di Giuseppe Iacopini

Il 20 Maggio 1970 entrava in vigore nel nostro paese una legge di grande importanza per tutti i lavoratori e le lavoratrici la Legge 300 meglio conosciuta come Statuto dei lavoratori. Una legge maturata e sudata in anni di forti lotte, ma che trovò in Parlamento e nel Governo seri interlocutori.

Il Governo era di centrosinistra (DC-PSI-PSDI-PRI) e aveva un forte pungolo dovuto alla presenza del più grande Partito Comunista dell’Occidente. Il padre dello Statuto fu un grande Ministro del Lavoro, il Socialista Giacomo Brodolini, che però non riuscì a vederne la nascita, ma non bisogna neppure dimenticare il socialista Gino Giugni capo della Commissione nazionale che ebbe l’incarico da Brodolini di scrivere il testo che è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano e il Ministro del Lavoro il democristiano Carlo Donat-Cattin che fu colui che lo varò.

Nella votazione finale sullo Statuto il PCI, il PSIUP e il MSI si astennero mentre gli altri partiti di governo più il PLI votarono a favore e complessivamente ci furono solo 10 voti contrari. Tutto questo non accadeva su marte ma in questo paese. Oggi a 48 anni di distanza un Governo sedicente di centrosinistra a guida PD ha finito di cancellare tante di quelle norme democratiche contenute in quello Statuto. Certo fra la statura e la sensibilità, pur nelle diversità, dei politici di allora rispetto al mondo del lavoro e il disprezzo che invece ne hanno i politici di oggi è chiaramente evidente e di questo ogni lavoratore e ogni lavoratrice se lo dovrebbero ricordare nei momenti importanti.