RODOLFO MORANDI UN DIRIGENTE DELLA CLASSE OPERAIA

Nella foto (a destra) Rodolfo Morandi con Tullio Vecchietti

Il seguente articolo, apparso sull’ultimo numero del periodico “La conquista” sotto il titolo «Azione giovanile del PSI», è l’ultimo scritto dì Rodolfo Morandi. Si spegne a Milano il 26 Luglio 1955.

In presenza dei risultati del sesto Convegno, che ha avuto una risonanza esterna del tutto eccezionale, il Partito dovrà valutare con molta serietà il potenziale politico della nostra azione giovanile, voglio dire le grandi possibilità che questa ha dimostrato di avere come strumento di una rinnovata politica di alleanze e della politica del dialogo. Sarebbe errato tuttavia pensare che l’azione giovanile possa svilupparsi con il dovuto mordente senza che un contenuto specifico sia attribuita ad essa. Ciò significa che maturo è il problema di dare espressione operante ad una politica giovanile del Partito. Intanto rappresenta un notevole passo avanti l’avere portato la questione dei rapporti tra Partito e movimento giovanile a sfogare su un nuovo piano di meditata concretezza.

Un sano avvertimento è stato dato alle nostre Federazioni da Perugia perché si cessi dal rimasticarla in stanchi termini “pedagogici”, venuti giustamente a noia ai giovani. Proprio! Io non mi scandalizzo affatto che essi abbiano lasciato chiaramente Intendere la loro insofferenza, per questo continuo dire che i giovani non debbono discostarsi dal Partito e niente possono senza il Partito, che è poi un modo discreto di far loro capire che il Partito non ha nulla da apprendere da essi, dalle loro tormertose esperienze, dal loro interiore travaglio. Bisogna avanzare coraggiosamente per la via imboccata a Perugia. Ma, a parer mio, questo richiede per prima cosa che si desista da parte del movimento giovanile dal ricercare motivi di differenziazione e di caratterizzazione, puramente esteriori, nel quadro dell’azione e delle campagne del Partito.

Diversamente si ritorna al punto di partenza. Converrà dunque tenere un pò più a freno l’inventiva (la ricerca quasi ossessiva della iniziativa giovanile…), ed applicarsi con il massimo impegno alle questioni che, benché siano da anni permanente oggetto di denunzia, non per questo si vedono avviate a soluzione. E’ qui che l’azione giovanile potrà saldarsi organicamente con l’azione del Partito e in essa confluire con profitto senza perdere delle sue caratteristiche, ma anzi conferendo loro spicco maggiore di quel che non sia oggi. Tutti sanno di quali questioni si tratti. Si tratta dei problemi che travagliano la gioventù italiana dei nostri tempi: l’occupazione (la qualificazione nel lavoro la legislazione sociale e l’Intervento dello Stato nell’in tenesse delle generazioni più giovani: lo sport e la ricreazione; la scuola e l’insegna mento universitario).

Non è che manchi, da parte del Partito, il riconoscimento dell’importanza che tali problemi rivestono. Quel che manca è un più sicuro possesso di essi é la capacità di volgere questi temi e questi interessi in azione di massa. Ecco il compito specifico che spetta alle forze giovanili, le quali debbono intervenire nell’azione politica del Partito con il preciso scopo di integrarla e potenziarla. Allora soltanto il concorso del movimento giovanile acquisterà valore sostanziale. Allora soltanto il Partito diverrà capace di esprimere realmente una politica giovanile. Ora vorrei attentarmi a dire come io vedo, allo stato ancora di abbozzo, prendere figura e acquistare una sua propria individualità l’azione giovanile del Partito. Abbiamo alle viste Il quarto Congresso della C.G.I.L.

Dal prossimo settembre il Partito sarà chiamato a pronunziarsi sulle grandi questioni che interessano il mondo del lavoro, in connessione con i problemi di indirizzo e di organizzazione dei sindacati. Ecco l’occasione di inserirsi per sostenere e agitare, dal di dentro, la esigenza che i sindacati si facciano più sensibili alle aspirazioni della gioventù lavoratrice, non accontentandosi di dichiarazioni, di parole d’ordine, di campagne librate nel vuoto, ma invece ammodernando le proprie strutture e aggiornando i propri metodi di organizzazione e di lotta, per dotare di mezzi adeguati l’azione a pro della gioventù. Su questi interessi il movimento giovanile deve disporsi a vivacemente richiamare la nostra corrente, perché assuma su di sé di patrocinarli sulla base di proposizioni concrete e di proposte attuabili. Siamo nel pieno di rinnovate discussioni in materia di «socialità» e di intervento dello Stato nei rapporti di produzione. E’ questo pure il nocciolo della nostra politica di alleanze e del dialogo con i cattolici.

Ebbene, bisogna individuare dei punti ben definiti di orientamento, in un campo così vasto e così mal delineato, ottenendo di fare emergere i problemi che incombono sulla gioventù, per esercitare una spinta decisa in direzione di essi. I partiti e le organizzazioni di massa sono gravati dalla mole dei problemi generali che questo ciclo decennale ha sollevati, ma avvertono bene la necessità di semplificare e rinnovare la loro tematica, e in particolare di dirigersi con parole suggestive alla gioventù, così come agli strati femminili della popolazione, giacché se si vuole forzare la stretta che impedisce il passo alle grandi riforme di struttura, occorre seminare nuovi fermenti nella massa captata dall’avversario quale preda della guerra ideologica.

Nel campo dello sport e della ricreazione il Partito non è pervenuto ancora a strumentare un’azione ispirata a modernità di concezioni. E’ cosciente oggi peraltro di questa sua grave carenza. Il movimento giovanile deve dunque farsi avanti con volenterosa disposizione, e prestare le sue energie per quella prima opera di reperimento, di collegamento e di orientamento, che si può oggi con certezza di riuscita intraprendere, solo che si crei un centro pulsore. Già non sarebbe cosa di poco conto che il movimento giovanile si applicasse con serietà e con metodo a combattere ed a eliminare le deviazioni e distorsioni, cui proprio i giovani prestano inconsciamente materia nelle organizzazioni di base del Partito.

La scuola, per il fatto che troppo scarsa è l’adesione che i nostri partiti e le nostre organizzazioni sindacali trovano tra gli insegnanti, ha finito per diventare una questione che ricorre bensì in ogni occasione come motivo di lamento, ma in modo tale da lasciare in noi il senso quasi di trovarci a una incolmabile distanza da essa. Avviene che il movimento giovanile abbia una sua presa sugli studenti universitari e sia, meglio del Partito, in condizione di rifletterne i problemi. Deve tuttavia avvertire la seria restrizione in cui cade, allorché praticamente si riduce ad agitare le questioni della scuola sotto un profilo esclusivo, quale è quello della istruzione superiore, ciò che ci porta piuttosto a sboccare sul terreno della cultura.

Sono o non sono i giovani che noi reclutiamo alunni di scuole professionali e secondarie e, nella gran massa, usciti appena dalle scuole primarie? Ora, non voglio affatto dire che per questo il movimento giovanile si possa sostituire al Partito nel sospingere a soluzione il problema generale della scuola. Tuttavia esso può, a parer mio, concorrere molto validamente nel conferire concretezza maggiore all’agitazione di queste questioni, che non esiste ragione perché siano da considerare materia in cui occorra essere particolarmente versati, ossia appannaggio di competenti nell’insegnamento. Si intende bene che queste sono delle semplici esemplificazioni, alle quali ho ricorso per offrire spunti ad una revisione dei metodi di lavoro del Partito e del movimento giovanile, che risponda al consapevole intento di recare la politica del Partito tra la gioventù, considerando che non si percorre molto cammino sui trampoli delle grandi parole d’ordine, ma che occorre invece avere chiara visione di quei problemi di azione che sono comuni e sono purtuttavia di natura tale da potersi affrontare solo con un concorso organico del movimento giovanile nell’esecuzione della nostra politica.

Tratto dall’ Avanti!  27 Luglio 1955