IN MEMORIA DI ANNA KULISCIOFF, A PIU’ DI 90 ANNI DALLA SCOMPARSA

Il 29 dicembre 1925 moriva Anna Kuliscioff, la “dottora dei poveri” che lottò per il diritto di voto delle donne. Per sottolinearne il grande carisma il filosofo Antonio Labriola la definì “l’unico uomo del socialismo italiano”.

Anna Rosenstejn nasce in Ucraina nel 1857, figlia di un’agiata famiglia di mercanti ebrei. Nel 1871 inizia gli studi a Zurigo dove cambia il nome in Kuliscioff, probabilmente utilizzando il termine tedesco “kuli”, facchino. Medico, giornalista, ma soprattutto protagonista delle battaglie politiche e sociali, la sua formazione politica è permeata dalla concezione materialistica della storia. Anna Kuliscioff è la figura femminile più importante del riformismo socialista. Fu in primo piano nelle lotte per la piena parità tra i sessi, per i diritti delle donne lavoratrici e madri nei luoghi di lavoro e per il suffragio universale. Nel suo fascicolo informativo del 1899, raccolto dalla Prefettura di Milano, si afferma che “ha molta influenza data la sua intelligenza e cultura”. Anna non accettava ambiguità, era realista ma coraggiosa, capace di analisi acute e di proposte concrete. Straordinario fu il suo legame affettivo e politico con Filippo Turati con il quale pur non mancò di registrare divergenze di analisi e proposte di cui dava conto puntualmente la “Critica Sociale”.

La Conferenza sul “Monopolio dell’uomo”da lei tenuta nel 1890 al Circolo Filologico Milanese (in cui era al tempo preclusa l’iscrizione alle donne) può essere considerata il “Manifesto della questione femminile italiana” che pone sotto una nuova luce, anche per gran parte dei socialisti del tempo, la questione della subordinazione femminile nella società e nella famiglia, negando che sia un fatto naturale antropologico. Solo il lavoro sociale, retribuito al pari dell’uomo, può portare la donna alla conquista della libertà, della dignità e del rispetto; senza questo il matrimonio non fa che umiliarla in un dramma che le toglie la dignità e l’indipendenza. Netto è il suo distacco dal “feminismo“ che considera un fenomeno borghese.

Gli studi di medicina la portano a frequentare nel tempo diverse università. Nel 1885 viene accolta a Pavia da Camillo Golgi, futuro Nobel della medicina, con cui collabora con una propria ricerca sulle origini batteriche delle febbri puerperali. Dopo la laurea a Napoli nel 1886, si trasferisce a Milano dove diviene la “dottora dei poveri” e affianca Alessandrina Ravizza, finche la salute glielo consente, nell’ambulatorio medico gratuito che offriva assistenza ginecologica alle donne povere.

Nella fondazione del PSI a Genova nel 1892 la Kuliscioff presenta l’ordine  del giorno, che respinge le tendenze operaiste e decide il distacco dagli anarchici.


L’attrice Marina Malfatti interpreta Anna Kuliscioff durante il suo arresto a Milano. Sceneggiato RAI del 1981

Arrestata dopo i fatti di Milano del 1898 e accusata ingiustamente assieme a Turati e ad altri di aver fomentato la rivolta, scrive dal carcere: “Se si aggravassero le mie condizioni di salute , vi prego a mani giunte di opporvi a qualunque passo che si volesse fare per ottenere la mia libertà come grazie personale o con un indulto speciale. Impedite a chicchessia che mi sia fatta un’offesa morale”.

Il 19 giugno 1902 viene approvata la Legge per la tutela del lavoro femminile e dei minorenni che fa proprie molte delle rivendicazioni contenute in un progetto elaborato da Anna e proposto in parlamento da Turati. Appoggia senza riserve la Camera del Lavoro di Milano, cuore dell’azione riformista del tempo che tiene testa alle follie anarchiche e ripara ai danni dello sciopero generale. Per Anna “A Milano sono i riformisti la sola visibile forza morale ed elettorale del socialismo che con l’Umanitaria danno vita alle scuole operaie professionali, che con gli Uffici del Lavoro affrontano i problemi più urgenti dei proletari di città e campagne, fondano cooperative di produzione, diffondono biblioteche popolari negli strati più oscuri del proletariato.

La sua indipendenza di giudizio ne fa una voce fuori dal coro, capace di affrontare le scelte più difficili con grande chiarezza. Quando a Caporetto l’Italia rischia la disfatta Anna concerta con Caldara, il Sindaco socialista di Milano, un manifesto che esorta i cittadini alla calma e alla fiducia “perchè l’invasore sia al più presto ricacciato e rifulga nel mondo la pace e la giustizia imperi sui popoli” e chiede a Turati di “influire sullo spirito dei soldati con parole esplicite e serene per la difesa della patria.”. Nel 1920 raccoglie pareri autorevoli e materiali di documentazione per un programma organico economico di rinascita del Paese che viene illustrato alla camera da Turati nel discorso “Rifare l’Italia”. L’assassinio di Giacomo Matteotti, che considerava “suo figliuolo” è per Anna un dolore enorme a cui si aggiunge il fallimento dell’alleanza di tutte le forze antifasciste, da lei fortemente auspicato, che consegna il potere a Mussolini.

La sua memoria fu per lungo tempo “dimenticata“ da un movimento socialista diviso e debole. Fu Bettino Craxi nel 1975 a rompere il silenzio, cui si erano sottratti in pochi , e a rivalutare la figura di Anna Kuliscioff . La costruzione di quello che oggi chiamiamo il “welfare”, la lotta per l’effettiva parità tra i sessi, la scelta di mantenere la battaglia politica e sociale sul terreno della legalità e del rispetto delle istituzioni , danno al suo pensiero una grande attualità”.

Fondazione Anna Kuliscioff