I GRUPPI SOCIALISTI FRANCESI ALLA RICERCA DELL’UNIFICAZIONE

Tratto dall’Avanti! dell’11 giugno 1971 |

Dall’inviato Luca Bianchi

Domani a Épinay Sur Seine i socialisti francesi delle varie famiglie tenteranno, per l’ennesima volta, di trovare un accordo per mettere in piedi un partito unico e nuovo. Il congresso dl unificazione durerà tre giorni. Sapremo domenica sera se la vocazione unitaria avrà la meglio sulla vocazione litigiosa che è stata la maledizione della sinistra non comunista francese per tutti questi anni. L’ultimo tentativo unificatorio è avvenuto, come sapete, nel 1969 e finì male, perchè anziché superare le divergenze esistenti tra i vari gruppi le approfondì. Questa volta l’operazione si presenta sotto migliori auspici.

Dopo la rissa del 1969, determinata dalle ambizioni presidenziali del sindaco di Marsiglia Gaston Defferre, e del «leader» della convenzione repubblicana Francois Mitterrand, gli animi ai sono distesi. In più c’è la scadenza del 1973, cioè le prossime elezioni legislative che preoccupano fin d’ora le segreterie di tutti I partiti e che ai socialisti In particolare pongono un problema di vita o di morte: o si presentano uniti e hanno qualche probabilità di sopravvivere e anche di raggiungere qualche buon risultato (è la prima vola che i gollisti affrontano le elezioni senza De Gaulle), o si presentano in ordine sparso e sarà la fine.

Chi partecipa al congresso di Épinay? Chi sono i soci fondatori del partito?

Ci saranno settecentocinquanta della convenzione delle istituzioni repubblicane, cioè della formazione di Mitterand e centocinquanta rappresentanti di vari club e associazioni di carattere socialistico, molte delle quali a ispirazione più cattolica, anzi cristiana, che socialista, come il club «Obbiettivo ’72» diretto da Raymond Buron che fu ministro di De Gaulle e uno dei firmatari del trattato di Evian che ha posto fine alla guerra di Algeria. Due problemi saranno al centro del dibattito: le strutture del futuro partito, l’orientamento politico dello stesso. Per quel che riguarda il primo problema, due tendenze si sono già manifestate. L’una partigiana di una formazione elastica, decentralizzata, desidera stabilire con lo stesso relazioni pressoché permanenti di «riflessione e di azione», l’altra, più tradizionale, che non vorrebbe scostarsi molto dalle strutture attuali del partito socialista.

Della prima tendenza fanno parte Mitterrand, il sindaco di Marsiglia, Defferre, il potente segretario della federazione del Nord, Mauroy. Della seconda, l’attuale segretario del partito Alain Savary, e il vecchio leader Guy Mollet, che ha d’altra parte fatto sapere che non porrà la sua candidatura alla direzione del nuovo partito. Per quanto riguarda gli orientamenti politici, il discorso è più complicato. Sull’obbiettivo finale da assegnare all’azione del partito, le idee non sono molto chiare. La maggior parte dei socialisti francesi sa indicare bene quello che non vuole, ma non altrettanto bene quello che vuole.

Si esclude seccamente sia il modello capitalistico, comunque presentato e condito, sia quello sovietico, che non è più proposto, del resto, nemmeno dai comunisti; e risultano assai diminuiti, ridotti all’ultima minoranza, i partigiani del modello svedese. Resta il discorso su una vaga società fondata sull’autogestione, discorso che è portato avanti soprattutto dai socialisti di provenienza cattolica e che è considerato con molto interesse dal sindacato CFDT, ex sindacato cristiano, che si è schierato apertamente, nel 1970, su posizioni socialiste.

Meno generico il discorso sugli obbiettivi immediati. Tutti auspicano che il partito riacquisti nel Paese il posto che gli spetta; tutti concordano nel ritenere che Il nuovo partito socialista debba presentarsi al Paese come partito di governo, come alternativa, cioè, al gollismo. Ma, anche nell’ipotesi di una rapida crescita, è difficile immaginare che Il nuovo partito possa, da domani, rappresentare, da solo, la forza alternativa al gollismo. Si pone pertanto il problema delle alleanze. E’ previsto un accordo contrattuale con i radicali, e con quei gruppi centristi che non sono stati imbarcati sulla barca governative di Chaban Delmas. Sarà un apporto certo consistente, ma non decisivo. Per vigilare la forza gollista, è necessario anche l’accordo con i comunisti. Il problema dei rapporti con il partito comunista è la questione più importante e spinosa che si pone ai congressisti di Épinay.

Secondo Mitterrand, non c’è dubbio che il nuovo partito si debba accordare con i comunisti, ma non prima di avere raggiunto dimensioni tali che escludano il rischio di apparire dominato dal più forte alleato. Quanto a Savary, cioè all’attuale segretario del PS, egli ha da tempo accettato il dialogo con i comunisti, senza peraltro approdare a grandi risultati, tanto che, alla vigilia del congresso egli ha detto che «le condizioni per realizzare un accordo politico con il partito comunista, ancora non sono riunite. E non soltanto per colpa nostra: c’è per esempio il problema dell’alternanza al potere. Per noi il suffragio universale è sovrano, e nessun regime, nessun partito può sottrarsi al suo giudizio”. Recentemente, i leaders comunisti Marchais, Duclos, e altri, avevano proclamato che una volta realizzata una società socialista, indietro non si torna. Ma hanno anche aggiunto, e confermato in una lettera inviata al congresso di unificazione, essere tuttavia disposti ad esaminare e discutere il problema con i socialisti.