CARTE INEDITE DAGLI ARCHIVI DI BUFALINI: COSÌ ALL’XI CONGRESSO DEL PCI, NEL 1966, NACQUE E MORÌ L’IDEA DI UNA FORMAZIONE UNICA CON I SOCIALISTI

di Pierluigi Battista

Il partito mai nato

Altri tempi, certo. Altro linguaggio, altro stile, altra severità. Tempi di ferro, anche. Tempi in cui il dissenso era scoraggiato e imbrigliato, la linea doveva essere e apparire monolitica, e la disciplina di partito faceva premio sulla libera e «sregolata» articolazione delle idee. Il materiale era custodito da Paolo Bufalini, e la rivista Le ragioni del socialismo diretta da Emanuele Macaluso presentò in un convegno dedicato alla figura del grande dirigente comunista poi scomparso. Documenta un frammento molto importante nella storia della sinistra italiana ed è testimonianza di un nodo tuttora irrisolto della sua identità. Documenta un punto cruciale di svolta, situato nel biennio `65-´66, nella vicenda del Pci e testimonia ancora una volta la centralità della «questione socialista» nella fisionomia politica e culturale della sinistra.

Il materiale contenuto nell´archivio Bufalini si riferisce al dibattito serrato apertosi nel Pci nella prospettiva dell´XI congresso del partito. Il primo congresso del dopo-Togliatti. Con il centrosinistra già avviato, che aveva sancito la rottura tra socialisti e comunisti. E con la prospettiva della riunificazione (destinata, peraltro, a vita effimera) tra i socialisti di Pietro Nenni e i socialdemocratici di Giuseppe Saragat. Il Pci, come ebbe modo di spiegare minuziosamente lo stesso Bufalini in un lungo articolo pubblicato dal Ponte nel 1992, veniva messo di fronte a un bivio. Nel novembre del `64 Giorgio Amendola, rispondendo a una lettera aperta di Norberto Bobbio in cui veniva severamente criticato il metodo con cui era stato destituito Krusciov, lanciò l´idea del «grande partito nuovo della classe operaia»: una formula che stava inequivocabilmente a significare la possibilità di riunire le forze separate dalla scissione di Livorno. Naturalmente la proposta amendoliana non nascondeva affatto un «cedimento» politico e culturale dei comunisti nei confronti delle ragioni dei socialisti.

Anzi, essa veniva motivata dalla convinzione, che oggi appare inevitabilmente datata, secondo cui «nessuna delle due soluzioni prospettate alla classe operaia dei paesi capitalistici dell´Europa occidentale negli ultimi 50 anni, la soluzione social-democratica e la soluzione comunista, si è rivelata fino a ora valida al fine di realizzare una trasformazione socialista della società». Ma la semplice prospettiva di «partito unico» della sinistra italiana ebbe l´effetto di un terremoto nel partito orfano di Palmiro Togliatti. Bufalini racconta l´opposizione di Mario Alicata e soprattutto della «sinistra» interna guidata da Pietro Ingrao. Ma il segretario Luigi Longo incaricò proprio Bufalini di redigere un documento per motivare, racconta il protagonista, «una nostra proposta per l´unità socialista». Altri tempi. Altre liturgie. Altri liguaggi. Bufalini scrisse un corposo documento, quello oggi riproposto da Le ragioni del socialismo, di ben 57 pagine. Ma «il mio vecchio amico Ingrao con affettuosa cortesia manifestò insoddisfazione e dubbi profondi» su quel testo. A Ingrao venne perciò chiesto di rivederlo e di modificarlo. Ma il leader della sinistra interna non si accontentò di varianti minime e la sua revisione si concretizzò nella riscrittura delle prime 35 cartelle del documento in cui l’ipotesi amendoliana del «partito unico» della sinistra veniva radicalmente ridimensionata e rimessa in discussione. In un partito abituato a soppesare ogni parola, a limare con prudenza curiale ogni formula, quella drastica riscrittura non poteva che essere emblema di un dissenso radicale, destinato a manifestarsi nel corso dell´XI congresso del Pci nel `66 dominato dalla contrapposizione tra Amendola e Ingrao.

Il seguito della storia fu tormentato e pieno di ostacoli. Una commissione composta da Longo, Amendola, Enrico Berlinguer, Ingrao, Bufalini, Rossanda, Secchia, Li Causi e Gerratana venne incaricata di redigere un nuovo documento sull´«unificazione socialista». Ma «emersero divergenze sostanziali», con «l´opposizione di sinistra» (Ingrao, Rossanda, Secchia, Gerratana) convinta che «l´unità dovesse perseguirsi tra forze rigorosamente e coerentemente classiste e marxiste». «Nelle votazioni Longo, Berlinguer e Bufalini venivano spesso messi in minoranza» racconta Bufalini, e ne risultò un documento «per tanti aspetti giusto e pregevole, ma per altri compromissorio e incerto e nel quale l´incisività di Longo non c´era più». Altri tempi, perché Bufalini non avrebbe voluto presentare un testo troppo diverso dalla «svolta» che avrebbe dovuto annunciare: «ma allora nel Pci non si usava comportarsi così. Perciò seguii la risoluzione della maggioranza e presentai io il nuovo documento, che d´altra parte riproduceva posizioni unitarie. Vi furono un certo numero di voti contrari “da sinistra”. “Da destra” (si fa per dire) per le mie stesse riserve sopra accennate, votò contro Gerardo Chiaromonte». L´ipotesi amendoliana di un «partito unico della sinistra» che comprendesse comunisti e socialisti venne di fatto svuotata e nell´XI congresso del 1966 lo scontro verrà sterilizzato e ricomposto con un esito immancabilmente (per i tempi) «unitario». Resta la testimonianza di una contrapposizione molto dura e di cui le due versioni del documento scritto da Bufalini e «corretto» da Ingrao (le cui rispettive parti dedicate al «partito unico» della sinistra vengono qui parzialmente riprodotte a mo´ di confronto) sono il segno più significativo.

Resta la percezione di un´occasione perduta e del rifiuto di una svolta che avrebbe costretto i due partiti maggiori della sinistra italiana ad accelerare un chiarimento culturale e politico che si riproporrà drammaticamente solo molti anni più tardi, con le macerie del muro di Berlino e soltanto quando il terremoto giudiziario destinato a travolgere la politica italiana altererà per sempre il confronto tra i socialisti e gli ex comunisti e dopo anni di «duello a sinistra» senza esclusione di colpi in cui l´idea dell´«unità socialista» non riuscirà a decollare. Per colpa di inerzie e radicalismi ideologici che Paolo Bufalini aveva sempre contrastato.

Pubblichiamo il passaggio sul problema dell’unità con i socialisti del documento del 1965 di Paolo Bufalini. E, dopo, le correzioni proposte da Pietro Ingrao.

IL DOCUMENTO PER L´UNIFICAZIONE

Ogni forza porta in questo grande orientamento contenuti particolari in relazione alle diverse posizioni e tradizioni di classe, politiche e ideali. E in tale differenza non vi è solo una difficoltà nuova e profonda per realizzare l´unità, ma vi è anche una nuova ricchezza di contributi positivi. Questa differenziazione è, comunque, la conseguenza e l´espressione di una avanzata, di una estensione del socialismo e come tale deve essere da noi, prima di tutto, considerata. Da qui sorge con forza nuova l´esigenza dell´unità in senso più largo. Da qui deriva il compito preminente di promuovere e costruire una nuova unità…

Il problema decisivo che ci sta dinanzi – a noi, come a tutte le forze socialiste e democratiche – è quello di far sì che tutte le forze, i movimenti, le idee che tendono a dare soluzioni democratiche e in senso socialista alle grandi questioni, riescano a pesare nella vita nazionale molto più di quanto non abbiano fatto finora, in misura corrispondente alla loro effettiva consistenza ed estensione, e possono costituire un fattore determinante di tutta l´evoluzione politica nazionale. «Non si tratta sia ben chiaro – ha detto Togliatti – di proporre un ritorno al fronte popolare» bensì di «aprire, di fronte alle masse popolari, un dibattito programmatico, politico e anche organizzativo per affrontare e risolvere il problema di come sia possibile, oggi, riuscire a dare un´unità a tutte le forze che si richiamano al socialismo». Secondo questa giusta impostazione, l´azione unitaria non ignora differenze e contrasti, ma sollecita il dibattito e l´azione sui punti programmatici, sugli indirizzi politici e anche sulle questioni organizzative. Per una tale via, si può e si deve giungere a superare e porre fine a ogni forma di anticomunismo e di discriminazione politica a sinistra e a porre fine al processo di frantumazione delle forze di sinistra.

Paolo Bufalini

INGRAO: CORRIGE

Il grado di unità delle forze politiche che combattono per il socialismo acquista un peso determinante. Si presenta la necessità di superare la crisi dell´unità d´azione, che negli ultimi anni ha indebolito seriamente la lotta delle forze di orientamento socialista, che ha finito per riflettersi anche sulla forza del movimento rivendicativo e che appare ancora più dannosa nella fase attuale in cui determinati sbocchi politici sempre meno possono essere il risultato di convergenze spontanee e sempre più si presentano come il frutto di un coordinamento di azioni condotte in diversi campi. Ma non si tratta solo di questo. Si presenta il problema di una formazione politica nuova che, per la sua concezione della storia e della società, per le sue basi di classe, per il suo programma politico rispondente ai fini socialisti, per il suo carattere di organizzazione di lotta e per il suo regime di democrazia interna sappia unire in un solo partito di classe il massimo delle forze di ispirazione marxista e sappia impegnarle in una via d´avanzata al socialismo corrispondente alle condizioni del nostro Paese. L´esigenza risponde innanzitutto alla necessità di evitare la frantumazione delle forze, sia di quella che si produce al livello dei quadri e dei militanti in rapporto alla crisi del Partito socialista, sia di quella disgregazione e dispersione silenziosa che si verifica alla base, tra le masse lavoratrici ma va assai oltre tale problema. Essa è motivata dal fatto che siamo in una fase in cui tutto lo scontro di classe investe questioni più avanzate e di fondo e in cui tutta la battaglia per il socialismo – nei suoi contenuti immediati, nella sua strategia generale, nelle sue forme di organizzazione – deve essere adeguata a questo livello e alla posta in gioco».

Pietro Ingrao