GIORGIO GALLI: NON E’ VERO CHE ALTERNATIVA DA TRATTI SOCIALISTI NON C’E’

di Carlo Patrignani

Il mondo è oggi governato dalle multinazionali: arricchirsi impoverendo. Preso atto che una minoranza s’arricchisce sempre più e la maggioranza impoverisce sempre più, non solo economicamente, non è vero che l’alternativa dai tratti socialisti non c’è: sta nelle mani di tutti noi e soprattutto dei giovani che mandano significativi segni di rifiuto dello status quo imposto dal capitalismo finanziario. Direi di più: nell’era della rivoluzione informatica, la minoranza che legge libri, che si informa per conoscere e saper selezionare le informazioni, sarà l’avanguardia dei clerici vagantes.

Composto, elegante, chiaro il vegliardo signore novantenne, Giorgio Galli, decano dei politologi italiani, scandisce le parole di fronte a una platea attenta e sedotta dalla sua acuta capacità di analizzare il presente legato al passato da dove ha preso avvio.

Così passo dopo passo, l’incontro con Galli alla libreria Odradek di Milano sul breve ma ben scritto saggio La stagnazione d’Italia – Dalla ricostruzione alla corruzione in dieci nodi della Storia italiana dal 1946 al 2017, per Oaks editrice, organizzato dal Gruppo Storia dell’Associazione Amore & Psiche, assume i connotati di una lectio magistralis sulla storia della Repubblica.

Noi come i clerici vagantes – aggiunge – non dobbiamo stancarci, dobbiamo insistere in questa continua, affascinante ricerca di provare e riprovare, perchè può succedere che dalla palude affiorino i germi del cambiamento possibile, come ci insegnano due signori avanti con gli anni: Jeremy Corbyn e Bernie Sanders attorno ai quali ruotano tantissimi giovani classe ’99 in su.

L’attualità incalza, morde prepotentemente: le elezioni politiche del 4 marzo sono ormai prossime, eccole con il loro carico di disaffezione e di sfiducia.

E’ vero, di entusiasmo se ne vede poco, soprattutto tra i giovani, però scommetto sulla intelligenza del corpo elettorale. Quando si è trovato di fronte a proposte chiare ha sempre risposto con saggezza: al referendum del ’46 su Repubblica o Monarchia, alla legge truffa del ’53, al referendum sul divorzio del ’74 o al referendum del 2016 sulla riforma istituzionale. Meno quando le proposte sono mancate di chiarezza per la crisi prima strisciante poi dirompente del sistema dei partiti e con essa della democrazia rappresentativa.

Difficile dire come finirà il 4 marzo: l’ipotesi più probabile è che si torni a votare di nuovo. Progetti politici? Il più chiaro è un esecutivo ispirato da Renzi e Berlusconi, con un Premier a metà. Il M5S? I suoi voti li prenderà, ho dubbi su un loro governo. Un governo del Presidente? E’ possibile ma limitato nel tempo per rifare una nuova legge elettorale e tornare appunto a votare. Purtroppo un Corbyn o un Sanders per ora non c’è. 

Il dito di Galli, già docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università degli Studi di Milano, è posto sulla piaga: la crisi del sistema dei partiti, soprattutto di sinistra, e della democrazia rappresentativa parallela alla ristrutturazione del capitalismo da industriale a finanziario, dal meno Stato più mercato al trionfo del laissez faire il mercato, dal mantra thatcheriano la società non esiste, esiste l’individuo alla terza via blairiana del socialismo è morto acqusito dal Pd.

La situazione di oggi, meno diritti e meno partecipazione, ha il suo inizio nei primi anni ’70 quando il capitalismo industriale, quello delle grandi famiglie, mutava pelle ristrutturandosi in capitalismo finanziario: pochi a sinistra capirono quel stava accadendo, ossia che i profitti non andavano più in investimenti produttivi ma prendevano altre strade: la rendita finanziaria più remunerativa.

Quel momento fu segnato dal golpe invisibile dietro lo scontro tra il protagonista del primo centro-sinistra, Riccardo Lombardi e il governatore della Banca d’Italia, Guido Carli. Lì, forse, finì l’unica stagione riformatrice del Paese: una fase che andrebbe analizzata meglio perchè lì, forse, s’interruppe bruscamente il processo di radicale rinnovamento culturale e politico del Paese innescato dal primo centro-sinistra riformatore.

Da quel momento ha inizio lo smembramento a tappe di grandi conquiste come l’Welfare State e dopo il crollo del Muro di Berlino dell’89, la deriva neoliberista.

Se la sinistra pur avendo raggiunto risultati elettorali apprezzabili – elezioni regionali del ’75 e politiche del ’76 – non si è posta come forza di alternativa alla moderata e conservatrice Dc è perchè ha sofferto di un complesso d’inferiorità: ha sopravvalutato la cultura cattolica e le forze politiche che, come la Dc, la esprimevano.

Di questo complesso ne soffriva quando c’erano un grande partito come il Pci e un dignitoso partito come il Psi, figuriamoci oggi che sono in profondissima crisi d’identità!

Anche lì, in quel momento cruciale, ci fu uno scontro culturale e politico tra chi come Riccardo Lombardi progettava l’alternativa socialista per un nuovo modello di società che chiamava diversamente ricca e chi come Enrico Berlinguer progettava il compromesso storico per un modello di società basato sull’austerità.

Questioni simili non si risolvono in un incontro, per quanto di alto profilo culturale, politico e storico: richiedono altro per far affiorare dalla palude qualche prezioso germe per la ricerca di un cambiamento possibile for the many, not the few.

Bisogna farlo: ne vale del nostro status di clerici vagantes, afferma sorridendo Galli.

E conclude entusiasta con un arrivederci a presto perchè siamo obbligati a insistere nella ricerca di legare quel che succede oggi con il suo precedente nel passato per cui la storia umana e politica di Lombardi che rifiutò la resa incondizionata di Mussolini ci può senz’altro aiutare.

Fonte: alganews.it