DIFFUSIONE DEL WEB: DALLA SECONDA REPUBBLICA ALLA REPUBBLICA 2.0 (III capitolo – 1.)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “G. D’ANNUNZIO”

CHIETI – PESCARA

DIPARTIMENTO DI LETTERE, ARTI E SCIENZE SOCIALI

CORSO DI LAUREA IN FILOLOGIA, LINGUISTICA E TRADIZIONI LETTERARIE

L’ITALIANO DELLA POLITICA TRA PRIMA E SECONDA REPUBBLICA

RELATORE CORRELATORE

Chiar.mo Prof. Emiliano Picchiorri Chiar.ma Prof.ssa Maria Teresa Giusti

LAUREANDO

Dario Lorè

Matricola n. 3171312

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

 

I politici alle prese con la “rete”

In un tempo molto breve il web è diventato una componente essenziale della vita di milioni, se non miliardi, di persone. Molte di queste persone hanno un contatto talmente stretto con il mezzo che la loro vita lavorativa o di relazione sarebbe completamente diversa senza di esso.[1] Il dibattito acquista ampio margine quando il web diventa uno dei principali strumenti per la comunicazione politica: il rapporto tra Internet e la sfera politica è uno dei temi che maggiormente attira l’attenzione degli utenti della rete, oltre a essere oggetto di riflessioni da parte di studiosi di scienze sociali e di teoria della politica. Su questo argomento i punti di vista sono però assai diversi. Da una parte ci sono gli entusiasti. Il loro argomento principale è legato alla tesi secondo cui un mezzo di comunicazione come Internet offre a milioni di persone la possibilità di scambiarsi informazioni, opinioni e pareri in modo orizzontale. Strumenti come i newsgroup, le liste, i forum su Web, le chat, possono trasformarsi – come si è visto – in vere e proprie forme di comunità, in cui i diversi individui possono manifestare la loro opinione ed eventualmente partecipare alla determinazione della volontà generale.

La crisi di rappresentanza che la democrazia occidentale manifesta nelle società più avanzate, nelle quali la sfera politica sembra assumere una irriducibile autonomia dai bisogni e dai desideri diretti della società, potrebbe, secondo questa visione, essere superata proprio attraverso la diffusione delle tecnologie di comunicazione telematica.[2] L’osservazione dell’evoluzione di Internet come luogo di comunicazione sociale ha addirittura indotto alcuni teorici a prefigurare la possibilità di realizzare una vera e propria forma di democrazia diretta telematica, una specie di riedizione della agorà ateniese estesa su scala planetaria, resa possibile da strumenti che eliminano la nozione di spazio e di distanza. Quest’ultimo aspetto merita un ulteriore approfondimento. La nozione di Stato sviluppata storicamente da gran parte delle culture del mondo – ma specialmente dalla riflessione politica occidentale – è fortemente legata alla dimensione spaziale del territorio.

Un ente astratto, come lo Stato, si materializza nella estensione geografica del suo territorio. La stessa appartenenza e subordinazione del cittadino allo Stato (la cittadinanza, appunto) è di norma tale se questi vive nel territorio dello Stato. Internet è invece una comunità che prescinde totalmente dalla nozione di territorio; anzi, programmaticamente la destruttura, producendo un luogo virtuale in cui la distanza fisica viene annullata, e l’interazione diretta tra i soggetti si libera da ogni determinazione spaziale. In questo spazio virtuale l’unico stimolo alla creazione di processi di aggregazione è la condivisione di interessi e di punti di vista. Insomma non solo Internet sembra proporsi come possibile rimedio almeno ad alcuni aspetti della crisi della politica, ma contiene in sé anche gli elementi per il superamento della forma politica dello Stato nazionale che ha caratterizzato la modernità. Al facile ottimismo che in varia forma si manifesta nelle affermazioni dei teorici della democrazia elettronica, si oppongono tuttavia una serie di argomentazioni non prive di rilievo, nonché alcune tendenze, assai più concrete, che si stanno evidenziando nel mercato delle telecomunicazioni e dell’informatica.

La prima critica riguarda la notevole disuguaglianza nell’accesso alle tecnologie telematiche (il cosiddetto digital divide[3]) sia tra le varie articolazioni sociali delle società avanzate, sia (soprattutto) tra queste e i paesi del terzo o quarto mondo. Tutte le statistiche evidenziano come esista una forte sperequazione nella disponibilità tecnica e nella alfabetizzazione informatica e telematica, sperequazione che ricalca abbastanza da vicino quella socio-economica. E la tendenza sembra essere quella di una acutizzazione della differenza tra gli have e gli have not[4], come vengono definiti i due segmenti dai sociologi statunitensi. In queste condizioni, e in congiunzione con le politiche restrittive e il taglio della spesa sociale che caratterizzano gran parte delle politiche economiche mondiali, si profila il forte rischio che l’attesa “agorà telematica” richiami fin troppo da vicino quella ateniese, la quale notoriamente coinvolgeva solo gli strati alti della popolazione. Un altro aspetto problematico che viene evidenziato dai critici della democrazia telematica riguarda il rischio a cui sono sottoposte la libertà individuale e la sfera privata dell’individuo. Infatti, con la crescente informatizzazione delle transazioni economiche e burocratiche, nella nostra vita quotidiana lasciamo, spesso senza rendercene conto, una serie continua di tracce digitali: dagli acquisti con carta di credito alla posta elettronica, fino alle navigazioni su World Wide Web, moltissime attività personali vengono registrate e archiviate. Senza contare i dati personali che le varie istituzioni raccolgono, le informazioni sul nostro conto in banca, i sondaggi o i questionari a cui veniamo sottoposti.

Queste tracce digitali parlano della vita, dei gusti, delle abitudini e delle convinzioni di ciascuno di noi; grazie alla interconnessione dei vari sistemi digitali, queste informazioni (i cosiddetti big data) possono essere raccolte e utilizzate non solo come strumento per intercettare e orientare i consumi ma anche come strumento di controllo politico nei confronti del corpo sociale. Siamo dunque davanti a una possibile attualizzazione della figura del Grande Fratello che governa la società totalitaria descritta in 1984, il famoso romanzo di George Orwell?[5]

Ma, a prescindere dalle discussioni teoriche che investono il futuro, quali sono oggi le applicazioni e l’utilizzazione di Internet nella sfera della politica? Possiamo suddividere tali applicazioni in tre categorie. La prima categoria è costituita dalle iniziative di cosiddetto e-government, ovvero l’utilizzo delle tecnologie nel processo di gestione e amministrazione svolto da tutte le principali istituzioni pubbliche (dagli organi di governo a quelli legislativi, dall’amministrazione centrale alle amministrazioni locali). Rientrano in questa categoria le azioni dirette a informatizzare l’erogazione di servizi a cittadini e imprese e a consentire l’accesso telematico da parte degli utenti ai servizi e alle informazioni fornite della pubblica amministrazione. La seconda categoria è costituita dalle iniziative e dalle risorse di rete volte a migliorare il rapporto partecipativo e la comunicazione tra le organizzazioni politiche tradizionali e i cittadini. Nella terza, infine, rientrano le numerose e molteplici forme di attivismo telematico che su Internet hanno trovato un ambiente ideale di sviluppo.[6]

Ormai ci si è resi conto che l’uso delle tecnologie può modificare radicalmente il rapporto tra istituzioni e cittadini anche nel campo dell’erogazione dei servizi, ridurre il carico di obblighi burocratici e contribuire a rendere più efficiente (anche in senso economico) la gestione della macchina statuale. Da questa consapevolezza teorica prendono le mosse una serie di iniziative di innovazione che vedono protagoniste le istituzioni politico-amministrative di molti paesi (soprattutto occidentali). Anche in Italia è stato elaborato negli ultimi anni un piano di e-government che ha iniziato a vedere alcune importanti applicazioni concrete, mettendo il nostro paese addirittura all’avanguardia a livello internazionale. In realtà la presenza delle istituzioni italiane su internet ha ormai una storia abbastanza lunga (se si tiene conto dei tempi evolutivi della rete). Camera e Senato sono presenti sul Web sin dal 1996 e sono raggiungibili attraverso una pagina comune, alla URL http://www.parlamento.it/, o attraverso le URL specifiche http://www.camera.it/ e http://www.senato.it/.[7]

L’offerta informativa di questi siti è progressivamente aumentata nel corso degli ultimi anni, e si ha l’impressione che i due rami del Parlamento si siano finalmente resi conto delle enormi potenzialità di uno strumento come internet. Il sito della Camera, radicalmente rinnovato all’inizio del 1999 e ancora nel 2001, offre ormai un vero e proprio portale al mondo della politica e delle istituzioni, rendendo possibile l’accesso online all’intera attività di Montecitorio: dalle dirette audio e video delle sedute a tutti gli atti pubblici (resoconti sommari e stenografici, convocazioni e ordini del giorno, progetti di legge, banche dati interne come quella relativa agli atti di sindacato ispettivo), con l’aggiunta di materiale informativo creato “ad hoc”, come documentari e divertenti animazioni. In particolare, si segnala l’inserimento integrale in rete della rassegna stampa quotidiana, che ogni giorno, verso le nove e trenta del mattino, offre un ricco panorama delle prime pagine, delle notizie e degli articoli principali (ovviamente, la priorità spetta alle notizie politiche) di tutti i principali quotidiani del paese. L’elenco dei deputati, già presente fin dalle prime versioni del sito, risulta assai meglio collegato alle informazioni relative alla loro attività, e ogni deputato dispone ora di un proprio indirizzo di posta elettronica, al quale chiunque può indirizzare messaggi.

Naturalmente, non è poi detto che il deputato in questione sappia o voglia rispondere – ma possiamo azzardare la previsione che entro qualche anno, man mano che i cittadini si abitueranno all’esistenza di questo strumento di comunicazione diretta con i loro rappresentanti, il mondo dei politici professionali sarà fra i più interessati agli “agenti software” destinati al controllo e al filtraggio automatico dei messaggi di posta elettronica. Anche il sito del Senato, dalla grafica più spartana, offre numerose risorse, le più importanti delle quali sono indubbiamente rappresentate dalle banche dati interne. Non manca una sezione “Il Senato per i ragazzi”, nella quale un simpatico senatore romano accompagnerà i più giovani alla scoperta del funzionamento del processo legislativo. Accanto a quella di Camera e Senato, anche la presenza su Internet degli altri organismi pubblici è cresciuta negli ultimi anni in maniera notevole. Ormai praticamente tutti i ministeri sono dotati di un proprio sito, e sono stati uniformati, almeno sul piano formale, molti fra i criteri seguiti, a partire da quello, basilare, degli indirizzi di dominio adottati, un campo in cui ancora qualche anno fa la confusione regnava sovrana.

Resta invece assai disomogenea la qualità dell’offerta informativa: si va da siti di grande impegno, in grado di costituire strumenti ormai indispensabili per il cittadino, a siti francamente assai più deludenti, che hanno al momento poco più che una funzione di segnaposto. Il fatto che una serie di apparati burocratici, a volte piuttosto “statici” come quelli parlamentari e governative, siano ormai arrivati a pieno titolo in rete testimonia il rilievo che internet ha ormai assunto anche all’interno della sfera politica “ufficiale”. E, una volta messo un piede nel Web, è difficile tornare indietro.[8] L’introduzione della comunicazione telematica nella mediazione tra cittadini e istituzioni e tra istituzione e istituzione permette di superare molti dei problemi tradizionali della nostra burocrazia pubblica, fra i quali quello dell’incomunicabilità fra strutture e organismi diversi e della spiccata preferenza per soluzioni proprietarie e “chiuse” in materia di servizi informatici.

I provvedimenti per l’uso della telematica nello scambio informativo all’interno della pubblica amministrazione sembrano andare proprio in questa direzione, e già la diffusione dell’uso della posta elettronica nella comunicazione fra uffici pubblici potrebbe permettere una notevole razionalizzazione (e un notevole risparmio) all’interno di questo delicato settore. Tra le varie risorse informative su internet che si possono ascrivere al dominio della politica, sono ormai numerosi i siti gestiti direttamente da partiti e movimenti politici. Se in una prima fase la presenza dei soggetti politici tradizionali sul Web era stata indotta da motivi puramente simbolici e autopromozionali, con la crescita degli utenti la funzione della presenza in rete ha assunto un ruolo sempre più importante nelle strategie di comunicazione politica. Il ruolo di internet nella formazione dell’opinione pubblica (in particolare per quanto riguarda fasce di elettorato relativamente giovani e ad alto reddito, dotate dunque di un notevole potere di “traino”), e le possibilità aperte dalla propaganda politica in rete, costituiscono del resto tematiche ormai ampiamente riconosciute dalle stesse agenzie d’immagine che curano le campagne elettorali dei partiti.

Il rapporto non sempre facile tra partiti e media tradizionali, la crisi di rappresentanza, la destrutturazione dell’organizzazione territoriale dei grandi partiti di massa ha portato a individuare nella rete un possibile luogo di ricostruzione del rapporto dialettico con i cittadini.[9] L’uso degli strumenti di comunicazione di rete (Web, forum, chat, posta elettronica) consente ai partiti sia di riorganizzare e rendere più efficiente l’organizzazione interna sia di recuperare il contatto con il corpo sociale. Naturalmente non tutti i siti riferibili ai partiti politici presentano lo stesso livello di complessità e ricchezza informativa. In generale si deve dire che, superata la fase pionieristica, anche su internet si sono ricreate le medesime sperequazioni nella capacità e qualità della comunicazione tra partiti grandi e finanziariamente ricchi, e partiti piccoli e con minore disponibilità di investimento. Una situazione evidente se si guarda ai siti Web dei partiti italiani. Molti di essi, nell’impostazione, non si discostano in fondo dai classici volantini o depliant, con programmi politici o biografie e ritratti di candidati, deputati e leader. Tuttavia, la differenziazione nell’impostazione dei siti Web è determinata anche da motivazioni di strategia e cultura politica.[10]

Sono inoltre numerosi gli studi che si occupano di comunicazione digitale. È cambiato il modo di rappresentare la realtà e dunque anche quello di esprimersi. I social network hanno trasformato l’uso della grammatica e del linguaggio, che è diventato quello della rete. Con #Hashtag, lavoro dell’antropologo Marino Niola, si propone un punto di vista nuovo, un percorso che può cambiare secondo l’uso individuale che se ne fa.[11] Si procede a gruppi di parole, ciascuna ne chiama altre e, insieme, producono riflessioni che mettono in relazione corpo e tecnologia, scrittura e identità collettiva.  È l’Italia dei social network, del nuovo linguaggio, con le sue regole, i suoi vantaggi, e anche gli inevitabili pericoli.

La comunicazione digitale, infatti, non è ancora stata metabolizzata. È necessario insegnarla e va resa commestibile e utilizzabile e, soprattutto, liberata dal suo potenziale di credulità assoluta, che è il rischio attuale. Sottolinea Niola che <<oggi siamo solo all’inizio dell’evoluzione di homo digitalis ma credo che l’avvio di un processo di “civilizzazione” – e di regolamentazione – della rete sia solo questione di tempo>>.[12] Ben venga dunque l’inevitabile era dell’hashtag, ma come è sempre stato e sarà, dinanzi a ogni grande trasformazione, per affrontarla al meglio è innanzi tutto necessaria una buona istruzione.

Qui, nello specifico, si applicano gli studi socio-antropologici e socio-linguistici del web ai social network, questi ultimi soggetti a un uso smodato da qualche anno a questa parte.

Linguaggio breve, immediato, conciso e iconico. Queste le regole dell’uso della parola sui social network e, più in generale, attraverso le nuove tecnologie. Messaggi che corrono da una parte all’altra del mondo. Notizie che circolano in tempo reale e che arrivano a un pubblico sempre più vasto. Cambiamenti che inevitabilmente hanno effetti anche sulla lingua.

Se da un lato, dunque, c’è chi demonizza il web come luogo in cui si produce una sintesi eccessiva e un appiattimento del significato, dall’altro la rete rimane comunque uno strumento che mette in comune saperi diversi e permette alle persone di interagire anche se si trovano in luoghi molto distanti tra loro. La lingua, d’altronde, ha sempre avuto il compito di unire i popoli e le genti. Soprattutto in Italia. E i mezzi di comunicazione hanno da sempre sostenuto questo processo. Nel percorso che ha portato, nell’arco di 150 anni, al superamento della dialettofonia esclusiva e alla conquista dell’italofonia in tutto il territorio nazionale hanno avuto una larga parte i mezzi di comunicazione, come ha mostrato Tullio De Mauro: prima i giornali, poi la radio e la televisione. Oggi i nuovi media intervengono in questo processo, facendo interagire nazionalità e forme di espressione molto diverse tra loro. Social network, sms, post: il linguaggio ora è rapido e stringato. Cosa cambia per le parole con i nuovi canali di comunicazione?[13] Continuano ad avere forza ed espressività. Oggi ci troviamo di fronte a una molteplicità di connessioni. La parola molto spesso si affianca all’immagine: è questa la vera novità della rete. Da sempre centrale nei processi comunicativi, la parola se è usata bene continua a mantenere la capacità di persuadere, anche se sicuramente ha modificato alcuni suoi tratti e ha amplificato alcuni aspetti, positivi e negativi. Per sua natura la parola è una descrizione della realtà, è ancorata ai fatti.

Accompagnata alle immagini, permette di dare una descrizione viva e immediata di quanto succede. Non sempre però lo spazio o il tempo della comunicazione on-line sono sufficienti per descrivere un evento in tutte le sue sfaccettature o dimensioni. Talvolta possono servire più parole, oppure termini più precisi. Quando manca la possibilità di spiegare ulteriormente, possono sorgere incomprensioni tra chi legge, oppure diffondersi informazioni incomplete. Per questo sarebbe importante che chiunque usasse i social network e la rete in generale avesse un’ottima padronanza linguistica. Cosa che non sempre accade. Spesso si parla di semplificazione del linguaggio e di impoverimento del lessico, quando ci si riferisce a internet e alle nuove tecnologie. Questo accade perché la lingua è un sistema in evoluzione costante. C’è certamente nella sua natura una tendenza all’introduzione di parole nuove, di vocaboli provenienti dalle lingue straniere o addirittura di neologismi. I media da sempre accelerano e amplificano i sistemi di comunicazione. Internet ha incrementato ancora di più questo fenomeno. Nella rete, nei blog, nei social troviamo l’espansione di tutti i processi che portano alla trasformazione del linguaggio, non solo la sua semplificazione.

Alcune piattaforme facilitano la semplificazione, mettendo per esempio un tetto massimo di caratteri da non superare, oppure imponendo la scrittura di post che attirino l’attenzione del pubblico. Ma ci sono anche luoghi che facilitano l’approfondimento, l’uso di termini tecnici o creativi, come i blog o i siti specializzati. Su internet, dunque, tutti i processi sono accolti e accelerati come se fossero messi in una grande centrifuga. I processi presenti in spazi e discorsi diversi vengono rimessi in circolazione dalla connessione orizzontale presente tra un sistema e l’altro. Così aumentano le contaminazioni e diversi linguaggi possono convivere tutti insieme. Quello sgrammaticato con quello parlato, con quello scritto, con quello metaforico. E allo stesso modo, l’immagine ha effetto sulla parola, con scorciatoie visive che entrano nel parlato, e sul linguaggio scritto formale spesso prevale quello informale della lingua che si usa ogni giorno. Con le nuove tecnologie la comunicazione è diventata più democratica, più persone cioè sono legittimate a parlare, a far sentire la propria opinione. Sono cambiati i canali con cui i diversi soggetti interagiscono con il proprio pubblico.

Dalla politica ai personaggi famosi, dagli opinion leader[14] fino ai cittadini comuni. È aumentato dunque il rumore di fondo. Questo rende necessario attirare l’attenzione con forme testuali particolari. È come se fossimo in una piazza in cui parlano tante persone insieme: per farsi sentire bisogna alzare la voce. E così nella rete, sia a livello micro che macro, cambia la forma di parole, immagini e testi, in modo da catturare l’attenzione dello spettatore e di diffondere il proprio messaggio a un pubblico più ampio possibile. La punteggiatura, la tipologia e le dimensioni del carattere, la risoluzione delle immagini, la scelta di inserire un video o una foto, incidono molto sull’effetto che si vuole creare in chi visualizza una pagina. La partita, per certi versi, è tutta lì.

Quando ci si addentra nel settore della politica e si osserva come questo sia stato influenzato dall’utilizzo dei social network, non si può non parlare di Twitter.

Nato nel 2006 come microblogging e social network per rispondere alla domanda <<Che stai facendo?>>, ben presto ha perso la funzione per la quale era stato pensato e sempre più utenti l’hanno utilizzato per comunicare per altri scopi. Oggi, con i suoi milioni di iscritti, ha ormai imposto la sua presenza anche in Italia, diventando insieme a Facebook una delle più frequentate piattaforme per ogni genere di comunicazione. E, mentre Honeycutt e Herring[15] osservano <<il microblogging in generale si è evoluto diventando più discorsivo e collaborativo>>, Golbeck et al.[16] trovano questo uso diffuso soprattutto presso i politici, sulla scia della campagna elettorale di Obama del 2008, condotta tutta prevalentemente online.

A partire dalla seconda metà del 2011, quindi, Twitter irrompe sulla scena politica italiana e attira su di sé l’attenzione dei politici, che sembrano restarne contagiati; quella degli altri mezzi di comunicazione, in primo luogo la televisione, che attingono a Twitter come a una nuova fonte di informazione; e quella dei cittadini, che sperano di trovare un nuovo modo per stabilire una connessione con chi li rappresenta.[17]

La ricerca di Stefania Spina si propone di tracciare un bilancio del modo in cui Twitter sta modificando le strategie linguistiche usate dai politici italiani per comunicare con i loro interlocutori.[18] L’obiettivo, più in particolare, è quello di fare luce su due equivoci di fondo che in molti casi caratterizzano la partecipazione alle interazioni sul social network. Il primo equivoco è che, in quanto breve e immediata, la comunicazione in Twitter sia anche lineare e priva di complessità, e che, di conseguenza, per un politico sia sufficiente scrivere qualche tweet di tanto in tanto per comunicare in modo efficace. Al contrario, Twitter si rivela un mezzo di comunicazione articolato, la cui multireferenzialità rende le interazioni delle attività comunicative decisamente complesse. Il secondo equivoco è che per un politico sia sufficiente usare Twitter e avere qualche migliaio di follower per dare di sé un’immagine social, e per mostrarsi dunque aperto al dialogo e alla condivisione. In realtà la disponibilità al dialogo in Twitter segue regole precise e attiva complesse dinamiche di interazione, che devono essere adottate dai politici in modo consapevole e sistematico, se davvero vogliono aprirsi al dialogo con i cittadini.

Uno studio[19] che ha preso in esame le interazioni in Twitter dei politici italiani aveva messo in luce, attraverso l’analisi dell’indice di keyness[20], che il lessico usato nell’ultimo scorcio del 2011 era piuttosto concreto, faceva spesso ricorso a tecnicismi di ambito politico, e tendeva in modo marcato alla deitticità, soprattutto di tipo temporale. Tali caratteristiche sono emerse in modo netto dal confronto con le interazioni di politici italiani nel mezzo di comunicazione fino a quel momento dominante nel campo della comunicazione politica: la televisione. Il lessico dei talk show televisivi è risultato, dal confronto con quello usato in Twitter, più generico e astratto e molto meno tecnico. Le interazioni in Twitter, che descrivono e commentano eventi nel momento stesso in cui avvengono, presentano invece costanti riferimenti temporali e forti legami contestuali con il presente, che sono rispecchiati nelle scelte lessicali. L’analisi della keyness effettuata sui dati del 2011 è stata replicata sui tweet del 2013, per monitorare l’evoluzione di tali strategie lessicali.[21]

A parte le parole che denotano la ricerca di interazione (grazie) e i dettici temporali, riferiti a eventi presenti o dell’immediato futuro (oggi, domani) si nota l’uso caratterizzante di un lessico legato alla concreta attività dei parlamentari esaminati (aula, mozione, voto, commissione, interrogazione, assemblea, ratifica) come emerge dai seguenti esempi:

  • In aula per votare la sospensione Imu e il rifinanziamento di ammortizzatori sociali in deroga.
  • Tra pochi minuti votiamo la mozione di cui sono prima firmataria sulla disoccupazione giovanile #opencamera http
  • Votata ratifica della convenzione con San Marino per prevenire le frodi fiscali #opencamera
  • Oggi presentata interrogazione su inceneritore Fenice alla Camera. Domani inserirò il testo online.

È inoltre da notare, all’interno del lessico specifico usato dai politici in Twitter nel 2013, l’ingresso di termini che caratterizzano in particolar modo l’ultima legislatura rispetto alle precedenti, come streaming (i video delle riunioni trasmessi in diretta in rete, per enfatizzare la trasparenza nell’operato dei parlamentari) e blog (molti parlamentari della legislatura in esame hanno un loro blog personale; il più noto e frequentato è quello di Beppe Grillo).

Il confronto tra il lessico usato dai politici in Twitter nel 2013 conferma comunque in buona parte le tendenze riscontrate nei campioni precedenti: superate l’oscurità, l’astrattezza e la genericità del politichese, che invece ancora persistono in altri mezzi di comunicazione, le scelte lessicali dei politici privilegiano la concretezza e i riferimenti, a volte tecnici, all’attività politica e parlamentare. Seguendo un politico su Twitter, in definitiva, qualsiasi cittadino ha la possibilità di farsi un’idea della sua attività politica quotidiana, e può verificare che cosa propone, quali iniziative intraprende e quali sono le sue posizioni sui temi politici in discussione.

Nonostante la brevità dei testi che consente di trasmettere, e l’immediatezza della comunicazione che riesce a realizzare, Twitter è un mezzo di comunicazione complesso, multireferenziale e intertestuale, capace di attivare dinamiche discorsive differenziate, a seconda dei modi in cui gli interlocutori contestualizzano le proprie interazioni. In una forma di comunicazione che procede per flussi di conversazioni tra interlocutori che non condividono lo stesso contesto spazio-temporale, è indispensabile riuscire infatti ad ancorare i propri testi a un contesto comunicativo comune. Tale ancoraggio viene realizzato in Twitter con l’ausilio di quattro operatori, ciascuno dei quali è caratterizzato da funzioni specializzate.

  • La menzione[22] (@nomeutente) svolge il ruolo cruciale di selezionare interlocutori specifici[23], che si aggiungono a quelli abituali (tipicamente, l’insieme dei follower di chi scrive un messaggio). In tal modo, le interazioni hanno due gruppi di destinatari: quelli meno numerosi e più specifici, selezionati attraverso l’uso della menzione, e quelli più generali, rappresentati dall’insieme dei follower.
  • L’hashtag (qualsiasi parola preceduta dal carattere #) ha la duplice funzione di individuare il tema in discussione e di aggregare attorno ad esso comunità di persone.[24] Quello dell’hashtag è dunque un ruolo centrale nell’ecosistema di Twitter, perché permette a ciascun partecipante di operare una o più focalizzazioni all’interno dei testi che scrive, e intorno a esse mettere in atto i meccanismi di aggregazione collettiva.
  • Il retweet[25] ha la funzione di redistribuire un tweet ad altri destinatari; questo meccanismo contribuisce ad aumentarne la diffusione, fungendo da cassa di risonanza, e conferendo al tweet retwittato una valutazione implicita: se qualcuno redistribuisce un testo scritto da altri ai suoi follower, infatti, è perché lo reputa utile o interessante, o al contrario perché non lo condivide o vuole fare su di esso dell’ironia o del sarcasmo.
  • I link, che, pur non essendo operatori specifici di Twitter, hanno la funzione importante di reindirizzare verso altri testi, favorendo meccanismi di intertestualità.

L’uso di questi quattro operatori corrisponde molto spesso a scelte linguistiche diversificate: l’impiego di una menzione, per esempio, e dunque l’adozione di una modalità discorsiva esplicitamente dialogica, comporta la scelta di registri tipicamente colloquiali[26];  la proposta di un hashtag a effetto, con l’intento di comunicare un punto di vista forte su un particolare tema, ha come conseguenza l’uso di elementi lessicali connotati emotivamente, in grado di raccogliere più facilmente l’adesione dei propri follower.[27]

L’impiego appropriato dei quattro operatori descritti, inoltre, è reso più complesso proprio dalle restrizioni nella lunghezza dei testi: la contestualizzazione, fondamentale per ancorare il testo al flusso ininterrotto dei tweet, deve essere racchiusa in pochissimi caratteri, e fare leva per questo su modalità comunicative spesso giocate sull’implicito. Attraverso l’uso sistematico, e spesso combinato, di questi operatori, i partecipanti svolgono dunque in Twitter una serie di attività comunicative articolate, basate sull’intertestualità e sulla multidiscorsività. Tutti questi aspetti rivestono un rilievo ancora maggiore proprio nella comunicazione politica, finalizzata, tra l’altro, alla costruzione dell’identità di ciascun politico e alla rappresentazione di sé stesso come persona dotata di autorevolezza e credibilità[28]; la presunta semplicità della comunicazione in Twitter, conseguenza della sua brevità, nasconde invece la necessità di adottare strategie linguistiche e discorsive complesse, da cui dipende in larga misura l’efficacia della comunicazione.

Dal punto di vista della disponibilità al dialogo, dunque, possiamo dire che quella offerta da Twitter è un’opportunità che i politici italiani stano cogliendo solo parzialmente. La tendenza all’autopromozione esclusiva può probabilmente essere attribuita a una scelta consapevole da parte dei parlamentari analizzati, che preferiscono sottrarsi all’interazione con interlocutori troppo eterogenei e per nulla controllabili, e sfruttare la brevità forzata di Twitter soltanto per diramare una serie di formule a effetto, che vengono facilmente riprese, citate e diffuse dagli altri mezzi di comunicazione.

Tale scelta, tuttavia, è il segno di un totale fraintendimento della reale natura della comunicazione in Twitter, della sua complessità ma al tempo stesso delle sue potenzialità. L’obbligo di racchiudere l’idea o l’informazione da trasmettere in pochissime decine di parole comporta un’inevitabile frammentazione del significato complessivo, che viene co-costruito dai partecipanti e distribuito lungo il flusso ininterrotto delle conversazioni. Ogni tweet è un piccolo frammento che aggiunge a tutto il resto una piccola porzione di significato. L’uso dei quattro operatori funzionali descritti in precedenza è cruciale proprio perché ha lo scopo di ancorare i singoli tweet al flusso generale della comunicazione. Lo scarso o non efficace impiego di queste connessioni al tessuto del discorso globale rende spesso i tweet dei politici degli atomi che viaggiano isolati nell’ecosistema di Twitter.

Per quanto questi testi possano essere molto letti (i politici hanno di solito un ampio bacino di follower), e citati da altri mezzi di comunicazione, non incidono di fatto sullo sviluppo del discorso generale di Twitter, che è un discorso co-costruito dalle interazioni tra i partecipanti. Comunicare in modo efficace in Twitter vuol dire inevitabilmente essere immersi in questo flusso di interazioni con l’obiettivo consapevole di stabilire delle relazioni con gli altri. Questa disponibilità al dialogo, se riferita a uomini e donne che si dedicano alla politica, in questo momento storico risponde peraltro alle diffuse aspettative dei cittadini, che alla politica chiedono proprio ascolto, partecipazione e condivisione. Non rendersi disponibili al dialogo, anche in un mezzo di comunicazione così fortemente radicato sull’interazione tra i partecipanti, significa non solo perdere un’opportunità di rinnovamento nel modo di comunicare con i cittadini, ma anche non rispondere alle loro diffuse attese.

A differenza dei numerosi studi e approfondimenti sulla comunicazione politica in Twitter, Facebook invece è stato raramente preso in considerazione. Questo scarso interesse corrisponde del resto a quello che i politici italiani hanno mostrato in passato nei confronti di questa rete sociale, sempre confrontato a quello mostrato per Twitter. Facebook è ampiamente usato, di solito non attraverso un profilo individuale ma attraverso la creazione della pagina ufficiale di un politico: l’unico sistema che sarà preso in considerazione qui di seguito. Il coinvolgimento in prima persona è tuttavia ridottissimo. Le ragioni di questa preferenza non sono state indagate ma sembrano evidenti. Twitter in Italia, a differenza di Facebook, viene usato come mezzo di comunicazione da una relativa élite. Non esistono cifre ufficiali sul numero di utenti attivi e le stime relative al 2014 oscillano da 1,9 (secondo Stefano Montegardi[29]) a 9,3 milioni (secondo Vincenzo Cosenza[30]), ma con ogni probabilità le valutazioni più riduttive sono quelle più vicine al vero. Facebook al contrario dichiara attraverso il proprio servizio di pubblicità di avere 26 milioni di utenti in Italia, cioè quasi la metà della popolazione residente, e che 25 milioni di questi utenti usano come lingua l’italiano; l’indicazione andrà presa con cautela ma appare grosso modo verosimile, e la percentuale di utenti attivi è probabilmente molto elevata.

La preferenza dei politici per il mezzo più elitario non sorprende. In un circolo relativamente ristretto di destinatari, anche politici noti a livello nazionale possono twittare in prima persona, e spesso lo fanno, aprendo a volte dialoghi con singoli utenti senza bisogno di particolari cautele. La comunicazione su Facebook invece arriva a un pubblico molto meno elitario e dieci volte più ampio. Non è probabilmente un caso che questa comunicazione sia quasi del tutto unidirezionale. Sara Bentivegna notava che, all’interno di un quadro dominato assai più dalla promozione personale che dal dialogo, nel 2011 il 59,9% dei parlamentari italiani presi in esame nel suo campione non aveva pubblicato un solo commento.[31] Si ha la sensazione che negli anni successivi questa preferenza si sia molto rafforzata.

Si può prendere come esempio di questo stato di cose la pagina Facebook del segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi. La pagina è molto visitata e attualmente vanta più di un milione di “Mi piace”. Tra gli aggiornamenti pubblicati di recente raccoglie dopo poche ore migliaia di “reazioni”, “commenti” e “condivisioni”. Lo strumento permette insomma una diffusione molto ampia del messaggio del politico, le controindicazioni sono mostrate con chiarezza da un’attenta lettura dei commenti: l’assoluta maggioranza sembra composta di critiche o insulti, anche estremamente volgari. Un campione casuale di dieci commenti appare rappresentativo dell’assieme:

  • Ti stai attaccando a tutto pur di fare campagna elettorale, convinciti ormai sei alla frutta, rottamati che fai bella figura..
  • Parli proprio tu di cultura? Tu che in due anni hai rovinato la scuola? Tu e il tuo partito che vuole ridurre la scuola superiore a quattro anni? Ma smettila…
  • Gente che appoggia ancora il sig..Renzi dopo che ha distrutto l’italia intera incredibile….siete una massa di capre e caproni!vi auguro tanta povertà e miseria!
  • Malato di mente: prima metti il pagamento nella bolletta della luce ora come campagna elettorale lo vuoi togliere. Da ospedale psichiatrico, non c’è neanche un discorso politico da fare, ma clinico.
  • Il canone Rai non si dovrebbe nemmeno pagare. Anche questa è una truffa legalizzata. Perché in un paese civile non posso essere libero di scegliere quale tv devo vedere e quale pagare? E poi pagare per vedere quale spazzatura? La Letizzetto, la D’Urso oppure Fazio o tanta altra cacca che viene trasmessa? È un furto sig. Renzi. Un furto bello e buono
  • Il 5 marzo, Tu e la tua pletora di alfierini Leopoldini, sarete politicamente annullati! VEDRAI, VEDRETE. Non vedo l’ora…
  • Matteo Renzi, le direttive Europee dicono anche di togliere il bollo auto. Forse non si fa perché la sanzione è minore delle entrate? Siete tutti da galera, ma ormai siamo alla resa dei conti.
  • Si è dimenticato di dire che c’è anche l’alternativa da parte del Governo di evitare il pagamento, ma guarda caso si è deciso che ha pagare sia il popolo.Brutta cosa omettere
  • Penso che questo sia uno dei migliori provvedimenti approvati dal governo. La cultura è fondamentale per crescere dei cittadini consapevoli e critici della realtà che li circonda.
  • Forza Matteo Renzi, avanti così, tu puoi diventare se vuoi più umile e meno pretenzioso, mentre i tuoi avversari non potranno mai acquistare la tua dignità, onestà, competenza e grinta, in sintesi la tua capacità politica di mediare. Forza, ciao!

I pochi commenti positivi, come l’ultimo riportato, che spesso producono brevi conversazioni con risposte, sembrano opera di persone estranee allo staff del politico. Non è detto che i commenti alle pagine di un politico, anche se non moderati da esterni, debbano essere sempre di questo tipo – come si può controllare esaminando le pagine dell’ex Presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, o quelle del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron – ma la tendenza di gran lunga prevalente per i politici italiani sembra questa.

Alla diversità tra Facebook e Twitter contribuisce sicuramente la diversità delle interfacce. L’interfaccia di Facebook esplicita infatti una contrapposizione che viene nascosta dall’interfaccia di Twitter. Le comunicazioni attraverso reti sociali vengono spesso divise in due grandi categorie: conversazione e broadcast. Le comunicazioni che fanno parte di una conversazione rappresentano battute di un dialogo. Le comunicazioni broadcast sono rivolte a un pubblico generico e possono essere atti di partenza di una conversazione, ma possono anche essere concepite per restare senza risposta.[32]

Nel caso di Twitter entrambe le categorie di comunicazione passano da tweet che sono collocati in sostanza sullo stesso piano (anche se varie interfacce permettono di ricostruire in modo più o meno intuitivo lo svolgimento di una conversazione). Nel caso di Facebook, invece, la conversazione parte da un aggiornamento di stato di un determinato comunicatore e nelle interfacce normali di lettura i commenti sono subordinati allo spunto di partenza. Il processo di comunicazione è spinto quindi a seguire un modello in cui a un atto di broadcast fa seguito una serie di commenti posti su un altro piano, secondo uno schema diffuso in molte altre pubblicazioni su web: post di blog, messaggi che lanciano un thread[33] su forum, video su Youtube e così via.[34]

Va ricordato che tutto ciò si colloca in un contesto in cui, da un certo punto di vista,

La scrittura all’interno di una rete sociale è sempre veicolata da una dinamica conversativa, che rende al meno potenziale l’avvio di un dialogo scritto tra chi primo prende parola e i suoi lettori […] La pubblicazione di uno status su FB, di un messaggio tweet, ma anche di una foto o di un video attraverso un qualsiasi servizio di sharing (come YouTube), pone sempre l’autore nella posizione di attendere una risposta, alla quale, a sua volta, potrà seguire una controrisposta, e così via.[35]

Inoltre i politici comunicano in un linguaggio che spesso vuole essere colloquiale e molto vicino al parlato. Tuttavia dal punto di vista linguistico è evidente la forte contrapposizione tra molti messaggi di “spunto” e i relativi commenti. Nel caso della comunicazione politica, il contrasto è forte anche quando il messaggio di “spunto” vuole avvicinarsi all’oralità. Per vederlo, basta mettere a confronto un aggiornamento di stato del Ministro degli esteri Angelino Alfano, datato 20 aprile 2015 quando era Ministro dell’interno, con uno dei commenti inseriti dai lettori:

Ieri 976. Oggi siamo a 1.000: con i 24 fermati questa notte, sono mille, infatti, gli scafisti/schiavisti arrestati in Italia. Quando l’Italia può fare, fa. L’Europa faccia ciò che deve, oppure metta l’Italia nelle condizioni di fare e l’Italia saprà fare. Ci vuole un’azione immediata, energica e risolutiva. Noi siamo pronti. Oggi lo dirò al Consiglio dei Ministri d’Europa.

Ma non ha capito che il popolo Italiano è stremato e disperato e si e rotto i coglioni di questa situazzione basta immigranti non sappiamo dove metterli e poi non abbiamo mai sentito che le forze dell’ordine hanno identificato possibili terroristi se succede qualche attentato in Italia la colpa di chi e ascolti la volonta del popolo

La diversità ha diverse cause, ma un aspetto non marginale della comunicazione broadcast è dato dalla sua professionalità. Più che i politici stessi, in molti casi sono infatti evidentemente i rispettivi uffici stampa (più o meno professionalizzati) a occuparsi dei messaggi che compaiono sulle reti sociali. Si può dare per scontato che i messaggi più importanti siano scritti dai politici stessi o almeno concordati con loro; la produzione di routine è invece probabilmente in buona parte opera degli uffici stampa, in una percentuale che è difficile precisare.

Un’esposizione pubblica di questi ruoli si è avuta il 4 ottobre 2013 in occasione di un incidente comunicativo che ha ottenuto ampio spazio sui giornali italiani. Il dibattito politico di quel giorno è stato infatti agitato dalle discussioni attorno al voto della Giunta per le elezioni del Senato, che ha votato per la decadenza da senatore di Silvio Berlusconi (PDL). In quell’occasione, sulla pagina Facebook di uno dei componenti della Giunta, il senatore Vito Crimi (M5S), durante la fase di udienza pubblica dei lavori della Commissione è comparso un aggiornamento che commentava in modo molto volgare l’età e le condizioni intestinali del senatore Berlusconi; poi, durante i lavori della Commissione, sulla stessa pagina sono comparsi altri aggiornamenti su argomenti non collegati.

A quanto hanno riportato i giornali, gli aggiornamenti sulla pagina di Crimi hanno spinto il capogruppo PDL in Senato, Renato Schifani, a chiedere l’interruzione dei lavori della Giunta, in quanto il primo aggiornamento esprimeva un pregiudizio e i successivi erano comunicazioni inviate in un momento in cui Crimi avrebbe dovuto essere privo di contatti con l’esterno. La richiesta però non è stata accolta, e gli aggiornamenti della pagina di Crimi non hanno esercitato quindi un’influenza rilevante sui lavori, anche se hanno avuto un certo impatto politico. Va notato che in questo caso gli aggiornamenti sono stati pubblicati in originale su Facebook e solo richiamati dall’account Twitter di Vito Crimi (@vitocrimi), cosa piuttosto rara nel panorama descritto in precedenza.

Qualche ora dopo l’inizio dei lavori della Commissione, sulla pagina di Crimi è comparso un altro aggiornamento che forniva, con numerosi tratti di italiano burocratico (a partire dalla –d eufonica tra vocali diverse) una ricostruzione interna della sequenza degli eventi:

Buongiorno a tutti voi, amici. Chi scrive ora, come già accaduto in altre occasioni, è il collaboratore di Vito Crimi, che aggiorna la sua pagina quando Vito non è in condizione di poterlo fare (come è di norma per tantissimi altri collaboratori parlamentari). Alcune precisazioni:

  1. Il post relativo a Berlusconi è stato inserito alle 10.04, prima dell’inizio dei lavori in Camera di Consiglio.
  2. I post successivi, già programmati (relativi a Lampedusa ed al resoconto “5 giorni a 5 stelle”) sono stati inseriti dal sottoscritto.

In fede, Adriano Nitto

Collaboratore parlamentare di Vito Crimi

L’autore del messaggio non lo affermava in modo esplicito, ma lasciava pensare che “il post relativo a Berlusconi” fosse stato inserito di persona dal senatore Crimi, e la cosa è verosimile. Vale la pena però notare che il comunicato non dice nulla su chi ha effettivamente scritto i testi di cui si parla: si limita a dire, per due di essi, chi li ha “inseriti”.

In sintesi, il linguaggio usato dai politici su Facebook ha caratteristiche autonome interessanti. Tuttavia, sembra poco innovativo rispetto a quello della comunicazione tradizionale broadcast, affidata alla carta stampata o alla televisione. Il suo aspetto più innovativo sembra una comunicazione piuttosto articolata di esperienze quotidiane e di commenti isolati; la gestione professionale degli aggiornamenti di stato contribuisce peraltro, con ogni probabilità, a smussare gli estremi e a mantenere un rapporto stretto con la tradizione.

Sembra viceversa molto più interessante il linguaggio dei commenti ai politici. Scritti da non professionisti, rappresentano un campione di comunicazione politica dal basso e mostrano una gamma vastissima di variazione diastratica: dai giovani agli anziani, dai non madrelingua agli scriventi che esibiscono una forte influenza sul dialetto.

Continuando a esaminare i rapporti tra la rete e i politici, si prende in considerazione una ricerca portata avanti da Giuseppe Paternostro e Roberto Sottile, che propongono di ragionare sulle caratteristiche e sulle modalità con cui i politici interagiscono sul web e sui social network.[36] In particolare discutono dei tipi di interazione che si innescano a partire dalle attività che i personaggi politici svolgono sui loro profili ufficiali, degli attori delle interazioni e del ruolo in esse giocato dai politici. In questa prospettiva, i due linguisti hanno deciso di osservare l’attività social di Beppe Grillo e di Matteo Renzi, monitorandone i rispettivi profili su Twitter, preferiti rispetto alle omologhe pagine di Facebook. Twitter si presta, infatti, piuttosto bene alla comunicazione politica per una serie di motivi interrelati.[37] Più di Facebook velocizza la comunicazione, in quanto innesca fenomeni di “viralizzazione” di contenuti che, in pochissimo tempo, vengono conosciuti da un numero altissimo di utenti data la sua natura di rete sociale anomala. Le relazioni che vi si stringono non sono reciproche e di conseguenza un politico può seguire un numero limitato di utenti ma avere un numero assai più alto di seguaci. Altrettanto cruciale è la funzionalità del retweet che, come già constatato precedentemente in Stefania Spina, consiste nel rimandare ai propri follower un messaggio immesso da un utente di cui si è seguace. A loro volta, i follower possono re-inviare il messaggio, che si diffonde così più velocemente rispetto a Facebook.

La scelta di seguire in particolare Renzi e Grillo è dovuta a due ragioni:

1) sono i due politici italiani con il maggior seguito sui social network[38];

2) entrambi trovano in rete il terreno a loro più congeniale, in quanto della rete conoscono molto bene meccanismi, potenzialità e limiti, che sfruttano a proprio vantaggio, con una coerenza piuttosto evidente anche riguardo alla lingua. Aggiungo, inoltre, che negli ultimi due anni e mezzo anche un altro personaggio si è mostrato particolarmente avvezzo all’utilizzo delle reti sociali per intercettare consensi, e questo è Matteo Salvini, leader della Lega.

Recentemente il web è diventato uno dei terreni di confronto/scontro più praticati dai principali attori della scena politica. Non a caso il Segretario del PD e il fondatore/proprietario del MoVimento 5 Stelle hanno deciso di giocare sul web una parte consistente di una partita politica in cui entrambi usano la rete in modo speculare.

Il confronto tra i due esponenti politici ruota attorno ai seguenti punti:

  • Tipologia dei post.
  • Tipologia delle interazioni che vengono a crearsi, distinguendo tra:

2a) interazioni fra politico e utenti;

2b) interazioni fra utenti;

  • Caratteristiche linguistico-testuali dei post, loro grado di coerenza con la “lingua del web” (nei diversi livelli dell’analisi linguistica) e grado di conoscenza metalinguistica e metapragmatica per l’autoidentificazione delle due diverse comunità di utenti.

Renzi e Grillo sono i due personaggi politici che più di tutti sembrano conoscere e sfruttare le possibilità comunicative offerte dalla rete. Il primo è, anzi, riuscito rapidamente a colmare la distanza che divideva il M5S dal PD rispetto alla capacità di usare la rete per avvicinare (o dare l’impressione di avvicinare) il Palazzo ai cittadini, facendo quasi fisicamente “entrare” i secondi nel primo. L’espressione forse più calzante di questa apparente “disintermediazione”[39] della comunicazione politica è rappresentata dalla pratica dello streaming, cioè della trasmissione in diretta via internet di eventi politici istituzionali o riguardanti la vita interna dei partiti. Tale pratica è divenuta, attraverso soprattutto le dirette degli incontri fra le due delegazioni per la formazione del governo, uno dei tanti terreni di scontro fra PD e M5S.

Per costruire una tipologia dei tweet non basta classificare gli interventi in base al loro contenuto. Occorre anche stabilire se il messaggio sia stato concepito per essere fruito principalmente via Twitter, o se invece questa piattaforma sia solo uno dei mezzi utilizzati per la sua diffusione. La distinzione ci consente di valutare anche il ruolo e il peso di Twitter nella più complessiva strategia comunicativa dei due leader.

Da questo primo punto di vista, emerge una differenza relativa alla funzione e all’origine dei tweet e, dunque, anche al ruolo giocato da Twitter nella comunicazione di Grillo e Renzi.

Grillo sembra usare questa piattaforma prevalentemente per rilanciare documenti e testi realizzati in altri luoghi del web (qui è possibile menzionare anche l’attualissima questione riguardante le fake news). Tre sono i tipi di post attraverso i quali egli mette in pratica tale strategia.

Il primo tipo è costituito dal rilancio di interventi pubblicati su altre piattaforme. Per lo più sono documenti proveniente dal blog di Grillo, come nei due esempi che seguono, inviati tra il 22 e il 23 febbraio 2014 (giorni dell’insediamento del governo Renzi), che rimandano a post pubblicati sul blog.

L’imprenditore rovinato: beppegrillo.it/2014/impre..

La spada di Damocle sui precari italiani: beppegrillo.it/2014/02/la_spa…

Il secondo tipo è costituito dal retweet. L’esempio che Paternostro e Sottile propongono è il retweet di un utente (bruco_califfo), che si configura come anomalo in quanto critico nei confronti di Grillo. Esso ci consente di svelare i meccanismi di gestione della macchina comunicativa dei Cinque stelle. L’anomalia è subito notata da un utente (simpe94), il quale rivela che è la prima volta che il leader dà spazio al dissenso.

@bruco_califfo

@beppe_grillo ma quando la smetti di fare il #buffone? Dopo un po’ anche il #casinoSterile diventa #vecchio e stufa!! #spaghettigovern

@simpe94

@bruco_califfo @beppe_grillo ma non è possibile, sbaglio o è la prima volta che grillo ritwitta uno che lo critica?

@mzavarone

@simpe94 @bruco_califfo No, ogni tanto lo staff di @beppe_grillo si sbaglia e ritwitta ki critca x quanto sono presi dal trip dell’hashtag

L’anomalia è spiegata da un utente avvertito (mzavarone), il quale ipotizza un errore dello staff. La sequenza dà l’idea di come Grillo si muova nella rete. Siamo di fronte, non a un personaggio che interagisce in prima persona, ma a un marchio (poco importa che sia quello di un movimento politico) con un ufficio stampa in cui lavorano decine di persone.

A una tipica funzione da ufficio stampa fa capo il terzo tipo di post, il cosiddetto live tweetting, ossia l’invio di aggiornamenti e di commenti in tempo reale sulle manifestazioni e sugli appuntamenti in agenda. L’esempio che segue riguarda il raduno del M5S tenutosi nell’ottobre 2014 al Circo Massimo a Roma.

#Italia5Stelle! Tutti i numeri di un successo: http://urlin.it/12dfa8

Spesso i live tweetting sono accompagnati da link ad altri social (in primis a Facebook) che contengono foto o video relativi all’evento.

Diverso sembra, invece, il modo in cui Renzi costruisce la sua presenza su Twitter. Come per Grillo, essa si muove lungo tre direttrici, che tuttavia sono diverse da quelle seguite dal comico/politico genovese.

La prima è quella che riguarda i tweet in cui Renzi annuncia gli appuntamenti a cui partecipa. L’esempio seguente riguarda la visita a Genova dell’8 maggio 2014.

#Genova intitolazione di una scuola dedicata all’agente Emanuela Loi, che faceva parte della scorta di Paolo Borsellino. #memoriaefuturo

La seconda riguarda, invece, dichiarazioni, prese di posizione, annunci, che sintetizzano in 140 caratteri la linea politica renziana e forniscono materiale per il pastone di telegiornali e quotidiani. Appartiene a questa categoria il seguente tweet, in cui Renzi chiarisce la sua posizione in merito all’inchiesta della magistratura milanese sulle tangenti per la realizzazione delle opere per l’Expo 2015.

Expo: chi ha sbagliato paghi. Ma ci sono in ballo migliaia di posti di lavoro. Si fermano i ladri, non si fermano i lavori. #italiariparte

Le prime due direttrici (annunci dell’agenda e dichiarazioni politiche) scorrono spesso in parallelo e potrebbero essere considerate due corsie di un’unica carreggiata (la terza direttrice), dal momento che spesso uno stesso tweet le unisce, come nel caso seguente.

Oggi con @graziano_delrio sui dossier. Metodo, metodo, metodo. Non annunci spot, ma visione alta e concretezza da sindaci #buonadomenica

È domenica 23 febbraio 2014, il giorno successivo al giuramento del governo presieduto dal Segretario del PD. Con questo messaggio Renzi, al tempo stesso, comunica la sua agenda giornaliera e formula una dichiarazione d’intenti piuttosto paradossale, poiché compie ciò che nega (un annuncio spot in piena regola).

Dal confronto emergono alcune significative differenze. La prima riguarda quello che Goffman chiamava <<lo schema di produzione>>.[40] Renzi sembra infatti agire in prima persona[41], laddove Grillo sembra demandare ad altri il compito di inviare i messaggi. Inoltre, gli interventi “a caldo” sono concepiti e realizzati su e per Twitter, riservando a Facebook o al sito del PD quelli più articolati.

Al contrario Grillo usa Twitter come una sorta di ripetitore per potenziare il segnale dello strumento principale della sua attività politica, cioè il blog www.beppegrillo.it, nel quale elabora le strategie e pianifica la linea politica del M5S. È del tutto logico, dunque, che Grillo tenda a sfruttare le peculiarità dei suoi diversi nodi. Twitter, come già osservato, consente una diffusione “virale” dei contenuti (in questo caso politici) immessi e a tale scopo Grillo lo usa.

Dal canto suo, Renzi, forte della maggiore possibilità di “presidiare” i media tradizionali, può consentirsi un uso meno sistematico del web e dei Twitter nello specifico, ne è la prova la tendenza a predicarne un uso esplicitamente interattivo.

Proseguendo nel loro studio, Paternostro e Sottile, evidenziano, inoltre, le peculiarità linguistiche che caratterizzano l’attività in rete dei due leader.

Grillo si propone come il catalizzatore della contro-informazione che attraverso il web può svelare le forme di occultamento e manipolazione messe in atto dai media “ufficiali”.

Simbolo linguistico della sua preferenza per il web è la consuetudine di usare forme linguistiche perfettamente coerenti con “la lingua dei media” (e dei suoi padroni). Tra queste si possono citare senz’altro:

  • I caratteri in maiuscolo (ma mai associati all’allungamento vocalico) per riprodurre il proprio stile “urlato”;
  • Lo stile telegrafico ottenuto mediante l’uso del punto fermo in luogo della virgola (Basta con i leader. Per avere un orizzonte non serve un leader. Il leader è per i bambini. Compratevi un gps! #TsunamiTour);
  • L’incidenza significativa di frasi nominali (mediamente il triplo rispetto ai microtesti degli altri politici twittanti);
  • Il basso grado di incassamento delle subordinate, fenomeno già osservato da Spina[42];
  • Il punto esclamativo, che va contro la presunta maggiore importanza riconosciuta all’economia di spazio, a conferma che a contare è soprattutto la ricerca dell’espressività linguistica[43];
  • Il numero significativamente alto di parole tratte dalle lingue straniere (inglese in testa);
  • La terminologia tecnico-specialistica dell’informatica e di internet (blog, condividere, link, online, spammare, tweet, twitstar, wifi);
  • I gergalismi internettiani (come il caso di bimbominkia riferito a Monti, in occasione della campagna elettorale del 2013);
  • Gli inserti dialettali, che, come osserva Dell’Anna[44], rappresentano uno dei segnali di allontanamento della formalità ufficiale di tanti discorsi della “vecchia” politica[45];
  • L’abbondanza di disfemismi volti alla produzione di un linguaggio con il quale egli punta a <<rompere gli schemi della politica di professione, con le sue astrattezze, fumisteria, ipocrisie>>, in <<un’ira recitata con cui lo shaman-showman assorbe rabbie e frustrazioni, rielaborandole in forma di attacco al cuore della politica altrui>>[46].

Sul piano retorico, è interessante l’uso dell’antifrasi:

Per il Movimento 5 Stelle in piazza non c’è mai nessuno! Basta guardare questa foto: http://goo.gl/urJEb #TsunamiTour

Padova deserta. Seguite la diretta: http://www.beppegrillo.it/lacosa/ #tsunamitour pic.twitter.com/LeMx1iAd

Quattro gatti per lo #TsunamiTour a Cuneo. Spargete il verbo!

Anche Renzi fa un uso dei social network da ufficio stampa e propaganda, aggiungendovi però l’idea (simboleggiata dalla rubrica #matteorisponde) che la comunicazione sia bidirezionale, e ciò in linea con la sua politica, improntata al cambio di verso anche nelle forme di comunicazione. Il più giovane Presidente del Consiglio ha fatto di Twitter un simbolo di un’intera generazione che sui social oggi vive e condivide esperienze, sensazioni, idee.

Il giovanilismo renziano traspare in certe soluzioni linguistiche tipiche della CMC[47]. Trovano così spazio:

  • Gli allungamenti vocalici (#italiariparte […] mooolto interessante)
  • Le soluzioni tachigrafiche e brachigrafiche: #unoxuno
  • I giovanilesismi lessicali (come il deverbale gufi < gufare “portare sfortuna”)
  • L’uso di no con valore aggettivale, per lo più assente in Grillo:

No articolo 18, no contributi per chi assume a tempo indeterminato, no irap su costo del lavoro. Tolti gli ostacoli per assumere #italiariparte

Non mancano però elementi che riconducono il “twittese” di Renzi a quello di un leader che ha alle spalle un partito con una lunga tradizione, anche linguistica. È il caso della strutturazione del testo (osservata, per esempio, da Amenta per la lingua dei siti dei partiti politici) con <<una serie di infiniti, che corrispondono agli obiettivi da raggiungere, inseriti in periodi monoproposizionali, dipendenti da un sottinteso verbo di volontà>>[48]:

Combattere corruzione e evasione. Restituire ideale e entusiasmo a impresa per creare posti di lavoro #leopolda5 #italiariparte

Alla fine della ricerca viene richiamata l’attenzione su una caratteristica linguistica che accomuna invece i due politici qui presi in esame e che certamente si connette con la pratica, condivisa da entrambi – anche se riscontrata in misura maggiore nel leader del M5S – di fare di Twitter una e una soltanto tra le possibilità di comunicazione politica “non mediata dai media”. In questo gioco della carambola, del rimbalzo da una risorsa web all’altra, Grillo costruisce molti tweet limitandosi a brevissimi testi (non più di dieci parole) che, come fossero titoli di giornale, sono concepiti per attrarre i lettori. Egli evita commenti personali, rimandando alla lettura dell’intero articolo (spesso pubblicato sul suo blog). Twitter diventa dunque vetrina a partire dalla quale il contenuto che si vuole diffondere tra gli utenti del web è fatto rimbalzare su altri “strumenti di informazione-comunicazione”.

Spia linguistica di questa specifica modalità è la consuetudine – non solo di Grillo ma anche di Renzi – di aprire i propri cinguettii con la forma-formula “ecco”:

@beppe_grillo

Fatti non chiacchiere! Ecco di cosa si occupa il #M5S nel territorio: http://goo.gl/ia5Yh

@matteorenzi

Ecco i nostri 12 punti per #labuonascuola. Dal 15 settembre al 15 novembre saremo in ogni scuola http://passodopopasso.italia.it/video/la-buona-

Con l’uso di questa strategia d’attrazione, viene dunque creata una struttura linguistica simile a quella delle prime pagine dei giornali, con un “tweet civetta” il cui contenuto viene solo accennato.

In conclusione i due linguisti hanno rilevato, considerati i due come “prototipi” del politico 2.0, che lo scopo primario della presenza dei politici sui social network, non sembra tanto quello di creare un contatto bi-direzionale con gli utenti/elettori/cittadini, quanto quello di poter gestire la comunicazione mono-direzionale in modo più diretto e immediato, senza il filtro (anche linguistico) dei media tradizionali.

 

 

[1] M. Tavosanis, L’italiano del web, Carocci, Roma, 2011, p. 17.

[2] Si è fatto riferimento all’articolo “La dimensione politica di internet. Democrazia in tempo reale?” presente su http://www.manualeinternet.it/online/temi/la-dimensione-politica-di-internet/

[3] Si tratta del divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione (in particolare personal computer e internet) e chi ne è escluso, in modo parziale o totale. I motivi di esclusione comprendono diverse variabili: condizioni economiche, livello d’istruzione, qualità delle infrastrutture, differenze di età o di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica.

[4] Cfr. nota 191.

[5] Cfr. Cap. I, § 2.

[6] Oggi questo genere di attivismo è diffuso soprattutto sui blog e i social network.

[7] R. Bartali, La nuova comunicazione politica: il partito telematico una ricerca empirica sui partiti italiani, Working Paper 40 (Working Papers del Dipartimento di Scienze Storiche, Giuridiche, Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Siena), 2000, p. 13.

[8] Ivi, p. 15.

[9] Ivi, p. 35.

[10] S. Bentivegna, La politica in rete, Meltemi, Milano, 1999, p. 41.

[11] M. Niola, #Hashtag. Cronache da un paese connesso, Bompiani, Milano, 2014.

[12] Marino Niola in S. Mazzocchi, La lingua nell’era dei social network, un passaggio epocale, “La Repubblica”, 24 settembre 2014.

[13] C. Conti, Parla come navighi, come cambia la lingua nell’epoca di internet, sul blog “La voce del tempo” (www.lavocedeltempo.it)

[14] È un personaggio che, col proprio prestigio o la propria notorietà, domina e guida (o rappresenta) l’opinione pubblica.

[15] C. Honeycutt, S. C. Herring, Beyond Microblogging: Conversation and Collaboration via Twitter, in <<Hawaii International Conference on System Sciences>>, 2009, p. 10.

[16] J. Golbeck, J. Grimes, A. Rogers, Twitter Use by the U.S. Congress College of Information, in <<Journal of the American Society for Information Science and Technology>>, LXI (2010), pp. 1612-1621.

[17] Due studi pubblicati negli ultimi anni hanno affrontato in profondità il tema della comunicazione politica su Twitter: uno da un punto di vista politico-comunicativo (La politica in 140 caratteri. Twitter e spazio pubblico, a cura di S. Bentivegna, FrancoAngeli, Milano, 2014); l’altro da un punto di vista linguistico-discorsivo (S. Spina, Openpolitica. Il discorso dei politici italiani nell’era di Twitter, FrancoAngeli, Milano, 2012).

[18] S. Spina, La politica dei 140 caratteri: l’equivoco della brevità e l’illusione di essere social, in R. Librandi, R. Piro (a cura di), L’italiano della politica…, cit., p. 645.

[19] S. Spina, Openpolitica…, cit.

[20] L’indice di keyness misura la specificità delle parole usate in un insieme di testi; il suo valore si ottiene confrontando la frequenza delle parole nei testi analizzati con quella delle parole usate in un corpus di riferimento. Vedi P. Baker, Using Corpora in Discourse Analysis, Continuum, London, 2006, p. 121.

[21] Per il calcolo delle keyness in questo lavoro S. Spina ha utilizzato il Perugia corpus (http://perugiacorpus.unistrapg.it). Vedi S. Spina, Il Perugia Corpus: una risorsa di riferimento per l’italiano. Composizione, annotazione e valutazione, in Proceedings of the First Italian Conference on Computational Linguistics CLiC-it 2014, a cura di R. Basili, A. Lenci, B. Magnini, Pisa University Press, Pisa, 2014; I, pp. 354-359.

[22] Per la menzione e gli altri tre operatori descritti, vedi S. Spina, Fiumi di parole. Discorso e grammatica delle conversazioni scritte in Twitter, StreetLib, Milan, 2016.

[23] S. Herring, C. Honeycutt, Beyond Microblogging…, cit.

[24] M. Zappavigna, Searchable talk: The linguistic functions of hashtags, in <<Social Semiotics>>, 2015, pp. 1-18.

[25] Per l’uso del retweet nella comunicazione politica, vedi N. Brocca, D. Garassino, “Parola alla rete”. La pragmatica della citazione e del Retweet nei profili Twitter di alcuni politici italiani. Un’analisi qualitativa e quantitativa, in <<Rassegna Italiana di Linguistica Applicata>>, II-III, pp. 135-151.

[26] S. Spina, J. Cancila, Gender issues in the interactions of Italian politicians on Twitter: Identity, representation and flows of conversation, in <<International Journal of Cross-cultural Studies and Environmental Communication>>, II (2013), 2, pp. 147-157.

[27]   M. Zappavigna, The Discourse of Twitter and Social Media. How We Use Language to Create Affiliation on the Web, Continuum, Londra, 2012.

[28] P. Chilton, Analysing politcal discourse: theory and practice, Routledge, Londra, 2004.

[29] S. Mongardi, Twitter in Italia: I numeri e gli hashtag dell’anno, 2014 (http://www.thewebmate.com/2014/01/22/twitter-in-italia-numeri-e-gli-hashtag-dell-anno/).

[30] V. Cosenza, Osservatorio Social Media, 2015 (http://vincos.it/osservatorio-facebook/).

[31] S. Bentivegna, Parlamento 2.0. Strategie di comunicazione politica in Internet, FrancoAngeli, Milano, 2012.

[32] Alcune osservazioni sulle conseguenze linguistiche di questa differenza si trovano in C. Zaga, Twitter: un’analisi dell’italiano nel micro-blogging, in <<Italiano LinguaDue>>, IV (2012), 1, pp. 165-210.

[33] Nel campo informatico, è una discussione in corso all’interno di un sito web o in un newsgroup su Internet.

[34] M. Tavosanis, L’italiano del web, cit., cap. 5.

[35] A. Lovari, Y. Martari, Scrivere per i social network, Le Monnier, Firenze, 2013, p. 24.

[36] G. Paternostro, R. Sottile, <<In alto i cuori/L’Italia cambia verso>>. Discorso politico e interazione nei social network, in R. Librandi, R. Piro (a Cura di), L’italiano della politica…, cit., p. 661.

[37] M. Gambaro, R. Puglisi, La politica ai tempi di Twitter, in <<il Mulino>>, 2013, 2, pp. 246-256.

[38] I dati di Paternostro e Sottile sono aggiornati al 10/02/2015: 1,71 mln di follower su Twitter e 1,76 mln di seguaci su Facebook, Grillo; 1,65 mln su Twitter e circa 790 mila “mi piace” su Facebook, Renzi.

[39] G. Paternostro, R. Sottile, <<In alto i cuori/L’Italia cambia verso>>…, cit., p. 662.

[40] E. Goffman, Form of Talks (1981). Forme del parlare, traduzione di Franca Orletti, collana <<Saggi>>, Il Mulino, Bologna, 1987, p. 200.

[41] Un malinteso legato a un tweet comparso per errore sul profilo di Renzi il 6/1/2015 ha permesso di appurare che esso è in realtà cogestito da un collaboratore storico di Renzi, Franco Bellacci (http://urlin.it/12e077)

[42] S. Spina, Openpolitica, cit., p. 119.

[43] G. Antonelli, L’italiano nella società…, cit.

[44] M. V. Dell’Anna, Lingua italiana e politica, Carocci, Roma, 2010, p. 83.

[45] Una rapida occhiata sull’uso del dialetto su Twitter da parte dei politici durante le campagne elettorali ci suggerisce l’idea che essi vi ricorrano quasi come uno strumento di avvicinamento attanziale diatopico nei confronti degli elettori del luogo in cui si fa tappa. Così, ad esempio, Grillo (oltre al prevedibile, data la sua genovesità, belin) usa, ad esempio, il friulano mandi in coincidenza con la propria visita elettorale a Udine. Uguale strategia è adottata anche da Bersani, che durante il comizio in piazza a Napoli twitta una parte di un verso di una delle più famose canzoni napoletane, ‘O surdato ‘nnammurato.

[46] S. Novelli, L’ira recitata di Beppe Grillo, in Treccani s.d. http://urlin.it/12dfa7.

[47] Comunicazione Mediata dal Computer.

[48] L. Amenta, Il linguaggio della politica nella rete, in Storia della lingua italiana e storia dell’Italia unita: l’italiano e lo stato nazionale. Atti del IX convegno ASLI (Firenze, 2-4 dicembre 2010), a cura di A. Nesi, S. Morgana, N. Maraschio, Cesati, 2011, pp. 87-101.