di Renato Costanzo Gatti

Socialismo XXI Lazio |

Generalmente, quando devo andare a votare, le mie scelte sono guidate da questioni economiche, essendo questo il campo in cui ritengo di avere una certa competenza.

La questione economica è rilevante sia a livello europeo che a livello nazionale:

● per quel che riguarda il primo livello, l’Europa non riesce a trovare una sua personalità nello scenario internazionale caratterizzato dal declino della globalizzazione, basata sull’incesto USA-Cina (la Cina fornisce beni a bassi prezzi agli spendaccioni statunitensi e con i dollari incassati aumenta le sue riserve moderando l’effetto inflattivo del debito USA ma rischiando minusvalenze in caso di svalutazione del dollaro), per avviarsi verso un multilateralismo in cui dominano la declinante egemonia statunitense, e la crescente attrattività cinese.

Declinante egemonia statunitense che si constata nella fine dei suoi interventi militari che hanno caratterizzato il periodo successivo al crollo dell’unione sovietica, interventi non più vincenti ma conclusi in disimpegni non sempre onorevoli.

Crescente attrattività cinese, paese che da cinquanta anni non conosce conflitti militari, e che con l’avvio di un processo di de-dollarizzazione sta costruendo un’area egemonica alternativa a quella statunitense.

● per quello che riguarda la situazione nazionale azzardo una previsione. Nell’autunno il governo Meloni avrà superato, anche se di poco, la durata media dei governi succedutisi nel passato, e si troverà di fronte ad una problematica economica che si dimostrerà incapace di risolvere, lasciando spazio per un nuovo governo tecnico (Cottarelli?) chiamato, in un clima di solidarietà nazionale, ad affrontare il tema del deficit e del debito, argomenti che solo un governo non interessato alla ricerca di voti, può affrontare, così come fecero Dini, Monti ed infine Draghi.

Stavolta, invece, ci sono questioni più rilevanti che impongono di essere affrontate nel momento in cui si entra in cabina elettorale. In primis la questione della pace. Su questa questione mi è guida l’articolo 11 della nostra Costituzione che, con il suo ripudio della guerra, pone la via diplomatica come strada maestra nella soluzione dei conflitti internazionali. Via che i nostri governanti hanno ignorato alla grande e che continuano ad ignorare. Ne sia dimostrazione l’indicare come soluzione della situazione in medio oriente la formula “due popoli, due stati” e non riconoscere ufficialmente lo stato palestinese (in attesa di vedere quel che faranno gli USA). La via della ricerca di una soluzione diplomatica è, al contrario, continuamente percorsa dal papa, da Erdogan e dal governo cinese.

La recente uscita di Stontelberg, che richiede di annullare il divieto all’Ucraina di utilizzare le armi fornite dall’occidente per fini offensivi, persegue una linea politica che ha ancora come obiettivo la vittoria militare dell’Ucraina, linea dettata dal pentagono, linea cui l’Europa non sa contrapporre una valida alternativa. E’ quindi il fine di spingere l’Europa a costruire una valida proposta di trattativa finalizzata alla fine del conflitto in Ucraina che guiderà la mia scelta di voto nelle prossime elezioni.

E’ ovvio che lo scontro militare è determinante nel determinare la forza contrattuale delle parti che siedono ad un auspicabile tavolo della pace; è ovvio che la fallita controffensiva di primavera lanciata da Kiev ha diminuito di molto la forza contrattuale dell’Ucraina e che, nonostante i 60 miliardi stanziati dagli USA, la drammatica carenza di uomini renderà ancor più debole questa forza, più debole di quando, penso al documento di Istanbul, si poteva trattare nell’aprile del 2022, documento, quello di Istanbul, che falsifica le affermazioni secondo cui Putin non è disponibile ad un trattato di pace.

Il problema che mi si pone è chi votare perché una logica di pace possa prevalere al di là delle titubanze che vedo nello schieramento di sinistra. I candidati sono il movimento di Santoro, i 5stelle, l’alleanza verdi-sinistra; tra questi temo che il voto a Santoro sia destinato ad essere un voto sprecato, quello ai 5stelle mi rende dubbioso di poter condividere altre scelte per me inaccettabili. Il mio orientamento cadrebbe dunque su Avs. Ma a tal punto mi nasce una domanda; ai fini della pace è più utile un voto in più a verdi e sinistra (che ha una posizione definita nel merito) o è più efficace rafforzare la logica pacifista all’interno di una posizione vacillante del partito democratico? Mi spiego; un voto in più ad Avs non modificherebbe l’equilibrio tra le forze sulla materia “pace”, mentre un voto che rafforzi le posizioni pacifiste all’interno del Pd potrebbe modificare sostanzialmente il quadro politico.

E’ sulla base di questa logica che penso di votare Marco Tarquinio, una voce importante che all’interno del Pd potrebbe determinarne una posizione più convinta (penso ad esempio al silenzio della Schlein dopo le farneticazioni di Stontelberg) anche come concime per il campo largo.