Sintesi tratta dalla Tesi di laurea di: Jacopo Perazzoli
Il Programma Fondamentale del Partito Socialdemocratico Tedesco
Stabilito al congressso straordinario del Partito Socialdemocratico tedesco di Bad Godesberg il 15 novembre 1964.
La struttura del Programma fondamentale della SPD
La bozza programmatica della SPD venne articolata in otto sezioni differenti, ma strettamente collegate tra loro. Nella prima, I valori fondamentali del socialismo, venne illustrato il rinnovato bagaglio ideologico – culturale del partito di Ollenhauer interpretato non come una rottura con il passato bensì come logica prosecuzione delle “grandi tradizioni del movimento socialista”; il secondo paragrafo, Le esigenze fondamentali di una società degna dell’uomo, fu dedicato alla definizione delle caratteristiche peculiari di una realtà in senso socialdemocratico. Il terzo, il quarto e il quinto, ovvero L‟ordinamento statale, L’ordinamento economico e L’ordinamento sociale, fecero chiarezza sulle linee guida fondamentali che in tali ambiti avrebbero dovuto caratterizzare l’agire quotidiano della Socialdemocrazia tedesca. Nella sesta parte, La vita culturale, si analizzarono gli aspetti culturali della Repubblica di Bonn. In essa venne esposta sia la rinnovata posizione assunta nei confronti delle differenti confessioni religiose sul territorio federale sia la rilevanza dell‟educazione scolastica nell‟ottica del documento progettuale. Infine, se il settimo paragrafo, La comunità internazionale, venne dedicato ai principi della SPD in ambito di politica estera, l’ultimo, La nostra via, presentava, partendo da una breve panoramica storica sulla tradizione del movimento operaio mondiale, i compiti dei socialisti tedeschi tanto verso il governo cristiano – democratico quanto nei confronti del movimento comunista.
Il primo paragrafo: I valori fondamentali del socialismo
In questa sezione, I valori fondamentali del socialismo, venne messo in luce l’abbandono di qualsiasi ipotesi di trasformazione in senso rivoluzionario della società al fine di poter abbracciare inequivocabilmente il metodo riformista. A tal proposito, il programma dichiarava: “I socialisti pongono in primo piano il libero dispiegamento della propria personalità. […] Libertà e giustizia si intrecciano a vicenda: la dignità dell’individuo consiste sia nel diritto ad una propria, personale responsabilità, che nel riconoscimento del diritto degli altri uomini a mettere in campo la loro personalità per lavorare all’organizzazione della società. La libertà, la giustizia e la solidarietà […] sono i valori fondamentali della volontà socialista. Il socialismo democratico, che in Europa affonda le proprie radici nell’etica cristiana, nell’umanesimo e nella filosofia classica, non ha la pretesa di annunciare nessuna verità suprema, non per mancanza di comprensione o per indifferenza riguardo alle diverse concezioni del mondo o delle verità religiose, ma per rispetto delle scelte di fede da parte dei singoli uomini, sul cui contenuto non devono intervenire né un partito politico né lo Stato. Il partito socialdemocratico tedesco è il partito della libertà di spirito. Esso è una comunità di uomini che provengono da diverse correnti di pensiero e di fede. […] Il socialismo è un compito ininterrotto volto alla conquista della libertà e della giustizia, alla loro tutela e al loro consolidamento”.
Il secondo paragrafo: Le esigenze irrinunciabili di una società degna dell’uomo
Nella seconda parte, le esigenze fondamentali di una società degna dell’uomo, venne illustrata l’adesione alla forma democratica, poiché “espressione del rispetto per la dignità della persona umana e la responsabilità dell’individuo”, corrispose al deciso rifiuto di qualsiasi metodo dittatoriale, autoritario nonché totalitario, dal momento che “non rispettano la dignità dell’individuo, ne annullano la libertà ed invalidano il diritto”, ma anche perché “il socialismo si attua solo attraverso la democrazia e la democrazia attraverso il socialismo”. In quest’ultima dichiarazione era implicita una forte critica all’azione dei comunisti i quali, oltre a “richiamarsi erroneamente alle tradizioni socialiste”, avrebbero avuto come unico obiettivo l’instaurazione della “dittatura del loro partito”. Al contrario la SPD avrebbe dovuto operare per l’affermazione della libertà e della giustizia mediante la costituzione di uno stato realmente democratico.
Il terzo paragrafo: L’ordinamento statale
Nel terzo, l’ordinamento statale, la piattaforma programmatica, dopo un’eloquente professione di fede alla legge fondamentale della Repubblica federale, sottolineò l’esigenza della Socialdemocrazia di superare la divisione della Germania poiché necessario “per l’intero popolo tedesco”. Con questo presupposto, gli autori ribadirono la bontà sia del sistema democratico, “nel quale il potere dello stato proviene dal popolo e il governo è responsabile, in qualunque momento, di fronte al parlamento”, sia della competizione elettorale necessaria per assumerne il controllo che, secondo il Grundsatzprogramm, sarebbe dovuta essere “conforme per tutti i partiti favorevoli alla democrazia”.
In ottica strutturale, gli autori approvarono la separazione dei tre poteri fondamentali, ossia il legislativo, il cui fulcro era individuabile nelle due assemblee parlamentari, l’esecutivo, rappresentato dal governo e, in ultima istanza, il giudiziario, ovvero la Bundesverfassungsgericht. Inoltre, si volle sottolineare come l‟articolazione del controllo pubblico a livello federale, regionale e comunale avrebbe dovuto “ripartire il potere, rafforzare le libertà nonché conferire ai cittadini, attraverso la partecipazione e la corresponsabilità, molteplici accessi alle istituzioni democratiche”. Sempre in ambito partecipativo, veniva evidenziata l‟importanza delle differenti associazioni, descritte come “dispositivi necessari di una società moderna”, presenti sul territorio tedesco perché fautrici della collaborazione “degli uomini dei più disparati ceti sociali”.
Infine, nel corretto funzionamento dello stato, era di fondamentale rilevanza il concetto di indipendenza, da applicare sia al settore giudiziario sia a quello dei media. Quest’ultimo, al cui interno erano invidiabili la stampa, la radio, la televisione e la cinematografia, era di fondamentale importanza al fine di permettere l’esistenza di un elemento decisivo per il corretto funzionamento di qualsiasi stato democratico come l’opinione pubblica. Parallelamente, anche l’ambito giudiziario avrebbe necessitato della maggior indipendenza possibile “per servire la giustizia in nome del popolo”. In aggiunta a ciò, gli autori approntarono un’apposita sezione, denominata difesa nazionale, allo scopo di mettere in luce l’assenso della SPD relativamente all’ipotesi della difesa militare dei confini della Repubblica di Bonn.
Difesa nazionale
Nell’elaborazione di questa parte si decise di adottare quanto indicato da Fritz Erler fin dal congresso di Berlino del 1954. Al rifiuto dell’equipaggiamento atomico, che, a detta del programma, non sarebbe stato possibile né utilizzare né produrre sul territorio tedesco, doveva corrispondere un controllo da parte degli organismi democratici dell’apparato militare. A riguardo di ciò, il documento progettuale asseriva: “le forze armate devono essere subordinate alle direttive politiche del governo e sottostare al controllo del parlamento. I rapporti fra l’esercito e tutte le forze popolari democratiche devono essere improntati sulla reciproca fiducia”. Inoltre, dichiarando che “anche in uniforme, il soldato rimane un cittadino”, i socialdemocratici vollero confermare il loro assenso alla libertà, alla garanzia di giustizia e alle forme di solidarietà necessarie per qualsiasi militare.
Il quarto paragrafo: L’ordinamento economico
Nella quarta parte del documento progettuale, l’ordinamento economico, si stabilì immediatamente come l’obiettivo primario dell’azione socialdemocratica in ambito economico fosse “il raggiungimento di un benessere sempre crescente, di un’equa partecipazione di tutti al prodotto sociale e di una vita nella libertà senza inique dipendenze e senza sfruttamento”. Dopo aver riaffermato l’importanza della seconda rivoluzione industriale nel creare le precondizioni necessarie per “accrescere in misura maggiore rispetto al passato il livello generale di vita e per eliminare il bisogno e la miseria ancora diffusi”, gli autori dichiararono di voler mettere in campo una politica economica finalizzata al raggiungimento della piena occupazione, al miglioramento della produttività, così come all’aumento del benessere generale.
In coerenza con quest’ultimo proposito, il programma prima ricordava che l’interesse della collettività avrebbe dovuto precedere l’interesse del singolo e poi affermava che, per rendere partecipi tutti gli uomini al miglioramento delle condizioni di vita, l’economia sarebbe dovuta essere adattata “in continuazione ai perpetui mutamenti strutturali attraverso un suo sviluppo maggiormente armonico”.
Alla luce di siffatti obiettivi, i socialdemocratici sostennero sia l’iniziativa statale, per la quale venne suggerita l’istituzione di un bilancio d’investimenti nazionale “definito dal parlamento e […] vincolante per la politica governativa” sia quella privata, ritenuta fondamentale poiché rappresentava il giusto contrappeso al rischio di una deriva dittatoriale nel settore economico: “La libera scelta dei consumatori e la libera scelta del posto di lavoro sono il fondamento essenziale della politica economica socialdemocratica, mentre la libera concorrenza e la libera iniziativa imprenditoriale sono elementi importanti di essa. […] L’economia totalitaria annienta la libertà. Per questo motivo il partito socialdemocratico tedesco approva la libera economia di mercato ovunque esista effettivamente la concorrenza. Nel caso in cui taluni mercati cadano sotto il dominio di singoli o di gruppi, si rendono però necessarie molteplici misure per ristabilire la libertà economica”. Sulla base di quest’ultima esigenza, il Grundsatzprogramm convalidò il motto di Schiller “tanta concorrenza quanto possibile, tanta pianificazione quanta necessaria”.
Di converso, premesso che “più di un terzo del prodotto sociale passa […] attraverso l’amministrazione pubblica”, venne confermato il ruolo basilare dell’entità statale dal momento che essa avrebbe potuto, seppur indirettamente, influire “costantemente sull’economia attraverso le sue decisioni in materia fiscale, finanziaria, monetaria e creditizia, mediante la sua politica edilizia, agricola, doganale, commerciale, sociale e dei prezzi, per mezzo delle sue commesse pubbliche”. Al di là di ciò, sia per meglio illustrare le posizioni del documento progettuale in ambito economico sia per chiarire le finalità socialdemocratiche in questo settore, gli autori approntarono quattro specifiche sottosezioni ovvero Proprietà e potere, Ripartizione dei redditi e del patrimonio, Politica agricola, I sindacati nell’economia.
Proprietà e potere
In questa sottosezione si prese in considerazione la complessa sfera della proprietà dei mezzi di produzione nel mondo industriale. Dopo aver anteposto che gli aggregati industriali di grandi dimensioni non avrebbero determinato unicamente lo sviluppo nell’ambito economico e il benessere della popolazione, il Grundsatzprogramm illustrò in questi termini i pericoli connessi all’espansione senza limiti dei grandi complessi industriali: “Chi nelle grandi organizzazioni economiche dispone di capitali molto ingenti e di decine di migliaia di lavoratori non solo amministra, ma esercita anche un dominio sugli uomini […]. Dove domina la grande industria non vi è libera concorrenza. Chi non dispone della stessa potenza non ha le stesse possibilità di sviluppo e la sua libertà è sempre più o meno limitata […]”.
Di conseguenza, la piattaforma sottolineava come alla sempre maggiore forza acquisita dai dirigenti di tali grandi sistemi economico – industriali, che si sarebbe potuta trasformare da forza economica in potenza politica, i socialisti avrebbero dovuto lavorare per “moderare la potenza della grande industria”. Infatti, una politica economica genuinamente liberale sarebbe dovuta essere basata anche sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, che era quindi “da difendere e da incoraggiare” nella misura in cui non avrebbe intralciato “lo sviluppo di un equilibrato sistema sociale”.
Quest’ultimo si sarebbe potuto edificare, nell’ottica del Grundsatzprogramm, grazie ad una giusta miscela tra la concorrenza fra le imprese pubbliche e private allo scopo di evitare il dominio del secondo sul primo poiché esse erano “necessarie laddove, per motivi fisiologici o tecnici, le prestazioni indispensabili alla collettività potevano essere fornite solo in un regime senza concorrenza” ed avrebbero esercitato “una funzione calmieratrice dei prezzi venendo incontro alle esigenze dei consumatori”. Anche se la proprietà collettiva venne definita nelle vesti di “una forma legittima di pubblico controllo a cui nessuno stato moderno avrebbe potuto rinunciare” perché avrebbe salvaguardato “la libertà di ciascun cittadino dallo strapotere delle grandi concentrazioni economiche”, gli autori misero in guardia i sostenitori del monopolio statale dal momento che “qualsiasi concentrazione di potenza economica, anche quella nelle mani dello Stato, avrebbe potuto portare con sé dei gravi pericoli”. Alla luce di ciò, la politica economica socialdemocratica avrebbe dovuto organizzare “la proprietà collettiva […] secondo i principi dell’autonomia amministrativa e del decentramento”.
Ripartizione dei redditi e del patrimonio
Nonostante la SPD avesse, de facto, accettato l’esistenza dell’economia di mercato, il programma volle sottolineare, per differenziarsi dalle forze conservatrici, come essa non fosse sufficiente per “assicurare un’equa ripartizione dei redditi e del patrimonio” e si dimostrava quindi necessaria un’azione politica compensatoria.
Secondo gli autori, le cause di tale squilibrio erano identificabili non solo nelle “massicce distruzioni di patrimoni causate dalla crisi, dalle guerre e dalle inflazioni”, ma anche negli errori “di una politica economica e fiscale favorevole esclusivamente alla formazione di redditi e patrimoni nella mani di pochi”
Allo scopo di trovare una soluzione a siffatta situazione, i socialdemocratici individuarono nella “politica dei salari e degli stipendi […] un mezzo adeguato e necessario per ripartire più giustamente redditi e patrimonio” e, di conseguenza, poter creare le condizioni di vita che avrebbero permesso a ciascun cittadino di costituire un proprio patrimonio.
Politica agricola
Successivamente ad aver ribadito la validità del principio secondo cui la proprietà della terra sarebbe dovuta ricadere direttamente sui coltivatori, la bozza programmatica designò un rilancio del settore agricolo incentrato sul sistema cooperativistico, descritto come “la migliore strada per aumentare la produttività delle piccole e medie imprese, salvaguardando al tempo stesso la loro autonomia” e, sul versante ideale, fondamentale per ribadire come la paternità della tradizione cooperativistica fosse discesa dall’alveo socialdemocratico e non dalla sfera comunista, dalla quale provenivano invece i Kolchoz che, a detta di Fritz Sänger, erano “un corpo estraneo nell’economia tedesca”.
In aggiunta alla riorganizzazione strutturale del settore, i socialdemocratici, sottolineando l’esigenza di un adeguamento “alle trasformazioni strutturali dell’economia nel suo complesso per poter apportare il suo […] contributo allo sviluppo economico generale e per poter assicurare un adeguato livello di vita ai lavoratori agricoli”, vollero promuovere la meccanizzazione dell’ambito agricolo nonché la sua capacità produttiva “sulla falsariga di quanto avvenuto nelle grandi fattorie statunitensi”.
I sindacati nell’economia
Nel delineare il ruolo delle organizzazioni sindacali nel settore economico, il Grundsatzprogramm ne evidenziò il carattere fondamentale, poiché senza tali organizzazioni i dipendenti di ciascun settore sarebbero stati “alla mercé di coloro che occupano i posti di comando nelle imprese e nelle associazioni padronali”. A tal proposito, gli autori affermavano: “I sindacati devono lottare per una giusta partecipazione dei lavoratori al prodotto sociale e per il diritto ad intervenire nella determinazione del processo economico e sociale. Essi devono inoltre lottare per una maggiore libertà e trattano in qualità di rappresentanti dell’intera classe lavoratrice”.
Sul versante dei compiti fondamentali, oltre ad una sorta di missione pedagogica nei confronti del singolo lavoratore, il sindacato, al fine di attuare il principio della cosiddetta Mitbestimmung, sarebbe dovuto intervenire per superare l’esclusione tanto degli operai quanto degli impiegati dai processi decisionali, poiché l’intero sistema democratico avrebbe presupposto tale partecipazione sia nelle imprese che nell’economia in senso più generale. In sostanza, le sigle sindacali avrebbero dovuto lavorare affinché si fosse resa possibile la trasformazione di qualsiasi lavoratore in un elemento portante dell’intero processo produttivo: “Da suddito dell’economia, il lavoratore sarebbe dovuto diventarne cittadino. […] Si dovrà garantire la compartecipazione dei lavoratori, su un piano di eguaglianza, negli organi vitali dell’economia”.
Il quinto paragrafo: L’ordinamento sociale
Coerentemente con quanto suggerito da Ernst Schellenberg, il programma evidenziava che la politica sociale della SPD avrebbe dovuto stabilire le precondizioni necessarie per permettere a ciascun individuo di “affermarsi liberamente nella società impostando autonomamente la propria vita”. In coerenza con tale obiettivo, gli autori predisposero un sistema imperniato su tre differenti cardini costituiti rispettivamente dalla politica pensionistica, dall’assistenza sanitaria e, in ultima istanza, dalla politica edilizia.
Siffatti elementi erano sì indirette conseguenze delle nuove condizioni prodotte dall’avanzamento economico – sociale in atto nella Repubblica federale, ma ciascuno aveva una propria specifica particolarità. Infatti l’assistenza pensionistica, definita alla stregua di “un diritto fondamentale di ogni cittadino”, sarebbe dovuta essere garantita dallo stato anche in caso di inabilità al lavoro oppure di morte di colui che assicurava il sostentamento all’intero nucleo famigliare. Allo scopo di mantenere uno standard di vita accettabile ottenuto grazie all’attività lavorativa, “le prestazioni sociali in denaro, nonché le pensioni agli invalidi di guerra e ai superstiti” sarebbero dovute “essere adattate continuamente al crescente reddito del lavoro”.
Per garantire il secondo principio, la cui esigenza sarebbe derivata direttamente dalla tecnica e dal progresso perché esponevano “la salute dell’uomo a molteplici pericoli”, il documento progettuale si esprimeva in questi termini: “Il partito socialdemocratico esige […] un’ampia protezione sanitaria. È necessario impostare le condizioni e le forme di vita nonché organizzare la politica sanitaria in modo da eliminare i pericoli della salute umana. È necessario sviluppare la protezione sanitaria pubblica e metodi efficaci di previdenza e profilassi sanitari a favore del singolo”. Sempre in questo ambito, vennero identificate quali fondamentali tanto la libertà professionale dei medici quanto la gestione pubblica dell’assistenza ospedaliera da integrare, “in caso di malattia, con una completa compensazione economica”.
Il terzo fondamento della politica sociale del partito di Ollenhauer avrebbe dovuto proteggere il “diritto ad un’abitazione decorosa” dalle mire del guadagno privato, così come incoraggiare la costruzione degli alloggi per la popolazione attraverso un’azione “sui canoni di locazione da un punto di vista sociale”, anche per evitare che il superamento della penuria di abitazioni private si trasformasse in un’enorme mossa speculativa.
Tuttavia, al fine di meglio chiarire le posizioni socialdemocratiche nei confronti della componente femminile e di quella giovanile nonché del ruolo della famiglia nella società tedesca dell’epoca, gli autori approntarono un’apposita sottosezione.
La donna – la famiglia – la gioventù
Nella descrizione del ruolo femminile nella società dell‟epoca si decise di ricercare un‟equiparazione dei diritti con la componente maschile in senso giuridico, sociale ed economico: “Alla cittadine devono essere offerte possibilità pari a quelle dell‟uomo in materia di educazione e formazione, scelta della professione, attività professionale e trattamento economico. La parità dei diritti non deve annullare il rispetto delle peculiarità psicologiche e biologiche della donna. Il lavoro domestico deve essere riconosciuto come attività professionale”. Gli autori vollero inoltre ribadire l’esigenza di rafforzare l’aiuto economico statale per le madri di figli in età prescolastica, o soggetti all’obbligo scolastico le quali non avrebbero dovuto far ricorso ad un’attività esterna lavorativa proprio in base al riconoscimento sopracitato. Questa rinnovata centralità della componente femminile nella BRD sarebbe dovuta coincidere con il rafforzamento, da parte dello Stato, dell’ambito familiare, dal momento che “nella sicurezza materiale della famiglia” era individuabile un “riconoscimento del suo valore ideale”. Tale politica si sarebbe dovuta basare sulla “compensazione degli oneri famigliari per il tramite del sistema fiscale, assistenza alla maternità e assegni famigliari”.
In ultimo, nello specificare le posizioni da assumere nei confronti della sfera giovanile, il Grundsatzprogramm prima affermò l’esigenza di conferire ai suoi membri “la possibilità di orientare autonomamente l’esistenza e di prepararsi alle […] responsabilità future verso l’intera comunità” e poi, in questi termini, ne rivendicò la centralità per lo sviluppo dell’intera società: “Se si richiamerà la gioventù in tempo utile alla collaborazione e alla corresponsabilità, in un clima di fiducia, la democrazia potrà giovarsi di cittadini ricchi di idee e di volontà. La soddisfazione del diritto all’educazione e all’assistenza deve essere tutelata da una legislazione progressista a favore dei giovani”.
Il sesto paragrafo: La vita culturale
La piattaforma programmatica, in seguito ad aver ribadito l’indipendenza della cultura sia dal campo politico sia dal settore economico in quanto essa si sarebbe dovuta “esplicare liberamente nell’intera società tedesca” sottolineò come i compiti dello stato non fossero solo di “incoraggiare e favorire tutte le forze capaci di apportare un contributo alla cultura”, ma anche di “proteggere tutti i cittadini da qui gruppi di potere e di interessi” che avrebbero potuto “assoggettare la vita culturale ai loro scopi”. Nel voler esporre con maggior chiarezze le proposte rinnovatrici dei socialdemocratici in questa sfera, gli autori predisposero quattro particolari sottoparagrafi.
Religione e Chiesa
Il nuovo rapporto tra la Socialdemocrazia e le differenti confessioni religiose sarebbe dovuto essere impostato sulla reciproca tolleranza, poiché solo essa poteva offrire “una solida base ad una convivenza feconda in senso umano e politico”. Questa affermazione aprì le porte all’accettazione del ruolo sociale delle Chiese presenti sul territorio federale, favorendo future collaborazioni tra socialdemocratici e personale ecclesiastico: “La SPD rispetta le Chiese e le comunità religiose, il loro compito e la loro autonomia. […] Il partito socialdemocratico tedesco è sempre pronto a cooperare con le Chiese e le comunità religiose nello spirito di una libera partnership. Si rallegra che il vincolo della religione determini negli individui l’accettazione dell’impegno ad agire in senso sociale e ad assumere la propria responsabilità nella società”. Inoltre, allo scopo di evitare la copertura in senso ecclesiastico ad ipotetiche svolte autoritarie, si decise di ricordare che le il sostegno ai principi religiosi non sarebbe dovuto essere sfruttato per scopi di politica di partito o antidemocratici.
La Scuola
Nella sfera educativa, i socialdemocratici descrissero come centrale sia il concetto. Dell’uguaglianza, perché l’istruzione avrebbe dovuto “dare a tutti gli uomini la possibilità di sviluppare liberamente il talento e le capacità, nonché incoraggiarli a resistere alle tendenze conformistiche” sia la nozione della solidarietà, per la cui realizzazione si sarebbe dovuto puntare sull’inserimento nei programmi scolastici dell’educazione civica così come dell’educazione fisica, in quanto entrambe “essenziali nella formazione di un sano spirito solidaristico”.
Al di là di siffatte premesse, il documento progettuale previde il sostegno a ciascun individuo che fosse riuscito a dimostrare “attitudine allo studio mantenendo sempre aperto l’accesso a scuole di ordine superiore e istituti di perfezionamento”1 così come la gratuità sia per la frequenza di tutte le scuole pubbliche e degli istituti universitari sia “dei mezzi didattici messi a disposizione degli allievi”. In ultima istanza, sul versante degli insegnanti, anche per sottolinearne la rilevanza, gli autori predisposero un percorso formativo da compiere unicamente in strutture di ordine universitario e nel loro piano di studi sarebbe dovuta essere presente “una preparazione di carattere pedagogico”, nonché una capacità “di discutere con autonomia di giudizio critico tutti i problemi dell’epoca”.
La scienza
In ambito scientifico, sulla falsariga di quanto deliberato nel corso del congresso di Monaco del 1956, il Grundsatzprogramm sottolineò inizialmente l’esigenza di istituire “un consiglio indipendente delle ricerche per affiancare i ricercatori nella risoluzione delle questioni di volta in volta più importanti”, dal momento che “la necessità di risolvere i problemi politici, umani e sociali connessi con la crescente evoluzione della società industriale e il bisogno di salvaguardare in essa la libertà dell’uomo” avrebbero richiesto l’ulteriore sviluppo e l’approfondimento della scienza.
Secondariamente, gli autori vollero ribadire l’inviolabilità dell’indipendenza dell’intero settore da qualsiasi pressione esteriore e, nello specifico, delle università le quali però non si sarebbero potute “isolare dalla realtà circostante”. Al contrario, gli atenei avrebbero dovuto “collaborare strettamente con le altre istituzioni della società democratica soprattutto con le organizzazioni post –scolastiche degli adulti”-, che avevano un ruolo fondamentale per “rendere possibile lo sviluppo della capacità di giudizio e per acquisire le cognizioni e le capacità indispensabili per un agire conscio delle proprie responsabilità nello stato democratico”.
L’arte
Anche nel campo artistico si riaffermò il principio dell’indipendenza del settore da qualsiasi condizionamento esterno. Il ruolo dello stato venne previsto nella fornitura di “tutti i mezzi atti a favorire la produttività artistica ed a rendere accessibili tutti i valori culturali in ogni branca dell’arte”. Infine, gli autori vollero biasimare il ricorso alla censura, perché essa avrebbe giocoforza fatto valere delle restrizioni sempre inopportune in questo ambito.
Il settimo paragrafo: La comunità internazionale
Nel sottolineare le peculiarità del socialismo democratico nel campo della politica estera, gli autori evidenziarono come tale dottrina si fosse sempre ispirata “all’idea della collaborazione e della solidarietà internazionale”, che erano ritenute valide soprattutto in un stagione in cui gli interessi e le relazioni si intrecciavano a livello globale. Di conseguenza, il documento progettuale volle ribadire come la SPD fosse guidata dalla concezione secondo la quale “i compiti culturali, economici, giuridici e militari della politica tedesca” sarebbero dovuti “essere assolti in stretto collegamento con gli altri popoli”. Nel raccordo tra i differenti Stati del globo, le Nazioni Unite avrebbero dovuto rappresentare quell’organizzazione mondiale che avrebbe garantito “corti internazionali d’arbitrato, procedure compromissorie, diritto di autodeterminazione e parità di diritti fra tutti i popoli, inviolabilità dei territori nazionali e non – intervento negli affari interni degli altri popoli”. Al fine di raggiungere siffatti obiettivi, si sarebbe dovuto però provvedere a una riforma stessa delle Nazioni Unite, trasformando in vincolanti le disposizioni da loro emesse e dotandole, per di più, di “un diritto dei gruppi etnici, in armonia con i diritti universali dell’uomo”.
Al deciso riconoscimento della centralità dell’ONU a livello globale corrispose, in ambito continentale, l’accettazione di una collaborazione economica tra le nazioni europee. In siffatto progetto la SPD intravedeva una modalità per “favorire in modo particolare il progresso economico e sociale […] e una convivenza pacifica tra i diversi popoli”.
Quale ultima proposta dei socialdemocratici nel settore della politica estera, il Grundsatzprogramm si soffermò sulla richiesta di una maggiore “solidarietà […] verso i paesi in fase di sviluppo”. Dal momento che “più della metà della popolazione del mondo” viveva “in condizioni di estrema povertà e di estrema ignoranza”, un’azione di sostegno alle aree più disagiate si riteneva necessaria per evitare lo stabilirsi di potenziali regimi dittatoriali.
L’ottavo paragrafo: La nostra via
Al fine di evidenziare l’attualità della dottrina del partito di Ollenhauer, gli autori vollero inizialmente effettuare una panoramica storica sulla parabola della loro ideologia la quale, “sorta come protesta naturale e morale dei lavoratori salariati contro il sistema capitalistico”, si era affermata poiché lottava per “abolire i privilegi della classe dirigente e concedere a tutti gli uomini libertà, giustizia e benessere”. Sebbene fossero riconosciuti gli errori dell’azione del movimento operaio, il Grundsatzprogramm sottolineò con questi termini le conquiste del proletariato: “Il movimento dei lavoratori è riuscito ad ottenere nel XIX e nel XX secolo il riconoscimento di molte delle sue rivendicazioni. I lavoratori di un tempo, privi di qualsiasi diritto e protezione, che dovevano lavorare sedici ore al giorno per un salario da fame, hanno ottenuto la giornata lavorativa di otto ore, la tutela del lavoro, l’assicurazione contro la disoccupazione, la malattia, l’invalidità e la vecchiaia.
Hanno ottenuto che fosse vietato il lavoro dei fanciulli e il lavoro delle donne così come la protezione dell’infanzia e della maternità nonché le ferie retribuite. Si sono conquistati con la […] lotta la libertà di riunione, il diritto di organizzazione sindacale, il diritto di negoziare i contratti collettivi e il diritto di sciopero”. In sostanza, esso aveva agito per trasformare “colui che un tempo era semplicemente un oggetto dello sfruttamento capitalistico” in un “libero cittadino, con parità di diritti e di doveri”. Anche in base a quanto avvenuto in molti paesi europei, gli autori sostenevano come, poiché la sicurezza sociale e la democratizzazione dell’economia vennero attuate per il progresso dell’intera popolazione europea, “da partito della classe lavoratrice il partito socialdemocratico tedesco” fosse “divenuto […] partito di tutto il popolo”, che si proponeva di mettere “le forze scaturite dalla rivoluzione industriale e dalle tecniche moderne […] al servizio della libertà e della giustizia per tutti”.
Nell’ottica di tali finalità, i socialdemocratici ritenevano non valide le metodologie utilizzate dalle forze conservatrici sia per soddisfare “le richieste pressanti di aiuti solidali rivolte dai giovani Stati appena usciti dal giogo dello sfruttamento coloniale” sia per “fronteggiare la sfida brutale del comunismo”. Proprio la dottrina alla base del dominio comunista in Unione Sovietica era interpretata come il vero pericolo dell’epoca poiché, a detta del piattaforma programmatica, soffocava la libertà in modo radicale, violentando “i diritti dell’uomo e il diritto di semplicemente un oggetto dello sfruttamento capitalistico” in un “libero cittadino, con parità di diritti e di doveri”. Anche in base a quanto avvenuto in molti paesi europei, gli autori sostenevano come, poiché la sicurezza sociale e la democratizzazione dell’economia vennero attuate per il progresso dell’intera popolazione europea, “da partito della classe lavoratrice il partito socialdemocratico tedesco” fosse “divenuto […] partito di tutto il popolo”, che si proponeva di mettere “le forze scaturite dalla rivoluzione industriale e dalle tecniche moderne […] al servizio della libertà e della giustizia per tutti”.
Nell’ottica di tali finalità, i socialdemocratici ritenevano non valide le metodologie utilizzate dalle forze conservatrici sia per soddisfare “le richieste pressanti di aiuti solidali rivolte dai giovani Stati appena usciti dal giogo dello sfruttamento coloniale” sia per “fronteggiare la sfida brutale del comunismo”. Proprio la dottrina alla base del dominio comunista in Unione Sovietica era interpretata come il vero pericolo dell’epoca poiché, a detta del piattaforma programmatica, soffocava la libertà in modo radicale, violentando “i diritti dell’uomo e il diritto di autodeterminazione delle persone e dei popoli” sulla falsariga di quanto avvenuto in Polonia ed in Ungheria nel 1956. Coerentemente con ciò, i socialdemocratici tedeschi sottolinearono come i leader comunisti dell’Europa orientale non agissero per l’emancipazione della popolazione da loro governata, bensì per “imporre un regime dittatoriale”, rappresentato da una “potenza economica e militare […] crescente minaccia per la libertà”.
Di converso, il documento progettuale della SPD, avviandosi alla conclusione, evidenziava la bontà dei valori sostanziali della dottrina socialista: essa aveva infatti quale finalità ultima la creazione di “una società civile nel rispetto della dignità umana, una società libera dall’indigenza e dal timore, da guerre e oppressioni, in unità d’intenti con tutti gli uomini di buona volontà”.
Un sincero ringraziamente a Jacopo Perazzoli
E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete.