ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA

di Luigi Ferro – Presidente Socialismo XXI | Cari compagni, il tema delle riforme istituzionali è stato sempre affrontato dalla nostra Associazione. Dalle sue origini. La nostra posizione è sempre stata chiara: SFIDUCIA COSTRUTTIVA e SISTEMA ELETTORALE PROPORZIONALE con la doppia preferenza. E’ sufficiente consultare il nostro sito. Questa è da sempre la nostra posizione!Noi contestiamo tutti i tentativi di modifica costituzionale che tendono a cancellare l’architettura istituzionale del nostro Paese e combattiamo i velleitarismi di una certa politica di procedere in questa direzione a colpi di maggioranza. Le regole si scrivono insieme a tutte le forze politiche che siedono in Parlamento. Devono essere condivise e rappresentare la volontà di una Nazione .Ma le regole devono nel contempo garantire l’unità e la tenuta democratica del nostro Paese. La riforma Meloni, come del resto la legge sulla Autonomia Regionale Differenziata, tradisce i principi fondamentali della nostra Costituzione e le scelte dei nostri Padri costituenti per garantire unità e democrazia.Questo è in discussione ed è per questo che Socialismo XXI esprime la sua CONTRARIETA’ alle riforme istituzionali proposte dal governo. Dal governo, si badi, non dal Parlamento. E cio’ rappresenta un vulnus per la democrazia parlamentare. Se non si comprende questo…Ed infine, l’astensionismo di questi anni non dipende dal tema delle riforme istituzionali, ma dalla incapacità della politica di fare politica. Un Parlamento di NOMINATI, con scarse capacità cognitive e professionali, senza specifiche competenze, eletti dalle segreterie di pseudo partiti per servire il potente di turno e non i cittadini, senza idee e progetti per il futuro del Paese, non ha alcuna attrattiva in una larga fetta di elettorato. Per tali ragioni, chiediamo la modifica del sistema elettorale e non solo questo.La riforma Meloni non deve passare. Non puo!Socialismo XXI ha da tempo denunciato il disegno politico di questa maggioranza e continuerà a farlo.Da veri socialisti combattiamo ogni tentativo che metta in discussione la democrazia in questo Paese. Lo dobbiamo, senza retorica, a coloro che sono morti per la nostra LIBERTA’ Per la democrazia in Italia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

INVESTIMENTI E STATO DELL’OCCUPAZIONE

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Investire in nuove attività produttive quando i fattori della produzione non sono completamente occupati, quando cioè non si è in fase di piena occupazione, è possibile, anzi, secondo Keynes, è doveroso. Se ci sono fattori della produzione non occupati, se c’è disoccupazione un’economia sana e cosciente che bada al benessere e non solo al profitto, farebbe bene attuare progetti di investimento per dare occupazione e contribuire allo sviluppo del Paese. L’investimento, tuttavia, comporta un problema economico da non sottovalutare; esso comporta il fatto che si utilizzano fattori della produzione che, essendo remunerati, richiedono una maggior produzione di beni di consumo, mentre l’investimento in sé per un periodo di tempo più o meno lungo, dipendendo dal tipo di opera che si vuol realizzare, non è produttivo di beni o servizi consumabili. Si crea cioè una discrasia tra domanda e offerta di beni di consumo. Se siamo in uno stato di non piena occupazione la discrasia è sanabile attingendo alla disoccupazione, in caso contrario ci troviamo di fronte a possibili spinte inflattive. Vediamo allora di creare un esempio utilizzando i seguenti dati: Addetti agli investimenti                                a                       10.000 Disoccupati                                                      d                           700 Consumi degli addetti                                     c                            4 Consumi dei disoccupati rispetto a c            e                            2/3 Produzione addetti ai consumi                      p                            52 Addetti ai consumi                                           b = c*(a+de)/(p-c) = 872 La situazione di equilibrio quand’anche in situazione di non piena occupazione si può riassumere nella seguente tabella: A Persone c Consumo p Produzione Investimenti 10.000,00 4,00 40.000,00 0,00 0,00 Disoccupati 700,00 2,67 1.866,67 0,00 0,00 Beni cons. 872,22 4,00 3.488,89 52,00 45.355,56             Totale 11.572,22 3,92 45.355,56 0,00 45.355,56             Questa situazione di equilibrio può, e deve, essere modificata ricercando la massima occupazione dei fattori della produzione incrementando gli investimenti in attività produttive che permettono di assorbire unità lavorative dalla disoccupazione determinando quindi un aumento dei consumi (gli occupati consumano più dei disoccupati) e di conseguenza la necessità di aumentare la produzione dei beni di consumo richiamando a questo settore ulteriori unità lavorative. Supponiamo, ad esempio, di aumentare gli addetti alla produzione di beni di investimento di 600 unità, ciò richiederà di aumentare di ulteriori 17 unità gli addetti alla produzione di beni di consumo così come appare dalla seguente tabella (attenzione la differenza tra prodotto e consumato va da un minimo di 0 ad un massimo di (p-c) non potendo operare con frazioni di unità produttive). B Persone c Consumo p Produzione Investimenti 10.600,00 4,00 42.400,00 0,00 0,00 Disoccupati 83,33 2,67 222,22 0,00 0,00 Beni cons. 888,89 4,00 3.555,56 52,00 46.222,22             Totale 11.572,22 3,99 46.177,78 44,44 46.222,22             La situazione degna di attenzione poiché produttiva di stimoli inflattivi si determina nel caso in cui l’aumento degli investimenti assorbe più della disoccupazione esistente causando di conseguenza un aumento dei consumi maggiore della capacità produttiva del settore di produzione dei beni di consumo.  Vediamo ad esempio che succede se gli addetti alla produzione di beni di investimento superano la disponibilità di fattori della produzione non occupata. Nella tabella seguente viene avviata la produzione di beni di investimento richiedenti l’occupazione di 900 unità produttive; richiesta che oltre ad assorbire tutta la residua disponibilità di fattori della produzione richiede di assorbire unità di fattori della produzione dal settore che produce beni di consumo. Il risultato è che la domanda di consumi eccede l’offerta degli stessi creando uno stimolo inflattivo. Mostriamo quindi i dati di questa situazione: B Persone c Consumo p Produzione Investimenti 10.900,00 4,00 43.600,00 0,00 0,00 Disoccupati 0,00 2,67 0,00 0,00 0,00 Beni cons. 672,22 4,00 2.688,89 52,00 34.955,56             Totale 11.572,22 4,00 46.288,89 -11.333,33 34.955,56             In questa situazione ci sono tre possibili vie d’uscita: 1 – Si riducono i programmi di investimento in misura necessaria al raggiungimento dell’equilibrio; 2 – Si riducono i consumi unitari nella misura necessaria a raggiungere l’equilibrio (ciò non garantisce tuttavia un equilibrio sociale stante i sacrifici chiesti ai fattori della produzione); 3 – Si aumenta la produttività dei fattori della produzione permettendo di raggiungere l’equilibrio (ma l’azione sicuramente positiva comporta che l’aumento della produttività crei la necessità di aumentare le retribuzioni ai fattori della produzione e quindi i conseguenti consumi). Vediamo allora di ricercare il modello che deriva dal punto 1: se si riducono le unità aggiuntive richieste per i nuovi investimenti al numero di 682, otteniamo un risultato di equilibrio che annulla le unità disoccupate in quanto il settore produzione di beni di consumo richiede 18 unità che aggiunte alle 682 richieste dal settore investimenti azzera la disoccupazione. Ecco la tabella conseguente: B Persone c Consumo p Produzione Investimenti 10.682,00 4,00 42.728,00 0,00 0,00 Disoccupati 0,00 2,67 0,00 0,00 0,00 Beni cons. 890,22 4,00 3.560,89 52,00 46.291,56             Totale 11.572,22 4,00 46.288,89 2,67 46.291,56 Se invece attuiamo quanto detto al punto 2 dovremmo ridurre i consumi a 3.47 per trovare un equilibrio, così come esposto nella tabella seguente: B Persone c Consumo p Produzione Investimenti 10.800,00 3,47 37.476,00 0,00 0,00 Disoccupati 0,00 2,31 0,00 0,00 0,00 Beni cons. 772,22 3,47 2.679,61 52,00 40.155,56             Totale 11.572,22 3,47 40.155,61 -0,06 40.155,56 Passiamo infine all’equilibrio che si può raggiungere ai sensi di quanto previsto al punto 3. Notiamo però che nonostante un aumento della produttività del 10% (da 52 a 57.2) serve una lieve riduzione dei consumi da 4 a 3.82 per ottenere un equilibrio che permetta quell’accelerazione di unità nel settore investimenti. Vediamo allo la tabella del caso 3: 3 Persone c Consumo p Produzione Investimenti 10.800,00 3,82 41.202,00 0,00 0,00 Disoccupati 0,00 2,54 0,00 0,00 0,00 Beni cons. 772,22 3,82 2.946,03 57,20 44.171,11             Totale 11.572,22 3,82 44.148,03 23,08 44.171,11 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti …

IL GOVERNO MELONI E L’ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE

di Aldo Potenza – Ufficio di Presidenza Socialismo XXI | La Meloni si è convinta di aver avuto un mandato popolare per modificare la Costituzione in senso presidenziale.Ha più volte sostenuto che avendo scritto nel SUO programma elettorale questa idea, a prescindere dalle tante proposte tradite dal suo governo, la sua elezione sia dovuta anche a questa proposta e che il Governo debba mantenere l’impegno. Voglio ricordare alla Meloni, ammesso che lo sappia, che la Costituzione “NON E’ UNO STRUMENTO PER ASSICURARE I POTERI E STABILIZZARE I GOVERNI, BENSI’ L’OPPOSTO” è, infatti, un patto per dividere i poteri e assicurare i diritti di tutti. Pertanto la modifica della Costituzione non riguarda FdI e nemmeno il suo Governo, ma tutti i cittadini e le forze politiche presenti in Parlamento. La smemorata Meloni e i suoi complici dovrebbero quindi ricordare che la elaborazione di una legge costituzionale dovrebbe essere affidata al Parlamento, non al Governo. La Meloni e i suoi complici al Governo, convinti di rappresentare gran parte del popolo italiano, si ricordano che non hanno avuto alcun mandato popolare così vasto da poter credere di rappresentare la maggioranza degli italiani? Nel 2022 si è registrata la più bassa partecipazione al voto di sempre con 9 punti percentuali in meno del 2018 e il partito della Meloni, avendo ricevuto il 26% dei voti espressi dal 64% degli italiani che si sono recati alle urne, in realtà rappresenterebbe SOLO il 15,6% degli italiani. E QUESTO SAREBBE IL MANDATO POPOLARE COSI’ RILEVANTE DA CREDERE DI ESSERE LEGITTIMATA, INSIEME ALLA SUA MAGGIORANZA DI GOVERNO, a cambiare la Costituzione, a prescindere dalle considerazioni già ricordate che riguardano il ruolo del Parlamento in materia? Siamo ormai nelle mani di gente senza scrupoli, desiderosa di acquisire sempre nuovi poteri. Non basta tentare di dividere l’Italia con l’autonomia differenziata, non è sufficiente ridurre la rappresentanza parlamentare come è avvenuto in precedenza grazie ai grillini e soci, non è nemmeno bastevole a costoro disporre di una legge elettorale che affida ad una ristretta, per giunta mediocre oligarchia, il compito di scegliersi i parlamentari, ora si vuole di più nella speranza che il popolo italiano ormai sfiduciato, distratto dalle guerre, preoccupato del proprio futuro, non abbia più la capacità di ribellarsi di fronte a tanta frontatezza. La speranza è che il disegno di legge costituzionale meloniano possa essere sottoposto a referendum e che ancora una volta i cittadini facciano sentire la loro indignazione bocciandolo. SE GLI ITALIANI NON SI SVEGLIANO ORA SARA’ IN FUTUTO DIFFICILE DIFENDERE I PROPRI DIRITTI. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ANNA LINDH                                                 

di Ferdinando Leonzio | Il socialismo, inteso sia come corrente di pensiero, sia come gruppo poltico organizzato, é stato variamente definito, in base alle posizioni teoriche dei molti pensatori che vi si sono richiamati e alle diverse situazioni storiche e geopolitiche in cui esso si é trovato ad operare. Il tutto comunque unificato peró dalla comune volontá di perseguire la massima democrazia, che altro non é che la socializzazione del potere. Ció, accentuato dallo spirito libertario che ovunque aleggia nel movimento socialista, ha dato vita a diverse scuole di pensiero e quindi a diversi „modelli“ di socialismo;  modelli comunque intesi come strade diverse per raggiungere la meta comune: il socialismo, come connubio indissolubile di libertá e di giustizia. Possiamo quindi storicamente annoverare il modello cileno di Salvador Allende, quello di Lula in Brasile, quello di Dubcek in Cecoslovacchia, quello jugoslavo dell´autogestione, quello israeliano dei kibbuz. Ma quello che qui ci interessa é il “modello svedese“ (o scandinavo, in quanto adottato anche da altri paesi del Nord Europa), cosí ben riassunto dall´autorevole esponente del socialismo svedese e mondiale, Olov Palme[1]: Per noi la democrazia è una questione di dignità umana. Ciò include le libertà politiche, il diritto di esprimere liberamente le nostre opinioni, il diritto di criticare e influenzare l’opinione pubblica. Abbraccia il diritto alla salute e al lavoro, all’istruzione e alla sicurezza sociale. Il “modello svedese“, realizzato gradualmente attraverso i governi socialisti, é riuscito ad ottenere la piena occupazione, un sistema di servizi e di assicurazioni sociali che assiste il cittadino „dalla culla alla bara“, una costante redistribuzione della ricchezza,  mediante una giusta fiscalitá, nel  rispetto delle regole democratiche e con una politica estera di neutralitá[2], che ha assicurato alla nazione scandinava un secolo di pace e di prosperitá[3]. Questa originale costruzione del socialismo, alternativa al capitalismo e al comunismo di stampo sovietico, é dovuta essenzialmente al Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia (SAP). Esso, fondato il 23 aprile 1889[4], pose fra le prime rivendicazioni il diritto di voto, ottenuto nel 1918 per tutti, e le otto ore di lavoro (1919). Il SAP ottenne il suo primo seggio[5] nel Riksdag (parlamento) nelle elezioni legislative del 1896. Nel 1917 subí la scissione che diede vita al partito comunista. A partire da quell´anno é stato spesso al governo, con qualche interruzione, sia in coalizione con altri partiti che da solo. Esso ha costruito un sistema del benessere fra i piú avanzati del mondo ed ha espresso grandi leader come Albin Hansson[6], Tage Erlander[7] ed Olov Palme. Le prime donne socialiste elette al Riksdag furono, nel 1921, la sarta Agdag Ostlund e la fotografa Nelly Thuring, Dal 2021 leader del SAP é una donna: Magdalena Andersson. Nei tempi moderni é presente nel socialismo svedese una forte istanza femminista, un perseguimento dell´uguaglianza in tutte le sue forme e una forte opposizione a tutte le forme di discriminazione, a cominciare da quella razziale. Molte cose sono successe da quando si sono formati i socialdemocratici nel 1889. Il lavoro dei socialdemocratici ha portato la Svezia a diventare una democrazia e una delle nazioni del benessere più importanti del mondo. Per oltre cento anni, i socialdemocratici hanno difeso la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà e la democrazia in Svezia e nel resto del mondo. (dal sito del SAP). Ylva Anna Maria Lindh nacque a Enskede-Arsta (Svezia) il 9 giugno 1957 dal noto pittore Staffan Lindh (1931-2017), attivo socialdemocratico, e dalla maestra elementare Nancy Westman (1932-2005), ma visse a Enkoping, una cittadina nella contea di Uppsala, di cui il padre fu anche consigliere comunale. Cresciuta dunque in un ambiente politicamente orientato, caratterizzato da creativitá, impegno sociale e culturale, Anna entró in politica ad appena 12 anni, nel 1969, iscrivendosi alla locale sezione della Lega Giovanile Socialdemocratica svedese (SSU) e partecipando alle manifestazioni di protesta contro la guerra del Vietnam. Terminati gli studi medi nel 1976, si iscrisse alla facoltá di Giurisprudenza dell´universitá di Upssala e nel 1982 conseguí la laurea, dopo la quale, per circa un anno, lavoró come cancelliere presso un Tribunale  distrettuale di Stoccolma. Il 19 settembre 1982 si tennero le elezioni per il rinnovo del Riksdag[1], che registrarono una grande affermazione dei socialisti (166/349 seggi) e portarono Olov Palme, leader del SAP dal 1969, per la seconda volta alla guida del governo, che manterrá fino alla morte, col sostegno esterno del Partito della Sinistra[2](20/349 seggi). In quell´occasione Anna Lindh entro´ per la prima volta in Parlamento, a soli 25 anni[3]. Nel 1984, in occasione del congresso giovanile, fu eletta segretaria della SSU, prima donna a ricoprire questo incarico in Svezia. Tale carica le consentí di allargare il suo orizzonte internazionale. Nel corso del suo mandato, durato sei anni, fu molto attiva nella lotta contro la corsa al riarmo e si adoperó per affrontare le problematiche internazionali della questione palestinese, del Sudafrica, del Nicaragua e del Vietnam. Pose anche le questioni ambientali all´interno dell´organizzazione, anche per l´impatto che esse potevano avere, ed avevano, sullo sviluppo della societá e dell´economia in particolare. Nel 1990 fu eletta nel Comitato Esecutivo del Partito. Nello stesso anno lasció la segreteria giovanile, per trascorrere piú tempo col suo primogenito David. L´anno dopo sposó il padre del bambino, il politico socialdemocratico Bo Holberg[1], da cui nel 1994 ebbe il secondo figlio Filip. Nello stesso 1991 e fino al 1994 Anna Lindh fu Commissaria per la Cultura e l´Ambiente, nonché vicesindaco di Stoccolma. Nello stesso periodo fu anche Presidente del Consiglio di Amministrazione del teatro di Stoccolma. Si batté molto perché Stoccolma fosse scelta come capitale della cultura europea. Cosa poi realizzatasi nel 1998. Tuttavia il suo impegno nella politica municipale di Stoccolma non duro´ a lungo. Infatti, in seguito alla vittoria socialista[2] nelle elezioni del 18 settembre 1994, il Primo Ministro Ingvar Carlsson[3], la chiamo´ a dirigere il Ministero dell´Ambiente. In tale veste la Lindh si prodico´ per ottenere leggi piú severe a tutela dell´ambiente e maggiore impegno da parte delle aziende per ridurre gli scarichi e limitare l´uso di sostanze chimiche pericolose e additivi per gli alimenti. In Europa si batté per una comune strategia contro le piogge acide. Quando Goran Persson[4], subentrato al …

L’ETA’ DELLA INCERTEZZA

di Giustino Languasco – Coordinatore Socialismo XXI Liguria | Ho messo in pratica quanto nel post: sono andato al Congresso Provinciale di Imperia, di Verdi/ Sinistra Italiana. Ed ho diligentemente ascoltato le prolusione, gli interventi degli ospiti invitati e la illustrazione pubblica della mozione tematica 1. Congresso a Temi: 2 mozioni contrapposte: chi tira per stare col PD mozione (1). Chi vorrebbe allearsi coi 5s mozione (2) , o così mi è parso di capire. Fattore unificante: comunque una alleanza definita “progressista”. (auspicabilmente, nel caso prossimo venturo del Comune di Sanremo” non troppo conservatrice). Stimo e riconosco l’impegno militante di Lucio Sardi e Carla Nattero. Mi sembra che a loro il termine “progressista” vada stretto, e sia piu’ una accettazione, come anche e’ stato accennato, di un compromesso necessario, piu’ che di una convinta aspirazione. Mi paiono, i due, piu’ di “sinistra” ma fanno fatica a pronunciare l’unica parola DEFINITORIA davvero, cioe’ SOCIALISTA. Grande assente questa parola da tutti i discorsi fatti. Quasi fosse un tabu’. Eppure invece E’ IL FUTURO che impone” SOCIALISMO o barbarie”. Giuste analisi, giuste considerazioni ma e’ mancato CORAGGIO: il coraggio di scegliere, dopo una vita di impegno politico e sociale, generosamente speso a favore “di chi ha meno” la UNICA VIA MAESTRA che contiene i germi del riscatto e della emancipazione delle classi subalterme, nella logica intrinseca del capitalismo. Il rischio e’ quello di non avere identita’, ne’ carne, ne’ pesce e fare un piccolo partitino personalistico, dove mantenere la struttura costa piu’ della influenza che esercita. Per uscire da queso che per me è un “cul de sac” politico e di azione amministrativa, anche a “Verdi e Sinistra” verra’ chiesto a suo tempo, ufficialmente, di partecipare al Tavolo di Concertazione delle forze disperse che oggi si autodefiniscono e riconoscono “di ispirazione socialista”. Chissà se, in base agli esiti di questo congresso, potranno aderire. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA MORTE NON DÀ FAMA E RIPOSO

Prof. Giuseppe Scanni – Già Vicepresidente di Socialismo XXI | La guerra cambia natura nelle diverse realtà, che bisogna conoscere per impedire il grande misfatto che è la morte. Chi governa non deve scivolare mai perché sa che si cade sempre dalla parte da cui si pende. Ieri, domenica 29 ottobre, Israele ha avanzato nella Striscia di Gaza entrando nella “seconda fase”, con oltre 450 obiettivi militari di Hamas colpiti in diverse parti dell’area.  Il portavoce delle forze armate israeliane Daniel Hagari ha annunciato che “durante la notte abbiamo ampliato l’ingresso delle forze dell’esercito nella Striscia di Gaza ed esse si uniranno alle forze che già combattono”. “I combattimenti di terra nel nord della Striscia di Gaza continuano, stiamo avanzando nelle fasi della guerra secondo il piano, l’attività di terra è complessa e comporta rischi anche per le nostre forze”, ha aggiunto.  Una dichiarazione che segna l’inizio dei combattimenti all’interno dell’enclave palestinese, parallelamente all’intensificarsi degli attacchi aerei israeliani che non cessano dal 7 ottobre, quando il gruppo islamico Hamas ha effettuato un attacco a sorpresa che ha provocato 1.400 morti in Israele. Nell’attacco il gruppo islamico catturò 230 ostaggi, che rimangono nelle loro mani nella Striscia palestinese.Pur sfiancati dai bombardamenti mirati dell’aviazione israeliana e dalla eliminazione di almeno quaranta dirigenti di Hamas, i terroristi che si sono resi protagonisti di indicibili violenze contro neonati, bambini, giovani, donne, anziani propongono per la liberazione degli ostaggi (circa 230) uno scambio con quasi 6000 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane per atti di terrorismo.Hamas sa che valutare gli ostaggi esclusivamente come scudi umani o, in alternativa, merce di scambio per rimpolpare le sue forze combattenti, non è possibile. Come spesso accade traversiamo una fase conosciuta nella Storia. Quella del dialogo fra soggetti che per motivi diversi non possono ascoltarsi. Così nella notte tra sabato e domenica 29 ottobre, il Primo Ministro di Israele Netanyahu nel corso di un discorso alla Nazione ha dichiarato:  “Ieri sera altre nostre forze di terra sono entrate a Gaza, nella roccaforte del diavolo. Questa è la seconda fase della guerra i cui obiettivi sono chiari: la distruzione delle capacità militari e governative di Hamas e il ritorno a casa degli ostaggi”. Nella mattina di domenica il gruppo “militare” palestinese di Hamas ha risposto sostenendo di voler continuare a resistere. Il portavoce di Hamas a Gaza, Hazem Qassem, ha spiegato all’emittente “Al Jazeera” che “c’è uno stato di fermezza e coraggio tra la resistenza nel difendere la terra”. Rispetto alle trattative sullo scambio di prigionieri, l’esponente palestinese ha sostenuto che Israele “finge di non essere interessata alla questione dei prigionieri, ma alla fine dovrà affrontarla. L’occupazione vende illusioni alle famiglie dei prigionieri israeliani protetti dalla resistenza“. Rispetto invece ai raid aerei su Gaza ha aggiunto: “Il nemico sta praticando un genocidio contro il nostro popolo a Gaza con l’obiettivo di porre fine alla presenza palestinese. È necessario uno sforzo reale per aprire i valichi per portare gli aiuti e rimuovere i casi difficili da curare all’estero”.  Tralasciamo la valutazione che può apparire ridicola del termine genocidio da parte di chi sa che la “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio” (1948), ripresa nello “Statuto di Roma della Corte penale internazionale” (1998) pone come requisito del crimine l’esistenza di un progetto per distruggere in tutto o in parte un intero gruppo etnico o una determinata categoria di persone, e che è proprio Hamas ( come anche Hezbollah) a indicare nello Statuto l’eliminazione degli “ebrei”. Non è una novità. Anzi, è un falso storico indicare il 1948 come data di inizio di una ribellione palestinese repressa nel sangue dai colonizzatori sionisti. In realtà Hamas persegue coerentemente il carattere sistematico e pianificato della “soluzione finale” progettata da Hitler e condivisa e messa in atto dal Gran Muftī di Gerusalemme, Amīn al-Husaynī sin dagli anni 30 (l’allora ministro degli Esteri italiano Galeazzo Ciano affermò, nel 1940, che Il Gran Muftī ed il suo movimento antiebreo era finanziato da anni dai servizi segreti tedeschi e italiani).A partire dal 1941 sino al 1945 la Legione Araba si distinse nella caccia all’ebreo, pianificata dal Gran Muftī il 20 novembre 1941 a Berlino col nazista ministro degli esteri Joachim von Ribbentrop e ratificata nell’incontro con Adolf Hitler il 28 novembre dello stesso anno. Messa da parte la falsità storica dell’accusa di “genocidio” rivolta ad Israele, resta l’analisi della tattica e della strategia perseguita da vari attori nelle guerre più evidenti nei nostri giorni. Dobbiamo registrare che il buon senso dell’Occidente e la prudenza cinese hanno rallentato la corsa alla catastrofe generale nonostante la confusione da stadio che banalizza la tragedia in cori urlati da avversi hooligans di due terribili guerre, quella in medio Oriente e quella che si consuma in Europa, dove il popolo ucraino, letteralmente, si dissangua per sopravvivere, resistere e riaffermare la propria identità opponendosi all’invasione russa. È vero che, come sosteneva Clausewitz (Della guerra) “la guerra rassomiglia al camaleonte perché cambia natura in ogni caso concreto”, ma tali e tante sono state le modificazioni intervenute nei corpi sociali ed economici dei paesi che partecipano alla politica socio-economica del pianeta, che è difficile, addirittura nello stesso paese, individuare con chiarezza quali siano le opinioni e quali i desideri che presidiano alla formazione di politiche , spesso così complesse da essere individuate ( figuriamoci realizzate) nei tempi lunghi. “Le madri e i padri detestano la guerra” sosteneva San Giovanni XXIII, ed io che sono nonno mi immedesimo nelle sue parole, ricordando anche quello che nella stessa epoca (quella della Pacem in terris per intendersi) ammoniva un mio professore ricordando che il demonio è l’amico che non resta mai fino alla fine. Oggi la guerra è per forza di cose sempre asimmetrica. La supremazia negli armamenti nucleari consente un limite di deterrenza alla distruzione totale; la superiorità negli armamenti convenzionali garantisce dalla sconfitta ma non assicura in quanto tale la vittoria. É questa l’epoca delle armi “intelligenti” e distruttrici, ad esempio non esclusivo i “droni”, del dominio delle comunicazioni informatizzate, dell’uso spregiudicato del web e della formazione di opinioni capaci di creare …

RIFLESSIONE SULLA ROBOTICA

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Dal mezzo di lavoro all’automazione L’introduzione in atto ormai da 40 anni dei mezzi di produzione automatizzati ha mutato profondamente il “modo di produzione” riducendo il tempo di lavoro necessario per la produzione dei beni e servizi, in cui il ruolo dei lavoratori è quello di supervisore e controllore dell’operato delle macchine stesse. In questa fase assistiamo ad una grande contraddizione: il prodotto del cervello sociale, ovvero il risultato dell’azione delle forze produttive organizzate, viene utilizzato per ridurre i tempi di lavoro necessario. Oggi il meccanismo è a grandi linee il seguente: la collettività, tramite fiscalità, finanzia il sapere generale, che a sua volta crea nuove tecnologie che vengono utilizzate per ridurre il tempo necessario per la produzione. Ma la riduzione del tempo necessario per la produzione significa meno posti di lavoro, più disoccupazione: in sintesi la collettività finanzia la riduzione dei posti di lavoro, cui pure ad essi ambirebbe. Qui si misura la capacità dei governanti di predisporre un sistema economico, produttivo e sociale consono alle nuove esigenze. Nel concreto oggi la mancata corrispondenza delle competenze dell’aspirante lavoratore ed i bisogni del datore di lavoro è una contraddizione che l’attuale politica è incapace di affrontare. E ciò nel tempo in cui la tecnologia 5G, alla base dell’invasione delle applicazioni IOT (internet of things), è acuita dalla lotta concorrenziale tra Stati Uniti e Cina per l’egemonia economica nel XXI secolo, con il restante mondo che arranca per stare alla pari e non essere colonizzato dalla scienza altrui. Una economia completamente robotizzata Può sembrare una curiosità da fantascienza, quella di immaginarsi una economia completamente robotizzata, in cui tutto è prodotto (anche meglio) nelle quantità (anche maggiori) oggi prodotte, senza l’intervento del lavoro (immediato) umano, nemmeno di quello digitalizzato e professionalizzato in quanto le macchine sono in grado di riprodurre macchine ancor più intelligenti. Di fronte ad un simile nuovo modo di produzione sorgono spontanee alcune domande: ● Siamo ancora in presenza di un modo di produzione industriale? ● Quale modello redistributivo può essere coerente con questo nuovo modo di produzione? Nel nuovo modo di produzione, i possessori dei mezzi di produzione non potranno ignorare a lungo che esiste una massa di ESCLUSI dall’innovazione, che, espulsi dal mondo del lavoro immediato ed in mancanza di un reddito purchessia, costituiranno una massa i cui bisogni di sopravvivenza dovranno in qualche modo essere soddisfatti, al fine di non ingenerare processi irrisolvibili se non mediante guerre. Ecco che allora nasce la necessità di redistribuire il prodotto del processo produttivo in modo adeguato a non mettere in crisi il modo di produzione stesso. Una soluzione socialista Ci troviamo, come abbiamo visto, di fronte ad una prospettiva preoccupante cui i socialisti sono chiamati a dare una risposta per evitare il pericolo di un neo-schiavismo; una volta ancora ci troviamo di fronte all’alternativa: socialismo o barbarie. Il percorso da intraprendere sin da ora, da subito è quello della socializzazione dei frutti della produttività. Ribadiamo che occorre partire da subito perché in caso contrario il processo di totale appropriazione del sapere sociale da parte del nuovo modello capitalistico ci porrà di fronte al fatto compiuto, rendendo sterile ogni tentativo tardivo di modificare il processo. La socializzazione dei frutti della produttività inizia dalla presa di coscienza del fatto che la tecnologia (la digitalizzazione, la robotizzazione, l’internet of things, i big data, l’intelligenza artificiale, il machine learning etc.) è un prodotto sociale, è il frutto del sistema scolastico, delle università, dei centri di ricerca, è cioè il frutto di un investimento sociale finanziato con i soldi dei contribuenti. Val la pena allora riportare l’art.42 della nostra Costituzione “La proprietà è pubblica o privata. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. Rifacendosi al pensiero di Paolo Sylos Labini e di James Meade proponiamo una possibile socializzazione dei mezzi di produzione, quale presupposto per un nuovo modello redistributivo in cui il tempo sociale, liberato dal tempo necessario per la produzione (liberazione dal lavoro), viene impiegato per fini più consoni alla natura umana quali lo studio, la cultura, la crescita intellettuale, lo svago, l’arte, in una parola un nuovo umanesimo. Come primo passo Gli incentivi che oggi non hanno vincoli di sorta vanno trasformati in apporto di capitale sociale nelle imprese 4.0, mediante un Fondo di Investimento Sociale che rappresenti la proprietà sociale sui mezzi di produzione generati dal sapere sociale. Con questo sistema l’impresa ha il vantaggio di godere di un incentivo che non va al capitalista sotto forma di maggior dividendo, ma ad incrementare il capitale sociale di un nuovo socio rappresentato dal Fondo di Investimento Sociale. Tale Fondo sarà alimentato da ogni beneficio fiscale quale la decontribuzione, i bonus, le defiscalizzazioni etc. così come potrebbe essere finanziato in occasione dei rinnovi contrattuali prevedendo clausole che destinano nuove risorse ad esso. Quest’ultimo punto è estremamente importante per coordinare la nostra proposta con le forze sindacali, rendendole così partecipi nella politica della produttività. Altra fonte di finanziamento potrebbe essere una nuova imposta di successione rivisitata anche alla luce dell’insegnamento di Luigi Einaudi per quanto riguarda l’eguaglianza dei punti di partenza. L’idea che proponiamo non è poi così nuova, se vogliamo trovare un precedente cui, lo confessiamo, ci siamo riallacciati, è il Piano Meidner de “Capitali senza padroni”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SOCIALISMO XXI, ASSEMBLEA ISCRITTI TOSCANA

Filippo Vasco – Coordinatore Socialismo XXI Toscana | Carissime/i compagne/i, nella riunione del Coordinamento regionale, abbiamo concepito l’idea di fare una Assemblea regionale, al fine di verificare la nostra presenza nel nostro territorio e possibilmente, di continuare il nostro impegno sulle questioni politiche nazionali, internazionali, della Toscana, a partire dai problemi del lavoro, elemento determinante ai fini della dignità della persona. Per queste ragioni abbiamo convocato una Assemblea regionale di tutti gli iscritti e simpatizzanti per la mattina di sabato 11 novembre e nel pomeriggio un seminario per continuare la definizione e l’organizzazione dell’iniziativa sui problemi del lavoro. L’incontro si terrà sabato 11 novembre dalle ore 9,30 alle ore 18,00 presso la sede della Società Volontari del Soccorso in via delle Corollaie n° 10 Livorno, con il seguente ordine del giorno: 1 – Assemblea regionale di Socialismo XXI al fine di verificare la consistenza della nostra presenza sul territorio della Toscana, riorganizzare il Coordinamento regionale, rendendolo possibilmente più giovane, capire la volontà di proseguire nell’obbiettivo di costruire un nuovo soggetto del Socialismo nel nostro Paese; 2 – Nel pomeriggio, affrontare i contenuti e l’organizzazione per l’iniziativa sui problemi del lavoro, discutendo le strutture da invitare, quali le Istituzioni, forze politiche, sociali ed economiche, compreso l’impegno individuale dei presenti al fine della riuscita dell’iniziativa. Alla riunione saranno presenti il Presidente di Socialismo XXI Luigi Ferro e Il compagno Aldo Potenza della dell’Ufficio di Presidenza, questo al fine di dare rappresentanza all’iniziativa e cogliere tutti i contenuti e l’impegno di Socialismo XXI alla costruzione del nuovo soggetto del Socialismo in Italia. Per l’importanza della riunione, invitiamo i compagni e simpatizzanti ad essere presenti e partecipare, cogliendo l’occasione per ritirare la tessera d’iscrizione a Socialismo XXI, verificando la reale adesione e la nostra presenza in Toscana rispetto agli anni 2021/22. Nell’attesa d’ incontrarci all’iniziativa, Fraterni Saluti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

MERCANTI D’ARMI

di Franco Astengo | La storia dirà se stiamo vivendo una fase di transizione verso un conflitto globale nel segno dello “scontro di civiltà”. Intanto però gli analisti dei mercati finanziari appaiono super-eccitati ad ogni segnale di rincrudimento della logica bellica. Come rileva Eric Salerno (“Il Manifesto” 22 ottobre) sul sito di uno dei grandi gestori di fondi e investimenti “National Defense Authoriziation” si legge come per il 2024 la difesa statunitense preve 886,3 miliardi di spesa con un incremento del 3,3% rispetto al 2023. Le dinamiche del settore della difesa statunitense sono radicalmente cambiate dal 7 ottobre e alcuni titoli degli armamenti hanno registrato un balzo dall’inizio del conflitto in Israele. Alcune cifre: Tre dei primi 10 importatori di armi nel periodo 2018-2022 sono in Medio oriente e precisamente Arabia Saudita, Qatar, Egitto. L’Arabia Saudita è stata il secondo più grande importatore di armi nel mondo nel 2018-2022 e ha ricevuto il 9,6% di tutte le importazioni di armi in quel periodo. Le importazioni di armi del Qatar sono aumentate del 311% tra il 2013-17 e il 2018-22 rendendolo il terzo importatore di armi al mondo nel 2018-22. Quali sono i paesi esportatori verso questi paesi del Medio Oriente? In testa gli USA con il 54%, seguita dalla Francia 12%, Russia 8,6% e Italia 6,4%. Le esportazioni includevano complessivamente 260 arei da combattimento avanzati, 516 nuovi carri armati (il mercato usato dei thanks è in grande fioritura) 13 fregate. Gli stati arabi della sola regione del Golfo hanno effettuato ordini per altri 180 arei da combattimento mentre 24 sono stati ordinati dalla Russia e dall’Iran (che non ha ricevuto armi importanti tra il 2018-22). Un dato quest’ultimo molto interessante quando si sostiene che l’Iran appoggia Hamas e ci si dimentica di alcuni grandi acquirenti arabi che pure appoggiano il gruppo che ha scatenato l’attacco ad Israele. Insomma attenzione al traffico d’armi in tutta l’area e come silloge ricordare la dichiarazione di Biden “Un investimento intelligente nella sicurezza americana pagherà dividendi per intere generazioni”. Insomma: finché c’è guerra c’è profitto. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PACE UNICO PRESUPPOSTO DI CIVILTÀ’

di Franco Astengo | «Le massime dei filosofi sulle condizioni di possibilità della pace pubblica devono essere consultate dagli stati armati per la guerra.»: questo il testo dell’ “articolo segreto” che Immanuel Kant comprende nel suo “Per la Pace Perpetua”. Invece pare proprio che anche oggi gli stati armati non consultino i filosofi: non li consultano perché non vogliono sentirsi dire che l’unico presupposto per la civiltà è la pace. La pace intesa quale sola condizione preliminarmente indispensabile per avviare una transizione verso un diverso sistema economico e sociale che vorremmo ancora denominare come “socialismo”. Nel pensare il presente modestissimo testo non si intendeva però impancarci nel tentativo di indicare una nuova via verso il socialismo: l’intenzione è soltanto quella di segnalare, ancora una volta, l’assoluta insufficienza nella richiesta di pace che sono capaci di esprimere le forze politiche,la debolezza della mobilitazione sociale, la vacuità nelle espressioni di tensione etica e morale da parte di chi agisce e governa gli strumenti culturali e di comunicazione di massa. In un quadro complessivo che via via si sta drammatizzando sembrano prevalere ancora una volta i giochi di potere, i calcoli di predominio, l’indifferenza di chi pensa ad accumulare ricchezza per rendere sempre più ingiusta la convivenza umana. Non si avvertono i segnali di una inversione di tendenza e neppure l’idea di ritorno ad un equilibrio del terrore (questa volta multipolare) sembra scuotere più di tanto le coscienze. La politica non riesce a fare quella che dovrebbe essere la propria parte: elaborare strategie adatte ad evitare l’imbarbarimento generale. In questo momento sono oltre 50 i teatri di guerra attivi nel mondo, in buona parte misconosciuti dall’opinione pubblica ma se vogliamo riferirci ai casi di maggiore insistenza di esposizione da parte dei mezzi di comunicazione di massa non possiamo non rimarcare la pervicacità dei governi interessati a battere la strada delle armi e l’assoluta incapacità a formulare proposte politiche da parte delle organizzazioni sovranazionali dall’ONU alla Comunità Europea. La Comunità Europea spicca per la sua assoluta sudditanza a una organizzazione militare come la NATO e alle scelte in funzione bellicista che, in quell’ambito, compie la Presidenza USA: la guerra intesa come sola risposta possibile alle prevaricazioni armate come quella russa e al terrorismo di Hamas. Non solo non si consultano i filosofi (nel senso lato del termine) ma li si considera trascurabili “profeti disarmati”. Valutare la richiesta di pace intesa come sinonimo di civiltà quale “profezia disarmata”quasi di pura derivazione religiosa e così trascurandola come stanno facendo anche le forze politiche progressiste italiane ci sembra un vero e proprio punto di arretramento politico ed etico. Per fare esempi legati semplicemente alla stretta attualità: perchè dall’Unione Europea non sorge un invito all’ONU per una interposizione sul fronte russo-ucraino (magari da intendersi come primo passo per la creazione di una zona smilitarizzata al centro d’Europa: zona smilitarizzata che dovrebbe interessare anche la frontiera azero/armena) e per l’avvio di concreti progetti attorno all’idea dello Stato Palestinese? Perché non sfidare l’egemonia delle grandi potenze (come si fece al tempo della crisi dei missili?): senza dimenticare l’Africa che la bramosia di ricchezza della sua borghesia e delle leadership mondiali ha ridotto ormai in condizioni incredibili dal punto di vista economico, sociale, umano. Sarebbe necessario che pace e politica si trasformassero in un binomia inscindibile partendo proprio da un recupero da una visione del futuro attraverso l’elaborazione di una necessaria Utopia da considerare veicolo per rendere possibile un progetto. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it