DE MARTINO: IL PROFESSORE CHE HA ONORATO LA POLITICA

di Luigi Vertemati |

Chi ha avuto la fortuna di frequentare Francesco De Martino oltre l’ufficialità ha potuto capire il suo modo di essere contemporaneamente professore, uomo pubblico e leader; in lui si fondevano l’amore per l’insegnamento della storia del diritto romano, l’amore per l’Italia, il desiderio di concorrere a cambiare in meglio il paese con forti e solide istituzioni democratiche.

E’ partendo da questo “Professore” che possiamo leggere meglio l’impegno politico di militante, dirigente e leader del Partito Socialista Italiano. Il suo impegno è sempre stato totale anche quando dava l’impressione di essere distaccato, di pensare ad altro; la conferma viene da un curriculum di tutto rispetto che lo ha visto protagonista per decenni della storia d’Italia alla testa dei socialisti italiani.

Durante la resistenza si schiera con il Partito D’Azione al quale si era avvicinato per combattere il fascismo, preparandosi a dare un contributo all’Italia del dopoguerra. Le vicende, divisioni del Partito d’Azione comprese, lo portano, insieme a Lombardi e Foa, a scegliere il PSI come “casa” per la nuova democrazia.

Sono anni difficili. La scissione di Palazzo Barberini indebolisce in modo decisivo la forza dei socialisti, ma sono anche anni di buone notizie: la vittoria repubblicana nel referendum tra monarchia e repubblica e l’approvazione della Carta Costituzionale.

Le basi per una stagione nuova sono state gettate ma l’Italia non sfugge alle regole della “Guerra Fredda”. Lo slancio unitario dell’antifascismo e della resistenza si affievolisce e le divisioni si aggravano. E’ la stagione dello scontro frontale del 1948, la sinistra esce sconfitta anche per l’errore dei socialisti di accettare il Fronte Popolare; responsabile non solo della sconfitta, ma del “sorpasso ” del PCI sul PSI che ha pesato per l’intero mezzo secolo che ci separa da quei giorni.

Dopo queste sconfitte Francesco De Martino, con Lombardi, Mancini e tanti altri rafforzano il gruppo dirigente del PSI guidato da Nenni per incominciare il cammino dell’autonomia socialista.

Lo dicono le pagine dei dibattiti congressuali socialisti degli anni cinquanta a Milano, Torino e Venezia; esse rappresentano lo sforzo e la fatica dei socialisti tutti, nel quale il gruppo dirigente si impegnano a fondo, per far uscire il paese dal clima di guerra fredda, liberandosi contemporaneamente dagli interessati richiami “unitarie” del PCI di Togliatti.

Sono gli anni della rivoluzione democratica ungherese che il PSI sostiene, del “Rapporto Segreto” di Krusciov sul fallimento del comunismo che Nenni e De Martino valorizzano per rafforzare le spinte autonomiste socialista, l’incontro di Pralognan tra Nenni e Saragat, i capi socialisti che nel 1947 non furono capaci di stare insieme.

I primi effetti del boom economico richiedono capacità di governo nuove, in grado di garantire i lavoratori e i governi centristi si dimostrano inadeguati ad affrontare le nuove sfide dell’Italia dell’industrializzazione.

In quegli anni De Martino diventa braccio destro di Nenni, insieme, preparano il terreno per il centro sinistra che, dopo le elezioni amministrative dell’autunno del 1960, non casualmente, trova la sua prima realizzazione con la giunta di centro sinistra al comune di Milano.

La nascita del centro sinistra è operazione difficile. La borghesia industriale rimasta prevalentemente codina è contro, una buona parte della chiesa pone ostacoli, il quadro internazionale non è favorevole; ma le esigenze dell’Italia lo richiedono e, nonostante tante iniziative pericolosamente messe in campo contro, penso al governo Tambroni, nel 1963 nasce il primo governo di centro sinistra.

L’operazione politica socialista iniziatasi nella seconda metà degli anni cinquanta ha successo, è il risultato frutto del lavoro della maggioranza del PSI guidata da Nenni, con De Martino vice segretario.

Dopo il messaggio di Nenni vice presidente del Consiglio: “Da oggi siamo più liberi”, l’impegno politico dei socialisti si estende. Bisogna reggere l’opposizione interna di coloro che, di li ad un anno, organizzeranno la scissione del PSIUP, poi confluito nel PCI a conferma di accordi preventivi.

Le responsabilità di governo impegnano il partito in un confronto sempre più serrato con le varie realtà civili, economiche e sociali che vedono nel centro sinistra l’opportunità per l’Italia di entrare nel novero delle democrazie solide, con un’economia forte e uno stato sociale di garanzia per i lavoratori.

E’ una delle stagioni più importanti e produttive per la qualità del confronto politico e civile che investe tutto il paese e il PSI ne è il motore.

La guida del partito in quei primi anni di governo caricano sul segretario De Martino responsabilità grandi e il “Professore” regge bene; guida il partito in mezzo a tante opportunità ma anche a moltissime difficoltà. Siamo alle riforme del centro sinistra in tutti i settori dalla sanità allo statuto dei lavoratori, dalla riforma della scuola all’istituzione delle regioni, dalla corte costituzionale alla legge sul referendum; tutte conquiste, insieme ad altre, che hanno cambiato l’Italia, la vita di milioni di uomini e donne “dalla culla alla tomba”.

I nemici non sono mancati dentro e fuori il parlamento. Penso alle stragi, alla brigate rosse, ai conservatori annidati nei più diversi settori della vita pubblica e nel “privato arretrato”, ma il PSI ha sempre retto lo scontro assumendosi in tutti i casi le proprie responsabilità.

Una pagina amara, non solo per De Martino, è quella dell’unificazione socialista e della scissione: 1966/1969. In poco più di due anni la speranza di unità viene sconfitta e i socialisti italiani, ancora una volta, dimostrano poca capacità a stare insieme rinunciando a percorrere il cammino di quell’unità socialista che Turati considerava strada obbligata anche per gli scissionisti del 1921.

De Martino lascia la segreteria del partito quando è chiamato alla vice presidenza del consiglio; sono anni molto difficili per lo scatenarsi del terrorismo stragista.

Al governo De Martino non si trovò sempre a suo agio, non era “gestore del potere”; ciononostante seppe svolgerlo con autorevolezza.

Il ritorno di De Martino alla guida del partito avviene nel congresso di Genova del 1972 per l’ottantesimo della fondazione del partito.

Il risultato congressuale consegna la maggioranza all’alleanza tra i demartiniani e gli autonomista guidata da Craxi. Alla segreteria è rieletto De Martino con vice segretari due milanesi: Giovanni Mosca e Bettino Craxi.

Inizia una nuova difficile fase. Nella DC si moltiplicano i distinguo e gli ostacoli all’alleanza con i socialisti crescono; probabilmente c’è il timore di una possibile “concorrenza” socialista tra l’elettorato riformista; nel contempo, a sinistra, il PCI, è impegnato a cercare accordi con la DC aumentando le polemiche con il PSI.

Il clima politico è teso, l’instabilità è quotidiana, come lo sono gli attentati e le stragi.

Ricordo il clima che c’era a Brescia ai funerali dei lavoratori assassinati in Piazza della Loggia.

La necessaria unità contro i criminali che attentavano alle istituzioni democratiche esponevano la democrazia italiana ma, soprattutto a sinistra, il PCI cercava accordi separati con settori della DC mettendosi, spesso, di traverso all’azione politica socialista.

Gli errori di allora pesano ancora oggi nei rapporti a sinistra perpetrando l’anomalia italiana che continua a non avere un grande partito del socialismo riformista come è in tutta Europa.

Il PSI viveva quell’esperienza con disagio e preoccupazione, spesso, nei dibattiti interni alla direzione e al comitato centrale si confrontavano opinioni divergenti, ma le risposte non venivano e la situazione restava bloccata dalla politica di unità nazionale di Berlinguer.

Non erano solo i socialisti ad avere difficoltà, la DC era divisa su tutto, la “maggioranza silenziosa“, un movimento di pressione con caratteristiche populistiche, era la manifestazione più vistosa; nel PCI, che sentiva arrivare il vento negativo dall’est e temeva per il suo futuro, le difficoltà non mancavano.

Ma la politica non poteva abdicare, doveva vincere e il PSI cercò di farlo.

Ricordo due iniziative politiche milanesi di quel tempo per dimostrare quanto era forte e determinata l’azione socialista per un futuro diverso della sinistra.

Non ho mai dimenticato il festoso e soddisfatto sorriso di De Martino e di tutti i dirigenti socialisti al Castello Sforzesco di Milano quando, il 31 Maggio 1975, la federazione socialista milanese organizza, nel cortile della Rocchetta del Castello, una manifestazione del socialismo europeo con: Felipe Gonzales, François Mitterrand, Andrea Papandreu, Mario Soares e Francesco De Martino con la presenza di Carlos Altamirano e Isabel Allende.

Il socialismo democratico e riformista dell’Europa del sud con Francia, Spagna, Portogallo, Grecia ed Italia, unitamente al segretario socialista del Cile in esilio, sono a Milano per dire insieme che il socialismo democratico è vivo e vincente.

Il secondo fatto politico importante è la formazione, sempre nel 1975, di una Giunta di Sinistra al comune di Milano.

Di questi due momenti dell’iniziativa socialista milanese De Martino colse il segnale, unità socialista per una sinistra più forte. Il PCI, impantanato ancora nella logica del comunismo internazionale nonostante i tanti segnali di crisi che ormai arrivavano, fece scelte opposte.

Uno dei crucci di De Martino era proprio l’ostilità a sinistra. L’incapacità del PCI a capire che il tempo per una reale riorganizzazione della sinistra non era molto e passava dal socialismo riformista. Per De Martino la parola socialista continuava ad avere fascino “finche ci sarà disuguaglianza”; come ebbe a dire due anni fa a Paolo Franchi .

Il 1976 è l’anno che vede De Martino sconfitto al Comitato Centrale del Midas.

Le verità su quei giorni non sono ancora note. Troppi “giochi” personali crearono le condizioni per mettere in minoranza il segretario.

La “sconfitta elettorale”, che pure c’era stata, è stata un pretesto. Nelle elezioni politiche degli anni settanta il PSI non arrivò mai al 10%. Non ci arrivò nel 1972 con Mancini che ottenne il 9,4%; nè con De Martino nel ’76 con il 9,6%, ne con Craxi nel ’79 con il 9,8%.

Le difficoltà elettorali erano proprie di una stagione difficile che vedeva i socialisti accerchiati.

Resto convinto che se De Martino e Craxi si fossero parlati prima del Comitato Centrale del Midas probabilmente la storia sarebbe stata diversa; d’altro canto nel PSI era noto che al congresso il “Professore” avrebbe lasciato la segretaria e che il “più adatto” a prendere le redini del PSI era Craxi.

Negli anni successivi De Martino si è gradualmente allontanato dalla vita politica attiva pur continuando a mantenere salda la sua fiducia nel movimento socialista.

Grande fu la soddisfazione del popolo socialista quando il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nominò senatore a vita

De Martino è stato un uomo giusto, un intellettuale stimato, un leader di grandi qualità; diversamente non si spiegherebbe il suo essere stato leader del PSI per oltre quindici anni; anni pieni di successi, di speranze e di difficoltà, sempre affrontate con la convinzione di essere dalla parte giusta, dalla parte di chi tutela le libertà e garantisce pari opportunità.

A lui dobbiamo gratitudine per l’insegnamento e per le speranze che ancora recentemente ci ha trasmesso con i suoi scritti e le sue sobrie conversazioni di uomo giusto.

Grazie compagno De Martino.