IL TESTO DEL DISCORSO DI TURATI AL CONGRESSO DI LIVORNO

Testo Integrale “Compagni amici, e compagni avversari; non voglio, non debbo dire nemici. A Bologna, un anno fa, in un discorso molto contrastato, che forse ebbe tuttavia qualche conferma dai fatti, io vi pregavo di accogliere le mie parole come un testamento. Io non debbo, senza volere avere la sciocca presunzione, e ridicola, di aggiungere lugubre solennità alle mie parole, poche parole, non debbo e non posso farvi altra dichiarazione oggi. Più che mai, anzi, debbo ringraziare il Partito ed il Congresso che mi ha lasciato in vita, che mi lascia tuttora in vita. È stato un pò il mio  destino d’essere sempre un imputato, davanti a questo o quel tribunale, e quando è un tribunale rivoluzionario, che non vi schianta completamente, che non vi lascia qualche respiro, è un tribunale molto mite, a cui bisogna essere grati. Per ciò io invoco ancora la vostra cortesia, tanto più che le mie parole, siano dette per la frazione cui appartengo, o per fatto personale, o per dichiarazione anticipata di voto, potranno essere assolutamente brevi, più brevi di quelle di tutti gli altri che mi han no preceduto, se, sʼintende, avrete la cortesia di non interrompermi troppo, e non avrete interesse ad interrompermi, specialmente i compagni che desiderano condannarmi. Costoro hanno tutto lʼinteresse, perché la loro condanna abbia unʼapparenza di fondamento, di sentire la mia esposizione, che non abuserà né del loro tempo né urterà volontariamente i loro sentimenti. Lontana da me ogni intenzione, anche se una parola fosse mal detta o male intesa, ogni intenzione urtante od offensiva, e voi, che siete i più bolscevichi di tutti, dovrete ammettere questa confessione alla russa, fatta ad alta voce. Non ho bisogno di molto tempo, né per fatto personale, né per dichiarazione di voto. Non per fatto personale, perché sebbene in un certo senso tutto questo Congresso sia un poʼ anche il mio processo – anzi, io dovevo averne uno speciale, fui rimandato dalla Camera di Consiglio a questa Corte di Assise per uno speciale processo che forse lʼangustia del tempo soltanto non farà celebrare con tutti i riti – tuttavia io constato che lo stesso Congresso, gli stessi oratori che mi accusano, mi hanno anche un pò difeso. E poi, consentite questo orgoglio testamentario innocuo: credo che nel profondo dei vostri cuori sentiate che, dopo tutto, la mia difesa personale, più che nelle parole è in me stesso. Ma io non avvilirò, non   umilierò, non immiserirò il Congresso con una discussione di piccole minuzie, quali sono appunto i fatti personali. Che io abbia usato in unʼoccasione o in unʼaltra una frase più o meno opportuna, che un mio atto, come quello di chiunque altro, possa essere stato qualificato a torto o a ragione – io dico a torto – io rivendico i miei infortuni sul lavoro come una parte della mia sincerità, del mio dovere verso il Partito; ma ad ogni modo, che abbia incappato in un infortunio sul lavoro, tutto ciò non può scompormi molto, tutto ciò prova che ho lavorato! Gli infortuni sul lavoro non avvengono ai critici inerti, a coloro che non si prestano al rude lavoro, essi dʼaltronde hanno una ben misera importanza per chi non si crei degli idoli, dei feticci personali. Se il nostro Partito è un Partito di classe, se la nostra azione è veramente unʼazione di storia, gli errori, fossero pure tali, dei singoli uomini, comunque si chiamino, non possono che scalfirne appena lʼepidermide. Amici e compagni, abbattiamo tutti gli idoli, tutte le idolatrie, anche questa idolatria a rovescio che consiste nel sopravalutare gli atti e le parole dei singoli uomini, si chiamino Turati, Serrati, anche Marx o Lenin, come se la forza, la coscienza, lʼazione fossero in determinati uomini che potessero tutto compromettere, e non fossero nella vostra grande coscienza, nella forza grande di tutto il Partito socialista. Dunque alla pattumiera tutte le misere quisquilie personali. Leviamoci più alto, al di sopra di queste miserie, e soprattutto degli uomini e delle persone. E neppure varrebbe la pena di un lungo discorso per una dichiarazione anticipata di voto, dopo che nelle parole di tanti altri, di Baldesi, fra gli altri, dello stesso Lazzari – che veramente mi ha trattato un pò maluccio, tanto non siamo schizzinosi, ma nel cui discorso abbiamo sentito pulsare quel senso di profonda umanità che si direbbe smarrito, inaridito, nei teoremi, nei filosofemi astratti, ideologici dei filosofi nuovi – nelle parole di Vacirca, cʼera quanto basta va per la difesa dottrinale nostra, cʼera quanto bastava per persuadere quelli che potevano essere persuasi, per farli dubitare, per farli studiare; quanto a quelli che hanno un velo settario nella mente che impedisce loro di dubitare, per questi ormai sono vani i discorsi e lascio che lʼevoluzione degli spiriti avvenga da sé. E mi pare che lʼevoluzione spontanea degli spiriti avvenga e non vi offendete se dico bene di voi. Sì, io constato, sì, io trovo negli stessi discorsi dei compagni avversari, di quelli che più furono prigionieri di sé stessi, delle loro tesi di ieri, sì, io trovo questa evoluzione rapidamente in cammino. E allora, quale e quanta differenza, compagni – e lo dico a elogio, perché gli immobili, gli statici, coloro che non sanno mutare non sono che dei capita mortui, delle cose morte, non un partito vivo e che avanza – quale e quanta differenza tra lʼavventata revisione e proclamazione di Bologna, e i cauti e ponderati discorsi degli stessi estremisti e massimalisti di questo Congresso. Non voglio fare personalità, dico unʼimpressione generale. Vi parla un compagno avversario: forse non ve ne avvedete, ma voi correte verso di noi con la velocità di un treno lampo! Quando la mentalità della guerra – non è colpa di nessuno – sarà evaporata, quando quella che, con frase felice, Serrati – faccio nomi di persone quando debbo lodarle, unicamente – chiamava la psicología di guerra, il socialismo dei combattenti, sarà svanito, allora quando lʼesperienza, la riflessione avranno fatto scuola e lezione nei cervelli di tutti, io credo fermamente che lʼunità, che oggi …

“LA SFIDA DELLA FELICITA’PER UNA EUROPA FEDERALE” del giornalista Ugo Iezzi

(DAM) Chieti – Si parla spesso dell’Unione Europea,  con la diatriba fra coloro che sono favorevoli e contrari alla completa integrazione dello Stato Italiano in essa. Fra gli euro – scettici c’è chi è completamente contrario e che vorrebbe il ritorno della piena indipendenza dello Stato Nazione, soprattutto nella politica monetaria e fra chi invece vorrebbe semplicemente ridiscutere i termini di adesione al progetto. A tal proposito, il giornalista di Chieti Ugo Iezzi ha mandato in stampa un libro dal titolo interessante “La Sfida della Felicità per una Europa Federale” (Edizioni Tabula Fati). Per capire meglio questo libro e la posizione dell’autore, abbiamo posto delle domande a  Ugo Iezzi, giornalista “scingiatore”, ovvero gastro-ribelle, presidente Centro Studi ARGA-FNSI “Spezioli” di Chieti, Direttore de La Voce dei Marrucini, Segretario di MFE (Movimento Federalista Europeo) “Altiero Spinelli” di Chieti . Di che cosa tratta il suo libro?  “Il mio libro è un omaggio alla città di Chieti e all’Abruzzo, terra verde-ardente, che oltre ai Parchi naturali, nazionali e regionali, oggi ha anche una piccola rete di Parchi della Felicità (Guadiagrele e Picciano) che fa riferimento alla Giornata Mondiale della Felicità promossa dall’ONU. In più, il mio saggio è una rilettura del Settecento, un periodo storico importante in cui crolla il mondo dei privilegi e nasce il mondi dei diritti. Il cosiddetto Secolo dei Lumi e della Ragione. Ed ancora è un riconoscimento doveroso ad un filosofo napoletano, inventore del diritto della felicità: Gaetano Filangieri. Inoltre, un invito a riflettere sugli Stati Uniti d’Europa, patria dei diritti universali dell’uomo e sulla vicenda umana e politica di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene. Infine, un suggerimento a mio figlio e a tutti i giovani che vorranno battersi per una nuova Europa in cui sviluppare la passione della conoscenza, del vivere civile e della solidarietà, della libertà e della giustizia sociale”. E’ un libro di Scienza Politica?  “E’ un libro “scingiatore”, come annuncio nel sottotitolo, nel senso che vuole essere un racconto di ribelli, sognatori, libertari. Un saggio impreziosito dalla prefazione di Donato Di Matteo e dalla postfazione di Roberto D’Argento. Una pubblicazione edita da “Tabula fati” del grande editore Marco Solfanelli”. La sua è più una Europa Federazione dei Popoli come Mazzini o una Europa del Socialismo Anarchico di Proudhon? “Una pubblicazione che indica, nel solco del pensiero spinelliano, una strada con “Più Europa”,, senza tralasciare il contributo delle idee socialiste e repubblicane soprattutto di quelle espresse dal Partito d’Azione, Una Europa federale, sovrana, democratica e solidale. E perché no, felice !” Cosa intende per diritto alla felicità?  “E’ interesse di noi popolo europeo, batterci per una nuova Europa, finalmente per gli Stati Uniti d’Europa, per avere una nuova carta costituzionale in cui trovi collocazione oltre ai diritti fondamentali alla dignità, libertà, uguaglianza, cittadinanza, solidarietà e giustizia anche il diritto alla felicità. Un diritto nato nell’Europa delle rivoluzioni settecentesche. Un’idea di amore fraterno e di felicità umana. E dobbiamo fare presto perché oggi in Occidente stiamo vivendo una fase di confusione politica che non aiuta nessuno. E’ venuto, invece, il momento di ripensare la società all’interno della quale ci interessa vivere possibilmente felici, in armonia con la natura e con una bella rete di relazioni umane”. Fonte: discoveryabruzzomagazine SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I 120 anni dell’AdL

Ha avuto tra i suoi direttori lo scrittore Ignazio Silone e il sindacalista Ezio Canonica. Parliamo de L’Avvenire dei Lavoratori, la più vecchia testata socialista del movimento operaio, in lingua italiana, tuttora esistente. Il settimanale svizzero esce infatti ininterrottamente dal 1897, cioè da 120 anni. Per ripercorrere alcune tappe salienti della storia del giornale abbiamo interpellato il suo ex condirettore Felice Besostri. Raniero Fratini Fonte: rsi.ch SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GIUSTO TOLLOY IL XXX CONGRESSO E L’ORGANIZZAZIONE DEL PARTITO DI MASSA

Dall’esame di questi significativi passi degli interventi dei dirigenti del partito alla conferenza nazionale d’organizzazione, nella quale viene delineata l’ossatura del partito morandiano, possiamo trarre le seguenti conclusioni: a) Pur avendo la “sinistra” conquistato al congresso di Firenze del 1949 la maggioranza, una profonda spaccatura persisteva nel partito. Essa è dimostrata dalle resistenze che si manifestano a tutti i livelli alla politica della direzione, ed al suo dogmatismo ideologico. b) Queste resistenze si manifestavano soprattutto nei NAS (Nuclei Aziendali Socialisti) dei settori operai e nel sindacato (corrente socialista della CGIL). Per stroncare le resistenze operaie, la direzione ricorre: 1) all’organizzazione capillare dei NAS, concepiti come organismi privi di autonomia politica ed organizzativa, per isolare i nuclei operai, e per spegnere l’iniziativa socialista di base nelle fabbriche; 2) alla imposizione delle liste unitarie nelle elezioni di CI, e nelle elezioni per le cariche sindacali e nelle Camere del Lavoro; 3) alla liquidazione della corrente sindacale socialista come espressione organizzata ed autonoma, ed alla graduale sostituzione, con l’aiuto del PCI, di nuovi quadri dirigenti sindacali ai quadri autonomisti. c) La struttura del partito, fondata sui principi del marxismo-leninismo, e del “centralismo democratico“, si presenta come una composizione piramidale, fondata su scala gerarchica, in cui ogni istanza ha una funzione esecutiva rispetto alle decisioni della istanza immediatamente superiore, ed è priva di qualsiasi autonomia sia politica che funzionale. La direzione trasmette le sue decisioni alle federazioni direttamente, o alle giunte regionali (ove esistono) le quali provvedono a trasmetterle, a loro volta, alle federazioni. “La federazione raggruppa le sezioni in zone, nominando i responsabili di zona. I responsabili di zona dovrebbero esercitare un’azione nei confronti delle singole sezioni affinché la sezione ripeta la stessa operazione della federazione; la sezione dovrebbe cioè suddividere i propri iscritti in tanti nuclei di strada o di cascina, nominando per ogni nucleo un responsabile; successivamente i responsabili di nucleo dovrebbero ciascuno suddividere il proprio nucleo in tanti altri piccoli gruppi di compagni, affidando questi gruppi minori alle cure di un Collettore. Il nucleo aziendale o NAS dovrebbe rientrare nel numero dei nuclei in cui è suddivisa la sezione ed essere esso stesso così legato alla sezione”. Così è precisata l’intelaiatura del partito “unitario“, per la politica di massa, di cui il PCI ha la direzione effettiva. Essa, attraverso la centralizzazione delle decisioni e la capillarizzazione della struttura esecutiva, deve permettere alla direzione il controllo diretto di tutto il partito, in ogni sua istanza, per farne lo strumento coerente dell’azione “unitaria”. A questo compito, il gruppo dirigente morandiano appresta una schiera sempre più numerosa di funzionari giovani, per lo più di estrazione piccolo-borghese, che operano attivamente nel partito e nel sindacato. L’apparato I quadri dell’apparato vengono dislocati da una federazione all’altra, inviati dal centro, oppure assorbiti nel lavoro direzionale, secondo un preciso ed organico programma, che è finanziato con le ampie disponibilità di cui la direzione è dotata, a differenza della precedente direzione “autonomistica“. Due sono i capitoli di spesa principali per la costituzione dell’apparato, che la direzione si assume per venire incontro alle esigenze delle federazioni: a) contributi condizionati all’impiego di quadri ed attivisti; b) somme erogate a titolo di sovvenzione. Nel primo anno di gestione “unitaria” il rapporto tra queste due voci è stato di 1 a 3. Successivamente esso tende a livellarsi. A tali spese vanno aggiunte quelle ingentissime per intensificare l’impegno organizzativo (spostamento dei funzionari centrali, convegni di organizzazione e di studio). L’imponente sforzo organizzativo e finanziario posto in essere dalla direzione “unitaria” è sostenuto dal PCI con due precisi obiettivi: quello di assorbire e controllare le spinte autonomistiche della base operaia incapsulandola in una struttura politica centralizzata e gerarchica, riducendo così la stessa pressione della corrente socialista nella CGIL e le resistenze che essa presentava alla totale strumentalizzazione del sindacato. E con l’obiettivo di costruire e potenziare un partito socialista completamente controllato dall’apparato filocomunista, che fosse tuttavia in grado di raccogliere attorno a sé quelle notevoli forze di militanti e di elettori socialisti che il PCI non può direttamente organizzare ed attirare. Il Partito comunista italiano vuole un Partito socialista sufficientemente organizzato, in grado oltre tutto di impedire la crescita elettorale ed organizzativa della socialdemocrazia che le elezioni del 18 aprile avevano dimostrato capace di influire sull’elettorato operaio in misura maggiore del previsto. Nello stesso tempo esso vuole permanentemente controllare l’organizzazione e l’iniziativa politica del PSI attraverso l’apparato di funzionari fedeli alla politica dell’”unità di classe“. L’apparato morandiano non riesce completamente a soffocare i fermenti “autonomistici” della base socialista, nonostante le espulsioni a catena di militanti e di dirigenti. (Al congresso di Bologna del 1951, Morandi fa approvare una modifica delle norme statutarie che permette di delegare ai comitati esecutivi delle federazioni i provvedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti, sottoponendoli successivamente alla ratifica dei direttori federali.) Molti militanti si dimettono, o non rinnovano la tessera. La gran parte, pur manifestando la propria solidarietà al partito, si assenta permanentemente dall’attività delle sezioni e delle federazioni. Vi è un calo notevolissimo degli iscritti socialisti alla CGIL. Questi fenomeni vengono rilevati, pur nel clima di pieno conformismo, da significativi passi dei documenti dell’ufficio organizzativo del partito (di cui dopo il congresso di Bologna è divenuto responsabile Giusto Tolloy, mentre Morandi ha assunto la responsabilità del lavoro di massa), documenti contenenti le istruzioni alle federazioni per la preparazione della conferenza nazionale dei quadri, che si svolge a Roma dall’8 al 12 luglio 1952. In esso si denuncia “la scarsa assimilazione della politica del partito da parte della base”, la “disparità e disfunzionalità delle iniziative prese dalle federazioni”, e la “importanza della influenza ideologica che la socialdemocrazia esercita su larghi strati della popolazione”. “Laddove l’assimilazione non si è avuta o si riscontra manchevole, si deve dedurne che questa politica (quella unitaria) in effetti non s’è fatta, non s’è fatta del tutto, si è fatta in maniera episodica”. Nel corso della conferenza numerosi interventi rilevarono come la pratica dell’unità d’azione fosse largamente inoperante, per cui gli organismi di consultazione a tutti i livelli restavano lettera morta in gran parte delle …

IL CONGRESSO DI MILANO DEL 1961

Il XXXIV congresso discusse, con accuse reciproche tra le correnti, questi problemi; ma nulla riuscì a risolvere, non prendendo nessuna decisione in proposito, nonostante che nella “Piattaforma congressuale degli autonomisti” presentata insieme con la relazione del segretario del partito, fossero contenute alcune precise proposte di soluzione. Riconoscendo che le correnti si sono “cristallizzate fino a dar vita a rigide organizzazioni verticali“, la “piattaforma congressuale” degli “autonomisti” indicava i pericoli di questa situazione nella conseguenza “fatale” della “conversione del partito di massa a partito d’opinione, rendendo impossibile l’assolvimento della sua funzione autonoma, la quale richiede che esso abbia una presenza e un peso crescenti nelle lotte politiche e sociali. “Il XXXIV congresso – proseguiva il testo degli autonomisti – deve segnare il punto di partenza per l’assunzione da parte del partito di una pratica organizzativa, corredata da innovazioni delle regole corrispondenti, la quale abbia per scopo precipuo la salvaguardia e il potenziamento, al tempo stesso, dell’unità, dell’efficienza e della democrazia interna del partito. Per il raggiungimento di tali obiettivi è opportuno che il XXXIV congresso dia mandato agli organi che esso eleggerà di fissare le norme statutarie, necessarie a garantire l’attuazione dei seguenti princìpi: “– Assicurare in ogni momento la libera circolazione delle idee che, da fatto di vertice, deve diventare fatto di base, sottoponendo alla discussione nelle assemblee di partito i temi di azione politica che possano essere motivo di diverse interpretazioni e soluzioni da parte degli organi dirigenti; una tale pratica abilitando il partito alla trattazione di temi specifici e concreti contribuirà ad impedire la crescente frattura esistente oggi fra partito e popolazione, particolarmente fra partito ed i giovani. “– Formulare una linea e una pratica che faccia dell’organizzazione di partito e dei quadri che ad essa si dedicano, uno strumento in ogni momento garante, sia dell’esecuzione della politica del partito che della libertà di espressione, e quindi dei diritti delle minoranze; costituire gli organi dirigenti, direzione compresa, con tutte le correnti vietando al tempo stesso le frazioni. Una cura particolare deve essere dedicata all’apparato del partito ed al rinnovamento dei quadri. Bisogna sapere utilizzare tutte le energie ed in specie quelle giovanili assicurando così la continuità storica del partito, combattendo la costituzione di gruppi personali e le degenerazioni di carattere elettoralistico. Il lavoro del partito deve fondarsi essenzialmente sull’attività volontaria: i compagni funzionari hanno particolare responsabilità e, nel pieno rispetto delle singole opinioni, sono impegnati, al pari di tutti gli altri compagni, a seguire la politica decisa dal partito”. La posizione della “sinistra” veniva invece espressa, in polemica con gli “autonomisti“, nei termini seguenti: “Dobbiamo dire con assoluta franchezza che oggi il Partito socialista non è, per la sua struttura organizzativa e per la situazione interna, all’altezza dei compiti che gli stanno di fronte nella lotta per la democrazia e per il socialismo. I suoi strumenti di elaborazione, di lavoro e di lotta son ancora quelli tradizionali, in sempre più chiara contraddizione con le esigenze più complesse delle lotte contemporanee; la sua divisione interna, e particolarmente il modo come essa si esplica, costituisce un serio freno alla espansione ideologica e politica del partito, alla necessità che si pone con carattere di urgenza, di un assai più vasto suo collegamento con le grandi masse popolari e coi nuovi problemi che esse esprimono. “La cristallizzazione in correnti o frazioni finisce con l’accelerare pericolosamente un processo di involuzione in senso socialdemocratico. La divisione in correnti è stata imposta alla minoranza di sinistra dal modo come la maggioranza, dopo il congresso di Napoli, ha organizzato il lavoro di direzione politica del partito. La requisizione di ogni effettivo potere non solo di decisione, ma persino di effettiva elaborazione della linea politica, da parte della maggioranza, il funzionamento della direzione come comitato di corrente della maggioranza, la riduzione del comitato centrale a organo di registrazione e di ratifica delle posizioni politiche assunte dalla direzione e dalla segreteria del partito, la pratica impossibilità di discutere democraticamente, in termini di analisi di situazione e di elaborazione di una prospettiva politica, in seno al comitato centrale, e persino in seno alla stessa direzione maggioritaria, il fatale scadimento della partecipazione dei compagni alla costruzione della politica, essendo essi chiamati solo a dire sì o no a posizioni già prese al vertice del partito, tutto ciò ha imposto alla minoranza di sinistra di mantenere salvo, nei limiti del possibile, un centro di elaborazione e di vita democratica. “Sotto questo aspetto la corrente di sinistra ha dato un importante contributo alla coesione e alla unità in una fase nella quale la sfiducia e la mancata partecipazione democratica di larghi settori del partito potevano trasformarsi in pericolosi e irreparabili distacchi. “Ma questa situazione, che la minoranza di sinistra ha subito suo malgrado, è estremamente pericolosa, e si pone la necessità, nel pieno rispetto delle diverse posizioni interne di partito, di restituire agli organi di direzione, a ogni livello della organizzazione, il funzionamento attivo e collegiale, che sia democratico non solo nella forma ma anche nel contenuto, cioè nel fatto di impegnare tutte le forze del partito, pur nella disciplina delle decisioni maggioritarie, al comune lavoro di decisione e di attuazione”. Quanto a Lelio Basso, ed alla sua piccola corrente di Alternativa democratica, nel documento preparato per il congresso si proponeva di sollecitare una discussione di fondo sui problemi del partito, auspicando la costituzione di un partito di “tipo nuovo”, ma non meglio precisato nelle sue strutture e nel suo meccanismo, tutto ciò essendo lasciato alla interpretazione di volenterosi lettori della prosa bassiana. Si chiedeva infatti di creare un partito di tipo nuovo anche nelle sue strutture organizzative. E chiaro a chiunque che il partito ha oggi scarsi contatti con la vita reale, con l’esperienza quotidiana delle masse: l’assenteismo domina nelle sezioni, gli ingranaggi dell’azione quotidiana che dovrebbero collegare il partito alle masse sono arrugginiti. Non si tratta soltanto di tonificare le organizzazioni di base esistenti, oggi praticamente inefficienti, ma di creare organizzazioni nuove più agili, più articolate, più differenziate, capaci di tenere il passo con il ritmo sempre più vivace …

ECONOMIA&LAVORO N.2/2017

Sono online sul sito della Fondazione Giacomo Brodolini l’indice e i sommari del numero 2/2017 del quadrimestrale Economia&Lavoro, attualmente in distribuzione. I singoli articoli in formato elettronico e le copie cartacee del numero possono essere acquistati online. Il numero si apre con una sezione monografica, a cura di Leonello Tronti, intitolata “Dopo i mille giorni. Le prospettive del mercato del lavoro e delle relazioni industriali”. Ai lettori viene offerta una rielaborazione di alcune delle relazioni presentate al workshop, dal medesimo titolo, organizzato a Roma il 27 marzo 2017, in occasione della 32a ricorrenza della tragica morte di Ezio Tarantelli. La sezione si articola in due parti. La prima contiene tre saggi di carattere scientifico: Luisa Corazza si interroga sull’impatto che i cambiamenti connessi alla quarta rivoluzione industriale potrebbero avere sul diritto del lavoro; Giuseppe Croce analizza gli effetti occupazionali dell’introduzione del contratto a tutele crescenti e del parallelo esonero contributivo delle assunzioni a tempo indeterminato nel 2015 e 2016; infine, Michele Faioli si concentra sulle innovazioni della disciplina in materia di contrattazione collettiva decentrata e premi di produttività. La seconda parte propone quattro interventi di carattere sindacale, istituzionale e di politica del lavoro a firma di Franco Martini, Marco Bentivogli, Maurizio Del Conte e Cesare Damiano. Il numero prosegue con il dialogo sul New Public Management: i due interventi di Paolo Borioni analizzano i limiti e le contraddizioni di tale paradigma di governance, nonché il dibattito nordico su istituzioni pubbliche, New Public Management e riforma del welfare; l’intervento di Giulio Moini si focalizza invece sull’intreccio storico tra il New Public Management e il neoliberismo. A seguire il saggio di Paola Potestio, Caterina Conigliani e Vincenzina Vitale, che conduce una serie di confronti regionali in relazione alle forme contrattuali e ai modelli di flessibilità adottati nelle imprese manifatturiere italiane. Il contributo di Felice Roberto Pizzuti riprende i principali risultati del Rapporto sullo stato sociale 2017: all’analisi della natura della “grande recessione” iniziata nel 2007-2008 (e delle dinamiche a essa collegate), segue un esame delle politiche economico-sociali attuate in Europa e in Italia. Il saggio di Andrea Ciarini e Silvia Lucciarini esplora le interconnessioni tra welfare statuale e occupazionale, considerando le traiettorie di sviluppo di alcuni aspetti del welfare occupazionale, in termini di inclusività e rappresentanza, da una prospettiva storica e istituzionalista. Il monitoraggio e l’analisi delle best practices dei servizi per l’impiego universitari nel Lazio sono invece al centro del contributo di Piera Rella e Ludovica Rossotti. Segue il saggio di Jacopo Perazzoli, che fornisce nuovi spunti di riflessione per lo studio della svolta di Bad Godesberg, attuata dalla Socialdemocrazia tedesca (SPD) nel 1959. In chiusura, Antonio Famiglietti analizza l’evoluzione, nel ventennio 1960-1980, della posizione della FILCAMS-CGIL verso la grande distribuzione. Recensioni Pasquale Tridico, Inequality in Financial Capitalism (di Michele Raitano).   ECONOMIA&LAVORO n.  02/2017 Dopo i mille giorni. Le prospettive del mercato del lavoro e delle relazioni industriali Fonte: Fondazione Giacomo Brodolini SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

E’ morto Alessandro Leogrande, giovane scrittore tarantino

Care e Cari, ieri una notizia tristissima ha colpito tutti coloro si battono per un Sud migliore: E’ morto Alessandro Leogrande, giovane scrittore tarantino, tra le menti più lucide e intelligenti che la cultura meridionale e italiana annoverasse. Tra le sue ultime battaglie c’e stata proprio quella contro il neoborbonismo e le sue menzogne. Vogliamo ricordarlo proponendovi un suo articolo pubblicato sul Corriere del Mezzogiorno proprio sulla necessità di riscoprire il Risorgimento Meridionale: I patrioti, terra di mezzo di Alessandro Leogrande C’è una domanda che rischia di rimanere inevasa nel dibattito suscitato dall’istituzione della Giornata della memoria per le vittime meridionali dell’Unità d’Italia. Potrebbe suonare così: in una simile ricostruzione dei torti fatti e subiti, che ne facciamo dei patrioti meridionali? Che ne facciamo cioè di quei meridionali che, quasi sempre su posizioni repubblicane o democratico-radicali, lottarono e sovente sacrificarono la propria vita per l’unità del Paese, ritenendo che solo una penisola unita avrebbe garantito assetti istituzionali e sociali più giusti? Il fatto stesso che tali domande siano tenute ai margini da chi è favorevole all’istituzione della Giornata tradisce una visione distorta delle cose, come se da una parte ci fossero stati dei colonizzatori invasori (i piemontesi) e dall’altra un regno assediato (quello borbonico). Così però si perde il senso dello scontro tra democratici e moderati, interno allo stesso Risorgimento meridionale, che si prolunga per diversi decenni, tanto che quei patrioti appaiono come illusi, traditori o, peggio ancora, agenti prezzolati dei Savoia, dell’Inghilterra, della massoneria. Non a caso l’Associazione Mazziniana Italiana , pronunciandosi contro l’istituzione della Giornata della memoria, ha ricordato la figura del giacobino Emanuele De Deo, che fu fatto arrestare su delazione di un prete per il solo fatto di aver provato a diffondere dei fogli antimonarchici. Una volta incarcerato, De Deo si rifiutò di fare i nomi di altri giacobini suoi compagni e per questo venne impiccato. Aveva solo 22 anni. Si potrebbe estendere lo stesso ragionamento a Nicolò Mignogna, che fece la Spedizione dei Mille dopo aver partecipato ai moti del 1848, o al repubblicano Giovanni Bovio che — dopo l’unità — fu deputato della Sinistra e criticò la «piccola monarchia borghese» che governava con leggi eccezionali, senza per questo preconizzare il ritorno all’antico regime. Ai protagonisti del film di Mario Martone, Noi credevamo, e ancora prima ai rivoluzionari del 1799, sulla cui sorte rifletterono a lungo Vincenzo Cuoco e Benedetto Croce. Come giudicano i neoborbonici questa terra di mezzo abitata dai patrioti meridionali? Proprio questa estate ricorrono i 160 anni dalla morte di Carlo Pisacane. Nel 1857 tentò di accendere la rivoluzione nel Cilento, con l’idea di farla propagare nell’Italia tutta. Fu considerato un esaltato, a pari modo, da Cavour e dal re di Napoli. Eppure è nel solco della sua esperienza e della sua riflessione che anni dopo si riannodarono le riflessioni e l’esperienza di una parte della Resistenza italiana, quella legata a Giustizia e Libertà e ai Rosselli. Era un traditore pure lui? Fonte: corrieredelmezzogiorno SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL SOCIALISTA TURATI NON C’ENTRA NULLA CON IL PD E CON RENZI

di Carlo Patrignani Improvvisamente, nel gran stato confusionale che avvolge il Pd e la variegata costellazione della sinistra radicale, a corto di fiato e d’idee, piomba l’invito dello psicanalista Massimo Recalcati dalle colonne di Repubblica: cara sinistra per guarire rileggiti [Filippo] Turati, uno dei primi leader del socialismo italiano e tra i fondatori nel 1892 del Partito Socialista Italiano. Orfana del comunismo, tutta la sinistra, dal Pd alla variegata costellazione della sinistra radicale, deve elaborare il lutto: non si tratta di cancellare la memoria di ciò che la sinistra è stata, del suo poema collettivo – scrive lo psicanalista e direttore della scuola di formazione del Pd – ma di incorporare quella memoria senza volgere lo sguardo all’indietro. In questa elaborazione del lutto c’entra proprio Filippo Turati? Secondo Recalcati sì per aver individuato il virus della malattia che opprime la sinistra, la scissione: noi siamo spesso contro noi stessi, lavoriamo per i nostri nemici, serviamo le forze della reazione, affermazione che riporta alla scissione del 1921 da cui nacque il Pci, estrapolata da un pensiero assai più ricco e articolato. Quest’affermazione del socialista Turati, conclude Recalcati, si adatta perfettamente al gran stato confusionale di oggi della sinistra ex-comunista: fintanto che la sinistra non compirà questa operazione simbolica sarà destinata a ripetere continuamente la sua antica malattia diagnosticata lucidamente da Turati: essere contro se stessi, lavorare per i nemici, alimentare le forze della reazione. Quale sia l’operazione simbolica da compiere, viene dallo psicanalista chiarita poco prima della conclusione con i nomi prestigiosi ma non tanto compatibili tra loro di Gramsci, Togliatti, Berlinguer, con il ’68, una rivoluzione fallita e con la lotta al  terrorismo che ostacolò ogni trattativa per salvare Aldo Moro. E dulcis in fundo: quando Matteo Renzi dichiara che il punto di riferimento ideale della sinistra oggi non è più Gramsci, Togliatti o Berlinguer, ma Obama non ci invita a cancellare il passato ma a incorporarlo per guardare avanti. Ci sono tante, troppe cose che non tornano, non stanno al loro posto, come quando le parole dal sen scappano. Intanto l’accostamento di Turati che se è azzardato con la sinistra ex-comunista, eccezion fatta per Antonio Gramsci, e’ del tutto improponibile con Renzi, tanta è la distanza tra i valori – libertà, emancipazione, giustizia sociale – cari al fondatore del socialismo come rivoluzione sociale e quelli – carriera, individualismo, assistenzialismo caritatevole – del moderno rottamatore di Rignano. Poi non è corretto non distinguere il pensiero eretico, antistalinista, anticonfessionale di Gramsci da quello ortodosso, filo-stalinista e confessionale di Togliatti e Berlinguer, come fare un tutt’uno indistinto e omogeneo della lunga storia del Pci. Infine, se Renzi ha come referente per il presente e per il futuro Barak Obama è affar suo: ma nel popolo democratico americano Obama fa già parte del passato, il  presente e il futuro gira attorno a Our Revolution del socialista Bernie Sanders che come Jeremy Corbyn ha messo la parola the end al dogma neoliberista la società non esiste, esistono individui. Fonte: alganews.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

La rassegna settimanale dei concorsi negli enti locali

Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 90 del 24.11.2017: COMUNE DI CAMPONOGARA CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo indeterminato, part-time – ventotto ore settimanali, di un posto di istruttore tecnico (geometra) – settore uso ed assetto del territorio – categoria C – posizione economica C1. (17E08920). COMUNE DI CAROVIGNO AVVISO (scad. 9 dicembre 2017) Avviso pubblico per la manifestazione di interesse da parte di idonei collocati in vigenti graduatorie di concorsi pubblici a tempo indeterminato espletati da altri enti, per la copertura di otto posti di vari profili professionali. (17E08910). COMUNE DI CATTOLICA CONCORSO (scad. 30 novembre 2017) Procedura selettiva finalizzata al conferimento di un incarico dirigenziale a tempo determinato su posizione extradotazionale denominato «Progetti speciali» ex articolo 110, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000. (17E08879). COMUNE DI CORSICO CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo indeterminato ed a tempo pieno di un assistente sociale – categoria D1. (17E08944). COMUNE DI DIAMANTE CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Procedura per l’assunzione di una unita’ di caposquadra esterno – categoria B3, posizione economica B3 ex C.C.N.L., a tempo indeterminato part-time 30%. (17E08906). COMUNE DI GENOVA CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Modifica e riapertura dei termini del concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di un funzionario servizi socio educativo culturali categoria D, posizione economica D1. (17E08886). COMUNE DI MANTOVA CONCORSO (scad. 4 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di conservatore a tempo pieno e determinato (dodici mesi), categoria D, posizione economica 1, del C.C.N.L. di lavoro regioni ed autonomie locali con riserva ai volontari delle FF.AA. ai sensi degli articoli 1014, comma 4 e 678, comma 9 del decreto legislativo n. 66/2010. (17E08884). COMUNE DI MANTOVA CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Selezione pubblica, per esami, per la formazione di una graduatoria per assunzioni a tempo determinato di maestra di scuola materna, categoria C, posizione economica iniziale, da assegnare al settore servizi educativi e pubblica istruzione, con riserva, ai sensi degli articoli 1014, comma 4 e 678, comma 9 del decreto legislativo n. 66/2010 e s.m.i. (17E08885). COMUNE DI MAPELLO CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto a tempo pieno e indeterminato di istruttore tecnico, categoria C – area tecnica. (17E08883). COMUNE DI MATTINATA CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore amministrativo categoria C1 – con rapporto di lavoro a tempo indeterminato a tempo pieno (trentasei ore settimanali) da assegnare al Settore segreteria – affari generali (protocollo-urp-servizi demografici). (17E08945). COMUNE DI MONTECCHIO MAGGIORE CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore – area economico finanziaria – categoria C, posizione economica 1 nel Settore 2° – Servizio tributi. (17E08878). COMUNE DI MONTELUPONE CONCORSO Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto con profilo professionale di istruttore direttivo – settore finanziario part-time 50% – categoria D a tempo indeterminato. (17E08908). COMUNE DI MONZA CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo indeterminato e pieno, di un posto di educatrice/educatore della prima infanzia – categoria C, C.C.N.L. di lavoro comparto regioni e autonomie locali. (17E08925). COMUNE DI NOLE CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Selezione pubblica, per titoli ed esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di un posto di istruttore amministrativo – categoria C – posizione economica C1. (17E08881). COMUNE DI NOVA MILANESE CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto a tempo indeterminato e parziale – venticinque ore settimanali – di collaboratore amministrativo – categoria B3 del C.C.N.L. comparto regioni ed autonomie locali, interamente riservato alle categorie protette – disabili – settore AA.GG. e legali. (17E08923). COMUNE DI PORCIA CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto di collaboratore amministrativo – categoria B – posizione economica B.1 – (C.C.R.L. del personale degli EE.LL. del Friuli-Venezia Giulia – area non dirigenti), a tempo pieno ed indeterminato da assegnare al servizio welfare e affari sociali. (17E08919). COMUNE DI SAN DAMIANO D’ASTI CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura a tempo indeterminato e parziale 50% (diciotto ore settimanali) di un posto di istruttore contabile – categoria C – Settore imposte e tasse. (17E08880). COMUNE DI SAN VINCENZO CONCORSO (scad. 30 novembre 2017) Selezione pubblica per l’assunzione con contratto di formazione e lavoro di una unita’ di istruttore tecnico geometra – categoria C, posizione economica C1 – durata di mesi dodici – presso l’Area 3 Servizi finanziari e lavori pubblici. (17E08891). COMUNE DI TARANTO CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Selezione pubblica per l’assunzione a tempo pieno e determinato fino al 31 dicembre 2019 – salvo eventuali proroghe concesse dal Ministero – di tre unita’ profilo professionale istruttore amministrativo, categoria C per la realizzazione del programma operativo nazionale inclusione FSE2014-2020, CCI n. 2014IT05SFOP001. (17E08888). COMUNE DI TARANTO CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Selezione pubblica per l’assunzione a tempo pieno e determinato fino al 31 dicembre 2019 – salvo eventuali proroghe concesse dal Ministero – di quindici unita’ profilo professionale assistente sociale, categoria di accesso D/1 per la realizzazione del programma operativo nazionale inclusione FSE2014-2020, CCI n. 2014IT05SFOP001. (17E08889). COMUNE DI TARANTO CONCORSO (scad. 27 dicembre 2017) Selezione pubblica per l’assunzione a tempo pieno e determinato fino al 31 dicembre 2019 – salvo eventuali proroghe concesse dal Ministero – di due unita’ profilo professionale di istruttore informatico amministrativo, categoria C/1 per la realizzazione del programma operativo nazionale inclusione FSE2014-2020, CCI n. 2014IT05SFOP001. (17E08890). COMUNE DI VICENZA CONCORSO (scad. 8 dicembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo tecnico a tempo pieno ed indeterminato (categoria giuridica D1 dell’ordinamento professionale) interamente riservato ai soggetti appartenenti alle categorie protette di cui all’articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999 n. 68. (17E08905). NUOVO CIRCONDARIO IMOLESE CONCORSO (scad. …

IL PARTITO SOCIALISTA NEGLI ANNI DELL’AUTONOMIA

Dal congresso di Venezia al congresso di Napoli La valutazione critica dell’efficienza della politica “unitaria” a risolvere il problema dell’inserimento delle masse popolari nella direzione dello Stato; e, insieme, l’acquisizione del nesso inscindibile di socialismo con democrazia e libertà, sollecitata dall’esplodere della crisi dello “stalinismo“, sono a fondamento di un graduale quanto spregiudicato approfondimento della politica seguita dal 1949 in poi, e, con essa, della struttura organizzativa che il partito s’era data. Così ad una scelta di fondo tra politica “unitaria” e politica di “autonomia”, corrisponde il ripensamento critico del “centralismo democratico” e della natura autoritaria, burocratica, insita in tale sistema. Dal congresso di Venezia (febbraio 1957), nel quale la volontà “autonomistica” del partito viene deformata nella selezione del gruppo dirigente dal permanere del sistema delle false unanimità, al congresso di Napoli (15-18 gennaio 1959), che vede l’affermazione della corrente autonomista, il PSI percorre la strada della demistificazione del monolitismo di partito, che riceve il più duro colpo dall’esplicito manifestarsi delle sue correnti interne. “Il coraggio che ha comportato il sacrificare l’unanimità in parte fittizia degli ultimi anni alla ricerca della chiarezza ideologica, politica e di metodo – afferma Nenni nella relazione al XXXIII congresso – ha evitato al partito il peggiore dei rischi ai quali era esposto: la prevaricazione del burocratismo sulla libera formazione della volontà politica della massa dei nostri aderenti”. La lotta per l’autonomia passava dunque per la denuncia del burocratismo e del “centralismo democratico“, che dell’autonomia sono la negazione. E Nenni, infatti, proseguiva: “Noi non soffriamo nel nostro partito di elefantiasi burocratica, eppure un eminente studioso come il compagno Dal Prà ha colto in un acuto intervento nella Tribuna precongressuale uno degli aspetti delle nostre difficoltà interne quando ha constatato come si sia creato un diaframma fra gruppo dirigente e realtà politica e come sia necessario che lo spirito burocratico sia combattuto direttamente e frontalmente dallo stesso movimento socialista. In senso generale, la sua tesi che la scelta del congresso di Napoli sia tra socialismo burocratico, attendista e conformista, e socialismo costruttivo è valida per il nostro modo di essere all’interno del partito, per la nostra concezione del partito, non meno per l’indirizzo politico che intendiamo darci”. Troviamo in questa relazione di Nenni la più acuta e spietata contestazione del “centralismo democratico” allorché egli ricorda che “il Partito socialista non è qualcosa di staccato e di sovrapposto alle masse, non è una scuola per agitatori professionali e per uomini politici che manipolano le masse come lo scultore manipola l’argilla, ma è l’espressione della classe lavoratrice organizzata per la sua emancipazione“. Quali erano stati gli effetti del centralismo democratico? “Il partito – proseguiva il segretario del PSI – ha faticato a trovare la propria strada perché andava perdendo l’abitudine alla discussione, perché andava spoliticizzandosi, perché della vita democratica praticava più gli aspetti formali che quelli sostanziali; perché andava assuefacendosi ai miti, il mito delle parole e delle etichette, e alla più prestigiosa di esse nel nostro paese: “sinistra”, e al mito della personalità. “Sono cose alle quali dobbiamo tutti fare attenzione nell’avvenire. Nella organizzazione occorre essere attenti a non sacrificare la democrazia al centralismo trasformando quest’ultimo in supercentralismo. Si finirebbe allora per realizzare, anche nel partito, ciò che Marx diceva della burocrazia, e cioè che essa fa dello Stato la sua proprietà privata”. Il quadro che abbiamo innanzi tracciato del Partito socialista negli anni del centralismo democratico, ed i forti residui che esso ha lasciato nella vita dell’organizzazione, ci sembrano pienamente confermati da questa lucida testimonianza del segretario del PSI. Il passaggio dalla unanimità “al regno o governo della maggioranza” è visto da Nenni nel contesto della acquistata consapevolezza del legame inscindibile tra democrazia e socialismo, susseguente alla presa d’atto della crisi del sistema stalinista nei paesi comunisti. Cosicché, conclude Nenni, “è certo, in ogni caso, che una regola interna di organizzazione la quale ponga fortemente l’accento sulla formazione democratica che intende dare ai quadri ed ai militanti è in perfetta armonia con l’impegno democratico del nostro congresso di Venezia. Essa non ha niente a che vedere col partito cosiddetto d’opinione, ed esige al contrario un partito fortemente e modernamente organizzato al fine di elevare e dilatare la vita democratica di base facendo cadere ogni diaframma tra gruppo dirigente e realtà politica e sciogliendo i nodi burocratici, se ne esistano e dove esistano”. In questi brani della relazione Nenni al congresso di Napoli sono in nuce tutti i problemi della crisi del centralismo democratico e della trasformazione del partito strutturato sulle regole del centralismo, in partito democratico moderno. Tuttavia i temi prospettati da Nenni non vengono ripresi che marginalmente nella discussione congressuale, tutta impegnata sulla tematica della politica di autonomia e portata a disconoscere l’importanza dei problemi della struttura organizzativa, che a quelli della politica di autonomia sono invece strettamente connessi. La stessa risoluzione della maggioranza non fa cenno alle questioni del partito, se non per ritornare sul tema dell’”unità socialista” per auspicarne l’attuazione non più mediante un processo di riunificazione tra i due partiti, come era stato deciso al congresso di Venezia, ma nell’interno del PSI come “unità dei socialisti nel PSI, e quindi confluenza nel PSI di forze e gruppi socialisti, su una piattaforma democratica, classista e internazionalista“. Restano così irrisolti i problemi della trasformazione organizzativa; su tali questioni il dibattito tra le correnti si riduce alla schermaglia tra la “sinistra” che accusa gli “autonomisti” di trasformare il partito di “massa” in partito di “opinione” perseguendo una politica “socialdemocratica” di rottura dell’unità della classe operaia, e gli “autonomisti” che si limitano a confutare tali accuse. Quello di Napoli fu il congresso della piena affermazione della linea nenniana; che sancì la conquista autonomistica del partito e pose le premesse per concretizzare il dialogo, già avviato, tra il PSI e le forze democratiche. Vi furono al congresso tre posizioni: oltre a quella nenniana, che ebbe il 58,30%, ed alla “sinistra” (32,65%), ci fu una mozione di Basso che raccolse l’8,73%. Forti della maggioranza assoluta, gli autonomisti fecero eleggere dal comitato centrale (del quale, per la prima …