IL PATTO DI UNITA’ D’AZIONE TRA PARTITO SOCIALISTA ITALIANO E PARTITO COMUNISTA d’Italia

 

Le delegazioni del P.C. d’Italia e del P.S.I. riunite per discutere i problemi dell’unità d’azione proletaria, hanno constatato che nel piano generale dei principi e nel giudizio sulla situazione internazionale, sussistono tra di loro divergenze fondamentali di dottrina, di metodo, di tattica che si oppongono ad un fronte politico generale, a maggior ragione ad una fusione organica. Ma queste divergenze non tolgono che esista una confluenza dei due partiti su punti precisi, concreti, attuali della lotta proletaria contro il fascismo e contro la guerra.

Ubbidendo quindi alla esigenza di sviluppare al massimo la tensione e la concentrazione delle forze popolari a cui essi si indirizzano e di assicurare al proletariato, interprete degli interessi generali della società la direzione della lotta politica, i due partiti stabiliscono tra di loro un patto di accordo in vista degli obiettivi seguenti:

  1. a) contro l’intervento in Austria e in genere contro la minaccia di guerra che scaturisce dagli antagonismi degli interessi imperialisti e dalla politica fascista di provocazione alla guerra. Le direttive di questa azione sono state precisate nel manifesto comune del 31 luglio cui devono ispirarsi, nella loro azione locale, i gruppi e i militanti dei due partiti;
  2. b) per strappare alle prigioni e alle isole di deportazione le vittime del tribunale speciale e della repressione ed imporre l’amnistia totale ed incondizionata; per la partecipazione attiva alla campagna internazionale per Thaelmann e Seltz e per tutte le vittime del fascismo;
  3. c) per la difesa e il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori; contro ogni riduzione dei salari e degli stipendi, per il sussidio a tutti i disoccupati, contro i sequestri, per l’annullamento dei debiti e delle imposte ai contadini poveri, per tutte le rivendicazioni immediate delle masse lavoratrici;
  4. d) contro il sistema corporativo, per la libertà sindacale, per la rappresentanza dei lavoratori nelle aziende, per la libertà di organizzazione di stampa e di sciopero, per la elezione libera di tutte le cariche sindacali, per la rivendicazione di tutte le libertà popolari.

II – I due partiti, tenendo presenti le possibilità locali, si impegnano a dare alle rispettive organizzazioni di base, ai gruppi e a tutti i militanti le istruzioni necessarie per promuovere e coordinare, nelle forme che risultassero più adatte alle particolari situazioni, delle azioni comuni per gli obiettivi fissati nel presente patto.

III – I due partiti si impegnano a dare istruzioni alle rispettive organizzazioni dei paesi di emigrazione italiana perché associno le loro forze all’azione per sostenere le lotte all’interno del proletariato italiano e contro la penetrazione del fascismo tra le masse emigrate e perché, attraverso le organizzazioni sindacali e politiche indigene, assicurino la difesa degli emigrati.

IV – I due partiti, nei limiti della disciplina verso le rispettive Internazionali, useranno della loro influenza per spianare la via in ogni paese a una politica di unità d’azione.

V – I due partiti conservano la loro piena e intera autonomia funzionale e dottrinaria. Ognuno di essi continua la specifica propaganda e azione, impegnandosi a valersi dell’incontrastato diritto di esprimersi con piena franchezza sui dissensi dottrinali e tattici che tuttora si oppongono a un fronte politico generale ed alla fusione organica, in modo tale da non urtare ed ostacolare lo svolgimento delle azioni comuni già concordate.

VI – 1 due partiti conservano piena libertà di sviluppare il proprio reclutamento. Essi convengono che nel corso dell’azione comune si asterranno da ogni intervento nel seno dell’altro partito per disgregare le organizzazioni e romperne la disciplina.

VII – Le delegazioni dei due partiti si manterranno in collegamento e si potranno convocare a richiesta di una delle due, per esaminare e concretizzare nuove eventuali proposte interessanti la realizzazione del presente accordo, ogni eventuale punto di contrasto che sorgesse.

Parigi, 17 agosto 1934

Il Partito socialista italiano (Sezione dell’IOS)

Il Partito comunista d’Italia (Sezione dell’IC)

 

LE INTERNAZIONALI

La svolta rappresentata dal patto era stata preceduta e fu seguita da una revisione delle condizioni in cui la lotta contro il fascismo era stata fino allora imposta.

La conseguenza fu che il patto mise in crisi e portò allo scioglimento della Concentrazione antifascista che era sorta a Parigi nel 1927, continuando spiritualmente la battaglia dell’Aventino e alla fine del patto di alleanza con Giustizia e Libertà. La nuova impostazione fu portata a compimento dal Consiglio generale del partito che si riunì a Parigi nel luglio 1934. La mozione conclusiva del Consiglio cominciava col constatare che “lo scioglimento della Concentrazione e la cessazione del patto di alleanza con Giustizia e Libertà non significano né attenuazione della lotta antifascista, né rinuncia alla possibilità di azione comune“. Essa liquidava quella che fu l’illusione aventiniana e in parte l’illusione concentrazionista, l’illusione cioè che “contro il fascismo potesse avere un massimo di efficacia una lotta che rivendicasse genericamente l’esercizio delle pubbliche libertà e si limitasse a proporsi la restaurazione dello Stato liberale e costituzionale“.

E precisava: “Una simile impostazione della lotta non ha più alcuna presa sulla realtà e sarebbe ormai impotente a mobilitare i lavoratori, le masse popolari, dalla cui offensiva soltanto il regime fascista può essere travolto. L’antifascismo non può vincere che come anticapitalismo“. Vale a dire che la lotta antifascista non può essere vittoriosa “che come lotta di classe del proletariato e sotto la guida del suo partito politico, il Partito socialista“.

Il dissenso con G.L. era nato attorno al problema “lavorare con le masse“. Alla domanda che la tattica delle lotte parziali comporti un pericolo di compromesso, la mozione rispondeva nettamente no “perché la sua logica interna, il suo sviluppo inevitabile porterà il partito e il proletariato a cozzare contro l’insieme del regime. Socialismo e fascismo si negano l’un l’altro totalitariamente: uno non può essere se l’altro sparisce. Per avere dimenticato questa antitesi fondamentale ed assoluta, il gruppo Rigola, sulla cui traccia si muove Caldare, si è posto fuori del socialismo, diventando uno strumento dell’orchestra fascista, che il concertatore Mussolini utilizza per le necessarie dissonanze“.

Né si dica, precisava la mozione, che l’antitesi socialismo-fascismo è ideale ed astratta. “Essa investe tutti gli aspetti della vita italiana, s’apre come un bivio ad ognuna delle sue svolte, si fa sentire nella soluzione di tutti i suoi problemi politici, economici, sociali, culturali. Quest’antitesi deve diventare così concreta e sensibile ch’essa si trovi in fondo a ciascuno di questi problemi e di queste soluzioni. I socialisti negano il fascismo attraverso il loro programma concreto, che è il programma socialista italiano e che vuole assicurare allo Stato socialista, attraverso l’espropriazione del capitale monopolistico e la distruzione di ogni feudalità rurale, i posti di comando della economia nazionale“.

Per dare ai lavoratori fiducia in se medesimi la prima condizione – e la più necessaria – era di realizzare “una tensione ed una concentrazione massima di tutte le forze vive della classe operaia“. Si poneva così il problema dell’unità d’azione coi comunisti.

Il problema fu risolto col patto del 17 agosto 1934. L’evento fu celebrato in un memorabile comizio alla sala Bullier il 21 agosto 1934 in cui parlarono Nenni e Nicoletti (Di Vittorio), Leon Blum e Marcel Cachin. Alla fine della manifestazione fu votato il seguente ordine del giorno:

I lavoratori parigini e gli immigrati Italiani fraternamente riuniti al comizio della sala Bullier, salutano l’unità d’azione proletaria realizzata nei due paesi e che in Italia spezzerà la dittatura di fame e di sangue del fascismo, mentre in Francia sventerà i piani di fascistizzazione della borghesia; riaffermano la solidarietà del proletariato italiano e francese nella lotta contro la guerra, contro gli appetiti dei due imperialismi, per la difesa dell’URSS e della sua politica di pace, contro le provocazioni antisovietiche del Giappone che sollevano l’indignazione e la collera delle masse popolari; protestano contro la xenofobia degli elementi più reazionari della borghesia, che fornisce pretesti alla demagogia dei fascisti Italiani per scatenare una campagna di odio nazionale ai fini della guerra; si associano all’iniziativa dei patronati delle vittime del fascismo per l’invio in Italia di una commissione internazionale d’inchiesta sulla sorte dei prigionieri e dei deportati antifascisti; e acclamando i nomi dei valorosi compagni Gramsci, Terracini, Pertini e Lucetti esigono l’amnistia totale e incondizionata di tutte le vittime del terrore fascista italiano“.

Siamo all’inizio di grandi cose“, commentarono Tasca e Saragat che dovevano l’uno dopo pochi anni e l’altro nel 1947 rifiutare l’unità d’azione. In effetti essa sortì il risultato che si era assegnato di rinvigorire l’azione politica contro il fascismo e la guerra. Il momento culminante dell’ascesa proletaria nell’Europa occidentale fu il 1936 con la vittoria elettorale del fronte popolare in Francia e in Spagna. La crisi cominciò nel 1937, con la politica del non intervento delle democrazie occidentali nella guerra di Spagna, si accentuò nel 1938 con la polemica sulla capitolazione di Monaco, raggiunse il suo punto estremo di rottura nel 1939 con il patto di non aggressione hitlero-sovietico. L’unità d’azione non determinò un accordo tra le due internazionali, l’Internazionale operaia socialista e l’Internazionale comunista. La questione fu discussa a fondo dall’esecutivo della IOS nella sessione dal 13 al 16 novembre 1934 a Parigi.

Le posizioni furono le seguenti (riportiamo il verbale della riunione):

Leon Blum attestò che l’unità d’azione aveva inizialmente provocato un certo disorientamento in Francia ma che il fronte comune si era consolidato e guadagnava terreno ogni giorno. Egli si rendeva conto che l’unità d’azione era per il momento inapplicabile come regola generale dell’Internazionale ma esortava l’esecutivo a non creare dissonanze troppo accentuate.

Otto Bauer (Austria) considerava assurdo giudicare il problema dal punto di vista elettorale. Il proletariato si trovava di fronte al duplice pericolo della fascistizzazione dell’Europa occidentale e della guerra. Bisognava discutere con Mosca dove molte cose erano cambiate. L’URSS si sentiva minacciata e i socialisti non potevano ignorare che forse il socialismo sarebbe indietreggiato di una generazione in tutto il mondo. La democrazia è vinta in Germania e in Austria e con essa il proletariato. Dobbiamo chiederci se non sarebbe stato lo stesso in Russia ove la democrazia fosse stata mantenuta nel 1917 e non ci fosse stata la Rivoluzione bolscevica d’Ottobre. La democrazia ci è cara ma per un certo numero di paesi è ormai chiaro che non si andrà al socialismo attraverso la democrazia ma alla democrazia attraverso il socialismo. Se l’Internazionale non può agire in questo senso, lasci liberi i partiti di farlo nazionalmente.

Dan (nel 1917 presidente del Soviet di Mosca e attualmente leader della socialdemocrazia russa “menscevichi” in esilio). Le condizioni di un riavvicinamento con la Russia esistono e bisogna marciare in questo senso. È necessario discutere coi comunisti senza porre condizioni inaccettabili come sarebbe quella di chiedere ai bolscevichi di ristabilire in Russia la libertà quale è concepita in Occidente. L’accordo potrà realizzarsi se i negoziati saranno posti sotto il segno della lealtà rivoluzionaria.

Albarda (Olanda), Soukup (Cecoslovacchia), Andersen (Danimarca) si dichiaravano pregiudizialmente contrari a ogni collaborazione coi comunisti.

Gillies (Labour Party): il solo punto che interessa il Labour Party non è di sapere se gli Italiani e i francesi hanno fatto bene o male ma se si deve internazionalizzare il patto. Il Labour Party è fermamente contrario. Esso ha fatto un’esperienza conclusiva col comitato anglo-russo del 1925. D’altra parte al Labour Party ripugna la manovra e non vuole dichiararsi pronto a discutere con Mosca per poi porre delle condizioni tali da far naufragare l’intesa. Italiani e francesi hanno fatto un matrimonio sperimentale. Aspettiamo i risultati.

Vandervelde (presidente della IOS) considerava sempre valida l’offerta d’azione comune del 1929. Si trattava di realizzarla secondo le condizioni locali.

Adler (segretario della IOS). Per evitare le manovre occorre porre il problema sul piano internazionale. Noi dobbiamo dire che l’IOS è pronta a discutere con l’IC il problema nel suo insieme. Si è parlato di condizioni. Non dobbiamo porne che concernano il regime interno della Russia. L’Internazionale mancherebbe alla sua funzione se si dimostrasse tiepida o incerta quando è in causa l’unità della classe operaia.

Circa nello stesso senso si pronunciavano De Brouckere (Belgio), Buchinger (Ungheria), Grimm (Svizzera).

Nenni ravvisava nel modo con cui inglesi e scandinavi ponevano il problema il sintomo della loro incapacità a capire gli avvenimenti. Sono sicuri gli olandesi, i belgi, gli scandinavi e gli inglesi di avere ancora molto tempo per accudire alle elezioni? Si rendono conto o no che l’Europa è entrata in una danza rivoluzionaria che non si arresterà alle frontiere dei loro paesi? Si rendono conto che siamo entrati concretamente in una fase in cui la guerra diviene inevitabile se non si forma a tempo un fronte unico contro il nazi-fascismo?

Il problema è essenzialmente internazionale. Se ci si estranea dalla tragica situazione presente dell’Europa e del proletariato si può considerare che taluni partiti comunisti, come l’inglese, l’olandese, il belga sono numericamente trascurabili. Ma chi dirà che l’Unione Sovietica è una forza trascurabile? Il grande problema del momento è trarre l’Unione Sovietica dal suo isolamento. Per questo una conferenza comune delle due Internazionali avrebbe un valore immenso e decisivo. Soltanto chi ignora la minaccia del fascismo e della guerra può dire che il problema dell’unità d’azione non è attuale. Ma chi ignora la minaccia del fascismo e della guerra rischia di svegliarsi un giorno con la guerra in casa.

La sessione dell’esecutivo si concluse praticamente con un niente di fatto. La minoranza espresse il suo pensiero nel documento seguente:

I sottoscritti delegati della IOS affermano il loro convincimento che nelle attuali circostanze, davanti allo sviluppo del fascismo e all’aggravarsi dei pericoli di guerra in Europa, in presenza di movimenti che si sono spontaneamente prodotti nel seno della classe operaia in favore della unità d’azione l’IOS doveva rinnovare con insistenza la sua proposta del febbraio 1933 chiedendo alla IC se essa è pronta a ricercare, in piena eguaglianza di diritti fra tutti i partiti affiliati, le condizioni di una azione comune sul piano internazionale, contro la guerra, per la difesa delle libertà democratiche là dove esistono, per la battaglia rivoluzionaria nei paesi dove il fascismo le ha soppresse. I sottoscritti esprimono in ogni modo la loro soddisfazione per il voto col quale l’esecutivo riconosce a ciascuna delle sue sezioni nazionali la libertà di organizzare la lotta contro il fascismo e la guerra secondo le condizioni proprie a ciascun paese. Essi formulano il voto ardente e fiducioso che i risultati dell’azione comune nei paesi dove essa è fin d’ora impegnata determinino, a breve scadenza, l’IOS a realizzare l’unità che impongono al proletariato mondiale i pericoli della situazione attuale e l’interesse della sua lotta internazionale“.

Firmato: Blum, Bracke, Longuet (Francia); Grimm (Svizzera); Del Vayo (Spagna); Nenni, Modigliani (Italia); Erlich (Bund polacco); Dan (menscevichi russi); Otto Bauer, Polak (Austria).

Un secondo tentativo per provocare una riunione comune delle due Internazionali fu fatto durante la guerra di Spagna, nel 1937, da Bauer, Ziromsky e Nenni; anch’esso senza risultati. Finché i due tremendi equivoci e i due tremendi errori di Monaco (1938) e del patto di non-aggressione hitlero-sovietico (1939) portarono l’Europa e il mondo alla guerra fascista, nelle peggiori condizioni in cui mai il proletariato si fosse trovato.