COSTITUENTE NAZIONALE PSE, ‘RIPENSARE LA POLITICA PER VINCERE RASSEGNAZIONE E ASTENSIONISMO’

Intervista a Daniele Delbene | L’umanesimo socialista per disegnare un mondo migliore. Intervista a Daniele Delbene, già presidente della Costituente nazionale PSE e tra i promotori del Manifesto XGLU.IT (www.xglu.it), sottoscritto da oltre settecento persone impegnate sul territorio e condiviso da oltre 15mila giovanissimi sui social. – Proprio dalle pagine di Notizie Geopolitiche, in occasione delle scorse elezioni europee, pur ribadendo la mancanza di formazioni politiche all’altezza aveva comunque invitato al voto prevedendo però la forte astensione. “Astensione che è andata ulteriormente a confermarsi nelle recedenti elezioni regionali liguri, in quelle umbre ed emiliano romagnole. Quali sono le ragioni di questa tendenza? E’ bene ribadire che la partecipazione al voto è l’elemento su cui si fondano le nostre democrazie. L’astensione può essere di tre di tipologie: fisiologica, di protesta e di rassegnazione”. – Si spieghi meglio. “Beh, fisiologica perché c’è sempre e naturalmente una percentuale di persone che provano disinteresse alle dinamiche della società. Di protesta quando non viene riconosciuta credibilità o rappresentanza alle formazioni politiche esistenti, nella politica e nelle Istituzioni. Di rassegnazione quando si ritiene che nulla può essere cambiato con le regole democratiche. Lo stato di rassegnazione è pericoloso perché è il presupposto di vere e proprie rivolte sociali e di gesti estremi dei singoli. Lo stato di rassegnazione può essere ulteriormente indotto quando alcune élite minoritarie, pur di mantenere le proprie posizioni di rendita, propendono per il voto di una minoranza controllabile piuttosto che di quello di una maggioranza incontrollabile. – Ritiene che vi possano essere delle forze che tendono volutamente ad allontanare il popolo dalla partecipazione e dal voto? “E’ doveroso precisare che le cause dall’astensione sono molto profonde e non riguardano solo il nostro paese. Senza entrare in approfondite analisi che non potremmo sviluppare in questa intervista, possiamo limitarci a considerarle una risposta ad un modello che non è più in grado di essere rappresentativo delle istanze delle maggioranze e quindi credibile. La protesta ha lasciato il posto al disinteresse e alla rassegnazione, che può essere identificata nel concetto che “votare non serve a nulla”. – Ritornando alla rassegnazione indotta? “Limitiamoci a porre alcune domande. Questo bipolarismo “forzato per legge”, che obbliga le forze politiche ad uniformarsi su una contrapposizione tra “buoni e cattivi”, “fascisti e comunisti”, non è un ulteriore elemento che contribuisce significativamente all’allontanamento dei cittadini dalla politica?Il sistema elettorale di tipo maggioritario ad esempio nei Comuni sotto i 15mila abitanti non ha contribuito anch’esso alla riduzione del coinvolgimento dei cittadini dal basso? Prima ogni partito presentava la propria lista e in questo modo si coinvolgevano direttamente e indirettamente tanti cittadini. Oggi si presentano generalmente due liste contrapposte. Non parliamo poi della riduzione dei consiglieri comunali: non costavano nulla (ricevono un gettone che non è sufficiente neppure per le spese telefoniche) ma contribuivano al coinvolgimento, al presidio del territorio, alla rappresentanza delle istanze dal basso. Ecc.. Perchè negli ultimi decenni si è voluto ridurre ulteriormente la partecipazione, che già era una tendenza sociale, anche per “per legge”? Si tratta di ingenuità o di cos’altro?”. – Le elezioni europee hanno un sistema proporzionale, però. “Certo, ma quando ci sono tendenze sociali, risultato di decenni di “scollamento” tra sistema e società, e quando queste tendenze sono anche volutamente o indirettamente indotte, non si può pretendere che il tutto si esaurisca o si attenui in un istante. Guardando ad esempio al nostro Paese, come possono i cittadini trovare credibili forze politiche che si presentano autonomamente alle elezioni Europee, quando in tutte le altre competizioni sono di fatto uniformate su due contrapposizioni spesso fondate sul nulla?”. – E’ una tendenza pericolosa… “Certamente. Alla lunga gli interessi rappresentati da poche élite non sono più in grado di contenere il malessere crescente. Le regole non sono più riconosciute, le istituzioni divengono impotenti e si ritorna al caos e alla legge del più forte. E’ la fine della democrazia e della libertà. Il presupposto per il successivo ritorno, dopo il caos, a totalitarismi che, a differenza del passato, sarebbero di portata globale”. – Sempre nell’intervista del maggio scorso faceva riferimento al fatto che le forze sociali, sindacati in primis, si sarebbero fatte parte attiva nel sollecitare “il superamento e la rivisitazione delle forze politiche esistenti perché non più all’altezza delle grandi sfide che ci attendono“. Già negli anni scorsi abbiamo assistito ad imponenti manifestazioni in altri paesi Europei, mentre nel nostro Paese nelle scorse settimane CGIL e UIL hanno proclamato lo sciopero generale per il 29 novembre. Il leader della CGIL ha parlato addirittura di “rivolta sociale”. “I sindacati sono tra gli ultimi presidi organizzati di democrazia e rappresentanza delle istanze sociali diffuse. Lo spirito profondo che animerà del 29 novembre non sarà da ricercare nella sola protesta contro una manovra finanziaria che riguarda il prossimo anno e che pure sarà ovviamente rappresentata dai promotori in primo piano. Dovrà essere interpretato il malessere profondo e diffuso come l’estremo tentativo di lanciare un segnale nella speranza che venga colto dalla politica e dalle istituzioni prima che sia troppo tardi”. – Troppo tardi per cosa? “Troppo tardi per porre rimedio alla mancanza di una visione entro cui gettare le basi per la costruzione di un modello sociale alternativo a quello esistente, che è fondato su una concezione “localistica e nazionale” che appartiene ad una società di fatto superata. Un modello che andava bene nel secolo scorso, ma che oggi genera indirettamente ingiustizie. Se non si interviene tempestivamente, si rischiano grandi conflitti e scontri sociali ingovernabili ed internazionali in un momento storico nel quale, contestualmente, vengono meno anche gli equilibri mondiali che, seppure non democraticamente rappresentativi, avevano garantito più di mezzo secolo di stabilità.Bombardieri e Landini hanno consapevolezza della situazione e chiederanno forti segnali da parte della politica, delle forze politiche e delle istituzioni. Laddove il sistema dei partiti sarà sordo ed incapace, il sindacato si farà di fatto politica”. – Quindi che cosa deve fare la politica? “Deve rinnovarsi nel pensiero, deve riacquisire ragione d’esistenza nel perseguire una visione che vada oltre i confini nazionali e ponga una grande questione …

PARLIAMO DI DAZI

La recente vittoria di Trump, nelle elezioni presidenziali statunitensi, ha riportato all’attenzione politica il tema dei dazi doganali. Penso quindi utile esaminare più a fondo questo tema per aiutarci nel giudicare nel merito questa promessa azione da parte degli USA. Cosa sono i dazi I dazi sono imposte che uno stato applica sulle merci importate. In pratica, quando un prodotto proveniente da un altro paese entra nel territorio di uno stato che ha imposto un dazio, l’importatore deve pagare una somma di denaro allo stato. Il dazio può essere calcolato in percentuale sul valore della merce importata o come un importo fisso per unità. Generalmente a mettere i dazi sono i paesi in cui il costo del bene A è più alto del costo dello stesso bene importato da un paese estero. In tal modo, imponendo un dazio il costo del bene importato si incrementa spostando la domanda verso il bene prodotto internamente. Se ad esempio il bene A costa nazionalmente 100 e il costo del bene importato costa 80, un dazio di 20 rende uguali i costi dei due beni (se il dazio fosse di 10 il costo del bene importato salirebbe a 90 e quindi ancora più conveniente, mentre se fosse 30 non sarebbe più concorrenziale con il bene prodotto internamente). Attenzione esistono strumenti che hanno lo stesso scopo del dazio ma hanno un meccanismo diverso. Penso ad esempio, allo strumento contenuto nell’ Inflation Reduction Act detto anche Ira di Biden. Con questo atto gli USA regalano ad ogni bene prodotto lavorato negli States un bonus che invece è negato agli stessi beni se importati. Invece di imporre una tassa sul bene importato si regala un bonus ai beni prodotti localmente: il risultato è lo stesso.  In una recente intervista l’ex ministro Tremonti richiesto di un parere sull’eventuale imposizione di dazi da parte degli USA ha risposto “è vero che gli USA metteranno i dazi. Ma anche l’Europa li ha. C’è l’IVA sulle importazioni che è di fatto un dazio permanente su tutte le importazioni, da ovunque provengano. E ha un peso enorme (…). Personalmente non conosco la differenza tra dazio e IVA”. Sconcertante risposta che non tiene conto che l’IVA è una imposta sul consumo che colpisce sia le importazioni che le produzioni domestiche mentre i dazi colpiscono solo le importazioni; la differenza c’è e si vede. Globalizzazione Ovviamente l’imposizione dei dazi contrasta la convenienza di consumare beni prodotti all’estero privilegiando i consumi nazionali. Ma è altrettanto ovvio che l’imposizione di dazi spingerà i paesi, da cui si contrasta l’importazione, a imporre a sua volta dei dazi scatenando una guerra commerciale. Inoltre, se un dazio può aiutare la produzione interna in termini di crescita, economia di scala e occupazione, ma a danno del consumatore nazionale, nel lungo termine un eccessivo protezionismo può danneggiare il paese protetto che perde in produttività essendo carente lo stimolo a innovare creato dalla concorrenza di altre imprese.  Storicamente ci sono stati periodi di pesante protezionismo, ma recentemente la strada di un accordo tra molti paesi di puntare ad una limitazione e regolamentazione dei dazi è stata la via prescelta che si è concretizzata, dopo i negoziati dell’Uruguay Round e come successore dei GATT, nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (O.M.C.) conosciuta anche come World Trade Organization (W.T.O). Compito del W.T.O. è quello di stabilire regole commerciali globali, risolvere le controversie internazionali e anche di sostenere i paesi in via di sviluppo. I paesi aderenti al W.T.O. sono 164 cui si aggiungono altri paesi osservatori coprendo così oltre il 90% del commercio mondiale di beni e servizi. Da osservare che i dazi, in talune circostanze, sono ammessi dal W.T.O. in quanto misure ritorsive o compensative di comportamenti scorretti rappresentati da aiuti o sussidi all’esportazione di beni (aiuti di stato) o da operazioni di dumping. Si definisce dumping la pratica di esportare prodotti ad un prezzo inferiore a quello applicato nel mercato domestico Di crescente importanza è l’attività del W.T.O. nel regolamentare ed intervenire contro le barriere non tariffarie; rientrano in questa definizione una vasta gamma di vincoli economici e/o normativi che ostacolano di fatto gli scambi internazionali. E’ chiaro che se l’amministrazione Trump applicasse dazi ingiustificati sconvolgerebbe quel fenomeno detto globalizzazione che stava diffondendosi su tutto il globo, acuendo quel clima di polarizzazione che sta caratterizzando questa fase storica. Effetti dei dazi trumpiani Trump aveva già imposto dazi nel suo precedente mandato nel 2016 sia contro le importazioni dalla Cina che quelle provenienti dall’Europa. Ma i dazi contro la Cina sono parte della guerra dichiarata dagli USA perché quel paese, secondo Trump, ha applicato politiche commerciali scorrette finalizzate ad aumentare enormemente il proprio quantitativo di beni prodotti esportati negli USA. Le misure prese contro l’Unione europea sono invece il risultato dell’esercizio “legale” di un diritto di rivalsa sancito dalle norme W.T.O., compensative in risposta a un comportamento sleale ed “illegale” costituito dagli effetti distorsivi nella competizione degli aiuti di stato di cui Airbus, il colosso europeo dell’industria aeronautica, ha goduto negli anni a danno del suo principale concorrente, il colosso Boeing. Questi dazi “compensativi” hanno colpito il settore agro-alimentare (in particolare quello italiano) perché gli USA possono scegliere liberamente i prodotti sui quali imporre i loro dazi. Infatti, se i dazi avessero colpito l’importazione dal nostro paese di macchinari e di apparecchiature, che sono molto utilizzate dalle imprese statunitensi, i dazi avrebbero causato danni agli USA stessi. E’ da ritenere che anche nella situazione odierna i dazi saranno selezionati accuratamente in modo da creare vantaggi ai produttori statunitensi senza danneggiare le imprese produttive, con conseguenze indesiderate sull’occupazione. A parte la Cina, di cui parlerò più avanti, è mia convinzione che il vero soggetto europeo da colpire, disconoscendo la presenza di un soggetto come l’Europa, sia la Germania la cui vicinanza industriale con la Russia ha sempre creato l’irritazione delle amministrazioni USA. Non dimentichiamo mai come lo strumento di stretta collaborazione tra Germanie e Russia, il Nord Stream Uno e Due sia stato militarmente distrutto e silenziato; un atto di guerra di cui nessuno più …

LA POLITICA NEL CAPOLUOGO JONICO, TARANTO MERITA DI PIÙ

Ciò che i cittadini osservano in una città abbandonata a se stessa non è una politica mirata a un riscatto economico e culturale. Taranto una città che merita di più, molto di più di ciò che il primo cittadino ci offre. Anche la provincia è in grande difficoltà, si è persa quella sinergia tra le cittadinanze joniche e le figure politiche che oramai si alternano più e più volte a gestire la cosa publica. Strane maggioranze non elette salgono e scendono su di una giostra carissima per i contribuenti. Una Politica ripiegata su stessa per uso dei regolamenti Interni e a volte modificati a secondo della volontà del nuovo oligarca tarantino. Non è più una sana gestione, ma una volontà di resistere e mantenere lo status quo, come si è visto nella mozione di sfiducia del Presidente del consiglio Bitetti.Resta da capire a quale “parrocchia ” politica il primo cittadino voglia legarsi definitivamente e con chi accordarsi, visto che è anche presidente della provincia. I cittadini della provincia tarantina restano in attesa di comprendere. Dopo tutto prima o poi si tornerà alle urne e noi non dimentichiamo, chi fa politica seria lo ricorderà ai cittadini.Chi siede tra i banchi del comune tarantino e afferma di rappresentarci deve stare tranquillo, ci troverete pronti in tutta la provincia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA SITUAZIONE AZIENDALE IN ELECTROLUX

La situazione aziendale in Electrolux di Porcia è pesante, ma è soprattutto preoccupante il momento che stanno attraversando le lavoratrici e i lavoratori a cui offriamo la nostra solidarietà. E non da oggi. Conosciamo la storia recente di Electrolux. Una volta superata la crisi del 2008 si sono susseguiti periodi di instabilità e incertezza. L’inizio della crisi attuale risale al periodo prepandemico, ma i primi segnali li abbiamo avuti già nel 2019, quando, per mere scelte economiche, si è deciso di abbandonare fette di mercato importanti di un “buon medio di gamma” che si attestava come prezzi sui seicento Euro (parliamo di lavatrici). Questa fu una scelta “strategica” avventata che di fatto ha comportato la cessione di una gran parte di acquirenti alla concorrenza turca (Beko) e cinese (Haier), pensando che oramai l’economia Europea ancora in ascesa permettesse una scalata verso un mercato di alto e altissimo di gamma con margini di profitto più ampi anche se con vendite contenute. Una scelta dettata dalla sola esigenza di massimizzare il profitto senza tenere conto delle possibili evoluzione del mercato. Oltre a ciò la pandemia ha “drogato” i numeri, perché, pur di mantenere un certo livello di produzione, Electrolux ha riportato nelle fabbriche in Italia anche il medio basso di gamma dal momento che molti competitors si sono ritrovati con le fabbriche chiuse. La crisi energetica, che ha lievitato i costi di produzione, ha fatto il resto. La grande crisi economica che stiamo attraversando e che sta portando un’ondata di recessione mondiale, impoverendo anche quelle fasce sociali di riferimento, ha di fatto dimostrato come le previsioni aziendali siano state fallimentari. Il risultato è stato il crollo di un terzo delle vendite, rendendo i costi di produzione insostenibili, con la conseguenza che l’esposizione debitoria della società, la perdita di valore del titolo in borsa, e i mancati dividendi del 2022/3 per gli azionisti (che potrebbero ripetersi anche quest’anno), stanno facendo chiudere fabbriche del gruppo in tutto il mondo. E chi ci rimette sono sempre e soltanto le lavoratrici e i lavoratori. Inoltre le “grandi menti” hanno pensato bene di vendere quei marchi che generano ancora margini di guadagno, vedi Zanussi o Olimpia, nomi che per buona parte di clienti dislocati nella penisola iberica piuttosto che in Inghilterra equivalgono ad una garanzia di prodotto, nell’illusione di poter così “far cassa” ed arginare le perdite, ma le cose non stanno in questi termini. Sta invece succedendo che questo è un giochino che oramai non può più reggere a lungo dal momento che l’azionista, che è uno specultatore e non un filantropo, ha la vocazione di investire tre per portare a casa quattro e non di certo di adottare una famiglia di lavoratori dividendo con questi ultimi il proprio guadagno.Queste scelte strategiche, derivanti da analisi di mercato fatte con cupidigia nel solo interesse di massimizzare il profitto a breve, unite alla miopia strategica e all’assenza di una seria pianificazione industriale, stanno producendo una grave crisi strutturale che in un prossimo futuro potrebbe portare alla chiusura degli stabilimenti in Italia. All’incapacità di programmazione padronale si aggiunge l’assenza di una politica industriale aggravata dalle scelte di un governo che, “patriota” a parole ma in realtà prono agli interessi statunitensi, ha ostacolato e impedito l’eventuale vendita ai cinesi e ha di fatto chiuso importanti scambi commerciali con la Russia ed i suoi paesi satelliti, con il risultato che questa “follia economica” ha ulteriormente favorito i turchi (Beko) che producono elettrodomestici in Italia poi li spediscono attraverso i loro canali di vendita in questi nuovi, ma solo per loro, mercati. Per concludere possiamo dire che nel nostro paese manca un’idea di Stato, manca un governo serio e responsabile, manca una politica estera lungimirante in grado di interpretare un mondo che si sta evolvendo, manca una seria politica industriale, manca un’unità di Classe in grado di fare invertire la rotta.E’ il caso di ricordarlo a chi non vuol capire: Socialismo o barbarie. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

POLITICA E TECNOLOGIA

Quella che si è svolta recentemente negli USA mi è parsa una delle campagne elettorali più becere e volgari; piena di slogan e di parolacce, di insulti personali e di falsità. Dico subito che il problema non mi pare sia Trump quanto invece quei milioni di cittadini statunitensi che lo votano; ebbene considero il livello medio dello statunitense molto basso come peraltro pare essere il livello intellettuale e culturale; soggetti mediocri dotati di scarso senso critico, attratti da argomentazioni di infimo livello, semplicisti nelle argomentazioni rifuggono dalle argomentazioni più complesse incapaci di sollevare i loro giudizi critici. D’altra parte gli Stati Uniti sono quel paese che, assieme alla Cina, è il più avanzato nella ricerca scientifica, nello sviluppo tecnologico, nella innovazione. Ed è proprio sul fronte della tecnologia, sulle sue scoperte e conquiste che è segnato il cammino del progresso in questa era storica. La tecnologia, a partire dal piccolo strumento manuale usato dall’artigiano, ha sempre più allargato il suo campo di azione, con cicli con una certa ricorrenza storica e temporale, che ha segnato il tempo storico della nostra vita sociale. E negli ultimi anni la tecnologia ha fatto innegabili passi avanti grazie anche e soprattutto alle scoperte scientifiche ed alle loro ricadute sul modo di produrre storicamente determinato. La tecnologia non è socialmente neutrale, quindi ne va analizzata l’essenza in modo approfondito; partirei intanto dalla considerazione che la tecnologia, sia nella fase in cui è semplice strumento di aiuto al lavoro vivo che nella fase in cui lo rimpiazza con l’automazione o addirittura con le vette dell’intelligenza artificiale, si sostituisce al lavoro umano non solo alleviandone la fatica o, visto da un’ altra prospettiva, eliminando posti di lavoro, ma con maggiore efficacia, capacità, produttività; risulta cioè migliore del lavoro umano. Se questo concetto è facilmente accettabile se ci si domanda, ovvero si osserva nella realtà fattuale, ad esempio, se sul piano del moto sia meglio andare a piedi o con un calesse, o con un auto, o con un aereo, o con un razzo. Nessuno mette in dubbio che la tecnologia, nei suoi sviluppi, ha sopravanzato alla grande le capacità umane, pur nella consapevolezza orgogliosa che i prodotti tecnologici sono un prodotto umano, ubbidienti e soggetti al dominio e al comando umano.  Più difficile è l’ammissione che la tecnologia, con l’intelligenza artificiale, possa essere migliore del cervello umano. Su questo fronte si sollevano subito obiezioni di tipo filosofico che affermano che la macchina nelle sue elaborazioni non ha coscienza di quello che, pur con risultati sorprendenti, fa. Il tema se la macchina abbia o meno la coscienza di quello che fa, mi pare un falso problema se si riconosce che la macchina è più capace di noi, che le sue reti neuronali sono più capaci delle nostre, e che quindi può essere di grande aiuto al nostro processo intellettuale purché noi si sia sempre in grado di guidarla, gestirla, dominarla. Basti al proposito ricordare le tre regole di Asimov. Un altro punto da tenere presente è la sinergia tra scienza e tecnologia; la tecnologia è un sottoprodotto della scienza e la scienza è figlia della ricerca. Quindi di fronte all’esaltazione del prodotto tecnologico, sia esso rivolto alla produzione che al consumo, di fronte alla ingenua esaltazione ed enfatizzazione delle svolte epocali a cui è destinata l’umanità grazie alle rivoluzioni tecnologiche, occorre rimandare la nostra attenzione al ruolo della scienza e di conseguenza della ricerca. Su questo fronte Draghi, nel suo rapporto sulla competitività, sottolineando che in Europa siamo indietro di due rivoluzioni tecnologiche (digitalizzazione e intelligenza artificiale) rispetto a USA e Cina, è molto tranciante: o investiamo 800 miliardi l’anno per dieci anni in ricerca e sviluppo, oppure l’Europa è destinata ad una lenta inesorabile agonia. Ecco che allora la via indicata da Draghi diventa, a mio parere, il programma concreto della sinistra europea, superando ogni sovranismo nazionalistico. Ma oltre al rapporto tecnologia-scienza, è evidente che è difficile produrre saperi e prodotti tecnologici senza il sostegno di grandi quantità di capitali; ecco che allora ci si presenta un ulteriore nesso che non è privo di conseguenze. Ecco che allora l’aspetto proprietario, conseguente all’apporto di capitali, comporta una riflessione critica interpretativa del fenomeno fatta da parte dell’economia politica. La ricerca, la scienza, le conseguenti scoperte sono fondamentalmente un processo sociale, il risultato di iniziative fatte dalla comunità nell’ambito statuale; la scuola, l’Università, i centri di ricerca sono a monte del processo di cui stiamo discutendo. Sono le indimenticabili parole e scritti di Mariana Mazzucato a chiarirci i meccanismi mediante i quali il prodotto sociale viene trasferito alla sfera privata. La scelta tra le scoperte da finanziare è esercitata dal venture capital in base alle previsioni di profittabilità della stessa. Una scelta fatta con altri parametri, diversi da quelli della profittabilità, porterebbe molto probabilmente a esiti diversi. E la scelta del finanziamento selettivo tra le scoperte della scienza e della tecnologia segna il cammino del paese; non è quindi indifferente se il criterio di scelta sia il profitto o, ad esempio, il bene comune. Non condivido appieno la tesi operaistica secondo cui (mi riferisco al libro di Andrea Cengia Le macchine del capitale”) “Le macchine e la tecnologia sono attratte dal capitale e, sotto la forma del macchinario, si schierano a suo fianco. Il problema non sono le macchine, capaci di alleviare le fatiche dell’uomo, ma il loro uso capitalistico come dimostra Marx nel Capitale con l’aumento dello sfruttamento dei lavoratori per mezzo dell’introduzione e la presenza del sistema delle macchine nella grande industria che incrementano la loro sussunzione reale”. Nel condividere che “il problema non sono le macchine” ma dell’uso che se ne fa, non credo che lo scopo sia di sfruttare ulteriormente i lavoratori, bensì sia la ricerca di maggior profitto che può comportare la riduzione di bisogno di lavoro vivo e quindi di licenziamenti di massa. Va da sé che produrre di più e diminuire la domanda conseguente al minor ricorso al lavoro vivo, rappresenta una contraddizione di difficile soluzione. Abbiamo quindi una duplice contraddizione: da …

LE MIGRAZIONI, LA LOTTA DI CLASSE E LO SFRUTTAMENTO SPIEGATO CON I POMODORI

In Ghana si possono ottenere ottimi raccolti di pomodori ma in Ghana, così come in altri paesi africani, anziché consumare i prodotti locali si acquistano dall’estero, dall’Europa. Perchè l’Europa, in accordo con quei governi corrotti, glielo impone. Non ci credete? Invece è proprio così. Nel mercato vengono immessi prodotti ad un costo inferiore rispetto a quelli nazionali, tant’è che la domanda, cioè chi acquista, com’è naturale che sia, preferisce chi offre il prezzo più basso. Le multinazionali infatti, vendono un kilo di pomodori a 10 centesimi, sottocosto, quando il prezzo di mercato dei pomodori ghanesi, per consentire un minimo di marginalità, è posto a 45 centesimi. In tal modo le attività agricole ghanesi finiscono per chiudere baracca perché non riescono a sostenere questo tipo concorrenza sleale che prende il nome di dumping sociale. E i lavoratori ghanesi che fanno? E cosa dovrebbero fare secondo voi? Stare lì tutto il giorno a farsi venire l’acidità di stomaco mangiando pomodori a 10 centesimi il kilo? Emigrano ovviamente. E dove? Guarda caso dove si producono quegli stessi pomodori che nel loro paese vengono immessi sottocosto. E cosa vanno a fare in Europa, in Francia, Italia, o in Spagna che sia? Molto spesso finiscono nei campi a raccogliere pomodori, prodotti che poi verranno nuovamente immessi nel loro mercato a 10 centesimi al kilo, sottocosto, per distruggere l’economia locale impoverendo chi ci vive e costringendo nuovi lavoratori ad emigrare. Ovviamente accettando ogni tipo di vessazione, sottopagati in nero, dodici ore sotto il sole, a rinfoltire quell’esercito di riserva del capitalismo, quell’elemento indispensabile di quel meccanismo sociale che si basa sull’accumulazione e sullo sfruttamento. Intanto i lavoratori europei vengono licenziati e con chi se la prendono? Con i capitalisti? Con le multinazionali? Macchè, scherziamo? No, con gli stranieri, con i “negri”. Semplice vero? Dividi et impera. Ah dimenticavo, buon sugo a tutti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA SINISTRA, OGGI

Fermandomi un attimo a riflettere su cosa significhi oggi essere di sinistra, temo di poter giungere alla conclusione che la sinistra è un vero partito conservatore. Conservatore perché, messa alle corde dalla situazione attuale, la sinistra non sa che porsi come difensore delle conquiste fatte dalla sinistra nel passato senza alcuna proposta costruttiva per il futuro. La sinistra negli anni del secondo dopoguerra si è posta come la grande innovatrice sul fronte costituzionale ed economico, ponendosi come vero soggetto “rivoluzionario”,  ovvero come vera portatrice di valori innovativi, di costruttrice di una nuova società solidale che nulla aveva a che fare con il classismo borghese del passato e soprattutto completamente diversa dalla visione sociale del fascismo. La grande positività della sinistra nel secondo dopoguerra è stata la capacità di schierarsi dalla parte della creatività della libertà anche in opposizione ai limiti di un bolscevismo vittima di una logica del potere incapace di perseguire la creatività dell’esplosione della libertà delle classi oppresse. La scrittura della costituzione ha disegnato la percorribilità di una società socialista all’interno delle libertà democratiche, la costruzione di uno stato sociale ha costituito la realizzazione della visione gramsciana dell’eguaglianza, basata sulla trasformazione delle classi subalterne in soggetti consapevoli delle responsabilità di chi deve assumersi la capacità di governare nel concreto il cammino di un popolo. L’assunzione della responsabilità di combattere il fascismo come premessa comune a tutte le forze alla costruzione di una concreta democrazia sostanziale e non formale. L’appello a tutte le coscienze responsabili a collaborare alla costruzione di una egemonia che svilisse la gretta mentalità borghese subalterna al profitto, ha fatto nascere in molti di noi il dovere di porsi come protagonista di una lenta, inesorabile, razionale, graduale, inarrestabile costruzione di un mondo più umano. Ero direttore amministrativo di una multinazionale statunitense con possibilità di carriera trasferendomi negli USA, non avevo problemi nell’immaginare un mio percorso nel futuro per la vita della mia famiglia. Eppure l’ingenua, oggi giudicabile come irresponsabile, mia pulsione per la costruzione dal basso di una società nuova, mi portò a dare le dimissioni per entrare nel movimento cooperativo. Non rinnego la mia scelta, ma constato che non è servita a nulla. La rinascita delle borgate romane che, grazie a Petroselli, da inabitabile rifugio di centinaia di migliaia di persone furono portate ad essere vivibili agglomerati di esseri umani, furono il segno di quanto fosse difficile lavorare per realizzare i progetti della sinistra ma di quanto fosse possibile farlo sull’onda di una comune visione di costruzione di civiltà. C’era nelle discussioni in sezione, nell’incontro tra famiglie di diversa provenienza, nel confronto tra “intellettuali” e strati di popolazione più “incolta”, un vero processo di costruzione congiunta, dell’uno che sentiva il bisogno dell’apporto dell’altro e viceversa, fino a giungere ad una scelta comune. Un processo dalla base, dal basso che preludeva ad un cammino comune per la creazione di una democrazia sostanziale, di un superamento di un secolare classismo razziale. Negli anni questo percorso si è sfaldato. E’ scomparsa ogni idea di un obiettivo da raggiungere se non quello di votare a sinistra (per fare che?) lasciando spazio all’indifferenza sfociata nel non voto, che oggi non è un non voto di ex compagni ma è un non voto di veri e genuini indifferenti. Non abbiamo più quel minimo di progettualità rappresentato persino da quei governi Prodi. Siamo ridotti a difendere l’esistente attaccato da una destra risorgente non solo a livello locale o nazionale, ma mondiale. Ci battiamo per portare la spesa per la sanità dal 6,3 al 7,2 del PIL, ci battiamo per un salario minimo di 9 euro l’ora, ci diamo da fare per organizzare un referendum contro il premierato, un altro referendum per abrogare l’autonomia differenziata, un altro ancora per lo jus scholae. Assistiamo inerti allo stravolgimento della fiscalità, alla violazione di ogni principio di progressività dell’imposta, al furto perpetrato ai danni del lavoro dipendente e dei pensionati. Argomenti forti utilizzabili contro lo sfruttamento dei ceti bassi e medi vengono ignorati anche se violano palesemente la costituzione ed il principio marginalista della progressività. Ci accodiamo supinamente alla concezione del messaggio di “meno tasse per tutti” incapaci di un sussulto morale alla Padoa Schioppa. Non abbiamo una visione per il futuro, se non cercare, da buoni conservatori, di difendere da posizioni obiettivamente soggiacenti, quella parvenza di democrazia che avevamo cercato di creare. Ci limitiamo a difenderci dalle manovre fascisteggianti di una destra che ha il chiaro progetto di abbattere la divisione dei poteri ed arrivare ad un esecutivo assoluto padrone. Noi ci opponiamo alla soluzione albanese del problema immigratorio, ma non abbiamo una proposta alternativa; ci opponiamo al “piano Mattei”, perché non sappiamo in che consista, ma non abbiamo alcun piano alternativo; ci opponiamo al premierato ma non abbiamo una proposta per rimediare ad un bolso sistema di funzionamento delle istituzioni; ci opponiamo ma non abbiamo proposte alternative, non abbiamo creatività. Anche se ci rivolgiamo al socialismo non abbiamo la minima idea di cosa sia questo socialismo, in che cosa si concretizzi, quali obiettivi si ponga.    Eppure ci sono temi enormi di fronte a noi: la subalternità dell’Europa agli USA, la debolezza europea nel campo della rivoluzione tecnologica condotta da USA e Cina, la lenta agonia di una Europa incapace di disegnarsi uno ruolo nella polarizzazione del mondo.  Eppure Draghi ci pone il tema con disarmante concretezza; siamo di fronte all’agonia dell’Europa.  Forse un obiettivo, magari anche solo quello della sopravvivenza, ce l’avremmo. Ma il silenzio è tombale. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL MIO 4 NOVEMBRE

Sono un comune cittadino, come voi; una persona con qualche esperienza e con qualche interesse, che si guarda intorno per cercare di capire come gira il mondo, che prova ad informarsi, che si fa qualche opinione personale su quel che è successo, su quel che succede o su quel che potrebbe succedere; ed è quello che oggi cercherò di proporvi. Innanzitutto voglio dire che questa non deve essere una festa a sé stante. Ad essa se ne collegano altre: il 7 gennaio Festa del tricolore, adottato dalla Repubblica Cispadana a Reggio Emilia nel 1797; il 17 marzo Anniversario dell’Unità d’Italia del 1861; il 25 aprile Festa della Liberazione del 1945; il 2 giugno, data del Referendum istituzionale del 1946. La Costituzione repubblicana e tutte queste ricorrenze insieme – non disgiunte – connotano il nostro Paese e le sue istituzioni ed è giusto considerarle un tutt’uno. Infatti dobbiamo: al 7 gennaio se abbiamo una bandiera nazionale da 220 anni; al 17 marzo se siamo diventati una nazione e non più un insieme scomposto di stati; al 25 aprile se abbiamo chiuso i conti con la 2° guerra mondiale, l’occupazione tedesca e la dittatura; al 2 giugno se siamo passati da uno stato monarchico a una repubblica democratica; al 4 novembre se abbiamo chiuso il capitolo della dominazione asburgica. Così vanno considerate, rispettate e partecipate da tutti/e, al di là di legittime e diverse aspirazioni personali. Oggi festeggiamo anche le nostre Forze armate, che malgrado pesanti vicissitudini ed enormi perdite umane, sono riuscite nel 1918 a farci riconquistare l’indipendenza e la dignità di essere italiani. La gratitudine per chi ha combattuto allora e il rispetto per chi opera adesso per la nostra sicurezza, però, non significano e non devono significare adesione all’idea di guerra. Berthold Brecht ha scritto “La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente”. E, infatti, che cosa è successo dopo la fine della Prima guerra mondiale? La fame, la povertà, le precarie condizioni di vita e di lavoro hanno spinto grandi masse alla lotta e al tentativo di affermare una società più civile; a loro si è opposta la violenza e il richiamo imperioso all’ordine; i risultati sono stati la nascita del fascismo e un’epoca durata oltre 20anni, costellata da guerre di conquista, da persecuzioni razziali e da un folle secondo conflitto mondiale. Anche per questi motivi nella nostra Costituzione è scritto testualmente all’art. 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” Non è un caso se il servizio militare non è più obbligatorio; se abbiamo forze armate volontarie e specializzate, che svolgono sempre più compiti di protezione civile in Italia e all’estero; se intervengono in collaborazione e sotto il comando di organismi internazionali; se si amplia il servizio civile (che auspico obbligatorio per i/le nostri/e giovani); se tante organizzazioni non governative operano per la pace e la ricostruzione in tante aree disastrate del nostro pianeta.  Si dice sempre che l’uomo è un animale sociale; è sicuramente vero, l’uomo ha il bisogno istintivo di vivere con gli altri. Ma la storia ci insegna che l’uomo è anche un animale antisociale; in lui esistono propensione a utilizzare la forza, sete di potere, necessità o desiderio di avere sempre un nemico da combattere o qualcuno da sottomettere. Eppure l’uomo è anche l’unico animale dotato di cervello pensante e di parola per esprimere quel che pensa e queste qualità gli consentirebbero di agire per evitare accuratamente le tragedie alle quali, invece, siamo abituati. Consideriamo anche solo il mondo civile occidentale; non mi pare che l’uso della violenza sia una pratica in via di estinzione. Atti di violenza fisica e di uso delle armi, soprattutto verso i più deboli, costituiscono il pane quotidiano dei nostri telegiornali, che sono ormai diventati strumenti di informazione di pura cronaca nera; pare che abbiano quale unici scopi quelli di spaventare la gente comune e di istigare a un’emulazione molto pericolosa.  Parecchi anni fa consigliavo a dei ragazzi molto giovani di informarsi anche vedendo i telegiornali, perché li ritenevo ancora uno strumento utile. Vi giuro che da tempo ormai non riesco più a guardarne uno per intero e che provo una buona dose di compassione per quei giornalisti il cui lavoro viene così svilito. Che l’uso sconsiderato delle armi porti solo a una spirale senza fine è un fatto inventato; annotiamo quanto avviene negli Stati Uniti e quanto sempre più spesso si segnalino episodi assurdi nella nostra civile Europa. Se ci si abitua così tanto facilmente a maneggiare le armi, la tentazione di farne un uso del tutto improprio, come uccidere-ferire-terrorizzare, si finisce fatalmente per giustificare la guerra come un mezzo privo di alternative. L’Europa occidentale può giustamente vantarsi di vivere in pace da 72 anni, ma non è sempre e ovunque stato esattamente così; soprattutto non è così ai suoi confini orientali, dove si sono riproposte guerre e orrori, che speravamo superati e dimenticati. E la guerra fratricida tra le ex repubbliche jugoslave ha richiamato in molti il ricordo della miccia della Prima guerra mondiale. Se poi osserviamo quello che avviene nel resto del mondo, c’è proprio poco da stare allegri: innumerevoli i focolai di guerra e tantissime situazioni non risolte, o addirittura mai risolte, non fanno altro che alimentare nuovi focolai di guerra e, magari anche, costituire per alcuni un comodo alibi per non smettere di uccidere. E, se alle condizioni da fame presenti in tanta parte del mondo, aggiungiamo le condizioni di paura che i conflitti armati generano (non disgiunti da un fanatismo religioso totalmente assurdo), come si può pensare che …

PARCO “ARCHEOLOGICO SATURO” E LA VOLONTA’ DEI CITTADINI

Ormai nell’ottobre 2024 il Parco Archeologico di Saturo è ancora cantierizzato. La promessa durante una apertura straordinaria (per pochi ) nei primi giorni di giugno, alla presenza dell’ amministrazione comunale di Leporano, di esponenti politici locali, di molte associazioni e della stampa locale, la responsabile della segreteria regionale dei beni culturali, dott.ssa Picarreta, prometteva delle manifestazioni di interesse nel sito e che la fine dei lavori sarebbe arrivata a settembre. Questo sito ricco di storia dal neolitico alla seconda guerra mondiale era visitata da 20.000 visitatori l’anno. Adesso è in parte deturpato per scelte che, a mio avviso, non hanno tenuto conto del luogo in cui il sito si trova. Nel gennaio del 2023 fui allertato della situazione dal fotografo locale Mino Lo Re, fondatore anche della pagina facebook “Anche questa è Taranto” e, come presidente del movimento politico L’Alternativa in quel momento, ci recammo sul sito, abbandonato all’ incuria e alla devastazione. Chiedemmo un tavolo di lavoro con il comune, una giornalista locale e altri cittadini. Dopo qualche giorno fummo invitati al comune. Avevamo delle proposte valide, come ad esempio, una valutazione  tecnica sulla falesia che regge una parte della villa romana che è a rischio crollo da parte dell’ università di bari. Fummo osteggiati a malo modo da parte della consigliere Rosa Greco M5S con delega ai beni culturali, non accettò il nostro aiuto e si oppose alla perizia. Da quel momento interessammo i giornali locali ed emittenti locali e regionali che fecero dei servizi con video foto e interviste, e cominciammo a contattare le istituzioni competenti. Non avendo risposte. Nell’agosto riuscimmo, con l’aiuto del sindaco Dott. Vincenzo Damiano, ad avere una seria pulizia e sfalcio erbacce a rischio incendio. Finalmente l’interesse per il sito si risvegliò, ma dopo riunioni e interviste sui giornali locali, le istituzioni competenti  ripresero i lavori. Ma la situazione del parco ha bisogno di una analisi piu complessa. Il recupero del parco con la Cooperativa Polisviluppo fu in partenza sua responsabilità. Una vera macchina del tempo, dal potenziale turistico e didattico inestimabile. Dopo anni di abbandono a partire dal 2006, questo sito che si trova a Marina di Leporano tra la baia di saturo e porto Perrone, vive un periodo di splendore grazie all’impegno di questa cooperativa archeologica, che favorisce la ripresa degli scavi e da il via alla valorizzazione che, attraverso attività mirate, lo rende punto di riferimento per turisti e cittadini. Servizio Fotografico a cura di Mino Lo Re Rievocazioni storiche, dello sbarco di Falanto e i parteni provenienti dalla Grecia, a cui si risale alla fondazione di Taranto, l’Arkeogiochi, un progetto dedicato alla creazione di in parco didattico, rendono l’area  fruibile anche da parte di bambini e famiglie. La Polisviluppo redige anche un piano di riqualificazione che prevede anche un punto di ristoro, una biglietteria e il proseguo degli scavi. Presentato il progetto subentra la soprintendenza che gestisce il sito. Il progetto ben dettagliato, viene finanziato da 5 milioni  di euro, basato su quello presentato dalla Polisviluppo e redatto dall’ RTP cooperativa Gnosis di Napoli a firma dell architetto Felice Buonfantino. Dopo rimpalli e correzioni varie l’appalto fu infine affidato all’ Ati (associazione temporanea d’impresa) Salvatore Ronga Srl. Nel dicembre del 2020 fu inaugurato  il cantiere alla presenza del sindaco Vincenzo Damiano che consegnò simbolicamente le chiavi alla ditta la cui fine era prevista ad ottobre 2021. Da quel momento si perde la consapevolezza di cosa succede. Nel progetto iniziale c’è la salvaguardia e il restauro di una struttura militare che sorgeva in prossimità della torre cinquecentesca. Invece ad aprile 2021 il primo cittadino interviene sulla stampa locale per fare chiarezza di questa struttura che era parte integrante del paesaggio e caratterizzava il sito e ormai nei ricordi dei cittadini, dichiarano che era non recuperabile e per questo era stata abbattuta. Ma a un certo punto i lavori si fermano e cala il silenzio. A dicembre del 2022 il Responsabile Unico di riferimento, Francesca Marmo segnala la necessità di avvalersi del supporto di un professionista esterno per lo svolgimento dei servizi di supporto al RUP, finalizzati al supporto per gli aspetti tecnici legali e controllo contabile durante l’avanzamento dei lavori. A febbraio viene individuata questa figura nell’ingegnere Pier Luigi Gianforte. Quindi la Soprintendenza Nazionale per il patrimonio subacqueo, di Taranto, Barbara Davidde annuncia l’ inaugurazione per il giugno successivo. Intanto come accennato prima, il parco era in perfetto abbandono alla mercé di tutti. Come raccontavo in qualità di presidente dell’Alternativa allora, e adesso come Coordinatore cittadino di Leporano di Socialismo XXI, continuerò a raccontare la situazione entrando nel merito del progetto del MIC, delle sue incongruenze e mancanze riscontrare tra cosa previsto e cosa è presente. Questo anche alla luce di cosa è stato deciso dal ministero sulla sopravvivenza dei beni storici e archeologici della provincia di Taranto. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SUL VOTO PROVINCIALE A DESTRA

Ho scritto ieri qualche cosa sul voto nel centro sinistra. Qualche cosa: non una “analisi del voto” che è cosa ben piu’ seria e richiede piu’ comparazione di dati e piu’ studio delle dinamiche dei flussi di voto. Diciamo, come sempre, mie opinabilissime impressioni, che cerco di argomentare e motivare, perche’ siano di spunto per ulteriori riflessioni. Lo stesso, opinabilissimo, faro’ ora per il centro destra. VITTORIA DI PIRRO a mio avviso, per tanti motivi. Primo fra tutti l’enorme astensionismo. Significa che restano enormi spazi per capovolgere il risultato alla prossima tornata, convincendo a votare csx una parte di tale area astensionista. Bisogna saperlo fare ma SI PUO’ FARE, i margini, ampi, ci sono. Secondo: il voto complessivo a favore del centro destra si e’ ridotto, e di molto, tanto che la vittoria è avvenuta per una ristretta incollatra e su una sola determinante, squilibrata, Provincia. Se saltera’ prossimamente il sistema Scajolano di potere, saltera’ tutta la regione Liguria. Ed E’ UNA COSA CHE PUO’ AVVENIRE A BREVE. Terzo: il cdx ha creato UN ENNESIMO MOSTRO amministrativo. Bucci è due volte Commissario Governativo alla Vàlpolcevera e alla Diga Foranea del porto di Genova. E si accingerebbe a diventare fra poco Presidente di Regione. Non è un po’ troppo , per un solo uomo? Perche’ possa fare bene tutte e tre le cose?Gia’ a Imperia siamo squilibrati: Uno e Trino, il Sindaco di Imperia, anche Commissario Regionale Ato idrico e Presidente di Provincia.Non e’ un po’ troppo per un uomo solo? Un eccessivo concentramento di poteri? Io credo di si’, che sia un fenomeno patologico della politica. Non vi sono uomini degni , uno per ogni carica? Nessun altro degno nel cdx? E sono pure convinto che, alla fin della tenzone, Scajola Claudio risultera’ INCOMPATIBILE, mentre Bucci risultera’, a sua volta, INELEGGIBILE. Sarebbe giusto cosi’ fosse, per normale buon senso comune: per garantire efficienza del,a macchina pubblica amministrativa e , ultimo ma non ultimo, per prescrizione di leggi sensate che il cdx non vuole rispettare. Ci vorra’ un po’ di tempo, quello non rapidissimo della giustizia amministrativa, ma alla fin fine un verdetto si avra’, tale da rimettere le cose a pisto. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it