LA PROFEZIA DI FILIPPO TURATI

di Antonio Caputo*

Aveva ragione Turati?

Nel gennaio del 1921 si svolge a Livorno il XVII Congresso del Partito Socialista che segnerà la scissione dei “comunisti puri” di Gramsci, Terracini e Bordiga, e la nascita del PC d’Italia.
L’intervento di Filippo Turati viene riletto oggi come una profezia. Egli stesso rivolgendosi ai compagni che stavano abbandonando il partito dice: “voglio fare una profezia“.
Cosi’ si concludeva il suo discorso:
“Ond’è che quando avrete fatto il Partito comunista, quando avrete – e non mi pare che ancora vi ci si avvii molto rapidamente – impiantato i Soviety in Italia, se vorrete fare qualche cosa che sia rivoluzionaria davvero, che rimanga come elemento di civiltà nuova, voi sarete forzati, a vostro dispetto, ma dopo ci verrete, perché siete onesti, con convinzione, a percorrere completamente la nostra via, a percorrere la via dei socialtraditori, e questo lo dovrete fare perché questo è il socialismo che è solo immortale, che è solo quello che veramente rimane di vitale in tutte queste nostre beghe e diatribe.

Dovete fare questa azione graduale, e dovendo fare questa azione, che non può essere che quella, non ce n’è altre e tutto il resto è clamore, è sangue, è orrore, è reazione, è delusione, dovendo fare questa opera voi dovrete poi anche fare da oggi un’opera di ricostruzione sociale. Io sono già imputato, e dovrei essere oggi alla sbarra, con le guardie rosse accanto, di un discorso pronunziato alla Camera il 20 giugno: «Rifare l’Italia», in cui cercavo di delineare, come lo penso io, il programma di ricostruzione sociale del nostro paese, perché abbiamo parecchio da fare nel nostro paese. Leggetelo. Probabilmente non lo avete letto ed avete fatto male!

Leggetelo e vedrete altre profezie e vi accorgerete che questo corpo di reato è il comune programma. Voi temete oggi di costruire per la borghesia. Preferite lasciar crollare la casa comune al conquistarla per voi. Fate vostro il «tanto peggio tanto meglio» degli anarchici. Credete o sperate che dalla miseria crescente possa nascere la rivendicazione sociale: non nascono che le guardie regie e il fascismo, la miseria, l’ignoranza, lo sfacelo. Voi non intendete ancora che questa rivoluzione, fatta dal proletariato con criteri proletari, sarà il maggior passo, il maggior slancio, il maggior fondamento per la rivoluzione proletaria completa di un giorno. E allora, in quel giorno, noi trionferemo insieme! Io forse non vedrò quel giorno. Troppa gente nuova è venuta per forza di cose, che renderà più aspra e difficile la nostra via, ma indubbiamente si trionferà in quella via; maggioranza, minoranza, non conta niente, non si tratta di numeri, frazione scacciata o frazione tenuta, alleanza di frazione o non, collaborazione di frazioni o non, fortuna di uomini scacciati via o tenuti, tutto questo è ridicolo di fronte alle necessità della storia, tutto questo non ha importanza, ciò che ha importanza è la forza operante, per cui io vissi, nella cui fede onestamente morrò, con voi o senza di voi, uguale sempre a me stesso, e combattendo io resto, e credo nel suo trionfo, con voi, perché questa forza operante è il socialismo. Ebbene: Viva il socialismo!

Il cammino è ancor lungo e con questa storia si incrocia l’eresia attualissima di Giustizia e Libertà e dell’azionismo, che hanno fecondato la strada ancora impervia, illuminandola di una nuova prospettiva, che va oltre l’orizzonte del socialismo del primo novecento, irrorando la Costituzione repubblicana del 1948, nata dalla Lotta di Liberazione.
Quella Resistenza che, come affermò un grande azionista, Piero Calamandrei, costituisce , la traduzione in forma giuridica di quei principi, racchiuisi nel nome Giustizia e Liberta’.
Cosi’, un programma da compiere ed attuare, avendo quale stella polare l’art.3 Cost.2 che prescrive quale compito fondamentale della Repubblica la rimozione degli ostacoli che non consentono il pieno sviluppo della persona e la piena partecipazione dei cittadini alla vita economica, sociale e politica del paese in condizioni di eguaglianza sostanziale e non meramente formale.
La storia di Carlo Rosselli, fondatore e anima di GL, a ridosso di quegli anni e’ emblematica in questo percorso, e profetica.

Egli si iscrisse a Firenze al corso di Scienze sociali, laureandosi a pieni voti il 4 luglio 1921 con una tesi sul sindacalismo e si preparò a sostenere anche gli esami di maturità classica per ottenere il diritto di frequentare altri corsi universitari. Tramite il fratello Nello aveva conosciuto Gaetano Salvemini, professore dell’Università fiorentina, che sarà da allora un costante punto di riferimento per entrambi i fratelli. Gli fece rivedere la sua tesi, che Salvemini giudicò «non un’opera critica, equilibrata, sostanziosa», ma in essa «era incapsulata un’idea fondamentale: la ricerca di un socialismo che facesse sua la dottrina liberale e non la ripudiasse».
In questo periodo si avvicinò al Partito socialista, simpatizzando, in contrapposizione a quella massimalista di Serrati, per la corrente riformista di Turati, che egli conobbe personalmente nel 1921 a Livorno, durante il Congresso che sanzionò la scissione della frazione comunista, e scrisse nella sua rivista «Critica sociale».

Nell’ottobre del 1922 Mussolini salì al potere; i riformisti di Turati vennero espulsi dal PSI.
In dicembre Carlo Rosselli si trasferì a Torino, dove frequentò il gruppo della rivista gobettiana «La Rivoluzione liberale», in quel momento fortemente impegnata in senso antifascista, e con la quale, dall’aprile 1923, iniziò a collaborare. Conobbe Giacomo Matteotti, segretario dell’appena fondato Partito Socialista Unitario, nel quale erano confluiti Piero Gobetti e la componente riformista espulsa dal PSI.
Nel febbraio del 1923, a Firenze, il gruppo dei socialisti liberali che si raccoglieva intorno alla figura carismatica di Salvemini inaugurò il «Circolo di Cultura». Oltre ai Rosselli vi erano: Piero Calamandrei, Enrico Finzi, Gino Frontali, Piero Jahier, Ludovico Limentani, Alfredo Niccoli ed Ernesto Rossi. Il circolo fu frequentato anche da un giovane studente dell’Istituto di Scienze sociali “Cesare Alfieri”, Sandro Pertini.

Nel febbraio del 1924, inaugurò la sua collaborazione con la rivista della Federazione giovanile del PSU, «Libertà», scrivendo proprio un articolo sul movimento laburista inglese. Pochi mesi dopo il delitto Matteotti s’iscrisse al P.S.U.
Era pessimista sulle condizioni politiche dell’Italia: la secessione aventiniana non produceva effetti, con i suoi sterili tentativi di accordo con il re, con i generali e i fascisti dissidenti. Del resto i fascisti stavano reagendo e lo dimostrarono anche devastando, il 31 dicembre 1924, il «Circolo di Cultura» di Salvemini che, come non bastasse, venne chiuso dal prefetto con una singolare motivazione: «la sua attività provoca il giusto risentimento del partito dominante».

Lasciato l’incarico alla Bocconi, Rosselli passò a insegnare Istituzioni di economia politica a Genova. Scrisse a Salvemini: «forse non avrà apparentemente alcuna positiva efficacia, ma io sento che abbiamo da assolvere una grande funzione, dando esempi di carattere e di forza morale alla generazione che viene dopo di noi». Appare così, nel gennaio 1925, con la collaborazione di Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Nello Traquandi, Dino Vannucci e di Nello Rosselli, che ne ha proposto il nome, il foglio clandestino Non Mollare.
In maggio la denuncia di un tipografo provocò la repressione e la dispersione di alcuni tra i redattori del foglio: Ernesto Rossi riuscì a fuggire a Parigi, il Vannucci in Brasile, Salvemini fu arrestato l’8 giugno a Roma e denunciato per «vilipendio del governo». In attesa del processo, messo in libertà provvisoria, a causa delle minacce dei fascisti, a luglio passò la notte a Firenze, in casa dei Rosselli, che non erano ancora fra i sospettati: gli squadristi però, venuti a conoscenza del fatto, devastarono l’abitazione il giorno dopo. Scrisse Rosselli a Giovanni Ansaldo: «Io sono di ottimo umore e l’altra sera ho financo bevuto alla distruzione compiuta! Se i signori fascisti non hanno altri moccoli, possono andare a dormire: aspetteranno a lungo la mia rinuncia alla lotta».

Il 26 novembre 1925 Rosselli, con Claudio Treves e Giuseppe Saragat costituì un triumvirato che, il 29 novembre successivo, costituì clandestinamente il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), che prese il posto del P.S.U., sciolto d’imperio dal regime fascista, il 14 novembre, a causa del fallito attentato a Mussolini da parte del suo iscritto Tito Zaniboni, avvenuto il 4 novembre precedente.
Alla fine del 1926 organizzò con Italo Oxilia, Sandro Pertini e Ferruccio Parri l’espatrio di Filippo Turati a Calvi in Corsica, con un motoscafo partito da Savona. Mentre Turati, Pertini e Oxilia proseguirono per Nizza, Parri e Rosselli, ritornati con il motoscafo a Marina di Carrara, furono arrestati, nonostante tentassero di sostenere di essere reduci da una gita di piacere.
Venne detenuto nelle carceri di Como fino al maggio del 1927 e poi inviato al confino di Lipari in attesa del processo.

L’8 giugno nacque suo figlio John. Quando Carlo fu ricondotto da Lipari a Savona per essere processato, nell’isola siciliana giungeva il fratello Nello, condannato a 5 anni di confino.
La sentenza, rispetto alle previsioni, fu mite: dieci mesi di reclusione e, avendone già scontati otto, Rosselli avrebbe potuto essere presto libero, ma le nuove leggi speciali permisero alla polizia di comminargli altri 3 anni di confino da scontare a Lipari.
Lì venne raggiunto dalla moglie e dal figlio: la vita al confino trascorreva con le letture di Croce, di Mondolfo, dell’epistolario di Marx ed Engels e di Kant.
Intanto, si preparava la fuga, che venne organizzata da Parigi dall’amico di Salvemini Alberto Tarchiani.
Il 27 luglio 1929 Rosselli evase dall’isola, insieme con Francesco Fausto Nitti ed Emilio Lussu, con un motoscafo guidato dall’amico Italo Oxilia diretto in Tunisia, da cui poi i fuggiaschi raggiunsero la Francia.

Nitti narrerà l’avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione, pubblicato quello stesso anno in inglese col titolo di Escape e in edizione italiana nel 1946, mentre Rosselli racconterà le vicende del confino e dell’evasione in Fuga in quattro tempi.
La moglie Marion, che aspettava la seconda figlia, Amelia, nata il successivo 28 marzo, venne in un primo tempo arrestata per complicità, ma presto fu rilasciata.
Nel 1929 a Parigi, con Lussu, Nitti, e un gruppo di fuoriusciti organizzati da Salvemini, fu fra i fondatori del movimento antifascista “Giustizia e Libertà”. GL pubblicò diversi numeri della rivista e dei quaderni omonimi (con cadenza settimanale e mensile) e fu attiva nell’organizzazione di diverse azioni dimostrative, tra cui il volo sopra Milano di Bassanesi nel 1930.

Nello stesso anno pubblicò, in francese, Socialisme liberal. Il libro è una critica appassionata del marxismo. È una sintesi creativa, ma nche un superamento del revisionismo socialista democratico (tra gli altri Eduard Bernstein, Turati e Treves) e di quello libertario (come Francesco Merlino e Salvemini). Ma contiene anche un attacco dirompente contro lo stalinismo della Terza Internazionale, che con la formula del “socialfascismo” accomunava socialdemocrazia, liberalismo ‘borghese’ e fascismo.
Non stupisce perciò che uno fra i più importanti stalinisti, Palmiro Togliatti, abbia definito “Socialismo liberale” un “magro libello antisocialista” e Rosselli “un ideologo reazionario che nessuna cosa lega alla classe operaia”.

Nell’ottobre del 1931 Giustizia e Libertà aderì alla Concentrazione Antifascista, unione di tutte le forze antifasciste non comuniste (repubblicani, socialisti, CGL) che intendeva promuovere e coordinare dall’estero ogni possibile azione di lotta al fascismo in Italia; si iniziarono a pubblicare i “Quaderni di Giustizia e Libertà”.
Nel 1936 scoppiò in Spagna la guerra civile tra i rivoltosi dell’esercito filo-monarchico, che effettuarono un colpo di Stato, e il legittimo governo repubblicano del Fronte Popolare di ispirazione marxista.
Rosselli fu subito attivo nel sostegno alle forze repubblicane, criticando l’immobilismo di Francia e Inghilterra, mentre fascisti e nazisti aiutavano Francisco Franco con uomini e armi agli insorti.
Nell’agosto combatté la sua prima battaglia in Spagna, nei dintorni di Huesca sul fronte di Aragona; cercò poi di costituire un vero e proprio battaglione (intitolato a Giacomo Matteotti).
La prima Brigata italiana, che prenderà poi, dopo l’uccisione dei due fratelli, il nome di Colonna Italiana Rosselli, annoverava tra i 50 e i 150 uomini, reclutati fra gli esuli italiani in Francia dal movimento Giustizia e Libertà e dal Comitato Anarchico Italiano Pro Spagna; tra questi c’erano anche gli anarchici Umberto Marzocchi e Camillo Berneri.

Umberto Marzocchi scrisse un libro sulla comune esperienza antifascista di anarchici e di militanti di Giustizia e Libertà, “Carlo Rosselli e gli anarchici”.
In un discorso a Radio Barcellona il 13 novembre 1936, Rosselli pronuncia la frase che poi diverrà il motto degli antifascisti italiani: “Oggi qui, domani in Italia”:
Nel giugno 1937 soggiornò a Bagnoles-de-l’Orne per delle cure termali, località dove fu raggiunto dal fratello Nello.

Il 9 giugno i due furono uccisi da una squadra di “cagoulards”, miliziani della “Cagoule”, formazione eversiva di destra francese, su mandato, forse, dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano; con un pretesto vennero fatti scendere dall’automobile, poi colpiti da raffiche di pistola: Carlo morì sul colpo, Nello (colpito per primo) venne finito con un’arma da taglio. I corpi vennero trovati due giorni dopo; i colpevoli, dopo numerosi processi, riusciranno quasi tutti ad essere prosciolti.
Una storia emblematica di un uomo giusto e libero, che ha additato la strada del socialismo liberale, liberalismo nel metodo , socialista nel fine secondo la riflessione di Norberto Bobbio .
Socialista e liberale per un mondo nuovo e per realizzare la profezia in una dimensione moderna ed europea!

*Antonio Caputo, Presidente coordinatore della Federazione nazionale dei circoli di Giustizia e Libertà