UN RICORDO DI EGIDIO MENEGHETTI

Nella foto a destra Egidio Meneghetti

di Giampaolo Mercanzin |

“Mi fa particolarmente piacere constatare che la figura di Egidio Meneghetti è ancora vivida nei nostri ricordi. Il fatto che quest’oggi se ne parli con relatori di prestigio, significa che il suo nome e la sua opera mai sono state dimenticate. Ringrazio quindi l’ass. Colasio ed promotori per averne portato il ricordo in questa sala.
Egidio Memeghetti fu veramente un gigante del socialismo, della libertà e dell’antifascismo, oltre ad essere un valente scienziato, ricercatore e docente universitario. 
Quello che di lui mi ha attratto ed impressionato è che “mai ha mollato’ dagli anni ’20 del secolo scorso fino alla sua morte nel 1961. 
Il testamento da lui lasciato è la conferma di quanto egli fosse grande. Ha difatti istituito la fondazione “Lina Meneghetti” sua figlia, che come ben sappiamo perì, con la mamma Maria e la colf, sotto un “bombardamento amico” in quel di via Tiziano Minio nel dicembre del 1943. 

La fondazione si basava soprattutto sull’affitto di una proprietà, che consentiva di mantenere 36 studentesse all’Università di Padova, fondazione curata, a mia memoria, dalla sig.ra Pasquato vice rag. capo dell’Università di Padova. Non ho più capito dove sia confluita quella fondazione. Certamente oggi 36 studentese non godranno di tale beneficio.
Non solo questo fece, ma lasciò al suo partito una considerevole cifra che lo scissionista Ceravolo nel 1964 si portò illegalmente in dote quando con Vecchietti e Valori fu fondato il PSIUP.
Di Lui parla a cuore aperto Norberto Bobbio nella commemorazione svolta il 25 luglio 1985, in aula magna del Bo all’epoca dell’eclettico Rettore Marcello Cresti, a quarant’anni di distanza dal Suo rettorato. “Un uomo possente come una torre ferma che non crolla”. Bobbio ricorda la facilità poetica e letteraria del personaggio, osservatore attento della realtà, i suoi scritti, le sue publicazioni, le sue poesie.

Il fatto che oggi rappresentanti siamo qui per conservarne l’archivio, è quindi una cosa molto importante.
La sua esperienza che ci porta al 1914 con l’espulsione dell’on. Bissolati dal partito socialista da parte di Mussolini, emissario di Lazzari, contrari – ironia della sorte – all’intervento nella 1^ guerra mondiale dell’Italia, dove lui fu giovane ufficiale. A quell’epoca Meneghetti era un seguace appunto di Bissolati ed iscritto al Partito Socialista.
Nel 1926, dopo ripetute provocazioni fasciste, lascia Padova ed emigra prima all’Università di Camerino e poi da questa a Palermo, dove il Rettore si duole di perdere un uomo del suo valore e rigore scientifico. 

Ritorna nel 1933 e conduce una opposizione al fascismo pur essendo costretto ad iscriversi al PNF coordinando con Silvio Trentin (padre del sindacalista), come lui giovane socialista veneziano di S. Donà di Piave (era docente a Pisa, dove si era laureato), suo grande amico fin dagli anni universitari un folto gruppo di cittadini e di intellettuali che lo seguiranno fino alla Liberazione (qualcuno purtroppo anche lo tradì).
All’epoca aveva quindi aderito a Giustizia e Libertà fondato da Carlo Rosselli esule in Francia. Ritornerà dopo il referendum del 2 giugno 1946, nel Partito Socialista.

Non so come sarà interpretato, ma bisogna pur dire che credeva in un’europa federata e nell’autonomia regionale come Silvio Trentin sulla scorta del disegno di Carlo Cattaneo. Durante la Resistenza oltre a loro c’erano molti docenti universitari (Ezio Franceschini e Lanfranco Zancan ad esempio) Otello Pighin, il tipografo “geppetto” (Zanocco) editore di Pinocchio (le confidenze di Hitler) ed altre categorie.
Ho i brividi quando racconto ciò, perché ho il ricordo di mio padre, richiamato e mandato in Albania e Montenegro dove, catturato agli inizi di febbraio 1942, fu seviziato ed ucciso dalle bande partigiane. Il corpo – recuperato grazie alla targhetta – è seppellito nel Cimitero dei Caduti d’oltremare a Bari (ma vive nel ricordo anche nelle lapidi di Caselle di Selvazzano e Padova). Io avevo un anno e mezzo.

Personalmente sono stato veramente impressionato dalla Sua forza di volontà. Dalla perdita della famiglia – dicembre 1943 – praticamente appena fondato i Comitato veneto di liberazione alla sua cattura da parte della banda Carità, nel gennaio del 1945, dalla quale riesce a ricavare anche atti di bontà quale ad esempio quella del barbiere della stessa. Egli difatti analizza i suoi carcerieri uno per uno, attribuendo a ciascuno “pregi e difetti”.
Era prorettore di Concetto Marchesi, che era riuscito a riparare prima a Milano e poi in Svizzera. “Carità stesso mi strinse le manette ai polsi procurandomi un forte rigonfiamento per la mancata circolazione del sangue, durata per quindici giorni”. Lì riesce a scrivere la lirica “la Partighana Nuda” di cui abbiamo appena sentito una pregevole lettura.

Nel 1945 sotto la Repubblica di Salò – dall’altra parte c’era il Governo Badoglio – ma praticamente sotto occupazione tedesca, viene trasferito a Verona dove viene schetato e spedito al LAGHER di Bolzano per essere trasferito in Germania. Fortunatamente i continui bombardamenti anglo-americani danneggiano i binari e quindi egli rimane in quel lagher praticamente fino alla liberazione.

E’ lì che vede gli orrori dei carcerieri Miscia e Oto, ucraini, che prima uccidono un ragazzo di nome Bortolo Pezzuti (“il giorno di Pasqua; Pasqua di resurrezione“), poi seviziano un’ebrea di cui non sa il nome “l’Ebreeta” che si lascierà morire di fame (“stanote xe morta l’Ebreeta”); che forza riportare queste torture. Egli stesso viene ferito ad un occhio, che rischierà di perdere per aver tentato una reazione verso i carcerieri.
Dai documenti emersi tramite l’ANPI di Bolzano si possono ricavare gli atti del processo ai due ucraini Michail Seiffert ed Otto Sains (Miscia e Oto), criminali patentati.
Rientra subito nel ’45 e viene eletto Rettore fino al 1947. Va detto, chiosando, che nel 1942, nonostante egli non avesse aderito all’imposizione di Mussolini (diversamente da Marchesi) venne proposto dal Rettore ANTI chiaramente fascista, come nuovo Rettore. Tanta era la stima per la sua rettitudine, la sua cultura e tanto il prestigio a livello nazionale ed internazionale. 

Fu Lui a ricevere da Parri all’epoca pres. del Consiglio, la medaglia al valore all’Università di Padova, unica in Italia ad ottenere questo prestigioso riconoscimento. In effetti questo seguiva ad una decisione assunta dal CLN dopo che Meneghetti aveva avuto quel tragico lutto “che mi darà la forza di continuare” affermò.
Oso pensare che se non vi fosse stato lui, vecchio combattente che si era fatto onore anche nella guerra 1915/18, difficilmente Padova avrebbe avuto la forza di essere trainante nel NORD/EST nella lotta di liberazione. Che dire, se non riportare alcuni brani dell’Ebreeta ed alcune note dello storico Romeo.
Stanote xe morta l’ebreeta……”, che troverete nelle prime pagine delle sue poesie. Idem per la “Partigiana nuda” seviziata dalla “banda Carità” a Palazzo Giusti di Padova.
Sono orgoglioso di essere stato, dal 1974 presidente di un Circolo culturale ricreativo che proposi di intestare a Suo nome.