A 30 anni dalla Breccia di Porta Pia – Avanti! del 20 Settembre 1900

La data solenne si celebra sotto il patronato di Francesco Crispi. C’è chi si meraviglia. Non noi. A noi la commemorazione ufficiale, così com’è ordinata, appare sincera e degna: sincera in quanto esprime il senso di corruzione e di scadimento ch’è nelle cose e che il Crispi simboleggia; degna di Roma patriottica e pretesca, non ancora italiana.

Anche pretesca. Sia perché il governo d’Italia, ponendo di suo in Roma l’unico istituto nazionale veramente solido: la burocrazia, ha rispettato l’infingardaggine aristocratico e il parassitismo chiesastico, gemme e gloria della Roma papale. Sia perché la politica dei nostri anticlericali di governo fu sempre dubbiosa e timida nei riguardi del cattolicesimo.

Il nostro governo è di volta in volta pettegolo e settario, non mai francamente anticlericale. Toglie la ricca mensa a qualche vescovo o vieta la carnevalata di qualche dimostrazione, reputando di avere con questi dispettucci da curato campagnolo risposto convenientemente all’alto ufficio di educazione civile, che gli italiani ebbero l’ingenuità di attendere dalla Roma dei patrioti sfruttatori e delle banche depredate.

Ma la scuola è cattolica; ma la politica è teocraticamente reazionaria; ma il costume è rimasto loiolescamente ipocrita. Che importa se il Crispi giacobino destituisce un sindaco clericale o il ministro dell’istruzione rende facoltativo l’insegnamento della dottrina cristiana delle scuole elementari? Nelle scuole non si sgrana il rosario né si scodella la dottrinetta; ma, quel che è peggio, si muove guerra alla filosofia positiva, si lesina la scienza moderna, e per contro le discipline insegnate e più i metodi in uso danno ai giovani il cibo cattolico in quello che ha di sostanza, di anima, di veleno.

E fuor della scuola, nella vita cittadina, osservate il triste fenomeno che si ripete sempre. Vedetelo nella sua ultima edizione. La battaglia ostruzionista e le elezioni politiche, che elevarono il partito socialista dallo stato di adolescenza alla maggiorità, portarono sgomento nel petto dei conservatori. Questi si fecero piccini piccini e tacquero così la loro impotenza come il nostro vigore. Avevano necessità di apprestare le difese, ma non volevano e non sapevano scendere in campo aperto. Il Bresci fu il loro santo protestatore. Sorsero allora come un sol uomo attribuendo a noi il regicidio, ossia riconnettendo l’azione socialista, non alle battaglie schiette e forti che seguirono alla reazione del maggio sanguinoso, ma al fosco dramma di Monza, argomentarono di poter riprendere l’offesa con la guerriglia delle imboscate usata prima.

E si illusero per alcuni segni puramente formali, di avere alleata la chiesa. Andarono a Canossa. Sperarono in Matilde. La regina madre doveva ottenere il perdono di Dio. Vecchi induriti bestemmiatori fecero abiura; dissero e scrissero intorno alla necessità di congiungere il sentimento religioso alla forza dello Stato per conferire virtù di resistenza agli ordinamenti istituiti. Ma il vecchio pontefice accolse i nuovi penitenti con uno schiaffo villano. Quelli stessi che imploravano la grazia di un Dio gendarme ora inneggiano a Roma capitale d’Italia. Ed il Crispi li guida. C’è sincerità anticlericale?

Né con Dio né col diavolo, né coi preti né coi patriottardi, ma contro tutti: ecco la risposta dei socialisti. I socialisti sono i soli e i veri anticlericali. Per combattere i preti rifiutano le armi che ai preti son care: non la forca, non l’indice, non leggi d’eccezione: ma diffusione di idee, con la parola e la stampa e la libertà per se e per i nemici. La civiltà nuova si annunzia contenendo, pur nell’azione preparatrice, quel tanto di pensiero e di libertà che le è consentito dalla teocrazia laica di palazzo Braschi. Si annunzia nelle forme civili della lotta e nella sostanza buona della dottrina: alla morale cristiana ch’è rinunzia alla vita, noi socialisti opponiamo l’affermazione e l’esaltazione della vita terrena; allo spirito castrato di rassegnazione sovrapponiamo, in nome della dignità umana offesa, la ribellione del pensiero e la virtù del combattere.

Avanti! 20 settembre 1900