IL FUTURO DELLA GRANDE TECNOLOGIA E LA MINACCIA MORTALE DEGLI EUROSCETTICI

The Economist

Perché Big tech deve avere (davvero) paura dell’Europa

(Traduzione a cura di Luca Angelini)

Gli Stati Uniti hanno 15 delle 20 imprese tech di maggior valore al mondo, l’Europa solo una. Eppure, scrive l’Economist («Perché Big tech farebbe bene ad aver paura dell’Europa»), «se volete capire dove sta andando l’industria più potente del mondo, non guardate a Washington e alla California, ma a Bruxelles e Berlino». Per una volta, mentre l’America tergiversa (nonostante i proclami di Elizabeth Warren sul fare a pezzi Facebook), l’Europa agisce. Vedi l’ennesima multa miliardaria inflitta a Google dalla commissaria Ue alla concorrenza, Margrethe Vestager. O le nuove regole in arrivo sul copyright. Soprattutto, «l’Ue è la pioniera di una nuova dottrina tech che punta a dare agli individui il controllo sulle proprie informazioni e sui profitti che ne derivano e a forzare le aziende tecnologiche ad aprirsi alla concorrenza. Se tale dottrina funziona, beneficerà milioni di utenti, darà una grande spinta all’economia e porrà limiti a giganti tech che hanno accumulato un enorme potere senza un corrispondente senso di responsabilità».

E, alla faccia di chi sbeffeggia l’Europa come «deserto imprenditoriale e patria spirituale della burocrazia», il Vecchio Continente non solo ha delle idee, ma anche la forza per imporle, visto che è il blocco economico più grande al mondo e Google, Amazon, Apple, Facebook e Microsoft ne ricavano almeno un quarto dei loro profitti. Inoltre è meno soggetta alle lobby (non avere giganti tech in casa aiuta) e più sensibile alla privacy, avendo esperienza diretta delle dittature. L’approccio europeo non punta a «spezzettare» i giganti o a trattarli come fornitori di servizi pubblici, ma a rendere gli utenti padroni dei propri dati (tanto da poterli trasferire da una piattaforma all’altra quando vogliono) e a impedire che Big tech si mangi i concorrenti, comprandosi ogni startup potenzialmente minacciosa. Non è detto che funzioni. L’Europa potrebbe restare isolata. Ma la California ha appena introdotto una legge simile al GDPR (la normativa Ue sulla privacy). Può essere un segnale.

Financial Times

E perché la minaccia mortale per l’Ue sono gli euroscettici che ci restano

(Traduzione a cura di Gianluca Mercuri)

A distruggere l’Unione europea non saranno gli euroscettici che l’hanno lasciata, ma quelli che sono rimasti. Non sarà il velleitarismo autolesionista di Boris Johnson, ma il cinismo lucido di Viktor Orbán. Simon Kuper è arrivato a questa conclusione dopo aver letto e ascoltato diversi esperti, e la argomenta con la consueta efficacia. La tattica degli euroscettici-restanti, spiega, è ormai consolidata: succhiare le risorse dell’Ue e disapplicarne le regole sgradite; fare incetta di sussidi e rifiutare le quote di migranti; sfruttare gli infiniti vantaggi del mercato unico e violare i fondamenti della liberaldemocrazia, come l’indipendenza del potere giudiziario e dell’informazione. Capita soprattutto all’Est, ma anche certe ambiguità dei Paesi fondatori ledono l’impalcatura: Francia e Italia, per esempio, non rispettano le regole di bilancio dell’eurozona ma possono indebitarsi a tassi d’interesse bassi perché ne fanno parte.

L’attitudine al cherrypicking — a godersi i vantaggi e scansare gli svantaggi — è insomma diffusa. È quello che hanno fatto gli inglesi per 40 anni, salvo poi impazzire e uscire dalla stanza dei bottoni, condannandosi d’ora in poi — comunque vada il negoziato sulla Brexit — a subire la forza dell’Ue senza avere più una sedia al tavolo. Gli euroscettici-restanti hanno mandato Londra in avanscoperta, hanno visto il danno che si è inferta e ora non si sognano nemmeno di uscire: stanno dentro e si prendono quello che vogliono. L’Europa è un bancomat inesauribile e un alibi perfetto. Il mostro burocratico esiste solo nella propaganda sovranista, al punto che la Commissione Ue si rivolge sempre meno alla Corte di Giustizia contro le infrazioni. Il progetto federalista — il fantomatico «Superstato» — pare defunto, mentre il mercato unico colleziona successi, come gli accordi con Giappone e Canada. Kuper crede che abbia ragione Timoty Garton Ash: l’edificio europeo non crollerà di colpo, sta già crollando man mano che l’euroscettico-restante di turno sfila un mattoncino, cacciando dagli asili i figli dei migranti o non mettendo fuorilegge i sacchetti di plastica. «La morte dell’Ue potrebbe arrivare così gradualmente che forse non ce ne accorgeremo neanche».