità, ma anche autonomia professionale  (penso agli Ospedali di Comunità,al loro ruolo nelle Case di Comunità ,previste dal PNRR,dove lavoreranno con Mmgg, pediatri e specialisti,un ruolo  decisivo nel seguire pazienti cronici stabilizzati,anche con limitate facoltà di prescrizione farmacologica)

La priorità quindi e’ quella di investire sul personale: nella qualità e nei numeri perchè oggi  gli organici sono stati ridotti oltre ogni ragionevole limite.

Le politiche del risparmio basate sulla riduzione delle teste, della formazione e sullo stress dei fattori produttivi ( queste le perversioni della logica aziendalista ad oltranza) alla fine si pagano duramente. anche economicamente!! oltre che sulla qualita’ dei servizi offerti.

Terza Parte

L’Ospedale

Si deve intervenire sugli Ospedali che abbiamo : nel 2017 erano 1000 in tutta Italia con  216 mila   posti letto, il 51,8% pubblici il 48,2% privati accreditati,pari a 3,6 posti letto ogni 1000 abitanti.  Nel 1998 gli ospedali erano 1381 ,il 61% pubblici,il 39% privati accreditati ,con 5,8 posti letto ogni 1000 abitanti. Ne abbiamo persi quasi 90 mila.

E’ evidente la sensibile diminuzione ed il cambio di rapporto tra pubblico privato a favore di quest’ultimo. Una tendenza che va rivista con attenzione selettiva, soprattutto dove la ospedalità privata è inefficiente e le convenzioni onerose.

La scelta strategica è qualificare  sempre più i nostri ospedali per la cura degli acuti, rafforzare le aree critiche, ripristinare almeno una quota parte degli 8 mila medici e dei 13 mila infermieri persi in 10 anni. Non vanno riaperti i piccoli ospedali dismessi. Spesso sono un problema  per la sicurezza del paziente perché non dotati dei servizi necessari in casi di emergenza.

Le risorse invece vanno investite nella messa a norma del patrimonio edilizio ospedaliero,una parte del quale obsoleto, , spesso vetusto , nell’adeguamento tecnologico ,nel rafforzamento della vigilanza igienico sanitaria (mai dimenticare i 49 mila morti del 2016 per infezioni ospedaliere annue, contro i 18.688 del 2003!!,uno dei dati più negativi in Ue)   nello stretto collegamento con la COT (Centrale Operativa Territoriale) per garantire il raccordo con le strutture territoriali  che dovevano essere la vera alternativa alla chiusura dei piccoli ospedali e mai sono veramente decollate.

Abbiamo bisogno di  ospedali molto qualificati per acuti. La vicenda del Covid19 ha evidenziato la necessità di disporre ,in modo flessibile, di almeno il doppio  di posti di terapia intensiva e subintensiva . I 5 mila esistenti, diminuiti negli ultimi 10 anni…, non sono sufficienti durante eventi eccezionali .Durante questa tragedia ne sono stati attivati ulteriori 5 mila ,grazie allo straordinario apporto delle comunità locali . Ma erano posti ,in alcuni casi, “potenziali” in quanto non tutti dotati del personale necessario (ne serve molto come potrete capire) ad un’area delicatissima come questa.

Fino a febbraio 2020 l’Italia disponeva di 8,558 posti letto di terapia intensiva ogni 100 mila abitanti,contro i 29,2 della Germania. Una postazione di  di terapia intensiva  costa tra gli 80 ed i 100 mila euro , ma richiede uno staff clinico dedicato e specializzato.

Ad esempio un anestesista/rianimatore presente ogni  6/10 pazienti(a seconda della gravità), figure sempre più rare,prova ne sia che durante l’emergenza Covid 19 in molti ospedali sono stati utilizzati altri specialisti formatisi sul campo…. E serve ,ad esempio, un infermiere ogni 2/3 pazienti. Il costo di una degenza è tra i 1500 ed i 2000 euro al giorno. Ma nei casi gravi arriva anche oltre ai 4 mila euro al giorno.

Questi posti di terapia intensiva ,creati in due mesi ,andranno mantenuti,con la necessaria flessibilità (in alcuni periodi ne serviranno,si spera ,meno),in una logica di rete dell’emergenza, perché il nostro futuro è ancora condizionato da possibili gravi eventi avversi. Non dobbiamo essere impreparati.

Quarta Parte

L’assistenza territoriale

La vera priorità, emersa in Lombardia soprattutto, ma anche in Veneto, durante il Covid, è la necessita di una rete territoriale socio sanitaria efficiente e tempestiva, in grado di curare a casa le situazioni di malattia non acute. Soprattutto in situazioni pandemiche. Le buone pratiche non sono mancate in questi anni ma sono esempi isolati.

Il perno del sistema sarà la medicina di comunità ,basata sul medico di base, sull’infermiere di comunità, sulla stessa assistente sociale  , con la supervisione degli specialisti  in caso di situazioni più complesse.

 IL PNRR prevede 1288 Case di Comunità in tutta Italia (1 ogni 45/50000 mila abitanti) con Medici di Base, Pediatri LS, Medici di continuità assistenziale ,Infermieri di Comunità  ed assistenti sociali.

E’ il punto di accesso unico alle cure primarie. E’ il punto che dovrà però avere presenze del MMGG anche negli ambulatori periferici per evitare …..la terza guerra mondiale!!

Ma prevede altresì 602 C.O.T. ,in pratica una per distretto di circa 100 mila abitanti (una CABINA DI REGIA CHE GUIDA I PERCORSI ASSISTENZIALI DA CASA AD OSPEDALE O A STRUTTURE INTERMEDIE),   C.O.T. che guidano anche una ADI rafforzata (oggi in molte zone italiane non esiste di fatto) in grado di prendere in carico il 10% dei pazienti fragili in dimissione o che sono a casa.

In questo contesto, il PNRR prevede, da qui al 2026 ,  380 ospedali di Comunità, strutture intermedie di norma con 20 pl,(fino max 40) 1 ogni 160 mila abitanti, a bassa soglia assistenziale ,di gestione prevalentemente infermieristica, pur con responsabilità affidata ad un medico delle cure primarie della Asl o scelto tra i medici di base). Ed aggiungo Ospedali di Comunità completati da URT (Unità Territoriali Riabilitative ) per il trattamento di esiti da fratture femore ed ictus e da Hospice per pazienti tumorali bisognosi di cure palliative. Questo è il modello che in alcune zone d’Italia esiste, in misura insufficiente, questo il PNRR intende lanciare con scadenze precise e finanziamenti definiti ( 7 miliardi )

E’ la logica dell’integrazione Ospedale Territorio,per evitare di riempire gli ospedali . Medicina di base forte e strutture intermedie,un’assistenza domiciliare integrata che va a casa della persona (in grado di prendere in carico almeno l’8% dei dimessi fragili ospedalieri), sono la risposta più adeguata alla vera priorità per la sanità italiana ,  le malattie cronico degenerative, dai cardiopatici,ai diabetici,ai malati tumorali , agli ipertesi,alle persone con broncopneumatia costrittiva.Non dimentichiamo che il 40% degli italiani soffre di almeno una o più  malattie croniche!

La specialistica ambulatoriale,in questo contesto, si deve integrare nel concetto della presa in carico della persona ed essere strettamente integrata con il ruolo del medico di base. Lo specialista deve essere il consulente del medico di base !!…. Si devono parlare,devono interagire,,,Il telefono è lo strumento fondamentale! Ma tutti i moderni strumenti informatici possono essere utilizzati,a partire dalla telemedicina. Solo con questo rapporto si può veramente aggredire la questione delle liste d’attesa,che si risolve solo governando la domanda e riorganizzando l’offerta : pensate quante visite specialistiche in meno potrebbero essere prescritte dal medico di base se fosse perfezionato un rapporto costante tra questo ultimo e lo specialista. Per i cittadini si apre uno scenario completamente nuovo e meno ansiogeno. Si afferma la medicina di iniziativa: è il servizio che prende in carico la persona e non la persona che corre agli sportelli a prenotare,ad uno o più specialisti. Il più delle volte,lasciatemelo dire,per visite,esami di dubbia utilità.

Quinta Parte

LA GOVERNANCE E LE RISORSE PER IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

C’è ancora qualcuno che nutre dubbi sul fatto che le Ulss  possano essere aziende?  Laziendalizzazione, rafforzata dalla riforma ulteriore del 1999, non funziona in Sanità .Il sistema sanitario si può, si deve ispirare a criteri di efficienza ed efficacia, ma non sarà mai un’azienda. 

La Sanità va ricondotta al governo delle Comunità locali, attraverso un accresciuto potere di indirizzo e verifica dei Sindaci ed una gestione   da parte di uno staff direzionale collegiale molto snello e qualificato. Le Ulss (così vanno chiamate) sono Enti di emanazione regionale con forte ruolo delle Conferenze dei Sindaci, oggi ai minimi termini.

Gli Ospedali vanno affidati al governo clinico dei medici e degli altri professionisti ospedalieri, ,tramite una agile cabina di regia clinica ed organizzativa.

 Le Regioni mantengano la loro autonomia organizzativa e legislativa in materia di sanità, ma su questioni di sanità pubblica di interesse nazionale devono eseguire le scelte nazionali di competenza del Ministero della salute. I fatti di questo ultimi drammatici anni sono lì a dimostrare la necessità di un forte potere accentrato su questioni di interesse vitale per la nazione nel suo complesso,come può esserlo una epidemia. Come sarà necessario un ruolo forte di programmazione nazionale e di monitoraggio delle azioni svolte nelle singole regioni per una effettiva applicazione dei Livelli essenziali di assistenza,oggi troppo diversi da Regione a Regione.

Nel 2023 alla Sanità sono stati destinati 128 miliardi. Nel 2019 abbiamo speso114,5 miliardi (2019) per il nostro sistema sanitario,il 6,6,% del Pil. A queste risorse vanno aggiunti i 40 miliardi che ogni anno i cittadini spendono di tasca propria.

Siamo ,in tutto, all’8,9% del Pil contro il 9 della Ue.

Nel 2001 spendevano 71,3 miliardi , nel 2009 105 miliardi (il 7% del Pil). In dieci anni ,dal 2010 al 2019 le risorse stanziate per la sanità sono cresciute di 8,8 miliardi di euro, pari allo 0,9% ogni anno,meno dell’inflazione. Ma soprattutto sono cresciute meno dell’aumento dei costi necessari per i farmaci salvavita (oncologici ed epatoprotettori compresi),meno delle apparecchiature elettromedicali necessarie, meno dei costi dei beni e servizi necessari al corretto funzionamento del servizio sanitario.

I bilanci delle Asl sono andati in sofferenza. Se è vero che un Paese come il nostro,con basso tasso di crescita economica, non poteva sopportare la crescita della spesa sanitaria pari al 5% annuo,come avveniva nei primi anni del secolo,è evidente che non poteva non risentire di un forte ridimensionamento delle risorse assegnate come avvenuto dal 2008 in poi.

Un Paese deve sempre fare i conti con la propria situazione economica anche nella gestione del suo Welfare. L’Italia ha scelto di assegnare risorse alla sanità negli ultimi dodici anni inadeguate ai nuovi bisogni.

Il valore assoluto non è mai sceso. Si è ridotta la capacità di acquisto di prestazioni e di personale. Anzi il vero taglio è stato fatto proprio sul capitale umano,cosa di cui paghiamo ancora oggi le conseguenze (lo ricordo ancora :8 mila medici in meno  e 13 mila infermieri in meno in 10 anni).

CON IL PNNR,oltre ai 7 miliardi per la medicina di prossimità,sono previsti altri 8,67 miliardi per investimenti in nuove tecnologie,in ammodernamento dell’apparato elettromedicale, in riordino degli spazi ospedalieri, in nuovi strumenti essenziali come il Fascicolo Sanitario elettronico del Cittadino :la sua cartella sanitaria consultabile da chi si occupa della sua salute nel sistema pubblico.

 Ma c’ è anche un problema di qualità della spesa.

Non si tratta di fare più prestazioni,più esami diagnostici, di erogare più farmaci,nell’ottica di una visione “consumistica” della sanità. No. Si tratta di indirizzare la spesa sulla prevenzione secondaria,fondamentale per evitare guai seri futuri; sulla qualificazione degli ospedali dopo le chiusure eccessive degli ultimi 20 anni ,sulla gestione delle strutture territoriali e sulla medicina di comunità,sui farmaci salvavita.

La spesa farmaceutica territoriale ha subito negli ultimi anni una contrazione: è pari a 7,765 miliardi (2019) contro gli 8,5  di cinque anni prima (ma in compenso è aumentata in modo rilevante la farmaceutica ospedaliera, con un saldo complessivo comunque negativo) . Si sono introdotti nuovi farmaci innovativi e molto costosi, soprattutto in ambito oncologico e non ( 1 miliardo di euro).

Il costo procapite  è sceso a 131 euro per cittadino (10 anni fa toccava i 200 euro),con un esborso di ticket da parte dei cittadini significativo ,1,58 miliardi contro l’1,6 miliardi del 2018.

La domanda resta sempre la stessa: come è utilizzato questo strumento fondamentale per la salute?

E torniamo alla questione di fondo: chi lo prescrive, in che percorso diagnostico e terapeutico ha una forte responsabilità,non tanto economica (anche se ogni Asl preme molto per il contenimento della farmaceutica convenzionata e dei dispositivi medici…) quanto sanitaria. 

La nostra è una sanità pubblica che negli ultimi 10 anni ha assistito ad una costante erosione a favore della sanità privata,in alcune zone del Paese. Ma se hai un problema serio di salute è la sanità pubblica che può dare risposte diffuse ed eque. La sfida , quindi, è quella di affermare con scelte serie e ponderate il ruolo primario della sanità pubblica.

SINTESI QUALI SCELTE POLITICHE ESSENZIALI PER RILANCIARE IL SISTEMA SANITARIO

1) MODIFICARE LA GOVERNANCE COME DEFINITA DAL DECRETO LEGISLATIVO

502/92 E POR FINE ALLA CONCEZIONE AZIENDALISTICA DELLE ULSS I CUI INDIRIZZI

PASSANO ALLE CONFERENZE DEI SINDACI MENTRE LE FUNZIONI STRETTAMENTE

OPERATIVE VANNO AD UN UFFICIO DI DIREZIONE. GOVERNO CLINICO DEGLI OSPEDALI ( LE ASL NON SONO AZIENDE)

2) INVESTIRE SUL CAPITALE PROFESSIONALE SIA RIPRISTINANDO GRADUALMENTE GLI ORGANICI AI LIVELLI DEL 2009/2010 ,SIA DEFINENDO PERCORSI PIU’ RAPIDI DI INSERIMENTO DEI GIOVANI MEDICI SPECIALIZZANDI NELLE ATTIVITA’

OSPEDALIERE E TERRITORIALI .VALORIZZAZIONE DELL’INFERMIERE DI COMUNITA’

CUI AFFIDARE LA GESTIONE DELLA CRONICITA’ NON COMPLESSA (IL 40% DEI CITTADINI ITALIANI SOFFRE DI UNA O PIU’ MALATTIE CRONICHE) (UNA BUONA SANITA’ NASCE DALLE PERSONE)

3) INTEGRAZIONE OSPEDALE TERRITORIO CON UNA VALORIZZAZIONE DEL RUOLO DEL MEDICO DI BASE,CONNESSO SEMPRE PIU’ ALLO SPECIALISTA (ANCHE CON

LE NUOVE TECNLOGIE) E AL MEDICO DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE. DA QUESTO

MODELLO PUO’ NASCERE UN ABBATTIMENTO DELLE LISTE D’ATTESA ED UNA

VERA MEDICINA DI INIZIATIVA (NON IL CITTADINO CHE VA AI SERVIZI MA I SERVIZI CHE LO PRENDONO IN CARICO,PRENOTANO VISITE ED ESAMI ) (E’ LA MEDICINA

DI BASE IL PERNO DEL FUTURO SISTEMA)

4) PIANO DI ADEGUAMENTO STRUTTURALE DEGLI OSPEDALI (MOLTI OBSOLETI)

,DEFINIZIONE DEL LORO RUOLO DESTINATO ALLE ACUZIE, INVESTIMENTI TECNOLOGICI IMPORTANTI, POTENZIAMENTO DELLE AREE DI TERAPIA INTENSIVA E SUBINTENSIVA SUGLI STANDARDS REALIZZATI TRA MARZO ED APRILE 2020 ( OSPEDALI NUOVI,MODERNI, CONTENUTI NEL NUMERO, MOLTO QUALIFICATI).SU TALI SCELTE VANNO INVESTITE LE RISORSE DEL MES NON SUI COSTI CORRENTI DI ESERCIZIO

(NON SUL PERSONALE AD ESEMPIO)

5) FORTE RIQUALIFICAZIONE DELLA SPESA DESTINATA ALLA NON AUTOSUFFCIENZA (SIA QUELLA A CARICO DEL FONDO SANITARIO NAZIONALE SIA QUELLA A

CARICO DEL FONDO DELLE POLITICHE SOCIALI) CON UNA MIGLIORAMENTO DEGLI

STANDARDS DELLE RSA E DELLA DOMICILIARITA’ CHE VANNO SOSTENUTA ATTRAVERSO UNA FISCALITA’ DI FAVORE PER LE FAMIGLIE. DA VALUTARE ,VISTO L’ANDAMENTO ESPONENZIALE DELL’INVECCHIAMENTO, LA POSSIBILE INTRODUZIONE DI

UN SISTEMA DI CONTENUTA MUTUALITA’ PER REGGERE IL PESO DEI COSTI. ( LA NON AUTOSUFFICIENZA NON PUO’ COMPORTARE INDEBITAMENTO PER LE FAMIGLIE).


PROPOSTE DI SINTESI CONVEGNO SANITA’ ED ASSIST. NON AUTOSUFF:  QUALI SCELTE POLITICHE ESSENZIALI PER RILANCIARE IL SISTEMA SANITARIO

1) MODIFICARE LA GOVERNANCE COME DEFINITA DAL DECRETO LEGISLATIVO

502/92 E POR FINE ALLA CONCEZIONE AZIENDALISTICA DELLE ULSS I CUI INDIRIZZI DEVONO PASSARE ALLE CONFERENZE TERRITORIALI  DEI SINDACI MENTRE LE FUNZIONI STRETTAMENTE OPERATIVE VANNO AD UN UFFICIO DI DIREZIONE. GOVERNO CLINICO DEGLI OSPEDALI ( LE ASL NON SONO AZIENDE).

2) INVESTIRE SUL CAPITALE PROFESSIONALE SIA RIPRISTINANDO GRADUALMENTE GLI ORGANICI (medici e infermieri)  AI LIVELLI DEL 2009/2010, SIA DEFINENDO PERCORSI PIU’ RAPIDI DI INSERIMENTO DEI GIOVANI MEDICI SPECIALIZZANDI NELLE ATTIVITA’ OSPEDALIERE E TERRITORIALI. VALORIZZAZIONE DELL’INFERMIERE DI COMUNITA’ A CUI AFFIDARE LA GESTIONE DELLA CRONICITA’ NON COMPLESSA (IL 40% DEI CITTADINI ITALIANI SOFFRE DI UNA O PIU’ MALATTIE CRONICHE) ……..UNA BUONA SANITA’ NASCE DALLE PERSONE !!

3) INTEGRAZIONE OSPEDALE/ TERRITORIO CON UNA VALORIZZAZIONE DEL RUOLO DEL MEDICO DI BASE, CHE DOVRA’ ESSERE SEMPRE PIU’ CONNESSO ALLO SPECIALISTA (ANCHE CON LE NUOVE TECNLOGIE) E AL MEDICO DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE.

DA QUESTO MODELLO PUO’ NASCERE UN ABBATTIMENTO DELLE LISTE D’ATTESA ED UNA VERA MEDICINA DI INIZIATIVA  (NON IL CITTADINO CHE VA AI SERVIZI MA I SERVIZI CHE LO PRENDONO IN CARICO,PRENOTANO VISITE ED ESAMI ) (E’ LA MEDICINADI BASE IL PERNO DEL FUTURO SISTEMA).

4) PIANO DI ADEGUAMENTO STRUTTURALE DEGLI OSPEDALI (MOLTI OBSOLETI)

,DEFINIZIONE DEL LORO RUOLO DESTINATO ALLE ACUZIE, INVESTIMENTI TECNOLOGICI IMPORTANTI, POTENZIAMENTO DELLE AREE DI TERAPIA INTENSIVA E SUBINTENSIVA SUGLI STANDARDS REALIZZATI TRA MARZO ED APRILE 2020

 ( OSPEDALI NUOVI,MODERNI, CONTENUTI NEL NUMERO, MA MOLTO PIU’ QUALIFICATI).

SU TALI SCELTE VANNO INVESTITE LE RISORSE DEL MES e NON SUI COSTI CORRENTI DI ESERCIZIO, NON SUL PERSONALE AD ESEMPIO CHE VA GESTITO CON IL BILANCIO ORDINARIO STATALE.

5) FORTE RIQUALIFICAZIONE DELLA SPESA DESTINATA ALLA NON AUTOSUFFCIENZA (SIA QUELLA A CARICO DEL FONDO SANITARIO NAZIONALE SIA QUELLA A CARICO DEL FONDO DELLE POLITICHE SOCIALI) CON UNA MIGLIORAMENTO DEGLI,STANDARDS DELLE RSA E DELLA DOMICILIARITA’ CHE VANNO SOSTENUTE ATTRAVERSO UNA FISCALITA’ DI FAVORE PER LE FAMIGLIE. DA VALUTARE ,VISTO L’ANDAMENTO ESPONENZIALE DELL’INVECCHIAMENTO, LA POSSIBILE INTRODUZIONE DI UN SISTEMA DI CONTENUTA MUTUALITA’ PER REGGERE IL PESO DEI COSTI. ( LA NON AUTOSUFFICIENZA NON PUO’ COMPORTARE INDEBITAMENTO PER LE FAMIGLIE).