ALDO ANIASI COMMEMORA FERRUCCIO PARRI

Quello di oggi è un atto simbolico di grande significato etico e politico.

Un atto compiuto alla vigilia della data simbolo della Liberazione Nazionale, che sottolinea il legame tra l’eroico passato della Lotta di Liberazione Nazionale e le giornate che viviamo dense di gravi problemi nei quali si dibatte la società italiana.

Dobbiamo essere grati al Comitato Permanente della Resistenza, al Sindaco di Genova che lo presiede, alle organizzazioni partigiane per aver promosso l’omaggio che abbiamo reso poco fa a Staglieno alla memoria di Ferruccio Parri ove riposa accanto alla tomba di un altro grande italiano Giuseppe Mazzini.

Genova, medaglia d’Oro al Valor Militare per l’eroica resistenza contro il nazifascismo, dimostra ancora una volta di essere fedele alla sua storia alla sua tradizione patriottica e popolare. E’ la Genova che noi ricordiamo, unica città in Europa che ha costretto il 22 aprile ’45 l’armata germanica comandata dal Gen. Meinhold ad arrendersi, ai capi della Resistenza, ai membri del C.L.N. La Genova operaia e popolare che nel 1960 si oppose alla arroganza di Tambroni e al suo disegno reazionario e antidemocratico costringendo il Governo alle dimissioni.

Questa è la Genova delle grandi tradizioni eroiche e civili che noi ancora una volta vogliamo ringraziare.

Parri avrebbe apprezzato l’atto di oggi più di ogni altro onore che gli è stato reso nei giorni della sua scomparsa e negli anni successivi. Una lapide, con la firma “i partigiani” è stato l’atto di riconoscenza dei ragazzi di un tempo al loro effettivo comandante.

Parri è uno degli eroi meno conosciuti e uno dei meno popolari.

E’ vero che la Repubblica gli ha reso onori dovuti, ma è altrettanto vero che quegli onori sono stati spesso formali, protocollari, proprio quelli dei quali egli diffidava. Un sondaggio sulla conoscenza della storia patria ha confermato l’ignoranza della storia della nostra Nazione dal Risorgimento alla Resistenza. Ebbene alla domanda: Lei ricorda chi è stato Ferruccio Parri? Solo il 34% ha risposto “un esponente della Resistenza” a fronte del 56% che non sa e del 10% che si divide tra patriota del Risorgimento e Ministro fascista.

E ad un’altra domanda – quale personaggio che le ricorda la Resistenza – Parri ha ottenuto solo l’1%.

Non c’è dubbio che l’ignoranza della storia della nostra nazione è dovuta a molteplici ragioni a partire dalla scelta di una scuola agnostica nella quale sino a qualche anno fa l’insegnamento della storia si fermava al 1918.

Sicuramente questi risultati sono anche conseguenza del tentativo di cancellare quella spinta al rinnovamento di cui era portatrice la lotta di liberazione nazionale. E’ triste constatare quanto sia necessario ancora dopo due decenni dalla scomparsa, rivalutare la figura di un personaggio che la maggioranza degli italiani non ha saputo valutare in giusta misura. Nei giorni della sua scomparsa Giovanni Spadolini affermò: “il giudizio della storia sarà più largo di quello che fu la generosità dei suoi contemporanei”.

Nelle stesse giornate Sandro Pertini il grande antifascista, eroe della Resistenza, Presidente della Repubblica da sempre suo compagno affermò: “era di esempio a tutti noi, era il nostro capo ideale”.

Genova non ha certo mancato di apprezzare i giusti meriti e l’eccezionale contributo che Parri ha dato all’unità nazionale, all’indipendenza, alla liberazione e alla crescita civile e sociale della nostra Italia. Genova lo ha voluto suo cittadino onorario, lo ha accompagnato alla sua ultima dimora con affettuose e commosse manifestazioni di affetto, di cui si è allora fatto interprete il sindaco del tempo Fulvio Cerofolini.

Voglio aggiungere il ricordo di un Convegno che si tenne a dieci anni dalla sua scomparsa al teatro “Carlo Felice” per iniziativa dell’Istituto Storico della Resistenza Ligure e del suo Presidente, il nostro caro compagno Raimondo Ricci.

Sono quindi sentimenti di gratitudine che a nome dei compagni qui giunti rivolgo ai partigiani e ai cittadini genovesi.

Ho voluto sottolineare questi apprezzamenti perché è rimasta nel mondo dei resistenti la sofferta, diffusa convinzione che troppo spesso Parri sia stato oggetto di interpretazioni lontane dal significato autentico del suo impegno di vita. Egli era stato innanzitutto “Maurizio” il capo dei partigiani, l’antifascista coerente, coraggioso ed intransigente. Era stato il capo di un Governo antifascista sorretto dal vento del nord, ben presto soccombente alle prime manifestazioni di una tendenza alla restaurazione che poi si sarebbe manifestata nel paese.

E’ stata la pubblicistica prevalente a dare di Parri un’immagine deformata: lo si è pianto per le sue virtù civili, per la sua onestà morale ignorando, quando non addirittura negando, la sua capacità politica, la sua idoneità a governare il paese. Ben venga quindi anche questo incontro a rendere giustizia, a valutare i fatti con obiettività, a formulare giudizi attenti, analizzando con rigore la vita, l’attività, il pensiero ed il comportamento di Ferruccio Parri.

Ne uscirà esaltato l’uomo, la sua figura eroica, ma anche il politico coerente, portatore di un disegno rinnovatore e riformatore. In un momento nel quale viene messa in discussione l’unità nazionale, nel quali si vitupera la bandiera tricolore e grottescamente si ricercano origini celtiche riscoprire il filo ideale che unisce il primo risorgimento con la resistenza è importante per un popolo che non conosce la sua storia e le sue radici e che perciò rischia di non essere in grado di proiettarsi verso il futuro.

Quando si assiste allo scadimento di valori morali, qualcuno comincia a dubitare della democrazia e si crea una certa disaffezione verso le istituzioni. Per questo è molto importante rifarsi a coloro che con l’esempio hanno dato la dimostrazione di fedeltà ai principi di intransigenza morale.

Oggi c’è chi nega i valori del Risorgimento chi irride la figura di Garibaldi e di Mazzini.

Anche Parri fu deriso mortificato, calunniato, diffamato. Voleva condurre l’Italia a compiere una rivoluzione democratica e pacifica, voleva riforme di struttura di grande respiro. Un riformismo sociale, che però non è riuscito ad imporre perché si trovò di fronte il muro della conservazione.

Le forze che egli ha combattuto lungo tutto l’arco della vita hanno sempre operato per offuscarne la figura, per sminuirla, per fare apparire Parri come un modesto, patetico onest’uomo. Nelle analisi e nelle valutazioni è stata prevalente la considerazione per il suo carattere e il suo temperamento più che per il suo pensiero, per gli stessi risultati concreti della sua azione e delle battaglie politiche alle quali dette il suo contributo determinante, quando non le capeggiò o diresse. Si è arrivati al punto di ridurre il suo impegno una specie di laicismo religioso mortificandone la coerenza ed il rigore.

Schiacciare – come si è fatto – la sua figura sulle più evidenti manifestazioni caratteriali, quasi sempre per sminuire o per evitare di rendere esplicite le riserve sulle sue capacità politiche – è il torto più grave che gli si potesse fare. Egli invece per tutta la vita ha partecipato da protagonista agli eventi che hanno trasformato la nostra società.

A nessuno può sfuggire, in questi tempi nei quali la questione morale ha raggiunto livelli e qualità così chiaramente politici, l’attualità e la preveggenza di una generazione e di una sinistra che hanno sempre considerato l’aspetto etico come un pilastro fondamentale della vita politica e pubblica in generale.

“La mia non è l’ingenuità dell’orbo in un mondo di furbi”, ripeteva Parri, “ma quella di chi preferisce consapevolmente la buona fede alla furberia”. Egli era così in sintonia con una generazione di combattenti per la libertà che hanno pagato di persona per la loro coerenza e la loro intransigenza.

Una generazione che costituisce un ponte con i giovani di oggi, un punto di riferimento ideale per poter costruire l’Italia di domani a misura dei sogni e del disegno politico dei resistenti. La sua è una vita densa di avvenimenti e fin dall’inizio politicamente orientata, dove lo spirito e gli ideali del combattente democratico assumono una fisionomia sempre più netta in termini di impegno e di obiettivi politici.

Egli fu l’interventista democratico pluridecorato nella prima guerra mondiale, l’ufficiale di Stato Maggiore che partecipò alla stesura del piano strategico che portò all’offensiva di Vittorio Veneto, il giornalista attivo in tempo di pace sino a quanto gli fu possibile farlo in regime di libertà, il militante antifascista che pagò di persona con il carcere e il confino, che approdò poi all’elaborazione ideologica dando vita a Giustizia e Libertà, l’artefice – con Sandro Pertini e Carlo Rosselli – del leggendario espatrio clandestino di Filippo Turati.

Il suo ruolo ed il suo peso nella Resistenza, anche grazie alle sue esperienze e capacità militari, appaiono come il coronamento e la conseguente evoluzione della sua vita precedente. L’equilibrio, la moderazione, congiunte alla fermezza sulle questioni di principio, fecero di Parri il solo capo capace – come ci ricordava Valiani – di conciliare le diverse ali del movimento partigiano: comunisti, socialisti, azionisti, democristiani, liberali e persino monarchici.

Una convinzione quella di imprimere una svolta alla politica italiana che sostenne sin dalla Consulta quando polemizzò aspramente con Croce che considerava il fascismo una parentesi e che si augurava un ritorno alla fase precedente.

Durante questa esposizione, Parri fece un’affermazione che provocò vivaci polemiche: “… “Tenete presente che da noi la democrazia è praticamente agli inizi. Io non so, non credo che si possano definire regimi democratici quelli che avevamo prima del fascismo…” Una parte dell’aula reagì fragorosamente.

Qui si palesa la questione centrale che Parri voleva porre: rinnovamento o conservazione? Ci sono in questo confronto dialettico due linee politiche presenti nella lotta antifascista e nella Resistenza; ambedue hanno lottato per la libertà ma l’una, conservatrice, per un ritorno all’Italia prefascista, l’altra progressista e riformatrice, per una nuova Italia.

Egli era convinto che solo misure di giustizia sociale con una grande valenza morale avrebbero potuto rappresentare quella carica ideale volta a sostenere una politica riformista, a far sopportare sacrifici creando una solidarietà nazionale indispensabile per sostenere un reale e radicale rinnovamento. Parri si proponeva quindi come esponente di una rivoluzione democratica e liberale che veniva duramente avversata dalla destra: infatti, nel frattempo, le forze e gli uomini della Resistenza dell’area popolare e progressista, avevano perso peso. Si sottovalutavano la corruzione e l’inefficienza del sistema ereditato dal fascismo e una burocrazia che costituiva un intralcio, una remora a politiche di cambiamento.

Una sottovalutazione che ha nel tempo influito sulla possibilità di impedire il rinnovamento delle strutture e del costume del paese.

Debole fu allora il sostegno della sinistra.

Ferruccio Parri era il sostenitore di una democrazia senza aggettivi, ne’ classista , né confessionale. Una democrazia non socialista, ma legata a quegli ideali di libertà e giustizia che Carlo Rosselli aveva consacrato nel suo socialismo liberale. Con più precisione si può definire un riformista di formazione risorgimentale, aperto alle istanze umanitarie e democratiche del socialismo italiano: ecco Ferruccio Parri, nella globalità del suo pensiero e delle sue battaglie.

Un fatto è però certo: la politica riformista allora sconfitta non è più riuscita, nonostante la buona volontà e l’impegno di molti, ad affermarsi nel nostro paese.

Sarebbe far torto alla verità desumere dal freno alle tesi riformiste la sconfitta della Resistenza.

Infatti le elezioni amministrative, la ricostituzione dei consigli Comunali, il referendum istituzionale, la vittoria della Repubblica, la Costituente e la promulgazione della Costituzione, la politica sociale, le conquiste dei lavoratori, le riforme civili, laiche e democratiche sono dimostrazione di quanto lo spirito antifascista e popolare abbiano inciso sullo sviluppo e sul progresso del paese.

Ancora oggi gli ideali rappresentati da “Maurizio”, che sono gli ideali della Resistenza, consacrati nei principi della nostra Costituzione, sono un punto di riferimento per chi ritiene che il rinnovamento delle strutture del costume del paese siano la condizione per lo sviluppo ed il progresso dell’equità.

Pochi uomini attribuirono alla questione morale il valore centrale che fu espresso dalla Presidenza Parri in quel governo a guida laica e azionista diretta espressione della nuova Italia del secondo Risorgimento. Egli ai suoi critici rispose: “Voi vedete in prima linea le necessità materiali. Lasciate che io metta in prima linea il lato morale”.

Era quello stesso Parri che al Tribunale di Savona, che lo aveva processato per il suo antifascismo, aveva risposto: “contro il fascismo non ho che una ragione di avversione: ma quest’ultima perentoria e irriducibile, perché avversione morale: è, meglio, integrale negazione del clima fascista.

Dopo la nomina a Senatore a vita affermò e lasciò una indicazione che dobbiamo fare nostra: “gli uomini della mia generazione non possono prendere congedo quale che sia il ruolo che di volta in volta sono chiamati a svolgere .

Questo è un patrimonio alto della nostra Repubblica.

Gli uomini che hanno memoria storica perché hanno partecipato a queste vicende hanno il dovere morale di trasmetterle alle nuove generazioni perché senza questa memoria storica, senza il ricordo di questi esempi è difficile dare una base morale anche alle istanze di cambiamento che pure si impongono.

Ecco quindi che questo incontro, questa nostra riflessione sulla figura di Ferruccio Parri non si limita al riconoscimento del ruolo da lui esercitato per decenni, non è solo una pagina eroica della nostra storia che celebriamo ma ha un preciso significato politico del tutto attuale.

Oggi quella italiana e tuttora una democrazia difficile e ha quasi carattere di emergenza.

Il governo attuale è condizionato, meglio forse sarebbe affermare, è portatore di interessi economici e di tentativi reazionari che rischiano di condurci a situazioni e contrasti drammaticamente esplosivi.

Qualche riflessione e qualche riferimento ai valori attuali cioè ritenendo che una rilettura, una riproposizione della figura di Parri sia appunto un mezzo per riflettere sulle vicende e sulla crisi politica, sulla crisi morale e sulla crisi istituzionale che noi stiamo attraversando.

Parri ci ha insegnato il senso dello Stato, il senso delle Istituzioni, a lavorare per lo sviluppo e l’equità per l’unità del nostro Paese.

“Resistere ora e sempre”. E’ il motto dettato da Calamandrei e che ci ha ispirato in questi decenni. Dobbiamo resistere a chi vuole riportarci indietro nel tempo cancellando quanto di positivo si è fatto in questi decenni. Dobbiamo resistere a chi, non accettando che la Repubblica sia fondata sul lavoro, vorrebbe cancellare le conquiste democratiche, i diritti e lo statuto dei lavoratori.

Dobbiamo resistere a chi vorrebbe eleggere un’Assemblea Costituente, per riscrivere la Costituzione, tagliando le radici con la Resistenza. Dobbiamo resistere ai tentativi di un pseudo – revisionismo che vorrebbe riscrivere la storia falsificandola.

Ecco perché diciamo no a chi vorrebbe trasformare il 25 aprile in una festa della riconciliazione.

No alla parificazione dei torti e delle ragioni: riconciliazione solo con chi accetta il “patriottismo costituzionale” sul quale fondare l’unità e l’identità nazionale.

Il nostro senso della democrazia e della libertà è solido e senza riserve.

Siamo rispettosi dei responsi elettorali, riconosciamo la legittimità di chi governa con il consenso popolare. Chi ha vinto le elezioni ha il diritto-dovere di governare, ma non ha il diritto di mettere in discussione le basi democratiche della Repubblica.

Ricordiamo loro che governare non vuol dire comandare, non vuol dire ignorare la divisione di poteri, l’indipendenza della magistratura, vuol dire invece che la legge è eguale per tutti, vuol dire rispettare i poteri del Parlamento nel quale c’è anche una opposizione che esercita il diritto dovere di opporsi ad una scuola di classe, ad una sanità per i ricchi, ad una informazione distorta.

Non basta essere stati antifascisti ieri. Dobbiamo esserlo ancora oggi.

Dobbiamo ribadire che essere antifascisti significa battersi per la pace, contro il razzismo, contro la violenza, contro la fame, la povertà del mondo, contro chi coltiva sogni reazionari e antidemocratici.

Ricordando Parri che ci ripeteva: “la Resistenza è incompiuta” dobbiamo raccontare perché gli anziani ricordino e i giovani sappiano.