di Renato Costanzo Gatti
Socialismo XXI Lazio |
L’intelligenza artificiale costituisce un passaggio fondamentale nello sviluppo del “modo di produzione” nella storia dell’umanità. La tecnologia, da sempre, modifica le modalità con le quali agiamo sulla natura per trasformare beni di scarsa utilità in beni con alto valore positivo per la nostra sopravvivenza. Ogni sviluppo tecnologico rappresenta un ampliamento del dominio della nostra ragione nel produrre strumenti che ci superano modificando il rapporto tra il contributo dato dall’uomo rispetto a quello dato dalla macchina.
Scrive Claudio Napoleoni che da un sistema in cui la tecnologia è un semplice strumento che aiuta l’opera dominante dell’operaio, “con le macchine, cioè con il processo produttivo reso omogeneo al capitale, il rapporto è rovesciato: all’inizio c’è, in posizione attiva, il sistema delle macchine, in cui sono incorporate la scienza e l’organizzazione, mentre è l’attività dell’operaio, “ridotta a una semplice astrazione di attività”, a mediare il rapporto delle macchine con la natura. Quindi non è più l’abilità dell’operaio che determina l’uso dello strumento, ma è la legge di funzionamento della macchina che determina l’attività dell’operaio. Ora, prosegue Marx, in forza di questo rovesciamento “la creazione della ricchezza reale viene a dipendere meno dal tempo di lavoro e dalla quantità di lavoro impiegato che dalla potenza degli agenti che vengono messi in moto durante il tempo di lavoro, e che, a sua volta – questa loro ‘powerful effectiveness’ – non è minimamente in rapporto al tempo di lavoro immediato che costa la loro produzione, ma dipende invece dalla stato generale della scienza e dal progresso della tecnologia, o dall’applicazione di questa scienza alla produzione” .
L’avvento dell’Intelligenza artificiale modifica il rapporto uomo/macchina nel senso che la macchina in questo caso non si presenta come alternativa al lavoro fisico dell’uomo ma come alternativa al lavoro intellettuale; la cosa non è nuova, da tempo con le calcolatrici e ancor di più con il computer abbiamo delegato alle macchine gran parte del nostro lavoro intellettuale, ma con l’Intelligenza Artificiale lo spostamento di funzioni è enormemente più ampio che mai. Nascono discorsi filosofici sul fatto se quello dell’I.A. sia veramente “pensiero” e nel caso che lo fosse se la macchina sia cosciente di questo pensiero, se cioè abbia coscienza di ciò che ha elaborato. La risposta, a mio parere, è che l’I.A. con le centinaia di miliardi di dati di cui è stata alimentata, con la rete neuronale che crea connessioni tra entità a una velocità impossibile per un uomo, ponderando ogni connessione con la frequenza degli input acquisiti, ha decisamente la capacità di superare l’uomo nell’attività intellettuale e di ciò non dobbiamo aver timore se l’uomo continua ad avere potere gestionale sulla tecnologia che va usata razionalmente e con i limiti posti a suo tempo da Asimov.
Ma il punto che voglio approfondire sta nell’alternativa, posta nel titolo di questo articolo, tra rivoluzione e conformismo.
Tutto nasce da una semplicissima premessa: l’I.A. opera con i dati che gli sono stati messi a disposizione, da quello che si chiama “data entry”. L’I.A. nasce dal matrimonio tra computer e internet; l’I.A. ha a disposizione centinaia di miliardi di dati che trova contattando internet o ogni altro input che gli sia fornito. L’I.A. ha una capacità straordinaria di ricercare, con le sue reti neuronali, le connessioni tra i miliardi di dati cui ha accesso in tempi inimmaginabili in un uomo. Il test di Turing è un test per cui un esaminatore interroga una controparte, che il ricercatore non vede e che non sa se sia uomo o macchina, e che alla fine di un esame riconosce la razionalità delle risposte che, se fornite non da un uomo ma da una macchina, permettono di definire come “intelligenza artificiale” la controparte esaminata. Ma questo test può benissimo verificare se si sta dialogando con un uomo o con una macchina; basterà che faccia una semplice domanda “Quanto fa 143.255 moltiplicato per 87.998?” bene dopo pochi secondi l’I.A. svelerà la sua presenza dando il risultato che l’uomo non riesce a dare.
Ma se molto, se non tutto, dipende dal data entry occorre essere molto attenti al tipo di data entry di cui è nutrita l’I.A. che stiamo utilizzando. Abbiamo due alternative:
● Immissione di dati scientifici galileianamente testati;
● Immissioni di informazioni che nascono da opinioni, pareri o dalla informazione pubblica.
L’elaborazione fatta partendo dal primo tipo di dati è quella dalla quale ci si possono aspettare risultati notevoli se non rivoluzionari in tutti i campi, dalla medicina (migliorando in modo estremo la diagnostica) alla fisica, dall’ingegneria alla biologia (potremmo capire i linguaggi degli animali). Questo perché nel metodo della scienza i risultati di un esperimento vengono comunicati alle altre università perché testino l’esperimento ripetendolo ed eventualmente confermandolo. Ecco che allora un dato scientifico ha una dimensione universale che, entrando in una I.A. come data entry unifica a livello universale la qualità dei dati immessi ed elaborati producendo risultati accettati da tutti.
Se invece il tipo di dati di cui alimentiamo l’I.A. deriva da ciò che si trova su internet, allora ciò che risulterà sarà come prodotto dell’I.A. generativa il massimo del conformismo che si possa immaginare. Le opinioni fuori main stream avranno meno frequenze e necessariamente collocate nel basso della classifica creata dalla rete neuronale. Pensiamo ad esempio al data entry relativo all’informazione italiana che sta a livelli bassi nella classifica della libertà di stampa avendo peraltro perso ben cinque posizioni recentemente (verrebbe da dire shit-in shit-out).
Facciamo un esempio chiarificatore: immaginiamo di chiedere quale sia la situazione di Taiwan interrogando una I.A. alimentata da un data entry statunitense e un’altra I.A. alimentata da un data entry cinese. Troveremo due risposte diametralmente opposte e rispondenti al più bieco conformismo con il pensiero dominante nei due diversi paesi.
Se dovremo d’ora in poi diffidare non solo da testi redatti dall’I.A. ma anche da foto o video prodotti dalla stessa I.A. ci potremo invece fidare dalle risultanze di elaborazioni fatte in campo scientifico, aspettandoci da tali elaborazioni risposte estremamente utili se non rivoluzionarie.
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.