IL FASCISMO TRA SIGNIFICANTE E SIGNIFICATO

di Carlo Felici In alcune riviste e giornali italiani, oggi, è di gran voga agitare il pericolo neofascista, primi tra tutti alcuni “liberal” molto noti, con inchieste varie, in particolare sul mondo più o meno torbido che fa da sfondo a quella che è oggi la cosiddetta galassia neofascista. Galassia che, già di per sé, contraddice la natura stessa di un movimento che possa essere autenticamente fascista, la cui identità ed azione, almeno storicamente, è stata sempre unitaria e compatta, oltre che nella sua struttura organizzativa che ha sempre e immancabilmente ruotato intorno al suo Duce e fondatore: Benito Mussolini, il quale, evidentemente, non è interpretabile in un modo o in un altro, ma è semplicemente studiabile nella sua biografia e nel suo percorso storico, esauritosi nel 1945. Se il Fascismo, in senso sincronico, fu e resta legato a Mussolini, esso, in senso diacronico, non ebbe, nonostante la continuità della guida che su di esso esercitò il suo Duce, la stessa fisionomia, anche perché non fu mai legato ad una cultura politica in senso stretto né ad una ideologia. Le fasi in cui si sviluppò, mutando prospettive ed aspetto, ma sempre con lo stesso intento di conquistare e gestire il potere, fino al punto da identificare lo Stato con se stesso, furono varie, ricordiamo, a grandi linee le principali: il Sansepolcrismo, fase rivoluzionaria e libertaria, utile soprattutto per carpire consensi nel biennio rosso, squadrismo, da usare come arma nel perpetrarsi del bellicismo violento ed omicida contro le opposizioni della sinistra di allora, il regime, con fisionomia spiccatamente mussolinista, prima del 1924 con una parvenza di facciata democratica, e dall’assassinio di Matteotti, come sfacciata dittatura, e infine l’epilogo tragico e farsesco repubblichino, con un tentativo fuori tempo massimo di tornare agli assunti originari, senza seguito e con una identità sottomessa all’occupante tedesco. In tutte queste fasi, il fascismo fu tenuto unito e in piedi solo ed esclusivamente dal suo Duce: Benito Mussolini. Tutto ciò che è accaduto dopo la sua morte, in riferimento al fascismo o ai suoi simboli, non ha mai più corrisposto alla sua natura che era appunto quella di realizzare una corrispondenza assoluta di identità, tra Stato, popolo e fascismo stesso. Gran parte del popolo italiano si adattò al fascismo, finendo per considerarlo un elemento stabilizzante, la classe politica liberale lo sostenne apertamente, perché lo riteneva un suo strumento per eliminare pericoli più gravi come il bolscevismo, lo stesso Mussolini contava, durante i 20 anni del suo regime, più sulla sua “maggioranza silenziosa” di “afascisti” che sui suoi camerati militanti, sempre pronti a rinfacciargli una rivoluzione mancata con l’assenso del Re e con gli accordi con il Vaticano. E fu proprio l’avere “mancato la rivoluzione” riducendola ad un orpello retorico, che finì per portare il Fascismo al suo suicidio, il 25 luglio del 1943. I fenomeni neofascisti del dopoguerra sono stati sempre dei fenomeni risibili, e persino contraddittori, rispetto a questa “rivoluzione mancata”, nessuno di essi, infatti, concretamente ha mai cercato di minacciare lo Stato, fino a cercare di conquistare il potere per trasformarne radicalmente la fisionomia. Anche gli episodi apparentemente più eversivi, come le bombe o i tentati golpe, vanno infatti inquadrati in una strategia strumentale di un neofascismo non più autonomo, ma eterodiretto per scopi geostrategici o stabilizzanti. Tutta la storia del neofascismo del dopoguerra resta infatti indissolubile rispetto all’atlantismo anticomunista e alla stabilizzazione di un “regime democratico“, cioè di un ossimoro politico, in cui la democrazia dell’alternanza era negata in partenza e con cui si poteva persino fare anche quello che il Fascismo non fece mai, come mandare la cavalleria in piazza a spianare il dissenso. Dalla caduta del muro di Berlino e dalla fine del potere bolscevico, la cosiddetta galassia neofascista si è frantumata ancora di più, con una sorta di polverizzazione politica, il cui unico collante è la manifestazione di gesti esteriori, di azioni, di proclami che riprendono la retorica del fascismo storico, senza potersi identificare con esso per motivi giudiziari. E soprattutto con una sorta di implosione dovuta all’esasperarsi della competitività interna ai vari gruppi neofascisti, ognuno legato più al suo “ducetto”, che ad una precisa strategia politica unitaria. Niente di nuovo rispetto ad un panorama politico italiano in cui i vari capi e capetti di partito hanno assomigliato sempre più a piccoli capitani di ventura piuttosto che a veri e propri Cesari. Oggi la globalizzazione e la crisi economica sembrano amplificare l’azione e la risonanza di questi gruppi, anche se in realtà la loro incidenza nell’opinione pubblica, nonostante il loro agitarsi mediatico e coreografico, resta alquanto limitata. Il malessere profondo su cui essi fanno leva però esiste e tende ad espandersi, anche perché chi in questo periodo avrebbe dovuto interpretarlo e guidarlo con precise strategie politiche di alternativa ai modelli dominanti e di lotta alle disuguaglianze e all’impoverimento, è stato del tutto latitante. La sinistra si è adattata a svolgere un ruolo collateralista, consociativo e del tutto subalterno alle logiche imposte dal capitale speculativo in ambito continentale europeo. Tanto che oggi solo alcuni suoi gruppi ed esponenti, ancora alquanto minoritari, sono arrivati solo da poco a capire che se non si aggredisce il male endemicamente presente all’origine nella stessa struttura e nei trattati della UE, il regime della dittatura finanziaria tenderà sempre di più a svuotare non solo ogni forma di reattività politica nazionale, ma soprattutto le regole costituzionali su cui ciascuno Stato in Europa si fonda. Prova ne é il recente referendum costituzionale del 4 dicembre che ha visto uno straordinario paradosso politico, anche se potenziato dalla protesta verso un Presidente del Consiglio sempre più impopolare, ed è il fatto che un partito autodefinitosi democratico, tendeva a ridurre la sovranità popolare azzerando, di fatto, quella di un ramo del parlamento, chiedendo il SI alla sua controriforma, mentre la cosiddetta destra e anche gruppi di estrema destra ed estrema sinistra si sono schierati apertamente per il NO, e per la tutela della democrazia parlamentare e costituzionale legata alla sovranità popolare. Estremisti che difendono la democrazia? Suona un po’ strano..ma è …

La rassegna settimanale dei concorsi pubblici negli Enti Locali

Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 93 del 5.12.2017: COMUNE DI ALLEGHE CONCORSO (scad. 21 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato ed orario pieno, di un istruttore direttivo amministrativo contabile. (17E09293). COMUNE DI BIASSONO CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per esami, per assunzione di due istruttori amministrativi – categoria giuridica ed economica C1 – a tempo pieno ed indeterminato da destinarsi al settore servizi sociali e settore gestione del territorio. (17E09268). COMUNE DI BRIOSCO CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di un collaboratore professionale categoria B3. (17E09233) COMUNE DI CANARO CONCORSO (scad. 4 gennaio 2017) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto a tempo pieno e indeterminato nel profilo professionale e posizione di lavoro di operaio professionale categoria giuridica B1. (17E09232). COMUNE DI CAPOTERRA CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura, a tempo indeterminato e a tempo pieno, di un posto di istruttore direttivo tecnico – categoria giuridica D1. (17E09294). COMUNE DI CASALMORO CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per soli esami, per un posto di istruttore amministrativo area affari generali – contratto formazione lavoro della durata di dodici mesi, a tempo pieno, categoria C1 (CCNL-EELL). (17E09286). COMUNE DI FELTRE CONCORSO (scad. 29 dicembre 2017) Selezione pubblica per il conferimento del posto di funzionario – categoria D3 – responsabile U.O. Cultura e politiche giovanili – presso il Settore affari generali ed istituzionali – con rapporto di lavoro a tempo determinato di alta specializzazione, ai sensi dell’articolo 110 – 1° comma del T.U. n. 267 del 18 agosto 2000. (17E09326). COMUNE DI FIRENZE CONCORSO (scad. 20 dicembre 2017) Selezione pubblica, mediante esame comparativo dei curricula ed eventuale colloquio, per il conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato di dirigente del servizio parchi, giardini ed aree verdi della direzione ambiente. (17E09238). COMUNE DI FIRENZE CONCORSO (scad. 20 dicembre 2017) Selezione pubblica, mediante esame comparativo dei curricula ed eventuale colloquio, per il conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato di dirigente del servizio amministrativo opere e lavori pubblici dell’area di coordinamento tecnica. (17E09239). COMUNE DI JOPPOLO CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato – tempo pieno – di due posti di istruttore – categoria C, posizione economica C1 – nell’area unificata amministrativa, affari generali-finanziaria e vigilanza, con riserva di un posto al personale interno categoria B. (17E09288). COMUNE DI LODE’ CONCORSO (scad. 20 dicembre 2017) Integrazione e contestuale proroga dei termini del bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto per istruttore amministrativo per il servizio di biblioteca categoria C1 partime a tempo indeterminato. (17E09229). COMUNE DI LODE’ CONCORSO (scad. 20 dicembre 2017) Integrazione e contestuale proroga dei termini del bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore amministrativo categoria C1 partime a tempo indeterminato. (17E09230). COMUNE DI LODE’ CONCORSO (scad. 20 dicembre 2017) Integrazione e contestuale proroga dei termini del bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo per il servizio affari istituzionali categoria D1 a tempo indeterminato. (17E09231). COMUNE DI LOZZO DI CADORE CONCORSO (scad. 12 dicembre 2017) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura a tempo pieno e indeterminato di un posto di istruttore direttivo amministrativo – categoria D1. (17E09285). COMUNE DI MASSA CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico per la copertura a tempo indeterminato e pieno di un posto di istruttore tecnico (geometra), categoria C, riservato al personale appartenente alle categorie protette di cui all’articolo 18 della legge n. 68/1999 ed alle categorie ad esse equiparate per legge. (17E09243). COMUNE DI NAPOLI CONCORSO Selezione pubblica per il reclutamento, a tempo determinato, di complessive centosessantadue unita’ di personale, di vari profili e categorie. (17E09352). COMUNE DI ORIO CANAVESE CONCORSO (scad. 20 dicembre 2017) Riapertura dei termini di presentazione delle domande del concorso pubblico, per esami, per l’assunzione di un istruttore direttivo dell’area economico finanziaria a tempo pieno e indeterminato, categoria D1. (17E09234). COMUNE DI PARMA CONCORSO (scad. 2 gennaio 2017) Selezione pubblica per assunzioni a tempo determinato di istruttori tecnici educativi maestro scuola infanzia comunale – categoria giuridica C. (17E09354). COMUNE DI PIOBESI TORINESE CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo indeterminato e part-time 75% di un posto di istruttore direttivo contabile – categoria giuridica D1 – Servizio finanziario tributi. (17E09289). COMUNE DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO CONCORSO Avviamento a selezione di tre posti di autista – categoria giuridica B1 – a tempo indeterminato (uno a tempo pieno e due a tempo parziale diciotto ore settimanali) settore politiche sociali, Welfare del cittadino e sviluppo strategico, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 56/1987. (17E09267). COMUNE DI VICCHIO CONCORSO (scad. 15 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di un esperto amministrativo – categoria C, posizione economica C1 – riservato ai soggetti appartenenti alle categorie protette di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, da assegnare al Servizio lavori pubblici, manutenzione e protezione civile. (17E09241). NUOVO CIRCONDARIO IMOLESE CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Avviso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato di due istruttori tecnico geometra – categoria C, con riserva ai sensi dell’articolo 1014 del decreto legislativo n. 66/2010 presso l’area tecnica dei Comuni di Mordano e Fontanelice. (17E09236). UNIONE TERRED’ACQUA CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo indeterminato ed orario a tempo pieno di un istruttore informatico categoria giuridica C. (17E09235). UNIONE TERRED’ACQUA CONCORSO (scad. 4 gennaio 2018) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo indeterminato ed orario a tempo pieno di un istruttore contabile – categoria giuridica C, presso il comune di San Giovanni in Persiceto e un istruttore contabile – categoria giuridica C, presso il comune di Anzola dell’Emilia. (17E09324).   Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 92 del 1.12.2017: AZIENDA PUBBLICA DI SERVIZI ALLA PERSONA DEI COMUNI MODENESI …

IL 13° CONGRESSO DELL’INTERNAZIONALE SOCIALISTA

Il 29 novembre 1976, le più grandi figure del socialismo e della socialdemocrazia si riunirono a Ginevra per il 13 ° Congresso dell’Internazionale socialista. Questa edizione sarà contrassegnata dall’elezione alla presidenza dell’ex cancelliere tedesco Willy Brandt, che darà un nuovo impulso all’organizzazione. Al microfono della giornalista Lisa Garnier, (come vedrete nel video ndr) inviata sul posto per informazioni One Day One Hour, spiega che l’Internazionale socialista non è un “super partito“, ma una comunità di lavoro. Willy Brandt discute anche delle relazioni tra i partiti socialisti e i partiti comunisti in paesi come Germania, Francia e Italia. La reporter dà anche la parola a Michel Rocard, allora membro del Comitato esecutivo del PS, al primo ministro portoghese Mario Soares, nonché al segretario generale del PSI italiano Bettino Craxi. Presente anche sul posto, il primo segretario del Partito socialista francese François Mitterrand, che cinque anni dopo sarà eletto alla presidenza della Repubblica francese. The First International (il cui nome ufficiale è l’International Workers ‘Association) si è svolta il 28 settembre 1864 a Londra. A seguito di divisioni, la prima Internazionale è scoppiata in diversi movimenti: la Seconda Internazionale, un gruppo di movimenti socialisti, creato nel 1889, la Terza Internazionale Comunista, fondata nel 1919, e la quarta, un gruppo di trotzkisti, risalente al 1938. L’Internazionale socialista (SI) esiste nella sua forma attuale dal 1951. È composta dalla maggior parte dei partiti socialisti, socialdemocratici e sindacali del mondo, più di 160 partiti nazionali.  Dal 2005 il presidente generale dell’Internazionale Socialista è il greco George Papandreou.     Il 26 novembre 1976, Willy Brandt viene eletto presidente dell’Internazionale socialista (SI). Nel suo discorso inaugurale, annuncia tre offensive del SI per la pace e il disarmo, per le nuove relazioni Nord-Sud e per i diritti umani. Inoltre, Brandt vuole liberare il mondo dal suo “eurocentrismo” e renderlo aperto ai partner del “Terzo Mondo”. Discorso inaugurale di Willy Brandt come nuovo presidente dell’Intenazionale Socialista al Congresso di Ginevra, 26 ° Novembre 1976 Nota: Spiacenti, ma non siamo stati in grado di tradurre dal tedesco SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ASSEMBLEA COSTITUENTE SEDUTA DEL 26 giugno 1946

Giuseppe Saragat è eletto Presidente dell’Assemblea costituente il 25 giugno 1946, con 401 voti su 468 votanti. Il giorno successivo pronuncia un vibrante discorso di insediamento. Presidente. (Segni di viva attenzione). Onorevoli colleghi! Nel memorabile discorso pronunciato il 9 marzo di quest’anno alla Consulta Nazionale, a chiusura della discussione della legge sull’Assemblea Costituente, il Presidente Vittorio Emanuele Orlando, ringraziando l’Assemblea per le espressioni di affetto da cui si sentiva circondato, le interpretava come un omaggio rivolto non alla sua persona, ma al rappresentante di una generazione che aveva contribuito a creare la storia dello Stato d’ltalia dal principio del secolo sino al 1922. E il Presidente Orlando, commentando il distacco tra quella generazione e la giovane classe politica che sorge, lamentava giustamente la mancanza di quei gradi intermedi che rendono impossibile una recisa contrapposizione tra giovani e vecchi. Nell’ostacolo posto alla continuazione della classe politica il Presidente Orlando ravvisava il più irreparabile forse fra i delitti del fascismo. Nella manifestazione di fiducia dell’Assemblea Costituente verso la mia persona sia permesso a me di ravvisare un omaggio a quella generazione intermedia la cui assenza, come classe politica, si fa duramente sentire nella vita del Paese. È un omaggio verso coloro che, giovani nel 1922, hanno raccolto con le loro deboli forze, ma con una fede stimolata dall’esempio dei loro padri, la fiaccola della libertà e della giustizia. Molti di questi giovani ne sono stati arsi ed è per questo che pochi sono i superstiti: tutti ne sono stati illuminati. Ma voi, onorevoli colleghi, avete anche voluto onorare il rappresentante modesto di un movimento politico che alla difesa dei diritti delle libere assemblee ha offerto l’anima ardente di Filippo Turati e il sangue generoso di Giacomo Matteotti. (Vivi applausi). Infine, col vostro voto avete voluto sottolineare l’apporto decisivo che le classi lavoratrici hanno dato alla sacra causa della libertà della Patria. (Applausi). Se attorno a me si sono raccolti i vostri suffragi e se ho quindi l’immeritato onore di presiedere questa Assemblea, penso anche che ciò si debba al fatto che gli uomini vengono giudicati più per quello che si attende da loro che per quello che sono, più per quello che si crede potranno fare che per quello che già hanno fatto e fanno. Non so se la vostra attesa sarà giustificata; so pero che osserverò in modo assoluto la più scrupolosa obiettività ed imparzialità. Tutore dei diritti di ognuno, richiederò egualmente da ognuno l’adempimento dei suoi,doveri. Altissimi sono i vostri diritti. Voi rappresentate il popolo italiano in virtù di un responso democratico, che è la consacrazione di un quarto di secolo di lotte per la difesa della libertà umana. Le formule giuridiche, in virtù delle quali i liberi comizi sono stati convocati, non sono che la traduzione, nel solenne linguaggio del diritto, di quel più alto diritto umano che ha la muta eloquenza delle sofferenze soffocate delle generazioni, che si scrive col sangue versato per la buona causa, e che la storia, giudice lento perché ha di fronte a se l’eterno, nel giorno segnato dal destino corona con una sentenza irrevocabile. Il 2 giugno è stato il grande giorno del nostro destino. La vittoria della Repubblica è la sanzione di un passato funesto, è la certezza di un avvenire migliore. Ma questa vittoria ha un significato ancora piu alto. Essa rappresenta il patto solenne stretto da tutti gli italiani di rispettare la legalità democratica. In questo patto, che vincola tutte le donne e tutti gli uomini della nostra terra, è il segreto dell’avvenire della Nazione. Senza l’adesione di tutto il popolo ai principi della democrazia politica, non soltanto non è possibile alcun progresso umano, ma le stesse conquiste legateci da secoli di storia sono insidiate e minacciate di rovina. Voi, eletti dal popolo, riuniti in questa Assemblea sovrana, dovete sentire l’immensa dignità della vostra missione. A voi tocca dare un volto alla Repubblica, un’anima alla democrazia, una voce eloquente alla libertà. Dietro a voi sono le sofferenze di milioni di italiani; dinanzi a voi le speranze di tutta la Nazione. Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano. Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della Nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide. (Applausi). Ecco perché, oltre che sui problemi della struttura politica dello Stato repubblicano, voi vi piegherete su quello della struttura sociale del Paese. Nel grande moto che spinge le classi diseredate a rivendicare un destino meno iniquo voi non vedrete una minaccia per la libertà, ma, al contrario, la forza motrice del progresso, solo che venga disciplinato dalla saggezza dei legislatore e non venga ostacolato dall’egoismo dei ceti privilegiati. (Applausi). Nella Repubblica democratica la libertà politica e la giustizia sociale trovano il terreno su cui possono integrarsi in una sintesi armoniosa. Tutta la vostra saggezza di legislatori sarà quindi orientata alla ricerca della formulazione più efficace atta a tradurre in termini concreti queste esigenze fondamentali di ogni consorzio civile ed a favorirne la pratica realizzazione. Se vi porrete su questo piano, le divergenze ideologiche che possono sussistere tra di voi si concilieranno nell’ambito dei diritti imprescrittibili della persona umana e delle società naturali in cui essa vive. Egualmente la concretezza di questi diritti riceverà possente rilievo dalla loro correlazione con le norme che voi elaborerete intorno ai fondamenti strutturali dello Stato repubblicano, avendo presente che la democrazia si crea nella misura in cui la separazione fra il popolo e l’apparato dei pubblici poteri progressivamente scompare. Ma, oltre all’elaborazione delle leggi fondamentali dello Stato repubblicano, altri doveri vi sovrastano. In primo luogo quello di offrire al Paese, pur nelle necessarie e feconde divergenze, l’esempio della concordia e del più alto civismo. Poiché, più che dalle leggi scritte nei testi fondamentali, la democrazia diviene una realtà vivente ad opera …

ALCUNI SPUNTI DELL’ATTIVITA’ PARLAMENTARE DI GIACOMO MATTEOTTI

di Domenico Argondizzo Gli strumenti della politica – regolamenti parlamentari Il 26 luglio 1920, nella prima tornata della Camera dei deputati, si svolse il seguito della discussione sulle modificazioni al Regolamento. Venne in discussione un articolo aggiuntivo Pio Donati – Matteotti: “Quando cinque commissioni permanenti lo deliberino a maggioranza assoluta con l’intervento di almeno la metà dei rispettivi iscritti, o quando ne facciano richiesta collettiva due quinti almeno di commissari complessivamente appartenenti alle varie commissioni, la Presidenza della Camera dovrà convocare la Camera (non oltre il quindicesimo giorno dalla richiesta, o dalla comunicazione dei deliberati) per la discussione delle materie indicate nelle deliberazioni o nelle richieste di cui sopra”. Matteotti: «Comincio dal rilievo aritmetico dell’onorevole Tovini. Esso non ha ragione d’essere, perché i commissari non sono deputati come gli altri, ma rappresentano un ufficio di 20 deputati, di guisa che quando si dice che 10 commissari deliberano, bisogna moltiplicare 10 per 20. Quanto alla questione statutaria, alla quale si riferiscono le osservazioni della Giunta, bisogna considerare due aspetti, quello positivo e quello negativo. La nostra proposta viola o modifica le disposizioni statutarie? O invece essa non viene forse ad integrare disposizioni statutarie? Nessun articolo dello Statuto è violato. Gli articoli dello Statuto che hanno attinenza con la questione concernono le prerogative del Potere esecutivo. Ora queste prerogative non sono violate. Nulla è tolto al Potere esecutivo, al quale rimane la facoltà di convocare, prorogare e sciogliere la Camera. Né si viola la prerogativa del Senato, perché si tratta di sedute della Camera e non di sessioni: la Camera può sedere mentre il Senato non siede, purché sia contemporanea la sessione. Anche sotto questo aspetto dunque non si viola alcuna disposizione statutaria. Invece credo che la nostra proposta venga ad integrare le facoltà assegnate dallo Statuto alla Camera. Lo Statuto parla d’iniziativa della Camera per la proposizione delle leggi, la messa in stato d’accusa dei ministri, ecc.. Ora l’iniziativa delle leggi viene proprio dalle commissioni permanenti. Che cosa avverrebbe se le commissioni che propongono le leggi non potessero far sì che queste venissero immediatamente discusse, sol perché il Governo tiene a casa la Camera? Inoltre la Camera ha facoltà di aggiornarsi, e quindi la stessa modificazione del regolamento non viene a dare che una configurazione più speciale a questa facoltà di iniziativa della Camera. In questo momento in cui si svolgono avvenimenti nazionali e internazionali per i quali vi è bisogno che la Camera funzioni almeno in potenza, dopo che si è deplorato che si siano verificati avvenimenti senza l’assistenza e il parere della Camera, non dubito che la maggioranza voterà questo articolo aggiuntivo, perché mi pare che esso venga veramente a rendere effettiva la funzione ed il diritto della Camera ed a sancire nel regolamento ciò che lo Statuto consente o almeno non proibisce, senza toccare neppure i privilegi del Senato e del Potere esecutivo». Il Governo, attraverso il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Porzio, dichiarò trattarsi di questioni devolute esclusivamente alla volontà ed al valutazione dell’Assemblea, e che per ciò non aveva alcuna dichiarazione da fare ma si affidava alla Camera. Nella seconda tornata della Camera dei deputati del 6 agosto 1920, vennero discusse le proposte della Giunta del regolamento, relative all’autoconvocazione delle commissioni permanenti e della Camera. L’art. 10 riguardava più specificamente la convocazione dell’Aula attraverso la richiesta congiunta di cinque commissioni permanenti. Giolitti: «Parlo non come Presidente del Consiglio, perché in materia di regolamento della Camera, è la Camera che delibera, ma come semplice deputato. Credo che occorra riflettere molto prima di capovolgere il sistema parlamentare[1]. Ora il sistema parlamentare è di deliberazioni a maggioranza; e noi qui veniamo a capovolgerlo stabilendo che una minoranza ordini alla maggioranza ciò che essa crede di sua convenienza (Commenti). È la verità! Ripeto: questa è la mia opinione personale come deputato, non come Presidente del Consiglio; ma credo che occorra andare molto adagio prima di trasformare sostanzialmente, profondamente, gli ordinamenti parlamentari (Approvazioni – Commenti all’estrema sinistra)». Modigliani: «Evidentemente io non posso svestirmi talmente delle mie opinioni personali da rispondere sulle proposte che sono state formulate. Alcune di queste sono le stesse precise proposte che non ho avuto la fortuna di vedere approvate dalla Giunta del regolamento; e mi vedo quindi costretto a pregare alcuno degli altri colleghi della Giunta a rispondere ai loro proponenti[2]. Profitto però del diritto di parlare per far osservare all’onorevole Giolitti che la questione è stata posta da lui, me lo consenta, in modo non perfettamente esatto. Non si tratta di consentire a una minoranza il diritto di sovrapporsi alla maggioranza; si tratta di consentire alla minoranza il diritto di far sentire la propria opinione e di sottoporla alla decisione della maggioranza, ogni qualvolta questa minoranza sia tanto notevole da doverle riconoscere questo diritto: potendosi presumere, dato il numero dei richiedenti la convocazione, che ci sia qualcosa che merita di essere sentita. Non si capovolge dunque l’Istituto parlamentare: lo si rende efficiente in tutti i casi nei quali questa sua efficienza appare doverosa e necessaria allo stesso corretto funzionamento dell’Istituto parlamentare (Approvazioni all’estrema sinistra – Commenti)». Giolitti: «Mi permetta, onorevole Modigliani, di osservare che se la maggioranza ha deliberato di riunirsi in un dato giorno e la minoranza invece le impone di convocarsi in un tempo diverso, si ha una sovrapposizione all’ordine dato dalla maggioranza [Modigliani: «Ma bisogna che fatti nuovi siano intervenuti!»]. Aggiungo che quando la minoranza esprime un desiderio che non trova consenziente la maggioranza dei deputati, vuol dire che la convocazione non è voluta dalla maggioranza. La maggioranza della Camera, senza aspettare il beneplacito del Governo, ha il diritto di convocarsi, ma delibera come maggioranza e non come minoranza. La revoca, da parte della minoranza, dell’ordine dato dalla maggioranza, obbliga quest’ultima a convocarsi quando invece non voleva riunirsi». Matteotti: «La nostra[3] domanda di convocazione richiede la firma di 200 deputati: è una cifra rilevante, ed impedisce che un solo gruppo possa chiedere la convocazione della Camera, ma esige invece che su questa richiesta convengano le volontà di un …

“Legge elettorale e conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato”

IL VIDEO SU RADIO RADICALE Registrazione video del dibattito dal titolo “”Legge elettorale e conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato””, registrato a Roma martedì 5 dicembre 2017 alle ore 15:16. Dibattito organizzato da Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Sono intervenuti: Fulco Lanchester (direttore del master in Istituzioni parlamentari “Mario Galizia” per consulenti d’assemblea), Alfredo D’Attorre (deputato, Articolo 1 – Movimento democratico e progressista (gruppo parlamentare Senato)), Danilo Toninelli (vice presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera), Ettore Rosato (deputato, Partito Democratico), Lucio Malan (senatore, Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), Felice Besostri (avvocato), Giampiero Buonomo (consigliere parlamentare presso il Senato della Repubblica), Stefano Ceccanti (ordinario di Diritto Costituzionale Italiano e Comparato Università “La Sapienza” di Roma), Paolo Maddalena (vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale), Lorenzo Spadacini (ricercatore di Diritto Costituzionale Europeo Università di Brescia), Massimo Villone (emerito di Diritto Costituzionale Università “Federico II” di Napoli). Tra gli argomenti discussi: Legge Elettorale. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SAINT SIMON

Pensatore politico francese, nato a Parigi il 17 ottobre 1760 e morto il 19 maggio 1825. Di famiglia aristocratica (era nipote di Louis de Rouvroy, duca di Saint Simon) ebbe una giovinezza assai movimentata: non ancora ventenne era già in America, dove combatté per la libertà coi seguaci di Washington, e progettò per il viceré del Messico la costruzione di un canale interoceanico. Tornato in Europa, tentò di organizzare, in Olanda, una spedizione franco-olandese contro le colonie inglesi dell’India; passò quindi in Spagna, dove si occupò del progetto di un canale che avrebbe dovuto congiungere Madrid col mare. Ma sopravvenne la rivoluzione francese, che gli fece perdere ogni suo avere: si diede allora agli affari bancari, e nel 1797 era di nuovo in condizione di potersi dedicare senz’altro a quelle ricerche sulla vita economico-politica dell’umanità e sui mezzi opportuni per migliorarla, per le quali egli era venuto sempre più sentendo interesse. Studiò quindi all’università di Parigi e viaggiò in Inghilterra e in Germania: tornato a Parigi nel 1801, si sposò. Separatosi poco dopo dalla moglie, pubblicò nel 1802 il suo primo scritto, la “Lettre d’un habitant de Genève à ses contemporains“: seguirono poi l”Introduction aux travaux scientifiques du XIXe siècle” (voll. 2, 1808), le “Lettres au bureau des longitudes“(1808), la “Nouvelle Encyclopédie” (1810), il “Mémoire sur l’Encyclopedie “(1810), il “Mémoire sur la science de l’homme“(1811) e altri scritti, che peraltro ebbero un successo limitato e non impedirono al S.-S. di cadere in uno stato di sempre maggiore miseria, che lo costrinse a ricorrere agli aiuti degli amici. Nel 1814 uscì la prima delle sue opere maggiori, la “Réorganisation de la société européenne“; tra il 1819 e il 1820 “L’organisateur” (che, apparso in fascicoli, attirò, per una frase che metteva la vita dei lavoratori al di sopra di quella dei membri della famiglia reale e della nobiltà, un processo sul capo dell’autore, il quale fu peraltro assolto); nel 1821 e 1822 la grossa opera in tre volumi “Du système industriel“, tentativo di una storia del lavoro e dell’organizzazione industriale. Negli ultimi anni della sua vita, mentre si era venuta formando intorno a lui una ricca schiera di discepoli, che però non aveva potuto migliorare le sue tristi condizioni economiche, il S.-S. pubblicò, infine, il “Catéchisme des industriels” (1823), il “Nouveau Christianisme” (1825) e le “Opinions littéraires, philosophiques et industrielles” (1825). Manca ancora un’edizione completa e critica delle opere del Saint-Simon: la più ricca, tra le varie, è quella pubblicata a Parigi tra il 1865 e il 1878, in cui le sue opere sono unite a quelle del suo discepolo B. Enfantin. Utile scelta di testi è quella di C. Bouglé, L’oeuvre de H. de Saint Simon, Parigi 1925. Saint Simon è considerato come l’iniziatore del socialismo moderno: e si riavvicina al tipo ideale del socialismo utopistico francese, che segna il trapasso tra la mentalità politica del Settecento e quella dell’Ottocento, in quanto anche per lui, come per C. Fourier e per P.-J. Proudhon, il punto di partenza non è tanto quello economico (che poi sarà invece determinante per Marx) quanto quello sociale-politico. D’altra parte, se il Proudhon vedrà più tardi il problema soprattutto dal punto di vista dell’individuo e del suo diritto politico-economico,  Saint-Simon è piuttosto orientato in senso antiindividualistico. Egli distingue infatti nella storia dell’umanità “epoche organiche“, in cui la vita si svolge armonicamente in un sistema ben costruito, da “epoche critiche”, in cui tali sistemi organici sono spezzati dall’insoddisfazione dei singoli, e l’armonia si distrugge: e considerando la rivoluzione francese come una di tali epoche critiche, sente la necessità di passare da essa a una nuova epoca organica, cioè a un nuovo sistema stabilmente fissato. Quel che gl’importa, insomma, non è tanto la libertà del governato quanto la saggezza del governo: s’intende quindi come Saint Simon, pure illuministicamente avverso al cristianesimo tradizionale, abbia d’altra parte sognato e predicato la sua riforma sociale come instaurazione di un migliore e più vero cristianesimo. In questo senso, i tratti tipici della fisionomia ideale Saint Simon sono quelli stessi che poi si manifestano più accentuati nel suo più illustre scolaro, August Comte: e come questi assunse l’aspetto di sommo sacerdote della religione positivistica, così i suoi condiscepoli Enfantin e Bazard, già ricordati, furono i pères supremi della chiesa sansimoniana. D’altra parte Saint Simon, d’accordo con una tendenza assai vivace nell’illuminismo francese, pensava che la nuova organizzazione etico-politica della società avrebbe dovuto non tanto reprimere quanto piuttosto assecondare le passioni spontanee degli uomini: questo antiascetismo era anzi la nota più caratteristica che distingueva il cristianesimo di Saint Simon da quello ortodosso, e lo riavvicinava alle concezioni del Fourier. La scuola sansimoniana (a cui appartennero, oltre a tutti i già nominati, O. Rodriguez, P. Leroux, M. Chevalier, L. Halévy, J.-B. Duvergier, ecc.) non durò molto, ma la sua influenza sul pensiero politico-sociale europeo fu assai vasta e persistente. Per approfondire: Del pensiero della scuola sansimoniana, quale risulta dalla professione di fede degl’immediati discepoli del maestro, documento tipico è la “Esposizione“, compiuta nel 1830 da Saint-Amand Bazard e redatta da lui e dall’Enfantin con l’aiuto di I. Carnot, E. Fournel, C. Douveyrier (Doctrine de Saint-Simon, Parigi 1930: ristampa a cura di C. Bouglé e E. Halévy, Parigi 1924). Un’altro aspetto interessante di Saint Simon Saint-Simon parte da un’esaltazione della società industriale, che egli concepisce come società dei produttori in contrapposizione a quella degli “oziosi”: nobili, cortigiani, preti, militari. Una classe di parassiti, “praticoni” e “incapaci” che conserva una posizione di egemonia, in Europa, pur avendo perduto qualsiasi funzione sociale: rappresenta un “mondo alla rovescia” rispetto a quello che dovrebbe essere. “Se, infatti, in Francia venissero meno, improvvisamente, i tremila individui che esercitano attualmente il potere, scrive Saint-Simon, non accadrebbe assolutamente nulla, in quanto essi potrebbero essere facilmente sostituiti. Se, invece, venissero a mancare i trentamila artigiani, scienziati e imprenditori più capaci ed esperti, il tracollo del paese sarebbe inevitabile e la Francia diventerebbe una nazione di secondo ordine.” Per Saint-Simon il cui bersaglio polemico è la società francese della Restaurazione, in cui vede rivivere i …

SU ALCUNE RAGIONI DEL SOCIALISMO

di Domenico Argondizzo L’antefatto della vicenda costituente, compiutasi nel 1946-1948, è nella grande occasione mancata dell’inizio degli anni Venti: essa fu caratterizzata da un lato dall’affermazione piena dei poteri del Parlamento (con il connesso ruolo di impulso del socialismo riformista), dall’altro lato dall’avvento del fascismo. Quando le oligarchie compresero che l’evoluzione (innescata dal suffragio universale maschile e dalla proporzionale) del sistema liberale verso una compiuta democrazia parlamentare fosse incompatibile con il perpetuare una gestione proprietaria della cosa pubblica, e come fosse oramai precluso il ritorno al sistema politico censitario, decisero di non ostacolare, ma anzi appoggiare e finanziare, un gruppo di eversori del sistema legale. Scardinare la cornice dello stato liberale, allo scopo di garantirsi una forma di controllo sulla popolazione, facendo un uso opportunistico della minaccia massimalista-comunista (con i suoi strombazzati espropri) per tutelare non semplicemente le loro sostanze, bensì le fonti stesse dell’ineguaglianza. Le oligarchie avevano la consapevolezza che, in una liberaldemocrazia (con una politica a volte conservatrice, a volte di riformismo socialdemocratico), non vi sarebbero stati margini per il mantenimento del loro privilegio; ovvero, che tale tutela sarebbe stata di gran lunga più faticosa, macchinosa e dispendiosa di risorse (come la prassi delle avanzate democrazie contemporanee dimostra). Infatti, in una organizzazione della comunità politica basata sulla rappresentanza degli interessi (riuniti insieme dalle diverse ideologie politiche), ed in cui la decisione spetta alla maggioranza numerica, sarebbe stato arduo elaborare una ideologia che convincesse i più a fare (anche inconsapevolmente), senza coercizione fisica o morale (caratteristiche dei millenni passati), gli interessi dei pochi detentori della ricchezza. Tanto più arduo in quanto tale ideologia avrebbe dovuto porsi in opposizione diretta al messaggio del socialismo riformista: allargamento della partecipazione politica al fine di (e per mezzo di) una migliore qualità della vita e del lavoro. Il frastagliato avvicinamento del socialismo riformista al governo democratico, testimoniato dai fatti parlamentari e politici, non si compiva in ritardo sulle lancette della storia, cioè troppo a ridosso dal colpo di stato fascista, ma era l’ultima e decisiva spinta per il processo di reazione che si era innescato anni prima, in risposta a quell’avvicinamento. Nel biennio 1920-1922, la Camera dei deputati conquistava il potere di decidere sulla sua riconvocazione, e l’organizzazione dell’attività legislativa attraverso commissioni permanenti, importando tali istituti dal coevo ordinamento francese[1]. Fino ad allora, la forma di governo del Regno d’Italia si era sviluppata secondo una prassi che l’aveva apparentemente spostata, da quella costituzionale pura[2] (nella quale il Governo doveva godere della fiducia del Re e di lui solo, ed il Parlamento non aveva alcuna voce in capitolo sulla vita del Ministero), ad una forma che parodiava quella di gabinetto britannica[3]. Ma la vera cesura ancora non era avvenuta: fino a tutta la prima guerra mondiale, la sostanza del potere era nelle mani del solo Re e dei pochi uomini che godevano della sua fiducia. La dimostrazione più evidente della soggezione della Camera elettiva (e quindi del Parlamento), più che nella maniera regia di gestire le crisi di governo e/o del paese, si ha se si pone la lente d’ingrandimento sulla sua stessa vita. Il Re poteva chiudere e/o tenere chiusa la Camera a proprio piacimento, con i diversi istituti dello scioglimento, della chiusura o proroga della sessione parlamentare, e dell’aggiornamento dei lavori. La spia del cambiamento fu l’abbandono del sistema di organizzazione per uffici, in cui fino ad allora lavorava la Camera: una democrazia ristretta e censitaria, con una sostanziale omogeneità politica dovuta all’omogeneità della classe economica che aveva accesso alla rappresentanza, cedeva così il campo al sistema delle commissioni permanenti, che presuppone una democrazia fondata sui partiti politici e su di un sistema costituzionale in cui si garantisce la potenziale partecipazione all’indirizzo politico a tutta la popolazione. L’istituzione delle commissioni era infatti conseguente al completo allargamento del suffragio, limitatamente al genere maschile, avvenuto nel 1913, con il suo successivo perfezionamento (anche con il passaggio al sistema proporzionale) nel 1919. Tale evoluzione elettorale ed acquisizione di maggiori prerogative e funzioni da parte della Camera dei deputati[4] avvenne per opera – in via di assoluto protagonismo – di alcuni esponenti socialisti riformisti[5] del gruppo parlamentare socialista. Infatti, dagli interventi (alla Camera ovvero sulla stampa[6]) di Filippo Turati, Giuseppe Emanuele Modigliani, Giacomo Matteotti, si irradia una luce chiarificatrice sui fatti normativo-regolamentari suddetti, e contemporaneamente si ottiene una visione complessiva del concreto funzionamento dell’allora sistema politico costituzionale, nonché della funzione svolta da quella corrente politica e del pensiero politico. La corrente socialista riformista diede un decisivo apporto, in generale, alla trasformazione dell’organizzazione interna e del funzionamento legislativo della Camera dei deputati, perciò alla sua capacità di incidere anche sull’indirizzo politico generale (salvi sempre i colpi di mano del Governo del Re), e quindi al tentativo di rendere la forma di governo realmente parlamentare. Proprio quando il socialismo riformista era davvero pronto a partecipare al governo statutario, proprio quando si poteva avviare una politica di trasformazione sociale ed economica del paese, la costruzione di un moderno stato sociale (a ciò sostanzialmente tendevano le modifiche del regolamento parlamentare della Camera elettiva), proprio allora le pressioni delle oligarchie economiche si fecero stringenti intorno al Re. Proprio allora la sovversione fascista si presentò come la via di fuga per i poteri oligopolistici dell’industria, del commercio e dell’agricoltura (tanto quella semifeudale, e, tanto di più, quella che si era avviata all’industrializzazione, con il connesso sviluppo della fastidiosa azione sindacale, delle cooperative e delle leghe); proprio allora si decise di sbarrare la strada alla democrazia parlamentare che si istituzionalizzava, si decise di cancellare l’allargamento – in parte già avvenuto – del sistema politico-costituzionale ai più, di impedire le trasformazioni che si sarebbero avviate con gradualità nella società italiana. Si può provare a trarre degli eventi del 1922 una valutazione teorica sul ruolo del socialismo riformista (ed in generale di una forza popolare che sappia analizzare scientificamente la società, rendere con ciò consapevole l’elettorato, elaborare – sulla base di questa analisi condivisa – soluzioni perciò stesso condivise) nel sistema politico costituzionale di ogni tempo: esso è elemento e fattore chiave dello sviluppo …

“LA GAUCHE” – 33 CONGRÈS MONDIAL IUSY 2018

Il Congresso Mondiale IUSY è il nostro più importante evento globale in cui ci siamo riuniti negli ultimi anni, dove abbiamo eletto la nostra leadership e fissato l’agenda per il futuro. Gli ultimi due anni sono stati gli anni in cui è accaduto l’inimmaginabile. Democrazie consolidate sono state assediate da populisti e neofascisti, chiedendo quote di potere. Tutte le regioni del mondo sono cadute nella retorica nazionalista antidemocratica della destra. L’estrema destra si sta diffondendo nelle periferia delle principali capitali occidentali, così come in molti altri posti del mondo. La loro narrativa si insinua nella mente delle persone, gli emigranti sono lo spauracchio delle nostre società, e le loro parole non fanno che avvelenare ogni ragionamento generando solo rabbia. Raramente i nostri partiti sono stati in grado di contrastare, spesso difendendo lo status quo in nome del buon senso, ma appaiono conservatori e sordi alle richieste di aiuto agli occhi di coloro che chiedono un cambiamento radicale. Le nostre parole sono state distorte, modificate e usate contro di noi. È tempo per noi di prendere posizione perché dobbiamo ricordare che il cambiamento non viene mai dall’alto. Succede solo quando le persone si rendono conto che questo non è il mondo in cui vogliamo vivere. Nonostante le lotte, i rischi, le battaglie è giunto il tempo che occcorre un cambiamento tangibile, dobbiamo rimanere oggi con una voce ancora più forte tesa acambiare questo mondo. Abbiamo bisogno di te, tutti voi. Abbiamo bisogno della tua energia, delle tue idee brillanti e del tuo idealismo per rendere la nostra lotta più di semplici parole limitate a una sala conferenze. Non vediamo l’ora di incontrarvi tutti al “Left”, il 33 ° Congresso Mondiale IUSY 2018, per dedicarci al divertimento sia alla politica. La nostra organizzazione ospitante, il Consiglio della gioventù del Partito democratico dei socialisti del Montenegro, è lieta di accogliervi tutti a casa vostra. Si prega di trovare le informazioni tecniche allegate per il Congresso Mondiale IUSY. Si noti che invitiamo tutte le organizzazioni membre a registrarsi entro il 30 novembre 2017, ma non oltre il 31 dicembre 2017. C’è un compito difficile da realizzare – il più difficile per la nostra generazione – ma siamo, dopo tutto, la sinistra! Per questo motivo, non vediamo l’ora di vedervi in ​​Montenegro per un Congresso mondiale fruttuoso e stimolante. In solidarietà, Howard Lee Presidente di IUSY Alessandro Pirisi Segretario Generale di IUSY Nikola Pesic Presidente del forum DPS Youth Fonte: The International Union of Socialist Youth (IUSY) SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

MALFATTORI, SABOTATORI, LEGISLATORI

Il partito che si costituisce a Genova prende il nome di Partito dei lavoratori Italiani. In esso confluiscono duecento associazioni di lavoratori; i gruppi intellettuali e i Fasci siciliani di Palermo e di Catania. Lo Statuto prevedeva l’adesione per associazione e permetteva con l’articolo 17 l’adesione individuale solo in casi eccezionali. Era sostanzialmente ancora la vecchia struttura corporativa del Partito operaio, appena mitigata da qualche eccezione che permettesse agli intellettuali più prestigiosi di aderire a titolo personale. Il programma poggiava su tre punti-cardine: Il riconoscimento dell’antagonismo di classe tra capitalisti e proletari; L’obiettivo di attuare la socializzazione di tutti i mezzi di produzione e di gestirli collettivamente; L’organizzazione di un partito di classe che persegua i miglioramenti economici attraverso la “lotta di mestieri” ma conduca anche una lotta più generale rivolta a conquistare i pubblici poteri (i Comuni, le Amministrazioni Provinciali, lo Stato) per trasformarli da “strumenti di oppressione e di sfruttamento in uno strumento per l’espropriazione economica e politica della classe dominante”. Si ricalcava di fatto il modello della socialdemocrazia tedesca, per cui il partito si presentava come “rivoluzionario nei fini, legalitario nei mezzi“. Rompendo con l’insurrezionalismo, manteneva tuttavia una caratteristica rivoluzionaria, con una ambiguità storica che sarà campo di discussioni e contrasti anche dilanianti. Comunque la scelta della presenza in Parlamento fu concomitante alla nascita della organizzazione politica. L’aveva addirittura preceduta. Oltre alla presenza di Garibaldi nel primo Parlamento unitario – un Garibaldi che può essere considerato socialista a tutti gli effetti, anche se con caratteristiche tutte proprie – abbiamo ricordato quella di Andrea Costa. Il significato di questo impegno parlamentare può ben riassumersi nella epigrafe che Costa detterà qualche tempo dopo: “Da malfattori a legislatori“. Nell’anno successivo alla fondazione il partito cambia la sua denominazione in quella di Partito socialista dei lavoratori Italiani (PSLI). Vi appare così una qualificazione politica specifica (socialista) accanto alla qualificazione sociale (dei lavoratori). Non basta più essere “lavoratori” per farne parte, ma occorre essere lavoratori “socialisti“. Questo avviene a Reggio Emilia, dove s’è tenuto il secondo congresso. Ancora, due anni dopo, a Parma, un nuovo congresso fissa l’etichetta definitiva: Partito socialista italiano (PSI), con la quale la qualificazione politica cancella quella sociale o, meglio, s’identifica con essa. Il partito assume, in quanto socialista, la rappresentanza esclusiva del mondo del lavoro. È una decisione basata non su di una presunzione, bensì su un dato di fatto, in quanto in questo triennio l’espansione del partito è stata rapidissima, sia in termini elettorali che organizzativi. Il suo messaggio politico viene raccolto in ogni contrada del paese, dagli operai e dai contadini, dagli artigiani e dai professionisti. Sempre più numerosi affluiscono nelle sue fila intellettuali, giovani e, enorme novità per l’epoca, le donne. È questa affluenza che impone di affermare il principio della piena legittimità della adesione individuale, direttamente al partito, non più attraverso le associazioni. Principio che viene definitivamente sancito, appunto, al congresso di Parma del 1895. E un congresso che si svolge nella clandestinità, in seguito alle leggi eccezionali che Crispi – irritato per l’aperta ostilità dei socialisti all’impresa africana – ha fatto approvare dal Parlamento. In base ad esse le organizzazioni socialiste vengono disciolte e l’assise nazionale deve tenersi in forma illegale. Sono gli anni della adesione di intellettuali di grande prestigio e di grande popolarità, come Cesare Lombroso, Enrico Ferri, Edmondo De Amicis e tanti altri. In quasi tutte le università Italiane si costituiscono gruppi di studenti socialisti. Sono gli anni dell’esplosione delle lotte in Sicilia, dei conflitti cruenti tra gli aderenti ai Fasci siciliani e i “gabellotti” dei latifondisti, sostenuti dalle truppe inviate dal governo centrale, che risponde alle lotte dei lavoratori siciliani, esasperati dalla miseria e dalla fame, con la repressione, lo scioglimento dei Fasci e i processi e le condanne contro i capi del movimento: De Felice, Barbato, Garibaldi Bosco, Bernardino Verro ecc… Sono gli anni anche del sorgere di un movimento operaio cattolico-sociale, per iniziativa di personaggi come don Albertario, movimento che metterà presto vaste radici, contrastando l’egemonia e la rappresentatività socialista nel mondo del lavoro. Nonostante la repressione e, probabilmente, proprio a ragione di essa, il PSI raccoglie sempre più vasti consensi nelle competizioni elettorali. In quelle del 1895 i voti salgono a 77.000 e la rappresentanza parlamentare ne risulta pressoché raddoppiata: 12 sono i seggi che spettano ai socialisti. L’anno seguente, in una elezione suppletiva a Milano, viene eletto per la prima volta Filippo Turati. La crescita elettorale conferisce indubbiamente una forza maggiore al partito nella sua azione politica, che si dispiega nella società civile, con le lotte sociali per il progresso economico dei lavoratori, per la difesa della democrazia e della libertà contro le repressioni autoritarie che avevano raggiunto già in quegli anni una fase acuta e cruenta che continuerà con la repressione di cui sarà teatro Milano nel 1898. Il problema che si poneva concretamente all’intelligenza politica del partito, sia in quest’opera di difesa della legalità, sia nell’attività elettorale, politica e amministrativa, sia nelle battaglie parlamentari, era quello dell’alleanza con le forze della sinistra democratica. Dopo il congresso di Firenze del 1896, dedicato alla elaborazione del programma agrario per rispondere alle esigenze dei contadini espresse dai moti nelle campagne, è nel V congresso del partito che si impone il tema della alleanze. Settori notevoli della democrazia liberale mordevano il freno di fronte alle iniziative autoritarie di marca crispina. Da parte sua la sinistra democratica, repubblicana e radicale, mentre da un lato vedeva con preoccupazione nella crescita socialista il pericolo di una concorrenza soprattutto elettorale, dall’altra parte avvertiva già in essa le possibilità concrete di un sostegno reciproco per battere gli schieramenti moderati, in specie nei comuni e nelle province, oltre che la possibilità di convergenze parlamentari. I socialisti erano interessati a non perdere l’occasione di possibili intese con entrambe queste due forze. In sei anni di vita del partito, tra il 1892 ed il 1898, l’organizzazione socialista viene soppressa per ben quattro volte. A mano a mano che le condizioni economiche e sociali suscitano un vasto e profondo malcontento nelle masse popolari, che …