NEL SEGNO DI MATTEOTTI

Al Ministro dello Sviluppo economico Sen. Adolfo Urso segreteria.ministro@mise.gov.it  Nella ricorrenza del centenario dell’assassinio del Deputato Giacomo Matteotti il 10 giugno 1924 segnaliamo all’onorevole Ministro l’occasione per un messaggio di rispetto delle libertà politiche e della vita mediante l’emissione di un francobollo commemorativo. Con osservanza. Il Presidente  Avv. Luigi Ferro Al Ministro dell’Istruzione e del merito Prof. Giuseppe Valditara  info@giuseppevalditara.it  Nella ricorrenza del centenario dell’assassinio del Deputato Giacomo Matteotti il 10 giugno 1924 segnaliamo all’onorevole Ministro l’occasione per un messaggio agli studenti, prima della conclusione del corrente anno scolastico, di informazione sulla ricorrenza del triste evento e del ribadimento del rispetto delle libertà politiche e della vita per tutti i cittadini italiani. Con osservanza. Il Presidente  Avv. Luigi Ferro Roma, 21 febbraio 2024 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA GUERRA IN UCRAINA

Il telegiornale del LA7 la definisce una “ritirata momentanea”; Zelensky a Monaco la definisce una scelta intelligente; la Repubblica per la firma di Gianluca Di Feo, inviato in loco, così si racconta:” Quella del centro di Avdiivka non è stata una ritirata, ma una fuga disperata- Molti soldati sono stati uccisi dalle cannonate mentre attraversavano allo scoperto il terreno verso le retrovie; tanti altri sono stati catturati. Le truppe russe hanno filmato i prigionieri, spesso giovanissimi, stremati da settimane sotto le bombe: alcuni tremavano senza riuscire a fermarsi”. La defenestrazione del generale Zaluzhny effettuata da Zelensky, sta lì a testimoniare il fallimento della controffensiva di primavera sfociata nella sfiducia invernale generata dalla mancanza di combattenti di riserva da inviare sul fronte a dare un cambio agli stremati militi attivi ma sempre più affaticati e con decrescente fiducia sulle prospettive future. Zelensky ottiene patti di collaborazione con il Regno Unito, la Germania e la Francia e il nostro ministro degli esteri si appresta ad allinearsi alle scelte degli altri paesi stringendo anche lui, per conto dell’Italia, un patto di collaborazione. Ma a che serve? A sostituirci nei finanziamenti e nella fornitura delle armi agli Stati Uniti? Stiamo per farci carico noi delle difficoltà di Biden, sotto la minaccia di Trump che inviterebbe la Russia ad invadere i paesi NATO non in regola con i contributi pari al 2% del PIL? Siamo seri e non cerchiamo di emulare Mussolini che ha inviato truppe italiane ad invadere l’URSS. Siamo seri e chiediamoci: ● che probabilità ha l’Ucraina di “vincere” la guerra contro l’aggressore? ● in che misura la NATO di Stontelberg sarà coinvolta in questa “vittoria”? ● e quale sarà il livello di coinvolgimento che non sfoci nella terza world war? ● e se l’Ucraina non vince la guerra, con che forza politica siederà al tavolo delle trattative di pace? ● i finanziamenti che diamo, al posto di quelli promessi dagli USA, non dovrebbero essere condizionati a comportamenti razionali dell’Ucraina? ● peggio andrà la guerra per Zelensky, peggio saranno le condizioni per la perdente Ucraina al tavolo della pace; ● e i soldi che diamo a Zelensky non serviranno solo a far morire altri innumeri giovani ucraini? ● ma davvero crediamo che se non vinciamo la guerra in Ucraina, Putin, dopo la figura pietosa che sta facendo con questa guerra, si appresti ad invadere l’Europa libera, ed in particolare quei paesi ex sovietici aderenti a quella NATO che aveva promesso di non oltrepassare il confine dell’Elba? Non vedo queste riflessioni nei commenti degli esponenti politici o dei giornalisti; si riduce tutto alla tra invasore ed invaso e se ne traggono banali conseguenze.  La teorica apertura a negoziati da parte del Cremlino, espressa anche negli ultimi giorni in un’intervista da Vladimir Putin, si basa  sullo status quo dal quale si vorrebbe partire, ossia dal riconoscimento dei territori già annessi, dalla Crimea alle regioni di Lugansk, Donetsk, Zaporizha e Kherson, occupate parzialmente. La posizione ucraina al momento non contempla invece accordi che prevedano la perdita di questi territori. Viceversa Volodymyr Zelensky continua a ribadire l’obbiettivo della riconquista del Donbass e della Crimea sino alla sconfitta definitiva della Russia. Mi pare che la posizione di Zelensky sia assolutamente fuori da ogni concreta logica ed è, a mio avviso, pericoloso continuare ad appoggiarlo rischiando una continua escalation nel conflitto che sempre più coinvolge i paesi NATO. Ma finché alla NATO si persegue una volontà di “vittoria”, si propone una linea che, vista la capacità bellica dell’Ucraina ridotta ad un minimo e sempre più sfiduciata, coinvolga sempre più i paesi NATO, spingendo sempre più verso la terza guerra mondiale. Eppure nella NATO esiste la voce di Erdogan che (sarà quel che sarà sui fatti interni, sarà un dittatore in una democratura, tutto quello che volete) è l’unico a muoversi come dovrebbe comportarsi un paese che nella sua Costituzione ha l’art.11. Al contrario i nostri rappresentanti politici al governo belano come pecore nel gregge dei paesi egemonizzati dagli USA. Ricordo che Erdogan, in risposta al “piano Mattei” che propone un hub italiano dell’energia africana, contropropone, d’accordo con la Russia un hub energetico del gas russo da redistribuire tra i partner occidentali. Certo lo fa pensando ai propri interessi, al proprio paese, cosa che nella politica che il nostro paese sta portando avanti non esiste, neppure a livello solidaristico europeo. Il dilemma sta allora in questi termini: ● si continua la guerra fornendo sempre più armi e sempre più soldi all’Ucraina seguendo la linea Zelensky di perseguire una vittoria che può voler dire lo scatenarsi della terza guerra mondiale; ● o si mettono subito in atto trattative positive con la Russia dove, ribadendo il diritto internazionale, si ricerchi un ragionevole e talora costoso compromesso, atto a sistemare in modo lungimirante la situazione delle province russofone, e ciò prima che la situazione peggiori ulteriormente diminuendo la forza contrattuale dell’Ucraina.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA SANITA’ PUBBLICA TRA INNOVAZIONE E DIRITTI

La sanita’ pubblica e’ un pezzo fondamentale dello stato sociale. Una conquista delle socialdemocrazie europee con la finalita’ di soccorrere le fasce deboli della societa’. Una societa’ giusta e libera e’ una societa’ veramente inclusiva .La salute e’ un diritto. La nostra Costituzione all’Art. 32 tutela la salute quale diritto fondamentale dell’ individuo. Si tratta di un bene costituzionalmente protetto per garantire le cure mediche a tutti, in primis ai meno abbienti. La salute non e’ soltanto un diritto fondamentale dell’ individuo, ma della collettivita’. Un diritto universale che significa mantenere un sistema di assistenza sanitaria in cui a tutti e’ garantito l’accesso gratuito.Cio’ premesso, la tendenza odierna e’ quella di privatizzare la sanita’ pubblica e di esautorare il diritto alla salute. Gli attacchi di questi governo allo stato sociale, quindi anche alla sanita’ pubblica, sono oramai quotidiani e mettono in discussione il principio universalistico delle cure e dell’assistenza sanitaria. Vi sono pronto soccorso (es.Bergamo) dove alcune prestazione sono a pagamento. E il fenomeno sembra allargarsi ovunque a macchia d’olio. Il personale sanitario e’ stato ridotto. E’ demotivato e sottopagato. Tra prepensionamenti e fuga verso il privato, la sanita’ pubblica rischia di collassare. Nel silenzio della politica. Certo, ci sono stati errori commessi in passato anche dal centrosinistra, specie l’aziendalizzazione delle strutture sanitarie pubbliche, ma e’ chiaro il disegno di questo governo: privatizzare e assicurarsi, come negli Stati Uniti o in Inghilterra.Dopo l’emergenza sanitaria da COVID 19, la classe politica si affrettava ad affermare che occorreva migliorare la sanita’ pubblica italiana.Ma quali risultati sono stati raggiunti?In Italia abbiamo circa 59 milioni di abitanti , una popolazione piu’ giovane al sud; piu’ vecchia al nord.Nel nostro Paese abbiamo 1004 istituti di cura di cui 51,4% pubblici e il 48,6% privati accreditati.Il SSN dispone di circa 235.000 posti letto (89,2% nel pubblico). A livello nazionale sono disponibili 4,3 posti letto ogni 1000 abitanti.Negli ospedali pubblici lavorano 131.436 medici ( in Campania e in Lombardia un medico ogni 1000 abitanti).La sanita’ pubblica e privata impiega circa 323.135 infermieri. In dieci anni sono stati chiusi 125 ospedali. Dopo il COVID, altro che implementazione, sono stati tagliati 20.000 posti letto.I medici di famiglia erano 46.900 nel 2011; oggi sono 40.250. Le ASL sono passate dalle 145 nel 2011 alle 99 del 2021.Il rapporto SVIMEZ sulla sanita’ del 2023 registra un tasso di mortalita’ per tumori piu’ elevato al sud rispetto al nord e maggiori flussi migratori per motivi di salute dal Sud verso il Nord. In Campania, ad esempio, per patologie quali l’obesita’ e l’ortopedia che si possono curare restando in loco, i cittadini campani si rivolgono agli ospedali di Bologna o di Milano con costi non sempre sostenibili. Le cifre sono allarmanti e c’è chi soffia sul fuoco e spinge per la privatizzazione del settore sanitario nazionale.Noi vogliamo una societa’ giusta e libera, inclusiva. Da socialisti non possiamo tollerare nuove forme disuguaglianze sociali e la cancellazioni dei nostri diritti, nati dopo anni di lotte e di rivendicazioni. Una situazione che si aggraverebbe ulteriormente con l’autonomia differenziataE allora quale futuro per la sanita’ pubblica italiana nonostante gli attacchi concentrici del governo in carica? Come garantire in futuro cure ed una sanita’ pubblica moderna ed efficiente?Occorre discontinuita’ e difendendo a spada tratta il diritto alla salute e il principio universale dell’ assistenza sanitaria gratuita, è necessario muovere questi passi subito: 1 – Tornare dalle regioni allo Stato, per l’ inadeguatezza delle stesse a gestire i fondi e la spesa nel settore sanitario locale. 2 – No alla autonomia differenziata che aggraverebbe la situazione. 3 – Abolizione o sospensione per alcuni anni dei test di ammissione alle facolta’ di medicina, psicologia e veterinaria, per rinforzare il personale sanitario. 4 – Chiedere al governo di investire adesso e non nel 2026 i fondi del PNRR destinati alla sanita’ pubblica. 5 – Sblocco del turnover nella sanita’.6 rifondare la medicina territoriale la cui assenza affollla i pronto soccorso. 6 – Smaltire le lista di attesa rapidamente. Una battaglia di civilta’. Una battaglia socialista in difesa del diritto alla salute. Per una sanita’ moderna ed efficiente, plurale ed inclusiva. Vicina ai suoi cittadini. A tutti i suoi cittadini, nessuno escluso. IN UNA PAROLA: Giu’ le mani dalla sanita’ pubblica! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PERCHE’ IL SOCIALISMO E’ INCOMPATIBILE CON ALCUNE SCELTE POLITICHE?

di Aldo Potenza – Ufficio di Presidenza Socialismo XXI | Chi pensa che si possa essere socialisti aderendo a Forza Italia, a Italia Viva e ad Azione di Calenda o peggio a Fratelli d’Italia, dovrebbe fare i conti con le scelte programmatiche di quelle formazioni politiche e, ancor prima, dovrebbe preoccuparsi di verificare se esiste condivisione sulle ragioni per cui con la globalizzazione, avvenuta con la liberalizzazione di mercati, si siano create le condizioni che a Rimini abbiamo descritto nel seguente modo:” Se è vero che la globalizzazione guidata dalla ideologia neoliberale ha rappresentato una occasione di sviluppo in alcune aree di sottosviluppo economico, la deregolamentazione dei mercati e la concorrenza fra sistemi sociali e politici molto diversi ha, di converso, prodotto, nell’occidente industrializzato e dotato di avanzati sistemi di protezione sociale, precarizzazione del lavoro, vaste aree di povertà, l’arretramento delle conquiste sociali, l’aumento dell’indebitamento pubblico e privato e le diseguaglianze nella distribuzione del reddito”….”…inoltre si sono diffusi elementi culturali negativi come l’edonismo, l’individualismo, l’egoismo sociale, l’avversione verso la politica, ovvero il contrario della cultura socialista democratica che si riconosce nei valori comunitari, solidaristici e nella democrazia partecipata”. Sono questi i presupposti per valutare se un movimento, un partito o qualunque altra iniziativa politica ha caratteristiche che possono consentire un minimo di convergenza con l’idea socialista. Poi, ovviamente si devono confrontare programmi e la natura della organizzazione politica. Quest’ultima dovrebbe rispondere al criterio della piena partecipazione democratica interna, non alle leadership attorno alle quali si crea il movimento. In altre parole, anche se ciò che sostengo va nella direzione opposta a quella oggi diffusa, è necessaria la formazione di partiti come collettivi pensanti. La democrazia funziona se c’è partecipazione e piena assunzione delle responsabilità di tutti i soggetti che si impegnano in politica. Per questo motivo noi sosteniamo che l’art, 49 della Costituzione debba essere attuato. Che senso ha allora dichiararsi socialisti e poi dimenticare le ragioni del degrado sociale attuale? Rinunciare di andare contro corrente perché l’attuale indirizzo della politica è l’esatto contrario di ciò che la democrazia partecipata richiede? Noi lavoriamo sapendo che ci vorrà tempo perché finalmente si possano riaffermare queste idee, ma credo si possa convenire che proprio la deriva politica attuale, sta facendo scivolare il mondo verso avventure pericolose anche per la pace e la democrazia con la diffusione di governi autoritari nel mondo. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RINO FORMICA: «NENNI ANDAVA IN BESTIA SE SI NOMINAVA MUSSOLINI. BORRELLI VOLEVA DIVENTARE CAPO DELLO STATO»

di Aldo Cazzullo – Corriere della Sera | Rino Formica, lei sta per compiere 97 anni. Come sta? «Bene, anche se sono diventato cieco. Sa, sono sempre stato molto miope…». Però è lucidissimo. L’ultimo grande vecchio della politica italiana. Un superstite. Qual è il segreto? «Vita regolare, niente stravizi, evitare le abbuffate…». È quello che dicono tutti. Qual è il segreto vero? «L’interesse a pensare. Nella vita nulla accade per caso». Nulla? «Tutto ha una giustificazione. E la cosa più interessante è capirla. Sempre rispettando il pensiero degli altri, cercando di comprenderne le ragioni, anche le più sbagliate. Con un sano distacco dalle cose materiali. O meglio cercando l’equilibrio tra la materia e, se non lo spirito, la riflessione». Qual è il suo primo ricordo? «Il treno di ferragosto da Bari a Monopoli, per la festa dell’Assunta, la madonna della Madia». La sua famiglia era religiosa? «No. Papà Giuseppe era un ferroviere antifascista. Ma la gita a Monopoli era il nostro modo di consumare i biglietti premio che riceveva ogni anno. Il nostro grande viaggio». E sua madre? «Mamma Letizia era una d’Auria Filangeri, figlia di un magistrato napoletano». Come mai sposò un ferroviere? «L’amore non conosce pareti». Aveva rotto con la famiglia? «No, ma a Napoli tornavamo solo una volta ogni due anni. Non si viaggiava molto all’epoca. Si scrivevano lettere bellissime». Lei è l’uomo delle massime. La politica è davvero sangue e merda? «Se vuole traduco. La politica è passione e contaminazione. La buona politica è far prevalere la passione sulla contaminazione, o se preferisce il sangue sulla merda». Quando comincia per lei la politica? «I cinque anni tra il 1943 e il 1948 furono formidabili. Tutto accadde allora: la caduta del Duce, la guerra civile, la liberazione, la Repubblica, la scelta atlantica». Lei c’era. «Dopo il 25 luglio partecipai alle riunioni per ricostruire a Bari il partito socialista. Ci trovavamo alla libreria Laterza. I vecchi partiti erano stati distrutti dal fascismo: il carcere, il confino, l’esilio. Bisognava ricominciare daccapo». Chi eravate? «I ferrovieri amici di mio padre, qualche professore antifascista. Avevo un insegnante di religione, fervente repubblicano, che sarebbe diventato arcivescovo di Bari, don Michele Mincuzzi. Mi parlò di un giovane poco più grande di me, dal sicuro avvenire, di cui era il padre spirituale. Si chiamava Aldo Moro». Che ricordo ha di Moro? «Aveva forti convinzioni; infatti poteva permettersi di essere flessibile. Ci ritrovammo a Palo del Colle per un comizio. Moro parlò da un palco con la bandiera monarchica. Gli chiesi: “Scusi, ma don Mincuzzi mi aveva detto che lei era repubblicano”. E lui: “Io sì; ma a Palo del Colle i cattolici sono tutti monarchici”». Moro da adulto fece il centrosinistra con voi socialisti. «Mi disse: prima lo faremo al Nord, poi al Sud. L’ultima città d’Italia ad avere una giunta di centrosinistra sarà Bari». All’inizio del 1944 a Bari ci fu il grande congresso del Cln, il Comitato di liberazione nazionale. «Avevo 17 anni, ero addetto alla vigilanza. La sinistra era molto attiva; meno i popolari e i moderati. Allora due delegati sardi, il socialista Corsi e il liberale Cocco Ortu…». Uno dei pochi che si era opposto a Mussolini già nel 1922. «Lui. Proposero di far cadere la pregiudiziale repubblicana e di accogliere nel Cln pure i monarchici. Due mesi dopo arrivò Togliatti da Mosca e si fece proprio così. Ma sul momento il povero Corsi venne processato e gli fu detto: vattene e fonda un partito socialista monarchico. Era già iniziata la nostra maledizione». Le scissioni? «Lo scissionismo plurale. Nessun partito si è scisso così tante volte. Tutte presentate come purificazioni per ricostruire l’unità dei migliori. Invece hanno frammentato il Psi; fino alla polverizzazione del 1992, quando nel momento più drammatico ognuno badò a se stesso e perdemmo tutto». Nenni com’era? «Da giovane era stato un ribelle. Un rivoluzionario che voleva rovesciare lo Stato». Era amico di Mussolini. «Sì, del Mussolini socialista; ma guai a parlargliene. Quando nel 1971 fu eletto Leone, noi cercavamo di portare al Quirinale Nenni. I capigruppo del Msi alla Camera e al Senato erano miei concittadini e amici: con De Marzio e Di Crollalanza eravamo insieme al consiglio comunale di Bari. Il primo mi disse che si era già impegnato con la Dc. Ma Di Crollalanza rispose: io sto con Nenni, perché il Duce prima di morire ci disse di far riferimento ai socialisti. Anche Niccolai, fascista di sinistra, me lo confermò. Lo riferii a Craxi, che era vicesegretario». E lui? «Mi disse: ti prego, non dirlo a Nenni. Soprattutto, non nominargli il Duce, che lo manda in bestia». Craxi com’era? «Io ho passato una vita con Craxi. Non è che posso così, in due parole…». Craxi era onesto? «Personalmente, sì. Con tutti i dirigenti politici di tutti i partiti aveva in comune una convinzione: la lotta politica ha bisogno dell’arma del denaro; e il denaro si prende dove c’è. Ma la sua storia di esule è una storia di povertà. Mentre si è poi scoperto che molti moralisti erano sul mercato. E pure a buon mercato». Era stato lei però a dire del Psi: il convento è povero, ma i frati sono ricchi. «L’errore fu decentrare la ricerca delle risorse. Tanti si sentirono liberi di procacciarsene per sé e per i propri cari». Anche «nani e ballerine» è sua. «Non volevo essere offensivo, ma dire che quel modo di allargare l’assemblea socialista alla società civile non rispondeva a ragioni politiche, bensì a ragioni pubblicitarie. Nani e ballerine accettarono in modo svagato. Infatti quando scoppiò Mani Pulite tutti i cooptati latitarono. Alcuni negarono proprio. Compreso Dematté, che divenne presidente della Rai». Lei disse che Craxi aveva in mano «un poker d’assi». A cosa si riferiva? «Alle informazioni che i servizi e la polizia avevano fornito ad Amato, che era presidente del Consiglio». Quali informazioni? E come le avevano raccolte? «Erano segnalazioni sul traffico telefonico dei componenti del pool». I servizi spiavano i magistrati di Mani Pulite? «I servizi hanno come compito controllare tutto quello che …

L’INTELLIGENZA INCOSCIENTE

Le discussioni metafisiche sull’intelligenza artificiale affollano le discussioni pertinenti e rimandano, all’indietro nel tempo, alla distinzione fatta da Cartesio, tra res extensa e res cogitans. Il punto della problematica si restringe al seguente tema : è vero che le macchine sono molto più abili dell’uomo a svolgere compiti che l’uomo, dopo averle create, ha affidato loro. L’automobile è molto più veloce del cammino umano, centinaia di muratori con secchi di cemento che salgono decine di piani nei fabbricati in costruzione sono rimpiazzati con molto profitto con una gru. Ma questi sono lavori fisici e con convinzione siamo disposti a ritenere che le macchine sono più brave di noi. Ma se ci interroghiamo sulla capacità di pensare stentiamo a riconoscere che le macchine siano in grado di pensare meglio di noi. Siamo cioè fermamente convinti che c’è un qualcosa nella produzione del nostro pensiero che assolutamente la macchina non può avere. La res cogitans  non può essere generata dalla res extensa; eppure il nostro pensiero è generato dal cervello che è res extensa e perché non potrebbe essere generato da una res extensa elettronica? Nei computers si è replicata una specie di rete neuronale simile al sistema neuroni-sinapsi che opera nella nostra scatola cranica. Si è giunti a definire il nostro cervello come un computer non elettronico ma di carne. Che poi una mosca abbia 5 miliardi di neuroni e l’uomo 10 alla dodicesima potenza di neuroni e il supercalcolatore Cineca riesca ad fare 260 milioni di miliardi di operazioni al secondo dovrebbe farci riflettere sull’apparato tecnologico a disposizione della mente e a disposizione del computer. In effetti oggigiorno tutti operiamo nel lavoro, a casa, in ufficio, con un personal computer che evidentemente è più capace di noi, o è più veloce o non sbaglia mai (se c’è un errore l’abbiamo fatto noi), di fatto riconosciamo la prevalente capacità del computer di operare meglio di noi. Se il computer esegue in pochi secondi lavori per i quali impiegheremmo centinaia di anni facendoli con i nostri mezzi umani, occorre convenire che la macchina elettronica è superiore a noi. Ma, si obietta, il computer è inconsapevole, esegue senza sapere quello che fa: non è cosciente. Se interrogassimo il programma di scacchi che ha battuto il campione del mondo Kasparov, e gli chiedessimo “come hai fatto a vincere la partita?” ci risponderebbe “ad ogni mossa ho esaminato i miliardi di partite a scacchi che avevo simulato attenendomi alle informazioni datemi (ovvero come si muove il pedone, il cavallo, l’alfiere etc) con l’istruzione di mangiare il re. Sono in grado di esaminare 200 milioni di partite simulate al secondo e ho scelto la mossa con maggiori probabilità di vittoria; e ciò ad ogni mossa fino alla vittoria finale”. Ma questo è un ragionamento! La macchina sa quello che fa. Qualcuno può ancora dire che le macchine non ragionano? Sulla base di poche informazioni indispensabili, simulando miliardi di partite, ha immagazzinato in memoria le varie mosse con annessa probabilità di esito positivo, ha interrogato ad ogni mossa la sua memoria ed ha scelto la mossa con maggiori probabilità di vittoria. Ma questo è ragionare. Sarà, dicono gli scettici, ma la macchina non è cosciente; non ha coscienza. Sarà, ma quello che conta per me non è l’esistenza di una coscienza, l’importante per me è che la macchina sia capace di fare le cose meglio di quanto le sappia fare io, e che io sia sempre in grado di governala. Della coscienza posso anche fare a meno. Ma se vogliamo insistere su questo punto pensiamo alla tartaruga di Walter Grey, essa passeggiava nel parco utilizzando l’energia della sua batteria; quando la batteria scendeva al di sotto di un certo livello la tartaruga interrompeva la passeggiata andava alla sua stazione infilava la spina e si ricaricava la batteria. Bene, posso dire che la tartaruga aveva coscienza del suo stato e quando aveva fame andava a rifocillarsi? E posso dire che era cosciente? Certo la sua coscienza era stata programmata, era stata costruita ma anche noi non ci siamo fatti da soli. La coscienza va quindi costruita scrivendo un software, se pensiamo alla costruzione di una coscienza iniziale sensibile alle condizioni esterne dovremo fornire al robot i sensori che possano recepire le condizioni esterne: un sensore per la temperatura, uno per l’ascolto, uno per l’olfatto, uno per il gusto, per la vista. Occorrerebbe poi ponderare i vari livelli di situazioni esterne parametrando i livelli ottimali e scendendo o salendo scalarmente, i livelli dannosi, e le istruzioni, date o costruite dalla rete neurale del robot, per evitare le situazioni dannose e tendere a quelle ottimali. Il risultato sarebbe certamente un robot con una coscienza ambientale, forse limitata rispetto alla nostra (che è sensibile al bello, all’armonioso etc. ma non è detto che non si arrivi anche a tali livelli). Ma il robot potrebbe crearsi una coscienza registrando nella sua memoria i successi e gli insuccessi delle sue ricerche alfine di perseguire le soluzioni positive e rifuggire da quelle negative. Un po’ come opera col gioco degli scacchi dove immagazzina i miliardi di partite simulate in ordine valoriale stabilendo una graduatoria. Soprattutto sono le esperienze negative che dovrebbero costruire una barriera che possiamo definire come “morale”. Ma ritorno sul fatto che all’uomo, come utente, il fatto che la macchina sia o meno cosciente non deve essere preso in considerazione, il farlo sarebbe un inutile esercizio che fa dimenticare la vera finalità dell’I.A.: servire ed aiutare l’uomo nella soluzione di problemi grazie alla sua prepotente capacità di elaborare e trovare relazioni molto meglio di quanto sappia far l’uomo. Non interessa che la macchina si crei una coscienza, al contrario la coscienza, eventualmente, dobbiamo imprimergliela noi per garantirci l’umanità della macchina. E’ quello che ha fatto l’Europa recentemente con l’A.I. act, e nel 2020 il Vaticano con Ethic of the A.I. Utilizzerei comunque le famose tre leggi di Asimov come “morale” della macchina: 1 – Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del …

EUROPA: BUGIE E PERICOLI NEONAZISTI

Come stanno reagendo i tedeschi al pericolo di rafforzamento del partito neonazista AfD (Alternative für Deutschland) ? La stragrande maggioranza dei tedeschi ha capito ciò che è successo nel secolo scorso e non vuole che si ripeta e reagisce con dimostrazioni pacifiche in tutte le principali città della Germania. C’è un fatto sul quale probabilmente pochi hanno fatto i collegamenti che qui riporto. E’ un caso attuale, un fatto di cronaca politica prodotto da chi fa demagogia, alimenta il populismo, crea scontento o sfrutta in mala fede lo scontento che esiste e dice bugie; se riesce a convincere e ad avere consenso elettorale poi chiederà l’ordine, chiederà l’uomo forte che ristabilisca l’ordine e la democrazia e le libertà verranno ridimensionate o vaporizzate. E’ l’estrema destra che si muove in questo senso. Le conseguenze sarebbero un governo autoritario, l’uso della violenza, la negazione di diritti, la persecuzione di chi dissente. Tutto è già accaduto in Germania e in Italia. Pochi giorni fa, in gennaio 2024, Alice Weidel, leader della AfD, il partito neonazista tedesco, ha detto in una conferenza pubblica: <<La Brexit è stata “dannatamente giusta” ed “è un modello per la Germania”>>. AfD è favorevole all’uscita della Germania dall’Unione Europea sul modello Brexit adottato dal Regno Unito. Chiede la “Dexit” (Deutschland exit) (fonte: Huffpost 22.1.2024). Nigel Farage, il politico inglese capo del Movimento che organizzò la Brexit, ha dichiarato alla BBC: <<La Brexit è stato un fallimento>>. Ha attribuito la colpa al governo conservatore nel quadro della concorrenza che l’estrema destra inglese fa alla destra inglese (fonte: Uffpost 16.5.2023). Due politici estremisti di destra dicono l’opposto. Leggendo due dichiarazioni esattamente opposte di due capi estremisti di destra ho voluto approfondire e ho trovato gli effetti dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea pubblicati da un ricercatore indipendente. Eccone alcuni. ● Riduzione dell’economia britannica: 160 miliardi di euro. ● Posti di lavoro persi in Gran Bretagna 1,8 milioni. ● Ogni cittadino inglese ha speso in più circa 2.340 euro nel 2023 solo per l’acquisto dello stesso cibo. Quindi la Alice Weidel è bugiarda e in mala fede e l’intento di rompere l’Europa con l’uscita della Germania e sperare nelle conseguenze nazionaliste lo si intuisce automaticamente. Oppure non è bugiarda, ma lei vuole proprio il disordine europeo che sarebbe causato dall’uscita della Germania che, a differenza della Gran Bretagna che mantenne sempre la sterlina, ha adottato l’euro. L’attuale governo inglese è presieduto da Rishi Sunak, del partito Conservatore, ed è stato sostenitore della Brexit. Sunak organizza una distrazione di massa sulla quale far discutere gli inglesi e distrarli dalla crisi economica che i suddetti disastrosi dati indicano con chiarezza. Lui, Sunak, parla di tutt’altro per far parlare gli inglesi di tutt’altro e sfuggire alle responsabilità dei sostenitori della Brexit. Di che parla? Parla di trasferire gli immigrati in Ruanda. C’è un precedente. Il nazista Hitler fece elaborare un piano di trasferimento di 4 milioni di ebrei in Madagascar. Non lo attuò perché i nazisti non poterono organizzare il trasporto marittimo durante la guerra e allora preferirono gasare gli ebrei. In una riunione a porte chiuse del partito neonazista tedesco nella città di Potsdam nello scorso novembre, hanno parlato di un piano per creare uno “Stato modello” in Africa e trasferirvi 2 milioni di tedeschi immigrati. Lo faranno se vinceranno le elezioni. Questo è il racconto allerta sui pericoli e sulle idee di disordine e di discriminazione, sulle parole facili, demagogiche, populiste, razziste. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA QUESTIONE ENERGETICA

Ho acquistato ed installato i pannelli fotovoltaici. Li ho acquistati con lo sconto in fattura del 50% perché non rientravo nei parametri del 110% altrimenti li avrei pagati zero euro. Da tempo vedevo con favore a questa soluzione energetica che praticamente riesce a catturare l’energia del sole per alimentare i consumi energetici domestici. Sono le 15 ed il sole riesce ancora a darmi 1200 watt che alimentano per 850 watt la batteria e per il resto alimentano la televisione, che mia moglie sta vedendo, il computer che sto utilizzando e la pompa di calore che mantiene a 20° il locale in cui viviamo. Poi quando il sole tramonterà, la batteria, caricata al 100%, alimenterà i consumi di energia e solo a pomeriggio inoltrato accederò al riscaldamento a gas, naturalmente con caldaia a condensazione. Le mie riflessioni sui pannelli fotovoltaici mi hanno portato ad allargare i miei orizzonti pensando alla quantità enorme, infinita, fantastica di energia solare che viene emessa dal nostro principale astro e che se ne va dispersa nello spazio infinito. Inoltre viene anche azzerato il grosso limite dei pannelli solari terrestri che in caso di cielo nuvoloso ma soprattutto di notte non funzionano; lassù a 36 mila kilometri dalla terra il sole splende sempre. Naturalmente ho pensato che se noi riuscissimo a catturare tutta l’energia solare che ogni giorno, 365 giorni l’anno, passa ai bordi del nostro pianeta non avremmo più bisogno del gas russo, del gas liquido che gli USA ci obbligano a comperare per penalizzare il gas russo, del petrolio che arricchisce gli stati del medio-oriente e saremmo finalmente liberati da una delle maggiori cause dell’inflazione economica e daremmo una svolta significativa al problema ambientale. Vedo ora che anche l’Europa ci sta pensando. L’Agenzia spaziale europea (Esa) chiederà ai Paesi Ue di finanziare un progetto di installazione di impianti di energia solare nello spazio. La richiesta dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno con la speranza di dare attuazione al programma Solaris che mira ad esplorare le possibilità di generazione di energia solare dai pannelli spaziali per fornire energia pulita e contribuire alla decarbonizzazione dell’economia Ue. Leggo da Europa today che “L’energia solare spaziale sarebbe un passo avanti importante verso la neutralità climatica e l’indipendenza energetica dell’Europa. Il nuovo modello di produzione energetica prevede la raccolta di energia solare con enormi pannelli in orbita geostazionaria all’altitudine di circa 36mila chilometri. Ogni satellite-pannello solare avrebbe una superficie di circa 15 km quadrati. Le centrali solari spaziali genererebbero energia in modo più efficiente rispetto agli impianti terrestri: secondo gli studi commissionati dall’Esa, infatti, a differenza di quanto avviene sulla Terra, dove tra il 55% e il 60% dell’energia solare in entrata si perde durante l’attraversamento dell’atmosfera, nello spazio non ci sarebbe questo problema.   Fin qui, le note positive. Ma le criticità e i dubbi sulla fattibilità di Solaris non mancano. Il primo riguarda il trasporto sulla Terra dell’energia raccolta nello spazio: l’Esa vuole puntare su un sistema wireless che finora è stato testato su distanze più corte rispetto a quelle previste da Solaris e la cui costruzione richiederebbe almeno 20 anni, secondo uno degli studi commissionati dall’Esa. Senza considerare i problemi di attraversamento di atmosfera descritti sopra.  C’è poi la questione più spinosa: i finanziamenti. Ogni mega-pannello di Solaris dovrebbe produrre 15,7 TWh di energia elettrica all’anno. Per avere un metro di paragone, è poco più di quanto produce in media una centrale nucleare. Costruire e mandare in orbita il primo impianto di questo tipo, costerebbe, secondo l’Esa, intorno ai 20 miliardi di euro, “equivalente alla costruzione di una nuova centrale nucleare”, evidenzia la stessa Agenzia spaziale. I costi dovrebbero ridursi se dal primo sperimentale mega-pannello si passerà alla costruzione di un vero e proprio parco fotovoltaico spaziale. Per coprire almeno il 10% del fabbisogno annuo di elettricità dell’Ue, servirebbero tra i 20 e i 25 satelliti-pannelli. Uno dei due studi dell’Esa, quello realizzato dalla società di consulenza Frazer-Nash, ha stimato un costo totale per 54 satelliti entro il 2070 di 418 miliardi di euro. Di contro, tale impianto porterebbe alle casse dell’Ue benefici pari a 601 miliardi di euro.” Sono convinto che, nelle discussioni politiche, questi argomenti siano molto più importanti che non le polemiche identitarie e che la politica necessiti sempre più di contributi programmatici CON VISIONE, con proposte che guardano ad orizzonti molto più ampli delle prossime consultazioni elettorali europee. Purtroppo se il 50% dei cittadini non va più a votare è l’evidente conseguenza di quel “sonnambulismo” diagnosticato dal CENSIS. Stavo per chiudere l’articolo quando, ascoltando per radio IL PIANO MATTEI, mi rendo conto che le due prospettive sono alternative, quanto meno come investimento di fondi. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IN MEMORIA DI GUIDO ROSSA

Fu un periodo molto difficile, in cui la fragilita’ della nostra democrazia venne fortemente scossa, si incrino’ e poteva rompersi. Uomini semplici, persone comuni si trovarono gettate alla ribalta degli eventi a causa del loro essere convinti difensori della legalita’ dello Stato di Diritto. Una convinzione penetrata a fondo nella coscienza del popolo, che ho avuto modo personalmente di vivere e sentire. Era la Genova ancora industrializzata, con Ansaldo, Italsider, Eridania e le partecipazioni statali, oltre al Porto. C’erano le assemblee operaie e studentesche dove idee anti Statuali e pseudo rivoluzionarie erano penetrate, si diffondevano e “reclutavano” nuovi aderenti,. Il fascino della violenza, e della violenza organizzata e gestita da militanti professionisti del terrore, che abbandonavano la vita comune ed ordinaria di tutti, fatta di famiglia e lavoro, per entrare in clandestinita’ e compiere attentati. Un esercito di armato rivoluzionari o tali si reputavano, contro lo Stato e le sue istituzioni democratiche, per instaurare una tirannide comunistoide. Oggi misuriamo con certezza quanto fosse sconclusionato e folle quel disegno, guidato da “cattivi maestri” i quali agivano nell’ombra e, lo sappiamo con certezza oramai storica, in parte erano eterodiretti: eterodiretti, un parolone per dire che erano “finti rivoluzionari” ma veri agenti al servizio dello straniero, o di forze antidemocratiche eversive anti operaie e anti progressiste, spioni infiltrati da Servizi Segreti delle grandi potenze. Allora chi aveva coscienza democratica, fu chiamato a partecipare alle assemblee di operai e studenti, a contrastare con l’analisi e la forza delle idee di liberta’, emancipazione e progresso l’attacco alle Istituzioni Democtatiche. Genova era “al centro” di quella che era la strategia della tensione e del terrore: come citfa’ socialista e del Triangolo industriale (Milano, Genova, Torino). Ci conoscevamo tutti, a Genova, allora fra militanti dei partiti di sinistra e sindacalisti impegnati quotidianamente in questa azione di contrasto: chi sosteneva in pubblico, nei luoghi di lavoro e di studio, come nelle case dello Studente (ove io come universitario allora vivevo) le cose che ora ho scritto, rischiava….rischiava fisicamente, era additato e messo nel mirino delle “azioni rivoluzionarie armate” di Potere Operaio, Prima Linea, Pcc, Lotta continua, Autonomia operaia e infine Brigate Rosse. Eri un servo dello Stato, un controrivoluzionario, un verme venduto alle strutture repressive del capitalismo borghese, alla “Nuova polizia” . Ci conoscevamo tutti, allora. Io del PSI e i compagni del PCI impegnati di persona a contrastare l’azione di convincimento delle masse da parte di tutte queste “sigle” di pseudo-rivoluzionari violenti e armati. Conoscevo Guido Rossa e lui conosceva me. Onoro oggi, come ogni anno, un compagno che aveva le idee democratiche giuste e le difendeva dove e come poteva, come obbligo di impegno democratico. Caduto per mano vigliacca ed assassina. Onore a Guido Rossa, onore ai caduti per la democrazia cui lo Stato ingrato non da’ ancora oggi i riconoscimenti dei meriti che hanno avuto. Genova, 24 gennaio 1979, muore assassinato il Compagno Guido Rossa Genova, 24 gennaio 1979, muore Guido Rossa, operaio e sindacalista, assassinato dal gruppo terroristico delle Brigate Rosse. Al funerale, cui partecipano 250.000 persone, presenzia il Presidente della Repubblica Sandro Pertini in un’atmosfera tesissima. Dopo la cerimonia Pertini chiede di incontrare i “camalli” (gli scaricatori del porto di Genova). Racconta Antonio Ghirelli, all’epoca portavoce del Quirinale, che il Presidente era stato avvisato che in quell’ambiente c’era chi simpatizzava con le BR ma che Pertini rispose che “proprio per quello li voleva incontrare”. Il Presidente entrò in un grande garage pieno di gente, “saltò letteralmente sulla pedana” e con voce ferma disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!”. Ci fu un momento di silenzio, poi un lungo applauso. Lo spirito di Pertini è sempre con noi e sempre diciamo che noi siamo per la democrazia partecipata, la lotta armata non ci appartiene. Il ricordo di Guido Rossa e del suo coraggio di denunciare un infiltrato della Brigate Rosse in fabbrica ci sia sempre da esempio nella nostra azione politica. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I FATTI DI AVOLA E L’ORGOGLIO SOCIALISTA

di Giovanni Sarta | I “Campagnoli” rivendicavano la parificazione delle zone salariali, più nota come l’abolizione delle gabbie salariali. Dopo tre settimane di scioperi altalenanti, il due dicembre si proclama lo sciopero generale con il blocco totale della strada “Nazionale” all’ingresso di Avola. Io 14enne, abitavo nel casello ferroviario con il passaggio a livello tra Cassibile e Avola. Quella mattina vidi passare una infinità di macchine, camionette e furgoni, autobus della polizia che andavano a fare la guerra ai lavoratori scioperanti; la sera ritornarono tutte da rottamare per le sassate. La polizia non sparò più in aria per intimorire i manifestanti. Persero la vita: Angelo Sigona, 25 anni di Cassibile e Giuseppe Scibilia, 47 anni di Avola; più ben otto feriti, sempre da arma da fuoco. Perde il posto solo il questore, il prefetto no. Sandro Pertini, presidente della Camera espresse la sua preoccupazione di un contagio nazionale. Infatti nell’aprile del 1969 nello sciopero di Battipaglia, morirono due manifatturieri (dello zucchero e del tabacco). Fu l’ultima volta in cui venne consentito alle forze dell’ordine l’uso delle armi contro i manifestanti. Il ministro socialista Giacomo Brodolini abolì le gabbie salariali. Per la sensibilità riformista decise di adeguare le leggi che regolano il rapporto del lavoratore, del datore di lavoro e della rappresentanza sindacale con il mondo del lavoro. Per questo incaricò il socialista Gino Giugni, già professore in Diritto del Lavoro, a realizzare la più grande riforma in materia: la Legge 300/70 (Fu la legge italiana più copiata al mondo). Lo Statuto dei Lavoratori fu approvato alla Camera con l’astensione del PSIUP e MSI e il PCI. I comunisti non votarono nemmeno al Senato abbandonando l’aula (la volevano migliorare, dicono). Il ministro Brodolini morirà prima dell’approvazione della Legge, sostituito da democristiano Carlo Donat-Cattin.  Il PSI e anche la DC, agirono di grande intuito e prevenzione.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it