L’ADL del 25 agosto 1917 ospita un articolo – Intorno alla terza conferenza di Zimmerwald – che Angelica Balabanoff ha inviato il 15 agosto da Stoccolma, e che programmaticamente non tratterà della conferenza “social-diplomatica” promossa dal Soviet di San Pietroburgo nella capitale svedese in quei giorni. Di ciò parlano già tutti i giornali, riferisce la Balabanoff. E la maggior parte dei commentatori non tiene nel dovuto conto la situazione russa, altamente instabile. Sicché i problemi all’orizzonte stanno assumendo la forma dell’aut aut: o pace o guerra, o rivoluzione o contro-rivoluzione, o Lenin o Kerenskij.
Gli “internazionalisti” si riuniranno a Stoccolma anch’essi, ma separatamente dai “social-diplomatici”, in una Terza Conferenza di Zimmerwald che si celebrerà «lontano dal rumore, lontano dalle strombazzature della stampa» al seguito del tour che il Soviet di San Pietroburgo, qui ancora in formazione politica filo-Kerenskij, sta svolgendo in Europa. Sulla tappa italiana dei rappresentanti russi la Balabanoff si astiene da giudizi definitivi: «E questo riserbo è tanto più indicato in quanto gli stessi giornali si vanno contraddicendo e smentendo a vicenda. Mentre gli uni narrano di un telegramma di solidarietà, di auguri mandato a Kerensky dai ministri ed interventisti italiani e dagli ospiti russi, gli altri raccontano che questi ultimi si sono rifiutati di firmare il telegramma» (ADL 25.8.1917).
Di che cosa stiamo parlando? Di come circolavano le notizie cento anni fa: «Ancora non conosciamo la risposta dei delegati russi al brindisi di Bissolati coll’augurio di “schiacciamento del nemico esterno ed interno”. Tutti questi particolari li sapremo con precisione al ritorno dei delegati del “Soviet”, i quali dovranno naturalmente rendere conto esatto del loro viaggio anche alla minoranza, non ancora incarcerata, del “Soviet”». Dunque, stiamo parlando anche della minoranza bolscevica, in parte incarcerata e clandestina, ma lanciata in splendida solitudine nella causa della “pace subito”. Intanto è in corso un tentativo di golpe dello Stato Maggiore, al seguito del generale Lavr Georgievič Kornilov. Fallirà, com’era da poco fallita la “Offensiva Kerenskij”, anch’essa guidata da Kornilov. Entrambi i fallimenti, l’Offensiva a luglio come il Golpe ad agosto, accadono non da ultimo a causa dello scarsissimo entusiasmo, diciamo, che i propositi delle élites mietono presso il popolo dei soldati e dei lavoratori russi.
In tutt’Europa infuriano la guerra e (ovviamente) la propaganda di guerra, che però non cancella milioni e milioni di ragazzi morti inutilmente sul “campo d’onore”. Una grande spaccatura, segnala la Balabanoff, si sta consumando «fra i Zimmerwaldiani ed i social-diplomatici», investendo con forza le fila del movimento operaio. Percorrerà tutto il secolo breve, fino alla caduta del Muro di Berlino. L’anno 1917 è il momento a partire dal quale si può comprendere come questa faglia sia potuta nascere e come essa poi abbia assunto una traiettoria a dir poco inaudita.
Gli uni «parlano bensì a nome di 250 milioni di proletari organizzati, ma non a nome di coloro che per la volontà del dittatore della nuova Russia (…) vengono condannati a morte, perché guidati da criteri certo non meno rivoluzionari di coloro che animano i “compagni” al potere, e perché ritengono l’offensiva essere un delitto nonché uno sfacelo» (ADL 25.8.1917).
Angelica si mostra sprezzante sulla catastrofica “offensiva” che porta il nome del premier laburista e soprattutto sugli “entusiasmi” suscitati da Kerenskij presso i grandi opinionisti “intesofili”, grazie ai quali è «diventato una persona celeberrima da un giorno all’altro per il telegramma col quale egli chiedeva d’urgenza la reintroduzione della pena di morte» (ADL 25.8.1917).
Quello della dignità personale, che include l’intangibilità della vita di ciascuno, è un tema fondamentale per il quale siamo tutti debitori del movimento per la pace di cent’anni fa. Allo scopo di illustrare questo punto, la Dottoressa Angelica disegna il ritratto di un esponente dei “guerraiuoli” russi, Savinkoff: «Anni fa scrisse un romanzo a tesi, in cui esprimeva i dubbi ed i rimorsi di un terrorista che toglie la vita a chi egli considera nemico ed ostacolo della libertà e della felicità delle moltitudini oppresse». Il terrorista qui è Savinkoff stesso, pentito. Il sentimento morale antiterrorista della Balabanoff non fa velo all’apprezzamento letterario per il libro: «era scritto bene da chi aveva sentito evidentemente gli scrupoli ed i conflitti di cui parlava. I terroristi si preparavano a rivedere ed a ritoccare quella parte del programma che riguardava l’inviolabilità della vita umana, quando ecco questa revisione viene fatta da una fonte autentica. Chi sentiva tanti scrupoli di fronte alla soppressione di un individuo solo (…) si emancipa da ogni scrupolo quando si tratta di condannare al capestro intere moltitudini ree di non aver voluto uccidere i loro fratelli proletari» (ADL 25.8.1917).
L’allusione è nuovamente alla pena di morte reintrodotta nell’esercito russo dal governo Kerenskij contro l’opposizione di Lenin, che viene accusato di ogni nefandezza: «Dicono bensì certi giornali che uno dei delegati dei “Soviet” abbia dichiarato essere Lenin un uomo onesto (affrettandosi però di aggiungere che le teorie di Lenin sono pericolose, come è pericoloso il suo “entourage”, nel quale si sono infiltrati degli agenti tedeschi…)». Queste insinuazioni proverrebbero, scirve Angelica, dalla più infame delle coalizioni, che sta «complottando contro l’onore, la libertà e la vita stessa» del leader bolscevico: «bisogna pur dire che in un momento in cui tutti gli interessati, tutti i prezzolati, tutti i pettegoli si accaniscono a dimostrare che i fautori dell’Internazionale sono dei venduti, non bastano quelle dichiarazioni, non basta dire che Lenin è “onesto”, “idealista”, ecc., bisogna pure dire di quante insinuazioni egli è vittima perché lo è, e bisogna “difenderlo”» (ADL 25.8.1917).
Insomma, se il movimento Zimmerwald deve decidere tra la pena di morte restaurata e la minoranza leninista perseguitata, il dado è tratto. Peccato che Lenin e i leninisti disprezzino la dignità e la vita individuale non meno dei loro persecutori. Peccato che la trasfusione di solidarietà da parte zimmerwaldiana sia destinata a una delle più tragiche, plateali e cocenti delusioni della storia. Peccato che nella fossa comune delle vittime del regime nascente debbano finire di lì a pochi anni numerosissimi esponenti bolscevichi e compagni di strada internazionalisti, che formavano l'”entourage” leniniano del 1917, e che nell’anno assiale delle due rivoluzioni russe affrontavano la più grande prova del fuoco, colpiti dall’accusa di spionaggio e tradimento che gli apparati filo-governativi massicciamente andavano diffondendo.
«Non c’è nessuno che ignori che, soprattutto negli ambienti rivoluzionari russi (…), si sono sempre intrufolati dei traditori, degli agenti provocatori (…). Ma – e qui comincia la colpa imperdonabile della maggioranza del “Soviet” e di chi parla in suo nome – (…) nelle sfere bene informate si sa benissimo distinguere fra i rivoluzionari e le spie», sostiene Balabanoff. «Il “Soviet” avrebbe dovuto insistere che si facesse anche per Lenin [una campagna di stampa a risarcimento dell’immagine, ndr] e per tutti i compagni internazionalisti, il cui onore non può essere messo in dubbio da nessun galantuomo» (ADL 25.81917).
Invece contro “Lenin” vengono portate avanti accuse “malvagie” da parte dei nemici dell’internazionalismo, nonostante che persino la stampa ufficiale sia costretta a riconoscere che si tratta di una manovra: «D’altra parte dalla lunghissima serie di telegrammi che l’istituto di spionaggio, la “Controrasvedka”, sta pubblicando, comincia a diventare chiaro ed inoppugnabile che non solo non c’è neppure mezzo documento che permettesse la supposizione che Lenin si trova in qualsiasi rapporto col governo o con denari tedeschi, ma risulta bensì che al suo “entourage” altro non si può rimproverare che di avere avuto dei rapporti commerciali… colla Russia! Difatti risulta che tutti i famosi telegrammi si riferivano a rapporti commerciali con uno dei correligionari di Lenin, il quale forniva alla Russia, lapis e medicinali… tant’è vero che già si manifestano malumori negli ambienti ufficiali contro i responsabili della pubblicazione per aver fatto tanto rumore per nulla» (ADL 25.8.1917).
È da supporre che Angelica ignori i dati, allora top secret, sia del flusso di finanziamenti in corso dalla Cancelleria del Kaiser verso la minoranza bolscevica (di cui la Balabanoff stessa non fa parte), sia dell’uso indubbiamente efficace che Lenin fa di quei denari per sparigliare le strategie editoriali della stampa russa. La conclusione logica che la Dottoressa imbocca in anche seguito all’emergere di eclatanti dossier innocentisti, le appare evidente, anche se non sempre le cose sono come appaiono: «Certo per dichiarare che Lenin è al di sopra di ogni sospetto, i socialisti al potere non avevano bisogno di aspettare che il pallone si sgonfiasse in modo tanto ridicolo», mentre invece «hanno affidato l’inchiesta allo stesso funzionario che sotto lo zarismo era incaricato di inchieste antirivoluzionarie» (ADL 25.8.1917).
La direzione inaudita che gli eventi imboccheranno nel giro di poche settimane, nasce dal ciclone di contraddizioni che già di qui inizia a infuriare, in rapporto per esempio alla questione centrale della dignità umana.
Dopodiché, c’è una completa saturazione di tutte le astuzie e di tutte le tattiche: umanitarie o geo-strategiche, rivoluzionarie o contro-rivoluzionarie, plateali o segrete, sublimi o prezzolate. C’è una gigantesca opacità oscillante, nella quale si prepara il trionfo cieco della Fortuna. Nessuno può sapere più quel che sta realmente accadendo. Anche perché tutto, ma proprio tutto, è possibile.
Fonte: L’Avvenire dei Lavoratori
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