DAL DIARIO DI VIAGGIO DI NENNI IN CINA

Pietro Nenni con Ciu En Lai (Primo Ministro cinese) 1971

Dai Diari

di Pietro Nenni |

«Shanghai-Pechino, 8-9-11 novembre 1971»

Partito per Pechino alle ore 12 e mezzo su un vecchio quadrimotore britannico, ormai superato. Ma la Cina non ha aviazione civile pur essendo il paese che per la sua vastità ne ha bisogno più di ogni altro. Si viaggia in treno e basta. I treni sono piuttosto lenti e non elettrificati. Quello preso ieri per Shanghai veniva da Canton: tanti chilometri 38 ore di viaggio. Quello che va a Pechino 1200 km, 21/22 ore di viaggio.
Il “Viscount” mette meno di tre ore da Shanghai a Pechino. I viaggiatori sono pochi.
Finché è stato possibile vedere bene l’occhio abbraccia l’estensione quasi infinita delle risaie. Dal treno perciò potei meglio osservare la campagna. Non un metro quadrato che non sia minuziosamente coltivato. Si vede insomma che prima hanno pensato al riso per tutti, poi come e quando si potrà, verranno gli aerei civili, le auto, le autostrade È vero che hanno anche pensato prima alla bomba atomica Ma forse si è trattato più di un riflesso difensivo che di orgoglio.
Siamo arrivati alle 15,30. Ero atteso dal vice ministro degli esteri Lin Yao-Wen, dal nostro incaricato di affari Restivo che ci aveva preceduti da Shangai, personale dell’ambasciata e la corrispondente dell’Ansa, signora Ada Princigalli.

Il vice ministro mi ha portato il saluto del governo e mi ha accompagnato all’albergo il “Peking Hotel China” lo stesso, credo, dove 16 anni or sono alloggiai con Carmen. Mi avevano detto che a Pechino faceva freddo. Il tempo invece è bello, assolato, appena fresco. Ed io che ho trascinato fin qui un equipaggiamento da montagna!
Si entra in città lungo un magnifico viale di 30 km. Sboccante sulla famosa piazza della Pace celeste, la piazza della rivoluzione per eccellenza, dove avvengono le grandi manifestazioni di popolo, dove il 1° ottobre del ’55 assistetti alle celebrazioni del quinto anniversario della fondazione della Repubblica Popolare, la festa soppressa quest’anno per ragioni in parte rimaste misteriose e che ancora durano.
Ho chiesto il perché della soppressione. Mi hanno risposto che nessuno dei motivi addotti dalla stampa occidentale è fondato e che la decisione era presa da tempo. Sarà…

Poco tempo stasera per riscoprire Pechino. Alle 19 siamo attesi nel Palazzo del Congresso del Popolo sede dell’Assemblea Popolare cinese, la terza, già scaduta ma rinnovata e sede della presidenza del Consiglio.
Il banchetto è offerto dal vice presidente del Comitato permanente dell’Assemblea, il mio vecchio compagno Kuo-Mo Jo dei tempi del Movimento dei partigiani della pace.
È lui che mi aveva invitato 16 anni or sono. Con lui ci eravamo incontrati a Varsavia, a Berlino, a Parigi.
L’ho trovato assai malandato in salute (ha un anno meno di me) ma sveglio di mente. Siamo una quarantina di commensali.
Il benvenuto mi è stato rivolto da Kuo-Mo Jo in un breve e succoso brindisi assai lusinghiero nei miei confronti. Ho risposto anch’io con un breve ringraziamento e un saluto a lui, all’Assemblea nazionale, al popolo cinese, a Mao Tse-Tung, al governo che ho ringraziato dell’invito.

Ho indicato nell’ingresso della Cina all’ONU una data fondamentale inizio di una fase nuova nella vita della organizzazione delle Nazioni Unite con un ruolo per la Cina al quale mi sono augurato che noi possiamo associarci, ognuno nel suo campo, ognuno nei suoi limiti.
Dopo il pranzo ho dato uno sguardo ai saloni dell’Assemblea. C’è un teatro con 10.000 posti a sedere; una sala dei banchetti per settemila commensali, saloni per ognuna delle rappresentanze delle province dei grandi comuni, delle regioni autonome.
In attesa che Ciu-en-Lai mi fissi il giorno e l’ora in cui potr ricevermi, faccio di malavoglia il turista. Mi dicono che non potrò vedere il presidente Mao, assente da Pechino.
Oggi è partita per New York la delegazione cinese all’ONU salutata all’aeroporto da Ciu-en-Lai, dalle principali autorità da una numerosa folla. Nelle ambasciate straniere e in partico lare in quelle dei paesi comunisti c’è molta curiosità per il primo discorso cinese all’Assemblea dell’ONU ma ancora di più per l’atteggiamento che la Cina assumerà nei Consiglio di Sicurezza sul problema del Pakistan dove la guerra è ormai un evento incombente.
Ieri sera al pranzo offerto da Kuo-Mo-Jo su questo concreti aspetto della politica cinese mi si è data una risposta evasiva Non vogliono interventi stranieri in Asia né in particolare interveflt indiani nel Bengala. Ogni popolo decida del proprio destino.
Ma chi decide e come il destino dei milioni di profughi in td ritorio indiano?
Visitata la nostra ambasciata. Pranzato dai Restivo e cenato in un ristorante europeo.

Stasera ho avuto un lungo anzi un lunghissimo incontro, presidente del Consiglio Ciu-en-Lai. E’ durato dalle 19 alle 23, in due tempi: dalle 19 alle 21 a tu per tu, più i segretari e interpreti, e poi attorno a un’ospitale tavola da pranzo dove erti invitati i miei compagni di viaggio, Vany, Danièle, Gozzano e recchie personalità cinesi. Invitati anche il nostro incaricato d’affari Restivo e la moglie che prendevano per la prima volta contatto
col presidente del Consiglio.
Ciu-en-Lai ha settantatré anni. È un lavoratore indefesso; dorme tre-quattro ore per notte; su lui pesa la direzione politica della Cina da vent’anni a questa parte.

Durante la rivoluzione culturale ha avuto la sua parte di difficoltà. È stato assediato per sei giorni al ministero degli Esteri, ma ha rifiutato ogni concessione alle guardie rosse. Lo hanno salvaguardato il suo prestigio, e soprattutto l’appoggio di Mao.
Mi è venuto incontro sorridente e con le mani tese, meravigliato, disse, per la mia eterna gioventù. Di un lontano soggiorno a Parigi, dal 1920 al 1923, ricorda qualche parola di francese. Per quattro ore ha parlato prevalentemente lui tornando con insistenza sui motivi ai quali è maggiormente interessato: l’imperialismo americano e quello giapponese; il contrasto di fondo e in ogni campo con l’Unione Sovietica; Formosa, l’ammissione all’ONU e gli sviluppi che comporta.
Il dialogo è stato necessariamente assai scucito. Meglio riassumerlo per argomenti.

Relazioni italo-cinesi: dopo il riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese e la ripresa un anno fa delle relazioni diplomatiche fra Pechino e Roma, la via è aperta alla intensificazione degli scambi commerciali e culturali. Gli ultimi ostacoli sono caduti con il «sì» italiano all’ingresso della Cina all’ONU e al Consiglio di Sicurezza. Anche l’astensione italiana nei confronti delle ultime manovre ritardatrici degli Stati Uniti è stata considerata a Pechino come un segno di buona volontà; un distinguo rispetto all’America. Liquidata che sia definitivamente l’assurda teoria delle due Cine, le reciproche relazioni troveranno un terreno favorevole di sviluppo anche rispetto ai problemi generali della pace.
Medio Oriente, Mediterraneo, Europa: la Cina ha nel Medio Oriente un solo obiettivo: la Palestina ai palestinesi. Non si considera vincolata ora che entra nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU dalla risoluzione 242 del novembre del 1967, sull’interpretazione della quale si discute a vuoto da anni.

In linea storica contesta financo il diritto all’esistenza dello Stato di Israele. Sostiene e sosterrà gli Stati arabi. Critica fortemente le interferenze americane e sovietiche. Fa carico a Mosca di aiutare l’Egitto ma nel contempo di legargli le mani. Così fece con Nasser, così e a più forte ragione fa con EI Sadat.
La Cina aiuta e aiuterà come meglio può il moto arabo senza pretendere di guidano.
Per il Mediterraneo e per i problemi inerenti alla unificazione dell’Europa, la posizione di principio cinese è sempre la medesima: respingere la tutela delle grandi potenze. Il primo ministro si rifà volentieri a De Gaulle. L’unità dell’Europa può farsi soltanto su una base di indipendenza e di autonomia dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica.
Indocina: i problemi del Sud-Est asiatico e quello del Vietnam sono prevalenti per la Cina. Essa aiuta i popoli indocinesi e aiuta il Vietnam senza riserve e senza secondi fini e soprattutto senza pretendere di controllare l’iniziativa rivoluzionaria dei popoli.